Ricorso  della  Regione Campania, in persona del presidente della
giunta  regionale  pro  tempore,  on. Antonio  Bassolino,  rapp.to  e
difeso,  giusta  mandato  a  margine ed in virtu' della deliberazione
della   giunta   regionale   n. 295   del  4 marzo  2006,  dal  prof.
avv. Vincenzo  Cocozza  e  dall'avv. Vincenzo  Baroni dell'Avvocatura
regionale,  insieme  con  i quali elett. te domicilia in Roma, presso
l'Ufficio  di  rappresentanza  della  Regione  Campania alla via Poli
n. 29;

    Contro: il Presidente del Consiglio dei ministri pro tempore, per
la  dichiarazione di illegittimita' costituzionale dell'art. 2, comma
5,  della  legge 1° febbraio 2006, n. 43 («Disposizioni in materia di
professioni  sanitarie  infermieristiche,  ostetrica,  riabilitative,
tecnico-sanitarie  e  della  prevenzione  e  delega  al  Governo  per
l'istituzione  dei  relativi ordini professionali»), pubblicata nella
Gazzetta Ufficiale n. 40 del 17 febbraio 2006.

                              F a t t o

    1.  -  In  data  17 febbraio  2006  e'  stata pubblicata la legge
1° febbraio   2006,   n. 43,  recante  «Disposizioni  in  materia  di
professioni  sanitarie  infermieristiche,  ostetrica,  riabilitative,
tecnico-sanitarie  e  della  prevenzione  e  delega  al  Governo  per
l'istituzione dei relativi ordini professionali».
    Il   comma   5   dell'articolo  2  di  tale  legge  ha  integrato
l'art. 3-bis,  comma  3, lett. b) del decreto legislativo 30 dicembre
1992,  n. 502,  che  reca,  fra  l'altro, la disciplina relativa alla
nomina del Direttore generale delle Aziende sanitarie locali.
    La  norma,  oggetto  del  presente  ricorso,  introduce ulteriori
requisiti  (alternativi a quelli relativi all'esperienza quinquennale
in  posizione  dirigenziale) per gli aspiranti direttori generali, in
particolare  l'aver  espletato  «mandato  parlamentare  di senatore o
deputato della Repubblica nonche' di consigliere regionale».
    L'intervento legislativo statale e' afflitto da una serie di vizi
di  legittimita' che conducono alla proposizione del presente ricorso
per i seguenti

