IL CONSIGLIO DI STATO Ha pronunciato la seguente ordinanza, sul ricorso in appello n. 8814/05 proposto dalla Regione Lazio, rappresentata e difesa dagli avvocati Gennaro Terracciano e Luca Di Raimondo con domicilio eletto in Roma, presso lo studio del primo, piazza di Spagna n. 35; Contro Marino Rosaria, rappresentante e difesa dall'avv. Sebastiana Dore con domicilio eletto in Roma alla via Pasubio n. 2, e nei confronti Ajello Marina, non costituita in giudizio, per l'annullamento dell'ordinanza del Tribunale amministrativo regionale Lazio, sez. I-ter, n. 6147/2005 del 28 ottobre 2005. Visti gli atti e i documenti depositati con l'appello; Visto l'atto di costituzione in giudizio di Marino Rosaria; Relatore il cons. Adolfo Metro; Uditi nella camera di consiglio del giorno 13 dicembre 2005 gli avv.ti Terracciano, Di Raimondo e Dore; Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue. F a t t o e d i r i t t o La ricorrente ha impugnato innanzi al Tribunale amministrativo regionale del Lazio il provvedimento con il quale la Regione Lazio ha dichiarato la sua cessazione dall'incarico di Direttore generale dell'Agenzia regionale per la protezione ambientale del Lazio (A.R.P.A.), in applicazione dell'art. 55 del nuovo Statuto regionale, approvato con l.r. 11 novembre 2004, n. 1 e dell'art. 71 della l.r. 17 febbraio 2005, n. 9. Ha impugnato, altresi', il successivo provvedimento di nomina di un Commissario straordinario dell'A.R.P.A. La domanda di sospensione dell'esecuzione del provvedimento impugnato, avanzata in via incidentale, e' stata accolta con ordinanza del Tribunale amministrativo regionale Lazio, sez. I-ter, n. 6147 del 27 ottobre 2005, avverso la quale la regione Lazio ha proposto l'appello indicato in epigrafe; sostenendo i seguenti motivi: 1) inammissibilita' del ricorso di I grado per difetto di giurisdizione; 2) inammissibilta' del ricorso di I grado per carenza di interesse alla impugnativa della nomina di Commissario straordinario dell'ARPA, in considerazione della decadenza automatica della ricorrente dall'incarico di direttore generale, per effetto delle richiamate norme; 3) erroneita' dell'ordinanza appellata, avendo i giudici di I grado ritenuto ingiustamente, in adesione a quanto sostenuto dalla ricorrente, che le disposizioni di cui all'art. 71 della l.r. n. 9/05 (c.d. «spoil system») sarebbero applicabili ai soli Enti indicati nell'art. 55 dello statuto regionale, con esclusione, quindi, dell'ARPA, che sarebbe regolata dall'art. 54 dello statuto e che avrebbe una forte caratterizzazione tecnico funzionale, esercitando attivita' connesse a competenze non riconducibili esclusivamente alla Regione, della quale non potrebbe, percio', considerarsi Ente dipendente; 4) infondatezza della censura secondo cui la nomina del Commissario straordinario sarebbe stata disposta in violazione dei presupposti di legge. La ricorrente di primo grado, costituitasi in giudizio, ha chiesto la reiezione dell'appallo sulla domanda cautelare, sostenendo la fondatezza di suoi motivi di ricorso. Con ordinanza n. 6048 del 13 dicembre 2005, questa sezione ha disposto la sospensione del giudizio cautelare in vista della remissione degli atti alla Corte costituzionale, essendo la questione analoga, per i profili di incostituzionalita' di seguito richiamati, a quanto gia' rilevato con altra ordinanza, riferita ai direttori generali delle Ausl. La domanda cautelare in esame, infatti, sotto i combinati profili delle «ragionevole previsione sull'esito del "ricorso e della valutazione del pregiudizio allegato"» dalla ricorrente, come prescrive l'art. 21 della legge n. 1034/1971, nel testo modificato dalla legge n. 205/2000, per la gravita' e difficile riparabilita' del pregiudizio non solo economico ma anche professionale e sociale, che dall'esecuzione dei provvedimenti impugnati deriverebbe a carico dell'interessata, implica una adeguata valutazione in relazione al fumus boni iuris delle doglianze dedotte. Non si dubita, in primo luogo che, nella specie, sussista la giurisdizione del giudice amministrativo, in quanto i provvedimenti impugnati sono chiara espressione di uno straordinario potere attribuito all'amministrazione regionale in ordine all'organizzazione degli Enti da essa dipendenti, sulla base di una