ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nel  giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 16, comma 3,
e  21,  comma 1, lettera f), della legge della Regione Friuli-Venezia
Giulia   del   4 marzo   2005,   n. 5   (Norme  per  l'accoglienza  e
l'integrazione  sociale  delle  cittadine  e  dei cittadini stranieri
immigrati),  promosso  con  ricorso  del Presidente del Consiglio dei
ministri  notificato  il  9 maggio 2005, depositato in cancelleria il
17 maggio successivo ed iscritto al n. 57 del registro ricorsi 2005.
    Visto   l'atto   di  costituzione  della  Regione  Friuli-Venezia
Giulia;
    Udito nell'udienza pubblica del 21 marzo 2006 il giudice relatore
Maria Rita Saulle;
    Uditi   l'avvocato   dello  Stato  Massimo  Salvatorelli  per  il
Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  e  l'avvocato Giandomenico
Falcon per la Regione Friuli-Venezia Giulia.

                          Ritenuto in fatto

    1.  -  Con  ricorso  notificato  il  9 maggio 2005, depositato il
successivo  17  maggio,  il  Presidente del Consiglio dei ministri ha
sollevato,    in    via   principale,   questione   di   legittimita'
costituzionale degli articoli 16, comma 3, e 21, comma 1, lettera f),
della  legge  della  Regione  Friuli-Venezia Giulia del 4 marzo 2005,
n. 5   (Norme   per  l'accoglienza  e  l'integrazione  sociale  delle
cittadine  e  dei  cittadini  stranieri  immigrati),  per  violazione
dell'art. 117, secondo comma, lettere a) e b), della Costituzione.
    Il  ricorrente,  dopo  aver premesso che le materie relative alla
condizione dei cittadini di Stati non appartenenti all'Unione europea
e  all'immigrazione  rientrano  nella  potesta' legislativa esclusiva
dello  Stato,  ex  art. 117,  comma 2, lettere a) e b), Cost., e cio'
anche  in  ragione  della  finalita'  che  le  suddette materie siano
regolate  in  modo  uniforme a livello nazionale, rileva che le norme
che  regolano  l'ingresso, la permanenza e l'espulsione dei cittadini
stranieri  hanno  trovato,  da ultimo, la loro disciplina nel decreto
legislativo  25 luglio  1998,  n. 286 (Testo unico delle disposizioni
concernenti  la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione
dello  straniero)  che,  all'art. 1,  comma 4,  precisa  che,  per le
Regioni  a  Statuto speciale, le disposizioni in esso contenute hanno
valore  di  «norme  fondamentali  di  riforma economica-sociale della
Repubblica».
    Cosi'   ricostruito   il  quadro  normativo  di  riferimento,  il
ricorrente  osserva che le norme censurate violerebbero la disciplina
statale  sopra  indicata,  costituendo  solo  clausola  di  stile  il
richiamo  che  la  legge  impugnata fa, all'art. 1, al rispetto della
Costituzione  e  della  normativa  statale,  nonche',  all'art. 2, al
rispetto del d.lgs. n. 286 del 1998, risultando, in realta', eluso il
sistema «delineato dagli artt. 4 e 5 dello Statuto regionale».
    In  particolare, quanto alla prima censura, il ricorrente osserva
che   l'art. 16  della  legge  impugnata,  ponendosi  l'obiettivo  di
assicurare  ai minori stranieri non accompagnati particolari forme di
tutela, mediante la previsione di interventi volti ad assicurare loro
livelli adeguati di accoglienza, protezione e inserimento sociale, al
comma 3 prevede che «Al fine di sostenere la conclusione dei percorsi
di  integrazione,  gli  interventi  avviati durante la minore eta' ai
sensi   dei   commi 1  e  2  possono  proseguire  successivamente  al
raggiungimento della maggiore eta».
    Tale  ultima  disposizione, secondo il ricorrente, contrasterebbe
con  la  riserva contenuta nell'art. 117, secondo comma, lettere a) e
b), Cost. e, in particolare, con l'art. 32 del d.lgs. n. 286 del 1998
che,   con   riferimento  alla  posizione  del  minore  presente  nel
territorio  italiano,  prevede  le modalita' e la durata del rilascio
del   permesso  di  soggiorno  al  compimento  della  maggiore  eta',
inserendosi  tale  disciplina  in  quella relativa alla piu' generale
politica  dell'immigrazione.  In  particolare,  il richiamato art. 32
prevede  che  il  permesso puo' essere rilasciato ai minori stranieri
purche'  si  trovino sul territorio nazionale da non meno di tre anni
ed  abbiano  seguito un progetto di integrazione sociale e civile per
non  meno  di  due  anni,  sempre  che  dispongano  di  un alloggio e
frequentino  corsi  di  studio,  ovvero svolgano attivita' lavorativa
retribuita  nelle  forme  e  con  le  modalita'  previste dalla legge
italiana,  ovvero,  ancora,  siano in possesso di contratto di lavoro
anche   se   non  ancora  iniziato.  Stabilisce,  ancora,  la  citata
disposizione  che  il  numero  dei  permessi di soggiorno in tal modo
rilasciati sia portato in detrazione dalle quote di ingresso definite
annualmente.