                             M o t i v i

    1.  -  Violazione artt. 114 e 117 Cost., in part. comma 3 e comma
4. Lesione della sfera di competenza delle regioni. Irragionevolezza.
Violazione  dell'art.  3  Cost.  Violazione  dei  principi del d.lgs.
30 dicembre 1992, n. 502.
    Con la integrazione normativa impugnata, il legislatore nazionale
interviene,  per  di  piu'  con  una  disposizione irragionevole, sui
meccanismi  operativi  e  di  funzionamento  delle  Aziende sanitarie
locali.
    Si  deve eccepire che, stante la natura ditali enti, lo Stato non
e' titolare di una potesta' in materia che ne legittimi l'intervento,
e meno che mai nei termini in cui e' stato effettuato.
    La  scelta  operata, infatti, in ordine alla «qualita» soggettiva
del  Direttore generale dell'Azienda non puo' non ricadere, sul piano
degli  effetti,  nella  gestione  stessa  ad  esso  affidata  e nella
generale organizzazione dell'ente.
    E'   necessario   delimitare   l'ambito   materiale  al  fine  di
evidenziare la illegittima compressione delle prerogative regionali.
    Come   e'   noto,  la  disciplina  relativa  alla  organizzazione
sanitaria  ha  subito,  nel  tempo,  numerose  modifiche che ne hanno
progressivamente  mutato  i  caratteri,  attribuendo  sempre maggiore
spazio  alla  competenza  regionale  e  alla  autonomia della singola
struttura. Cio' gia' prima della riforma introdotta dalla legge cost.
n. 1/2003.
    Il  decreto  legislativo  30 dicembre  1992,  n. 502, attualmente
vigente,  legge-quadro  di  settore,  riconosce alle regioni un ruolo
ampio e determinante.
    E'  il  Piano sanitario regionale a prevedere «gli interventi per
gli   obiettivi  di  salute  ed  il  funzionamento  dei  servizi  per
soddisfare  le  esigenze specifiche della popolazione regionale anche
in riferimento agli obiettivi del Piano sanitario nazionale» (art. 1,
d.lgs.  502/1992).  Ma soprattutto che «spettano alle regioni ... nel
rispetto  dei  principi  stabili  dalle  leggi nazionali, le funzioni
legislative  e  amministrative  in materia di assistenza sanitaria ed
ospedaliera» (art. 2, comma 1).
    In  particolare,  spettano  alle  regioni  «la determinazione dei
principi  sull'organizzazione  dei servizi e sull'attivita' destinata
alla  tutela della salute e dei criteri di finanziamento delle unita'
sanitarie  locali  e  delle  aziende  ospedaliere,  le  attivita'  di
indirizzo tecnico, promozione e supporto nei confronti delle predette
unita'  sanitarie  locali ed aziende, anche in relazione al controllo
di  gestione  e  alla  valutazione  della  qualita' delle prestazioni
sanitarie» (art. 2, comma 2, d.lgs. 502/1992).
    Spetta alle regioni l'attivita' di controllo e di vigilanza.
    Le  Aziende  sanitarie, poi, sono espressamente riconosciute come
enti  strumentali  delle  regioni.  Dispone  l'art. 3,  comma  1, del
decreto  legislativo  «le  regioni,  attraverso  le  unita' sanitarie
locali,  assicurano  i  livelli essenziali di assistenza». Cosi' come
sono  sempre  le  regioni  che provvedono alla nomina degli organi di
gestione,  alla  loro  valutazione,  alla revoca ovvero alla conferma
degli  stessi,  in quanto funzionali al perseguimento degli obiettivi
individuati e assegnati alla regione.
    In  tale  quadro  normativo,  le Aziende sanitarie locali possono
definirsi   correttamente   Enti  regionali,  in  quanto  costituiti,
indirettamente  gestiti e controllati dalla regione, sulla base degli
obiettivi fissati dalla regione medesima.
    Si  tratta,  dunque  della  organizzazione di amministrazioni che
dalla  regione  dipendono e, di conseguenza, la materia va ascritta a
quelle  appartenenti  alla  competenza  della regione ai sensi del IV
comma dell'art. 117 Cost.
    A  tale  esito  ricostruttivo  si  perviene  utilizzando  sia una
interpretazione letterale, sia logico-sistematica.
    E',  intanto,  utile  il  confronto  testuale tra il precedente e
l'attuale art. 117.
    La  diversita'  dei contenuti del precedente elenco dell'art. 117
della Carta del 1948 e del nuovo (elenco) di cui al terzo comma dello
stesso  art. 117,  relativamente alle materie di potesta' concorrente
propone  un  criterio di carattere generale relativo alla tendenziale
volonta'  del  legislatore costituzionale di trasferire alla potesta'
legislativa  residuale  delle  regioni,  cio'  che  in precedenza era
attribuito alla potesta' concorrente.
    Pertanto,  con riferimento alla materia «ordinamento degli uffici
e degli enti amministrativi dipendenti dalla regione», e' notevole la
sua  eliminazione  dal  catalogo  della potesta' concorrente, perche'
segnala   l'intervenuto   ampliamento  della  competenza  legislativa
regionale in tale settore materiale che e', d'altro canto, essenziale
per lo svolgersi dell'autonomia costituzionale dell'Ente.
    Ad  integrazione  ditale elemento ricostruttivo, e' significativo
che il secondo comma dell'art. 117 Cost., nell'individuare le materie