valutazione discrezionale circa la sussistenza dei presupposti di legge, a fronte della quale non sono ipotizzabili se non posizioni di interesse legittimo al suo corretto esercizio. Superata in tal modo la questione di rito, occorre passare all'esame degli ulteriori motivi di appello. Deve concordarsi, con la Regione Lazio, sulla infondatezza del quarto motivo proposto dalla ricorrente, secondo cui la nomina del commissario straordinario sarebbe stata disposta in violazione di legge, per sopperire all'impossibilita' di nominare, entro il 16 agosto 2005, il nuovo direttore generale, atteso che il potere di commissariamento deve ritenersi un potere di natura generale, attribuito a chi esercita la vigilanza sull'Ente, al fine di far fronte in via straordinaria e temporanea al periodo transitorio, allorche' non siano piu' in carica gli organi ordinari (C.S. n. 507/2005). Resta, pertanto, da esaminare il terzo motivo di appello, a cui e' collegato il secondo motivo, relativi all'applicabilita', anche all'ARPA, del c.d. «spoil system». Ai sensi della l.r. n. 45/1998, istitutiva dell'ARPA, la stessa e' un ente strumentale della Regione dotato di personalita' giuridica (art. 2), la cui natura di ente dipendente risulta chiaramente dalle funzioni in materia ambientale svolte a favore della regione stessa, degli enti locali e degli enti gestori delle aree naturali regionali (art. 3), dal suo assoggettamento alla vigilanza e al controllo, riservato alla giunta regionale (art. 9), dal fatto che la nomina del direttore generale e' riservata al consiglio regionale (art. 5), dal fatto che il personale, i beni e le dotazioni sono della regione (art.19) e che i finanziamenti sono, in prevalenza, regionali (art. 20). All'ARPA, pertanto, in quanto ente pubblico dipendente, va applicato l'art. 55 dello statuto. In ogni caso, poi, quand'anche si volesse, in ipotesi, ritenere applicabile l'art. 54 dello statuto, l'ARPA, in quanto «unita' amministrativa», rientrerebbe ugualmente nel sistema dello «spoil system», per effetto del richiamo, contenuto nell'art. 71 l.r., n. 9/2005, all'art. 53, II comma dello statuto, che prevede l'applicazione di tale istituto anche alle posizioni amministrative di particolare rilievo e responsabilita'. Ne' puo' ritenersi che l'autonomia tecnica, amministrativa e contabile di cui gode l'ARPA e la sua competenza su una materia riservata allo Stato possa annullare la sua dipendenza funzionale e politico amministrativa dalla regione, posto che, come ha rilevato la stessa Corte costituzionale (Sent. n. 108/2005), in relazione all'art. 117 Cost. non puo' parlarsi, in senso tecnico, di una materia qualificabile come «tutela dell'ambiente», riservata rigorosamente alla competenza statale giacche' essa «configurandosi piuttosto come un valore costituzionale protetto investe altre competenze che ben possono essere generali, spettando allo Stato il compito di fissare standard di tutela uniforme sull'intero territorio nazionale». Deriva, da tutto cio', la correttezza della qualificazione dell'ARPA come ente dipendente dalla regione, il che comporterebbe l'applicabilita', nei confronti del suo direttore generale, dell'istituto dello «spoil system» e l'accoglimento dell'appello cautelare proposto dalla Regione Lazio. Peraltro, come gia' rilevato con ordinanza di questa sezione, n. 5836/2005, che qui si richiama, la normativa applicata appare sospetta di incostituzionalita' sotto vari profili. «L'art. 55 dello statuto regionale stabilisce la decadenza generalizzata dalla carica dei componenti degli organi istituzionali di tutti gli enti dipendenti, decorso il novantesimo giorno dalla prima seduta del consiglio regionale. La norma statutaria e' stata estesa dall'art. 71 della l.r. 9/2005 anche alle ipotesi in cui la carica sia in atto alla data di entrata in vigore dello Statuto, disponendo, a tal fine, l'adeguamento di diritto della durata del contratto regolante il rapporto di lavoro sottostante. Ancorche' differita di novanta giorni, la cessazione dalla carica e', evidentemente, connessa al rinnovo del consiglio regionale, massimo organo politico della regione, con l'evidente finalita' di consentire alle forze politiche di cui e' espressione il nuovo consiglio, di sostituire i preposti agli organi