ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 19,  comma
primo,  delle  disposizioni  preliminari  al codice civile, nel testo
abrogato dall'art. 73 della legge 31 maggio 1995, n. 218 (Riforma del
sistema  italiano  di  diritto  internazionale privato), promosso con
ordinanza  del  16 luglio  2005 dalla Corte di cassazione sul ricorso
proposto  da  R.  M.  contro  R.  S., iscritta al n. 491 del registro
ordinanze 2005 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
n. 40, 1ª serie speciale, dell'anno 2005;
    Visto l'atto di costituzione di R. M.;
    Udito nell'udienza pubblica del 6 giugno 2006 il giudice relatore
Maria Rita Saulle;

                          Ritenuto in fatto

    1.  -  Nel  corso  di  un  giudizio  civile, avente ad oggetto la
impugnazione della sentenza emessa il 20 febbraio 2002 dalla Corte di
appello  di  Trento,  sezione  distaccata  di  Bolzano,  la  Corte di
cassazione,  con ordinanza del 16 luglio 2005, ha sollevato questione
di legittimita' costituzionale, in riferimento agli articoli 3, primo
comma,  e  29, secondo comma, della Costituzione, dell'art. 19, comma
primo,  delle  disposizioni preliminari al codice civile, nella parte
in  cui,  in  caso  di  «mancanza  di  legge  nazionale comune [...],
stabilisce  che  i  rapporti patrimoniali tra i coniugi sono regolati
dalla  legge  nazionale  del  marito  al tempo della celebrazione del
matrimonio»;
    Il  giudice  a  quo,  in  punto  di  fatto,  rileva che R. S., di
nazionalita'  austriaca,  aveva  proposto,  dinanzi  al  Tribunale di
Bolzano,  domanda  di  cessazione degli effetti civili del matrimonio
contratto  con  R. M., di nazionalita' italiana, e che, nel corso del
giudizio,  quest'ultima aveva chiesto lo scioglimento della comunione
con conseguente riconoscimento a suo favore della comproprieta' su di
un immobile, nonche' del 50% delle relative rendite.
    Avverso  tale  richiesta  il  ricorrente  invocava l'applicazione
dell'ordinamento   austriaco,   che   sancisce   il  principio  della
separazione  dei  beni,  poiche',  al  momento della celebrazione del
matrimonio   e   dell'acquisto   dell'immobile,  egli  era  cittadino
austriaco.
    Il  Tribunale  di Bolzano, sulla base della presunzione di legale
identita' con le norme austriache e in considerazione della mancata o
insufficiente prova fornita dal ricorrente sull'esistenza del diritto
straniero  evocato,  applicava il diritto italiano e, in particolare,
il regime della comunione legale dei beni.
    La   sentenza   di  primo  grado  veniva  impugnata  e  la  Corte
territoriale  di  Trento,  sezione  distaccata  di  Bolzano,  con  la
sentenza  oggetto  di impugnazione nel giudizio a quo dichiarava che,
in applicazione dell'art. 19 delle disposizioni preliminari al codice
civile,  le  relazioni  patrimoniali  tra  le  parti  dovevano essere
regolate dal diritto austriaco.
    Cosi'   ricostruita  la  fattispecie  oggetto  del  giudizio,  il
rimettente, quanto alla rilevanza, premette che il giudice di secondo
grado  ha  correttamente applicato il citato art. 19, non potendo far
ricorso  alla  legge  31 maggio  1995,  n. 218  (Riforma  del sistema
italiano di diritto internazionale privato), che ha abrogato la norma
citata,  poiche'  essendo  il  giudizio di primo grado stato proposto
anteriormente  all'entrata  in  vigore  di  tale  legge,  la  novella
normativa,   in  ragione  della  disposizione  transitoria  contenuta
nell'art. 72, era inapplicabile al giudizio a quo.
    In  particolare, il rimettente rileva che l'accennato art. 19, al
comma  primo,  prevede  che, in assenza di apposite convenzioni e nel
caso  di coniugi di diversa cittadinanza, i rapporti patrimoniali tra
i  coniugi  sono  regolati  dalla legge nazionale del marito al tempo
della  celebrazione del matrimonio e che l'eventuale dichiarazione di
incostituzionalita'     della     norma    impugnata    comporterebbe
l'applicazione  della  legge  italiana  la  quale, con riferimento ai
rapporti  patrimoniali  tra i coniugi, prevede, in linea generale, il
regime  della  comunione dei beni, regime al quale sarebbe sottoposto
l'immobile   oggetto   della   controversia,   non  potendosi  questo
ricondurre  nell'ambito  dei  beni  personali di cui all'art. 179 del
codice civile.
    Quanto   alla  non  manifesta  infondatezza  della  questione  di
legittimita'  proposta,  il  giudice a quo richiama alcune precedenti
sentenze  della Corte costituzionale (v. sent. n. 71 del 1987 e sent.
n. 477  del  1987), con le quali e' stata dichiarata l'illegittimita'
di  disposizioni  analoghe a quelle oggetto del presente giudizio che
privilegiavano, in caso di conflitto di leggi, la legge nazionale del
marito  (art. 18  delle disposizioni preliminari al codice civile), o
del padre (art. 20 delle disposizioni preliminari al codice civile).
    Le    argomentazioni    contenute   nei   citati   precedenti   -
sindacabilita'  costituzionale  delle norme di diritto internazionale
privato,  contrasto  del  riconoscimento  al  marito di una posizione
preminente   nella   famiglia   con   i  principi  costituzionali  di
eguaglianza  tra  uomo  e  donna, di divieto di discriminazione tra i
sessi  e  di  parita' morale e giuridica tra i coniugi - sarebbero, a
parere  del  rimettente, valide anche ora con riferimento all'art. 19
delle disposizioni preliminari al codice civile.
    2.  - Si e' costituita la ricorrente nel giudizio principale che,
riportandosi   alle   argomentazioni   contenute   nell'ordinanza  di
rimessione,    ha   chiesto   la   declaratoria   di   illegittimita'
costituzionale della norma impugnata.
    3.  -  In  prossimita' dell'udienza pubblica, la parte privata ha
depositato memoria riportandosi, sostanzialmente, alle argomentazioni
gia' contenute nell'atto di costituzione.