    Secondo  il  Governo, la norma impugnata, incidendo sulla materia
dell'immigrazione, prevede la possibilita' per il minore straniero di
permanere  nel  territorio  nazionale  in ipotesi diverse e ulteriori
rispetto  a  quelle  fissate  dalla  legge  statale  senza, peraltro,
l'indicazione  di  un  termine certo per tale permanenza, non essendo
chiaro  per quanto tempo il soggetto interessato possa partecipare al
programma di integrazione una volta compiuta la maggiore eta'.
    Parimenti  illegittimo  sarebbe  l'art. 21,  comma 1, lettera f),
della  legge  in  esame,  laddove  dispone che i comuni e le province
organizzino,   nell'ambito   delle   proprie  competenze,  i  servizi
territoriali  che  provvedono,  tra  l'altro, «allo svolgimento degli
adempimenti  istruttori  relativi alle istanze di richiesta e rinnovo
di  permesso  di  soggiorno  e di carta di soggiorno, di richiesta di
nulla-osta   al   ricongiungimento   familiare,  in  accordo  con  le
competenti strutture del Ministero dell'interno».
    Infatti, anche tale norma, sempre secondo il ricorrente, violando
la  disciplina  statale in materia di immigrazione e, in particolare,
l'art. 5  del  richiamato  d.lgs.,  si  porrebbe  in  contrasto con i
principi  costituzionali  che  attribuiscono allo Stato la competenza
esclusiva  in  materia  di  richiesta  e  rilascio  del  permesso  di
soggiorno.
    2.  - Si e' costituita la Regione Friuli-Venezia Giulia chiedendo
che   la   questione   di   legittimita'   sollevata  sia  dichiarata
inammissibile e/o infondata, riservandosi di esporre i motivi di tali
richieste in separata memoria.
    3.  -  In  prossimita'  dell'udienza,  la  Regione Friuli-Venezia
Giulia  ha  depositato  memoria  con  la  quale  ha insistito per una
pronuncia di infondatezza del ricorso.
    La  Regione,  riconosciuta  la  competenza  legislativa esclusiva
dello  Stato in materia di immigrazione e di condizione giuridica dei
cittadini  di Stati non appartenenti all'Unione europea, ex art. 117,
secondo  comma,  lettere a)  e  b),  Cost.,  rileva che tali materie,
regolate  dal  d.lgs.  n. 286  del  1998,  si  intrecciano  con altre
attribuite   alla   competenza  regionale,  con  la  conseguenza  che
l'attuazione delle politiche connesse all'immigrazione deve prevedere
la  necessaria  partecipazione  delle  Regioni,  cosi' come del resto
previsto da alcune disposizioni contenute nel d.lgs. n. 286 del 1998.
    Cosi'  individuata  la  propria competenza, la Regione rileva che
l'art. 1, comma 1, della legge impugnata espressamente dispone che la
stessa  si  pone  «in  armonia  con la Costituzione», e che l'art. 2,
comma 2,  prevede  che  gli interventi in essa previsti devono essere
attuati  in  conformita'  con  il  d.lgs.  n. 286  del  1998,  con la
conseguenza  che  risulterebbe  evidente l'intenzione del legislatore
regionale   di   intervenire   esclusivamente   su   quegli   aspetti
dell'immigrazione   che   la  stessa  legge  nazionale  riserva  alla
competenza regionale.
    Nell'esaminare  le  singole  censure,  la  Regione ritiene quella
proposta   avverso   l'art. 16,   comma 3,   frutto   di   un'erronea
interpretazione  della  norma, in quanto questa si limita a prevedere
la  possibilita'  della  prosecuzione  degli  interventi a favore del
minore  non  accompagnato,  una  volta  che questi abbia raggiunto la
maggiore  eta', senza disporre alcunche' in relazione al rilascio del
permesso  di  soggiorno  al  cui  possesso e' comunque subordinata la
continuazione degli interventi e la cui emissione resta di competenza
esclusiva  dello  Stato. A conferma di cio', la resistente rileva che
la  stessa lettera dell'art. 16 prevede che tali interventi «possono»
proseguire,   cosi'   indicando   la  mera  possibilita'  della  loro
prosecuzione.