istituzionali. La disciplina, tuttavia, e' atta ad introdurre una cesura nella continuita' dell'azione amministrativa esplicata dal titolare della carica, non in dipendenza della valutazione della qualita' di questa, ma di un evento oggettivo, qual e' l'insediamento del nuovo consiglio all'esito della consultazione elettorale. Cio' appare in contrasto con i principi costituzionali del buon andamento e dell'imparzialita', dettati dall'art. 97 della Costituzione. Invero, la norma di cui al ripetuto art. 55, comma 4, come attuata con l'art. 71, l.r. n. 9/2005, anche in relazione all'eventualita' di cessazioni infrannuali, comporta la possibile incisione, avulsa da ogni vaglio di rendimento (cfr. in proposito Corte cost. 16 maggio 2002, n. 193), su quella stabilita' ed autonomia che consente al dirigente di improntare il suo operato al rispetto dei richiamati principi. In proposito, peraltro, non puo' trascurarsi di osservare che la dilazione trimestrale della decadenza e l'ampiamente discrezionale facolta' dell'amministrazione di conferma nella carica, lungi dal dissipare il dubbio di incostituzionalita', lo confortano in quanto suscettibili di condizionare il comportamento dell'interessato ancora in servizio, proprio in vista della possibile riconferma». Va anche rilevato che la l.r. n. 45/1998 (Istituzione dell'ARPA) prevede, all'art. 5.6, che il rapporto di lavoro del direttore generale e' a tempo pieno ed e' regolato da contratto di diritto privato di durata quinquennale e che l'incarico e' incompatibile con ogni attivita' professionale e con cariche elettive pubbliche. Appare evidente, allora, come da queste disposizioni emerge il principio fondamentale della materia secondo il quale al rapporto del direttore generale deve essere garantita una stabilita' ed autonomia in misura, certamente rimessa alla valutazione discrezionale del legislatore regionale, ma comunque congrua per l'esercizio, da parte di tale funzionario, delle sue specifiche attribuzioni, secondo i canoni - ora precisati dall'art. 1 della legge 7 agosto 1990, n. 241, come novellato con legge 11 febbraio 2005, n. 15 - di adeguatezza dell'azione amministrativa all'art. 97 Cost. La contestata normativa regionale, invece, ha introdotto una condizione di precarieta' di quel rapporto che, evidentemente, urta contro il principio ora indicato. Il che si riscontra proprio nel caso di specie, in cui, in forza dei provvedimenti impugnati, il rapporto e' stato sciolto in anticipo rispetto alla sua durata quinquennale stabilita nel contratto. Non puo', infine, omettersi il rilievo che la previsione della decadenza dalla carica sembra esulare dalla competenza legislativa regionale, in quanto in incidendo sulla disciplina del sottostante rapporto di lavoro di cui determina la cessazione, si esplica in realta' nella materia dell'«ordinamento civile», affidato dall'art. 117, secondo comma, lettera l), Cost. alla potesta' legislativa esclusiva dello Stato. Per tale profilo, in relazione ai richiamati principi, va rilevata l'incostituzionalita' anche dell'art. 19 del d.lgs. n. 165 del 30 marzo 2001, relativo alle amministrazioni statali, che in relazione agli incarichi di cui al comma 3, da un lato fissa gli obiettivi da conseguire con riferimento alle priorita', ai piani, ai programmi, nonche' la durata dell incarico in relazione agli obiettivi prefissati, durata che non puo' essere inferiore ai tre anni ne' eccedere i cinque anni, e dall'altro, al comma 8, ne dispone, comunque, la cessazione, decorsi novanta giorni dal voto di fiducia al Governo, violando l'obiettivo della separazione fra indirizzo politico e gestione amministrativa, che ispira la riforma della dirigenza. Per le ragioni sin qui esposte, la delineata questione di legittimita' costituzionale del combinato disposto dell'art. 53, secondo comma e/o dell'art. 55, comma quarto dello statuto della Regione Lazio, approvato con l.r. 11 dicembre 2004 n. 1 e dell'art. 71, comma 1, 3 e 4 della l.r. 17 febbraio 2005, n. 9 per contrasto con gli artt. 97, 117, terzo comma, ultimo periodo e 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione, e' rilevante ai fini del decidere e non e' manifestamente infondata. Pertanto, essa va sottoposta al vaglio della Corte costituzionale nei termini che precedono.