IL GIUDICE DI PACE

    Ha  emesso  la  seguente  ordinanza sul procedimento di convalida
n. 1630/05 R.G., parte signor Bucataru Mirela.
    Il  dott. Maurizio Giovanforte, addetto all'Ufficio stranieri del
giudice di pace di Roma, rilevata la non manifesta infondatezza della
questione  di  legittimita' costituzionale dell'art. 13, comma 7, del
decreto  legislativo  25  luglio  1998, n. 286, cosi' come modificato
dalla  legge 12 novembre 2004, n. 271, per contrasto con gli artt. 3,
13 e 24, secondo comma, della Costituzione della Repubblica italiana,
nella  parte  in  cui non contempla che al momento dell'emissione del
decreto  prefettizio  di  espulsione  sia  prevista  la  nomina di un
difensore di ufficio iscritto nelle liste speciali;
    Solleva    censura    sotto   il   profilo   della   legittimita'
costituzionale  dell'art. 13,  comma 7, decreto legislativo 25 luglio
1998, n. 286, e successive modificazioni, per i seguenti motivi.
    L'art. 13,  comma  7, della «Bossi-Fini» si pone in contrasto con
principi  cardine  del  nostro  ordinamento  ed in particolare con le
previsioni dettate dagli artt. 3, 13 e 24, secondo comma Cost.
    L'argomento  sottoposto  all'attenzione  di codesta illustrissima
Corte  si  pone  su  un piano di tutela sostanziale dei diritti degli
stranieri extracomunitari.
    Viene    in   considerazione   il   principio   affermato   dalla
giurisprudenza   costituzionale   secondo   cui   il   controllo   di
legittimita'  delle  norme  che  incidono su valori, come la liberta'
personale,  che  la  Costituzione garantisce come diritti inviolabili
dell'uomo,  sia  esso cittadino o straniero, deve avvenire in modo da
garantire   che   il   sacrificio   sia  giustificato  dall'effettiva
realizzazione  di  altri valori costituzionali, o non vada incontro a
ostacoli  insormontabili  costituiti dalla protezione di altri valori
costituzionali (sent. Corte cost. n. 58 del 1995).
    Le  censure mosse riguardano, infatti, le garanzie che circondano
l'adozione del provvedimento di espulsione, le quali possono produrre
conseguenze   rilevanti   su   diritti   fondamentali  dei  cittadini
stranieri.
    L'art. 13  del  decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo
unico, delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione
e  norme sulla condizione dello straniero), cosi' come modificato dal
decreto-legge   14 settembre   2004,   n. 241,  convertito  in  legge
12 novembre  2004,  n. 271,  stabilisce,  al  comma  2, lett. b), che
l'espulsione  dello  straniero  e'  disposta  dal prefetto qualora la
persona  si  sia  trattenuta  «nel  territorio dello Stato senza aver
chiesto il permesso di soggiorno nel termine prescritto, salvo che il
ritardo  sia  dipeso  da forza maggiore, ovvero quando il permesso di
soggiorno e' stato revocato o annullato, ovvero e' scaduto da piu' di
sessanta  giorni e non e' stato chiesto il rinnovo»; mentre, al comma
3,  che  «l'espulsione  e' disposta in ogni caso con decreto motivato
immediatamente esecutivo, anche se sottoposto a gravame o impugnativa
da  parte dell'interessato». L'espulsione viene eseguita dal questore
con  accompagnamento  alla  frontiera  a  mezzo  della forza pubblica
(art. 13, comma 4, decreto legislativo cit.)
    Il  questore  e'  tenuto a comunicare immediatamente e, comunque,
entro  le  quarantotto  ore  dalla  sua  adozione, al giudice di pace
territorialmente competente il provvedimento con il quale e' disposto
l'accompagnamento  alla  frontiera  (art. 13,  comma  5-bis,  decreto
legislativo  cit.).  Il  decreto  rimane  sospeso fino alla decisione
sulla  convalida.  Soltanto all'udienza all'uopo disposta e' prevista
la  partecipazione  necessaria  di un difensore; tuttavia, nelle more
del procedimento finalizzato alla convalida, «lo straniero espulso e'
trattenuto  in  uno dei centri di permanenza temporanea ed assistenza
di   cui  all'art. 14»  (artt. 13,  comma  5-bis  e  14  del  decreto
legislativo cit.)