    Quanto  alla  mancata indicazione di un termine per la permanenza
sul   territorio  nazionale  del  maggiorenne  ammesso  ai  programmi
previsti  dall'art. 16,  secondo  la Regione, questa costituirebbe la
prova del rispetto che la legge impugnata ha della competenza statale
in  materia di immigrazione che, viceversa, sarebbe stata violata ove
detto termine fosse stato da essa previsto.
    In   relazione   alla   censura   afferente  l'art. 21,  comma 1,
lettera f),  la  Regione  rileva  che  anche questa si fonda su di un
erroneo  presupposto  interpretativo,  in  quanto  tale norma si pone
l'obiettivo   di   assicurare  assistenza  materiale  agli  stranieri
immigrati,  non  intendendo,  quindi,  disciplinare  aspetti relativi
all'immigrazione.  In  particolare,  gli «adempimenti istruttori» che
gli  enti  locali  possono affidare ai servizi territoriali, previsti
dalla norma in esame, si differenzierebbero da quelli attribuiti agli
organi   dello   Stato,   trattandosi   esclusivamente   di  funzioni
istruttorie elementari.
    Infine,  la Regione osserva che la disposizione impugnata prevede
che  l'attivita'  in  essa  disciplinata sia svolta in accordo con le
competenti  strutture  del Ministero dell'interno, con la conseguenza
che,  in  mancanza  di  detto  accordo, la norma non potrebbe trovare
applicazione.

                       Considerato in diritto

    1.  -  Il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  impugna gli
articoli 16,  comma 3,  e  21, comma 1, lettera f), della legge della
Regione  Friuli-Venezia  Giulia  del  4 marzo  2005,  n. 5 (Norme per
l'accoglienza   e   l'integrazione  sociale  delle  cittadine  e  dei
cittadini stranieri immigrati), per violazione dell'art. 117, secondo
comma, lettere a) e b), della Costituzione.
    Le  norme  impugnate - che prevedono, rispettivamente, interventi
per  i minori stranieri non accompagnati anche dopo il raggiungimento
della  maggiore eta' e lo svolgimento, direttamente o indirettamente,
di  compiti  istruttori  da  parte  degli enti locali nell'ambito dei
procedimenti per il rilascio e il rinnovo dei permessi di soggiorno e
delle  carte  di  soggiorno,  nonche'  di  richiesta di nulla-osta al
ricongiungimento  -  violerebbero  la competenza statale esclusiva in
materia  di  immigrazione, di diritto di asilo e condizione giuridica
dei cittadini di Stati non appartenenti all'Unione europea.
    2.  -  Ai  fini  di  un  corretto  inquadramento  delle questioni
sollevate  dal Governo, occorre premettere che il decreto legislativo
25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la
disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione giuridica dello
straniero),  con  il  quale  lo  Stato  ha  disciplinato  la  materia
dell'immigrazione,  ha,  tra  l'altro,  attribuito  alle  Regioni  le
competenze  di  seguito  indicate,  prevedendo,  altresi',  forme  di
cooperazione tra lo Stato e le Regioni medesime.
    In  particolare,  l'art. 3 del d.lgs. citato afferma che, al fine
della  predisposizione  del  documento  programmatico  relativo  alla
politica  dell'immigrazione  e  degli  stranieri nel territorio dello
Stato,  il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  senta anche la
Conferenza  permanente  per  i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le
province autonome di Trento e di Bolzano e la Conferenza Stato-citta'
e autonomie locali. Il comma 5 dello stesso articolo prevede, ancora,
che   «nell'ambito  delle  rispettive  attribuzioni  e  dotazioni  di
bilancio,  le  Regioni, le province, i comuni e gli altri enti locali
adottano i provvedimenti concorrenti al perseguimento dell'obbiettivo
di   rimuovere  gli  ostacoli  che  di  fatto  impediscono  il  pieno
riconoscimento  dei  diritti  e  degli  interessi  riconosciuti  agli
stranieri  nel  territorio  dello  Stato,  con particolare riguardo a
quelli  inerenti all'alloggio, alla lingua, all'integrazione sociale,
nel  rispetto  dei  diritti  fondamentali  della  persona  umana». Il
successivo  comma 6  prevede  l'istituzione «di Consigli territoriali
per   l'immigrazione,   in  cui  siano  rappresentati  le  competenti
amministrazioni  locali dello Stato, la Regione, gli enti locali, gli
enti   e   le   associazioni   localmente   attivi   nel  soccorso  e
nell'assistenza  agli  immigrati,  le organizzazioni dei lavoratori e
dei  datori  di  lavoro,  con  compiti di analisi delle esigenze e di
promozione degli interventi da attuare a livello locale».
