IL TRIBUNALE Ha emesso la seguente ordinanza di rimessione alla Corte costituzionale ai sensi dell'art. 23 legge 11 marzo 1953, n. 87, di cui e' stata data lettura all'udienza del 28 febbraio 2006 nel procedimento iscritto al n. 1632/06 R.N.R. e n. 440/06 R.G. Trib. nei confronti di Corda Nicola, nato a Cagliari il 13 giugno 1985, imputato del delitto di cui agli artt. 81 cpv. c.p., 73, comma 1° e 4°, D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 (T.U.L. Stup.), perche', in esecuzione di un medesimo disegno criminoso, senza l'autorizzazione di cui all'art. 17 e fuori delle ipotesi previste dall'art. 75 stessa legge, illecitamente deteneva alfine di spaccio gr. 8,7 (lordi) di hashish, trenta dosi di eroina e dodici dosi di cocaina, sostanze stupefacenti di cui alle tabb. 1 e 11 prevista dall'art. 14 della legge medesima, nonche' vendeva analoghe sostanze a persone non identificate per un quantitativo pari a 1.290 euro. Commesso in Cagliari il 21 febbraio 2006 ed in epoca immediatamente precedente con l'aggravante della recidiva specifica, reiterata ed bifraquinquennale. Corda Nicola e' stato arrestato in data 21 febbraio 2006 da personale della Stazione CC di Cagliari - San Bartolomeo nella flagranza del delitto di illecita detenzione (ai fini di spaccio) di sostanza stupefacente di vario tipo e di cessione a terzi della medesima per la somma di euro 1.290,00 e quindi condotto davanti al giudice del dibattimento ex art. 558 c.p.p. per la convalida ed il giudizio direttissimo. Convalidato l'arresto ed applicata all'imputato la misura cautelare della custodia in carcere, in sede di giudizio direttissimo il Corda ha fatto richiesta di essere giudicato con il rito abbreviato ed il processo si e' svolto secondo le formalita' di cui agli artt. 438 e ss. c.p.p.. Il pubblico ministero ha quindi concluso con richiesta di condanna dell'imputato alla pena di' anni sei di reclusione e 18.000,00 euro di multa, mentre la difesa ha chiesto l'applicazione delle attenuanti generiche e dell'attenuante del comma quinto dell'art. 73 d.P.R. n. 309/1990 - prevalenti sulla recidiva contestata, con condanna al minimo edittale e benefici di legge. Dall'esame degli atti contenuti nel fascicolo del pubblico ministero ed in particolare dal verbale di arresto, di perquisizione e sequestro operati dai CC della Stazione di Cagliari - San Bartolomeo, emerge che, nella mattinata del 21 febbraio 2006, personale della Stazione sopraindicata (App. Paoluzi e C.re Toran) esegui' un appostamento all'interno dello stabile di residenza di Corda Nicola, nella via Samuele Utzeri n. 18, in Cagliari, avendo notato che il predetto - affidato in prova ai servizi sociali - frequentava assiduamente il quartiere di Sant'Elia ed era stato visto mentre veniva avvicinato da assuntori di sostanza stupefecente. Alle 9,15 il Corda usci dall'abitazione in compagnia del fratello Fabio e di altro giovane (identificato in Pilia Marcello); venne quindi sottoposto a perquisizione personale in esito alla quale si rinvenne in suo possesso un pacchetto di sigarette contenente all'interno un involucro con 12 dosi di cocaina e 30 dosi di eroina ed alcune dosi di stupefacente del tipo hashish. Nel corso della successiva perquisizione estesa all'abitazione il Corda Nicola consegno' spontaneamente un pezzo di sostanza stupefacente del tipo hashish del peso di gr. 6,8, un bilancino di precisione ed un coltello recante ancora residui di stupefacente sulla lama. All'interno della scarpiera collocata nella sua camera da letto, entro una scarpa marca NIKE, si rinvenne altresi' la somma di 1.290,00 euro suddivisa in banconote di vario taglio. All'udienza di convalida i verbalizzanti hanno precisato di aver pesato solo l'hashish in sequestro (gr. 8,7 come indicato nell'imputazione), mentre le altre sostanze, tutte contenute in un unico involucro, secondo