    Nell'ambito  del  predetto  quadro  normativo, a parere di questo
giudice,  la  previsione  contenuta  nell'art. 13,  comma  7, decreto
legislativo  cit.,  viola,  in  primo  luogo,  il diritto alla difesa
(art. 24, secondo comma, Cost.) laddove non prevede, tra gli elementi
di  garanzia,  l'indicazione  nominativa di un difensore, non essendo
sufficiente  a  tal  fine  la  mera informativa del diritto di essere
assistito da un difensore di fiducia.
    E'  ben  vero  che  la normativa introdotta nel 1998, nell'ambito
delle  attivita' preordinate all'emissione del decreto di espulsione,
prevede  a  carico  dell'amministrazione una serie di obblighi la cui
inosservanza  viene  sanzionata  con  la  nullita'  del provvedimento
medesimo,  ma  nulla  dice  in  ordine  alla  nomina  di un difensore
determinato.
    La  lacuna  normativa  impone  l'intervento della eccellentissima
Corte,  non  essendo  dubitabile  che il grado di civilta' del nostro
ordinamento  giuridico  si  misura proprio in relazione alle garanzie
difensive   poste,   a   salvaguardia   dei   diritti   di  rilevanza
costituzionale   riconosciuti  a  chiunque,  cittadino  o  straniero,
risulti  destinatario  di  un  provvedimento  limitativo  o  comunque
restrittivo della liberta' personale (art. 13 Cost.).
    La  lesione  del  diritto  alla difesa del cittadino straniero si
accentua   considerando   in   modo   particolare   gli  effetti  del
provvedimento   di  espulsione  e  di  quelli  connessi.  Secondo  la
giurisprudenza   costituzionale  piu'  recente,  i  provvedimenti  di
allontanamento  producono limitazioni alla liberta' di circolazione e
soggiorno   dello   straniero   nonche'  restrizioni  della  liberta'
personale  particolarmente  incisivi. Compressioni che si sostanziano
nell'obbligo  di  lasciare  il territorio dello Stato, nel divieto di
farvi rientro per un determinato numero di anni ovvero, nelle ipotesi
piu'  frequenti,  nell'accompagnamento  coattivo alla frontiera o, se
cio'  e'  impossibile,  nella  permanenza  nei  centri  di assistenza
disponibili  a  riceverlo  ove il trattenuto rimane, in condizioni di
privazione  della  propria  liberta'  di movimento per trenta giorni,
prorogabili per ulteriori trenta.
    La  misura  del  trattenimento pur trattandosi di misura incisiva
sullo status libertatis (Corte cost., 10 aprile 2001, n. 105) riceve,
solamente   nel   successivo  giudizio  di  convalida,  un  controllo
giurisdizionale munito delle garanzie difensive.
    Infatti,  nell'ottica  di  un  piu'  ampio  riconoscimento  delle
garanzie a favore dello straniero, sia pur irregolare, le indicazioni
provenienti  dalla  giurisprudenza  costituzionale (sent. Corte cost.
n. 222  del  2004),  sono  state  recepite  dal  legislatore  che  ha
introdotto  la  disposizione  secondo  la  quale  il provvedimento di
accompagnamento   coattivo  alla  frontiera  «e'  sospeso  fino  alla
decisione  sulla  convalida».  Solo  in  questa ultima sede, e dunque
tardivamente,  viene  prevista  la  partecipazione  necessaria  di un
difensore (art. 13, comma 5-bis, decreto legislativo cit.).