    A  sua  volta  l'art. 42  prevede  che  lo  Stato, le Regioni, le
province  e  i comuni, nell'ambito delle proprie competenze, anche in
collaborazione   con   le   associazioni   di   stranieri  e  con  le
organizzazioni  stabilmente  operanti  in  loro  favore,  nonche'  in
collaborazione  con  le  autorita'  o con enti pubblici e privati dei
Paesi  di origine, favoriscono una serie di attivita' di tipo sociale
e  assistenziale volte, tra l'altro, all'effettuazione di corsi della
lingua   e   della  cultura  di  origine,  alla  diffusione  di  ogni
informazione  utile  al  positivo inserimento nella societa' italiana
degli stranieri medesimi, alla conoscenza e alla valorizzazione delle
espressioni  culturali,  ricreative,  sociali, economiche e religiose
degli extracomunitari regolarmente soggiornanti.
    3.  - Da tali disposizioni, nonche' da altre contenute nel d.lgs.
n. 286 del 1998 - come l'art. 38 e l'art. 40 - risulta che in materia
di  immigrazione  e  di  condizione  giuridica  degli stranieri e' la
stessa legge statale che disciplina una serie di attivita' pertinenti
al  fenomeno migratorio e agli effetti sociali di quest'ultimo, e che
queste  vengono esercitate dallo Stato in stretto collegamento con le
Regioni alle quali sono affidate direttamente alcune competenze. Cio'
tenuto  conto  del fatto che l'intervento pubblico non puo' limitarsi
al  controllo  dell'ingresso  e  del  soggiorno  degli  stranieri sul
territorio nazionale, ma deve anche necessariamente considerare altri
ambiti   -   dall'assistenza  sociale  all'istruzione,  dalla  salute
all'abitazione   -   che  coinvolgono  competenze  normative,  alcune
attribuite allo Stato ed altre attribuite alle Regioni.
    4.  -  Alla  luce  del suddetto quadro normativo le questioni non
sono fondate.
    Invero,  l'art. 16 della legge impugnata, quale risulta dalla sua
stessa   rubrica   recante   «Interventi  per  minori  stranieri  non
accompagnati»,  si  pone  l'obiettivo  di  prevedere  delle  forme di
sostegno  finalizzate  all'inserimento dei minori non accompagnati e,
proprio  al  fine  del  completo  raggiungimento  di  tali  scopi, al
comma 3,  dispone  che  tali interventi possono proseguire anche dopo
che  i  beneficiari  abbiano  raggiunto  la  maggiore  eta'. La norma
impugnata,  quindi,  va  interpretata  nel senso che essa si limita a
prevedere  l'esercizio  di  attivita'  di assistenza rientranti nelle
competenze  regionali,  senza incidere in alcun modo sulla competenza
esclusiva dello Stato in materia di immigrazione.
    In sostanza, la «possibilita» di proseguire, in favore del minore
non  accompagnato,  gli interventi di sostegno previsti dall'art. 16,
anche  dopo  il  raggiungimento  della  maggiore  eta',  con  la  sua
conseguente   ulteriore   permanenza  sul  territorio  nazionale,  e'
subordinata al rilascio nei suoi confronti del permesso di soggiorno,
cosa  che  potra'  avvenire  solo ricorrendo le condizioni a tal fine
previste dal d.lgs. n. 286 del 1998.
    Parimenti  infondata e' la censura relativa all'art. 21, comma 1,
lettera f).  Anche  tale  norma,  infatti, lungi dal regolare aspetti
propriamente  incidenti  sulla materia dell'immigrazione, si limita a
prevedere in favore degli stranieri presenti sul territorio regionale
una  forma  di  assistenza che si sostanzia nel mero affidamento agli
enti  locali  di quegli adempimenti che, nell'ambito dei procedimenti
di  richiesta  e  rinnovo  di  permesso  di  soggiorno  e di carta di
soggiorno,  ovvero  di  richiesta  di  nulla-osta al ricongiungimento
familiare,  diversamente  sarebbero  stati  svolti direttamente dagli
stessi richiedenti.
    D'altra   parte   il   rispetto   delle  competenze  statali  nei
procedimenti  sopra  indicati  emerge,  altresi', dal contenuto della
norma   impugnata   la   quale  prevede  che  le  attivita'  in  essa
disciplinate  siano svolte in accordo con le competenti strutture del
Ministero dell'interno.