la loro esperienza personale, non superava il quantitativo di due o tre grammi complessivi. Il Corda ha ammesso gli addebiti ed ha precisato di fare uso personale solo di hashish; quanto al denaro rinvenuto in suo possesso, costituiva il compenso per aver custodito lo stupefacente. Dalle complessive emergenze processuali si ricava una incontrovertibile convergenza degli elementi probatori raccolti a sostegno del diretto coinvolgimento dell'imputato (anche alla luce delle dichiarazioni confessorie rese) in una seppure modesta attivita' di commercio della droga. La valutazione delle modalita' del fatto - tenuti presenti i modesti quantitativi di stupefacente sequestrati. ancorche' di tipo diverso e la somma, per converso, rilevante di denaro rinvenuta, certamente indicativa della continuativita' dello spaccio seppure rudimentalmente organizzato - convince il giudicante della ravvisabilita', nel caso di specie, dell'attenuante del fatto di lieve entita' di cui all'art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309/1990. Non puo', peraltro, non rilevarsi', a questo punto che il giudizio di comparazione tra la predetta circostanza attenuante e la contestata recidiva reiterata (il Corda ha riportato diverse condanne per delitti dolosi, di cui una in materia di stupefacenti) deve limitarsi alla sola equivalenza delle circostanze (ovvero di subvalenza delle attenuanti rispetto alle aggravanti) a mente della previsione contenuta all'art. 69, comma 4, c.p., come novellato dalla legge 5 dicembre 2005 n. 251 (norma applicabile ratione temporis alla fattispecie concreta). La norma in riferimento, ad avviso del giudicante, appare seriamente sospetta di incostituzionalita' per violazione degli artt. 3, 25, secondo comma e 27 commi primo e terzo della Costituzione. Questo giudice non ignora che la Corte costituzionale ha piu' volte affermato che rientra nella discrezionalita' del legislatore la determinazione della quantita' e qualita' della sanzione penale; tuttavia, in numerose pronunce (cfr. ordinanze n. 438 del 2001, n. 207 del 1999, n. 435 del 1998), la stessa Corte ha precisato che l'esercizio di tale discrezionalita' puo' essere sindacato quando non venga rispettato il limite della ragionevolezza e si dia quindi luogo ad una disparita' di trattamento palesemente irragionevole (cosi', di recente - sentenza n. 78 del 10/18 febbraio 2005 - ribadendo che «a prescindere dal rispetto di altri parametri, la normativa deve essere anzitutto conforme a criteri di intrinseca ragionevolezza». Ora, la disposizione di cui all'art. 69, comma 4, c.p., che fa divieto al giudice di valutare le attenuanti prevalenti sulla recidiva reiterata (e, conseguentemente, di irrogare pene inferiori ai minimi edittali ai recidivi reiterati), appare irragionevole sotto molteplici profili. In primo luogo, finisce per punire allo stesso modo violazioni della medesima norma incriminatrice di gravita' e portata offensiva concrete differenti (nel caso di specie, lo spaccio di lieve entita' verrebbe punito con la stessa sanzione prevista per lo spaccio non lieve); in secondo luogo, determina la conseguenza di punire differentemente fatti identici diversificati solo dal fatto che l'autore sia o no recidivo reiterato. In entrambe le ipotesi, la recidiva reiterata configura una condizione di pericolosita' presunta che giustifica, di per se' solo, il piu' grave trattamento sanzionatorio, e cio' a prescindere dalla valutazione delle circostanze che connotano il caso concreto, in violazione del principio di eguaglianza di cui aIl'art. 3 della Costituzione. Peraltro, la stessa giurisprudenza costituzionale ha avuto modo di precisare (seppure in sede di scrutinio delle norme relative all'applicazione di misure di sicurezza, con principi che si ritengono valevoli anche in tema di disciplina delle pene) che la