                       Considerato in diritto

    1.   -  La  Corte  di  cassazione  dubita,  in  riferimento  agli
articoli 3,  primo  comma,  e  29, secondo comma, della Costituzione,
della  legittimita'  costituzionale  dell'art. 19, comma primo, delle
disposizioni preliminari al codice civile, nella parte in cui prevede
che  «I  rapporti  patrimoniali tra coniugi sono regolati dalla legge
nazionale del marito al tempo della celebrazione del matrimonio».
    2.  -  Il  rimettente,  in  ordine alla rilevanza della sollevata
questione,  rileva,  correttamente,  di dover applicare l'art. 19, in
quanto  il  giudizio  principale  e'  iniziato prima della entrata in
vigore  della  legge  31 maggio  1995,  n. 218  (Riforma  del sistema
italiano di diritto internazionale privato), che, nel disciplinare ex
novo  i  rapporti  patrimoniali  tra  i  coniugi, da un lato, prevede
l'abrogazione  della citata norma (art. 73), dall'altro, sancisce che
«la  presente  legge  si  applica in tutti i giudizi iniziati dopo la
data della sua entrata in vigore» (art. 72).
    3.  -  In  ordine  alla non manifesta infondatezza, il rimettente
ritiene  che  la  norma  impugnata  contrasti  con  il  principio  di
uguaglianza  sancito, quanto ai rapporti tra i coniugi, dall'art. 29,
secondo comma, della Costituzione, e, in linea generale, dall'art. 3,
comma  primo,  della  Costituzione.  In particolare, il giudice a quo
sostiene che l'illegittimita' costituzionale della norma impugnata si
fonda sugli stessi motivi posti a fondamento delle sentenze n. 71 del
1987  e  n. 477  del  1987  con  le  quali  la  Corte  ha  dichiarato
l'incostituzionalita'   degli   artt. 18   e  20  delle  disposizioni
preliminari al codice civile.
    In  particolare, il rimettente rileva che la norma impugnata, nel
regolare  i rapporti patrimoniali tra i coniugi e al fine di superare
le  difficolta'  nascenti  dall'applicazione  cumulativa di normative
nazionali  diverse,  prevede  la prevalenza della legge nazionale del
marito  al  tempo della celebrazione del matrimonio, ponendosi in tal
modo in contrasto con i principi costituzionali evocati.
    4. - La questione e' fondata.
    Questa  Corte,  con la sentenza n. 71 del 1987 ha gia' dichiarato
la  illegittimita'  costituzionale  dell'art. 18 delle preleggi nella
parte  in  cui  stabiliva  -  al fine dell'individuazione della legge
regolatrice  dei  rapporti  personali  tra coniugi - l'applicabilita'
dell'ultima  legge nazionale comune ai coniugi, e, in mancanza, della
legge   nazionale   del   marito  al  tempo  della  celebrazione  del
matrimonio.
    Successivamente,  la  Corte  con la sentenza n. 477 del 1987, nel
ribadire   le   motivazioni  utilizzate  nella  sentenza  citata,  ha
dichiarato  l'incostituzionalita'  dell'art. 20,  comma  primo, delle
disposizioni  preliminari  al  codice  civile,  per  violazione degli
articoli 3,  primo  comma,  e  29, secondo comma, della Costituzione,
nella  parte  in  cui,  nell'individuare  la  legge  regolatrice  dei
rapporti  tra  genitori  e figli, privilegiava la legge nazionale del
padre.
    Ad  eguali  conclusioni  -  sia  in  punto  di ammissibilita' del
sindacato concernente le norme di diritto internazionale privato, sia
in  punto  di  fondatezza  della  questione  - deve ora pervenirsi in
ordine  all'art. 19, comma primo, delle preleggi. Anche tale norma di
«collisione», infatti, componendo un conflitto tra le leggi nazionali
diverse  dei  coniugi  privilegiando, nell'individuazione della norma
regolatrice  dei rapporti patrimoniali tra questi, la legge nazionale
del  marito,  realizza una discriminazione nei confronti della moglie
per  ragioni  legate  esclusivamente  alla  diversita'  di  sesso, in
violazione  sia  dell'art. 3,  comma  primo,  della Costituzione, sia
dell'art. 29,  comma  secondo, della Costituzione; di essa, pertanto,
va dichiarata la illegittimita' costituzionale.