di   spettanza   statale,   indichi   in  maniera  espressa  soltanto
«l'ordinamento  e  organizzazione  dello  Stato e degli enti pubblici
nazionali»,  specificando,  quindi,  che  la  disciplina  legislativa
statale,  nel  settore  materiale, puo' riguardare esclusivamente gli
apparati organizzativi centrali o da questi dipendenti.
    Seguendo  tale  impostazione ne discende la illegittimita' di una
legge  statale  che  intervenga,  dopo  la riforma costituzionale del
2001,  con  disposto  compiuto  ed  esaustivo,  in  un  ambito in cui
l'intervento dello Stato e' da ritenersi precluso.
    A  conclusioni  non  dissimili,  invero,  si  perviene laddove si
volesse    privilegiare,    nella   qualificazione   dell'intervento,
l'aspetto,  per  cosi'  dire,  «sanitario» e, dunque si ritenesse che
tale  organizzazione  sia  in qualche modo attratta nell'ambito della
materia «tutela della salute».
    La  normativa statale, infatti, sarebbe illegittima in quanto non
esprimerebbe  un  principio,  ma una disposizione autoapplicativa che
non   lascia   spazio,   anche  limitato,  ad  una  scelta  regionale
diversamente modulata, attraverso una ipotetica normazione ulteriore,
richiedendo la disciplina solo una attivita' materiale di esecuzione.
    Al  contrario  i principi fondamentali devono «riguardare in ogni
caso  il modo di esercizio della potesta' legislativa regionale e non
comportare  l'inclusione  o  l'esclusione  di  singoli  settori dalla
materia o dall'ambito di essa» (Corte cost. sent. 482/1995).
    2.-  Irragionevolezza.  Lesione  della  sfera di competenza della
regione. Violazione dei principi del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 502.
Violazione dell'art. 32 e 97 Cost.
    La   previsione   normativa   si  mostra  anche  irragionevole  e
contraddittoria  rispetto agli obiettivi che si propone. E cio', come
si  dira',  si  risolve  indirettamente  anche  in una non consentita
lesione della sfera di competenza attribuita alla regione.
    Laddove, infatti, si volesse ritenere che i contenuti della norma
impugnata  siano definibili come principi fondamentali della materia,
gli  stessi  dovrebbero  essere  volti ad assicurare che la direzione
generale  delle  AA.SS.LL.  sia  affidata  a  soggetti in possesso di
adeguate conoscenze ed esperienza nel settore.
    E' evidente che, se vi e' la possibilita' di riservare allo Stato
parte  della  disciplina  di  nomina  degli  organi  dell'Azienda, e'
perche'  cio'  sia funzionale alla tutela della salute, attraverso la
migliore  organizzazione dei servizi sanitari. Esclusivamente in tale
ottica  potrebbe  trovare  spazio  un intervento statale, ossia su un
piano di garanzia della «qualita».
    Fuori   da   scelte   ragionevoli   e  coerenti  con  i  principi
costituzionali   richiamati   in  epigrafe,  si  determina  solo  una
illegittima  lesione di uno spazio (di organizzazione) riservato alla
regione.
    Non  a caso la previsione risulta del tutto contraddittoria anche
rispetto  all'intero  impianto  normativo di riferimento: allo stesso
d.lgs.  502/1992  nonche' al d.l. n. 512/1994 ai quali rinvia, le cui
discipline di selezione del personale direttivo sono certamente volte
a privilegiare esperienze gestionali, di livello dirigenziale, presso
altre strutture equivalenti.
    3.  -  Violazione  del  principio  di leale cooperazione. Lesione
della  sfera di competenza della regione. Violazione degli artt. 114,
117,  118  e  120  della Costituzione. Violazione del d.lgs. 31 marzo
1998, n. 112, in part. art. 124.
    Si deve osservare ancora come l'intervento legislativo statale si
mostri  lesivo  delle  competenze regionali, anche laddove si volesse
pervenire  alla  conclusione  (che  non sembra sostenibile) che alcun
mutamento  vi  sia  stato  nel  settore  materiale  dell'intervento a
seguito della riforma introdotta dalla legge cost. n. 1/2003.
    Nell'evoluzione  del  sistema  previgente, il ruolo della regione
aveva  ottenuto  un  preciso  riconoscimento  e  tale  da imporre una
coodeterminazione  della  stessa nelle scelte relative all'oggetto di
cui si discute.
    Al riguardo, si ricorda che il d.lgs. 112/1998 aveva gia' operato
un  ampio  trasferimento delle funzioni amministrative a favore degli
enti locali, in particolare delle regioni.
    Per  cio'  che concerne l'ambito materiale «tutela della salute»,
l'art. 124,   pur   conservando  allo  Stato  la  determinazione  dei
requisiti  minimi  relativi «all'ammissione all'impiego del personale
delle  Aziende  USL  e  ospedaliere,  nonche'  al  conferimento degli
incarichi   dirigenziali»,  ha  espressamente  stabilito  che  questa
dovesse essere effettuata «d'intesa con la Conferenza Stato-Regioni».
    E'  evidente  che, a prescindere dal valore che si e' ritenuto di
attribuire  a  tale  intesa  (in  senso  forte  o  in  senso debole),
l'assenza   di   qualsiasi  partecipazione  della  regione  viola  il
principio di leale cooperazione.