presunzione di pericosita' contrasta con il principio di eguaglianza di cui all'art. 3 Cost. quando non abbia fondamento nell' id quodplerumque accidit ed a cio' consegua l'indiscriminata applicazione di misure identiche in situazioni differenti (sent. C. Cost. n. 1 del 1971, n. 106 del 1972 e 139 del 1982). E' di tutta evidenza il fatto che l'introduzione, ad opera della norma censurata, di un meccanismo di automatismo sanzionatorio comporta il contrasto con i principi soprariportati giacche' legittima l'indiscriminata omologazione dei recidivi reiterati sul presupposto di una pericolosita' presunta in via assoluta, qualunque sia il titolo dei delitti oggetto delle precedenti condanne e di quello cui si riferisce l'attuale condanna, nonche' qualunque sia l'epoca dei delitti gia' giudicati. Ancora: l'aggravamento sanzionatorio collegato alla mera contestazione della recidiva reiterata (ed alla presunzione di pericolo sita' ad essa collegata) impone l'irrogazione di pene elevate che possono risultare del tutto sproporzionate a fronte della contestazione di fatti di modesta gravita' ovvero nei casi di recidivi reiterati in concreto non pericolosi o scarsamente pericolosi (si pensi alle ipotesi di fatti di ingiuria e minaccia, commessi in diverse occasioni e non avvinti dal vincolo della continuazione, giudicati con distinti processi). Sotto questo profilo il divieto introdotto dalla norma censurata collide altresi con i principi ricavabili dagli artt. 25, secondo comma, e 27, commi primo e terzo, della Costituzione. La finalita' del giudizio di comparazione previsto dall'art. 69 c.p., laddove attribuisce al giudice la valutazione della prevalenza od equivalenza in caso di concorso di circostanze aggravanti ed attenuanti, e' quella di giudicare il fatto delittuoso nella sua interezza e complessita', tenuti presenti anche le circostanze inerenti alla persona del colpevole e gli elementi, positivi o negativi, che qualificano il reato ed il suo autore laddove significativi e decisivi; cio' al fine di conseguire il perfetto adeguamento della pena al caso concreto (Cass., 28 giugno 2005, Matti). Il principio di legalita' garantito dall'art. 25, secondo comma, Cost., sancisce un legame indissolubile tra la sanzione penale e la commissione di un «fatto», senza consentire la punizione della mera pericolosita' del reo o il suo atteggiamento interiore. Alla ineliminabile funzione retributiva della pena deve essere associata quella rieducativa, in termini di necessaria coesistenza, senza possibilita' di obliterazione dell'una a vantaggio dell'altra (C., cost., n. 306/1993). Pertanto, solo l'adeguamento della risposta punitiva al caso concreto, attraverso l'individualizzazione di una pena che tenga conto dell'effettiva entita' e delle caratteristiche del singolo caso contribuisce a rendere operativo il principio della responsabilita' penale «personale» finalizzando la pena nella prospettiva indicata dall'art. 27, terzo comma, Cost. e garantendo l'attuazione dell'eguaglianza del cittadino di fronte alle pene, intesa come proporzione rispetto alle «personali» 3responsabilita'. Al contrario, la norma introdotta dalla legge n. 251/2005 nel testo dell'art. 169, comma quarto, c.p., escludendo per il caso del recidivo reiterato il giudizio di prevalenza delle circostanze attenuanti, impedisce al giudice di adeguare la pena al caso concreto, impone l'iirrogazione di pene sproporzionate rispetto alla gravita' del fatto e vanifica la finzione rieducativa della sanzione penale e le sue finalita' di prevenzione generale e speciale. La questione proposta appare, dunque, rilevante nel giudizio de quo (dovendo il giudice emettere sentenza di condanna a pena severissinia malgrado la contenuta gravita' del fatto) e non manifestamente infondata alla luce delle argomentazioni, seppure sinteticamente, sopra riportate.