    Nulla  e'  previsto in ordine alla presenza difensiva nel momento
iniziale   dell'intera  procedura  rappresentato  dall'emissione  del
decreto  di  espulsione  redatto  dall'autorita'  prefettizia.  Sotto
questo  profilo,  non  si ritiene sufficiente l'indicazione contenuta
nel  relativo  modulo prestampato il quale reca la formula contenente
la  menzione  di  un  generico  diritto  ad  essere  assistito  da un
difensore  di  fiducia. Ne' vale richiamare il disposto dell'art. 13,
comma  8, del citato decreto legislativo, giacche' tale previsione si
ricollega  ad una futura ed eventuale possibilita' di tutela, e cioe'
quella di proporre gravame avverso il decreto del prefetto.
    Non  si  puo'  ragionevolmente  pretendere che l'effettivita' del
diritto  alla  difesa  resti  confinato  nel  successivo  giudizio di
convalida dal momento che in questa sede si ritiene gia' verificata e
perfezionata la lesione denunciata.
    A parere del rimettente la mancata previsione dell'indicazione di
un  difensore  nel  decreto di espulsione non solo resta avulsa dalle
logiche  costituzionali  ma svilisce in modo apprezzabile le garanzie
proprie dello Stato di diritto.
    La  normativa  che  occupa  impone,  per  la  molteplicita'  e la
conflittualita'  dei  diritti  e  degli interessi coinvolti, un'opera
interpretativa  atta  ad  ancorare  a  solide  garanzie  la procedura
coattiva  in  esame,  affinche'  l'esercizio  del  diritto  di difesa
assurga ad effettiva realta' anche nella dinamica espulsiva.
    Vero  e'  che  la  lesione  del  diritto alla difesa si manifesta
allorquando  il  prefetto  emette il provvedimento di espulsione, dal
momento  che,  nello  stesso,  manca  il  nome del difensore al quale
l'atto deve essere notificato, e cio' in considerazione degli effetti
immediatamente   lesivi   prodotti  nella  sfera  di  liberta'  dello
straniero.  In quest'ottica le garanzie difensive previste in sede di
convalida dei provvedimenti esecutivi dell'espulsione non si reputano
appaganti  sia  la  ristrettezza  del tempo concesso all'avvocato per
improntare un'idonea difesa, anche per la mancanza di possibilita' di
entrare  nel  possesso  di  idonea  documentazione,  sia  perche'  il
controllo   giurisdizionale  si  colloca  in  un  momento  successivo
rispetto alla limitazione della possibilita' di movimento avvenuta di
fatto gia' al momento di emissione del provvedimento prefettizio.
    E'  sotto  questo aspetto che emerge in tutta la sua evidenzia la
violazione del dettato costituzionale, come sopra meglio evidenziato,
perpetrata dalla c.d. «Bossi-Fini».
    Da  ultimo  appare  utile  evidenziare  che la mancata previsione
della  nomina  di  un  difensore  per  il  cittadino extracomunitario
colpito  dal  decreto  di  espulsione entri in contrasto anche con il
principio di uguaglianza sancito dall'art. 3 della Costituzione.
    Vi  e'  un  trattamento  irragionevolmente  diverso di situazioni
giuridiche uguali.
    Secondo  questo  rimettente,  il decreto di espulsione pur avente
natura  di atto amministrativo, in virtu' degli effetti che produce -
quali  l'obbligo di lasciare il territorio dello Stato; il divieto di
farvi  rientro;  la  limitazione  della liberta' di movimento, ecc. -
deve  essere  equiparato  agli  atti aventi natura penale (si riporta
l'esempio  dell'avviso  di  conclusione delle indagini preliminari ex
l'art. 415-bis  c.p.p.  con il quale vengono richiamati gli artt. 97,
369  e  369-bis  c.p.p.)  e, per questo motivo, per la. sua emissione
devono essere previste, in favore del destinatario, robuste garanzie,
tra le quali la nomina di un difensore.
    E'  illogico  ed irragionevole fornire l'autorita' amministrativa
di  un  potere,  quale  quello  di emettere il decreto di espulsione,
riconducendo  l'emanando  provvedimento  tra  gli atti amministrativi
quando  gli effetti che questo andra' a produrre vanno ad incidere su
diritti garantiti a livello costituzionale senza che la legge preveda
il  rispetto  di  una  garanzia  fondamentale  quale  il diritto alla
difesa.