ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nei  giudizi di legittimita' costituzionale degli artt. 202, comma 1,
204,  comma 1,  e  204-bis,  commi 7  e  8,  del  decreto legislativo
30 aprile   1992,  n. 285  (Nuovo  codice  della  strada),  articolo,
l'ultimo     di    quelli    censurati,    introdotto    dall'art. 4,
comma 1-septies,  del decreto-legge 27 giugno 2003, n. 151 (Modifiche
ed   integrazioni   al   codice   della   strada),   convertito,  con
modificazioni,  dalla legge 1° agosto 2003, n. 214, promossi con n. 2
ordinanze  del  1° marzo  2005  dal  Giudice  di  pace di Forli', nei
procedimenti  civili  vertenti tra Penna Silvia Maria contro CO.RI.T.
Rimini  e  Forli-Cesena  s.p.a. ed altra, e tra Pagano Rosanna contro
Polizia  municipale di Forli', iscritte ai nn. 304 e 305 del registro
ordinanze 2005 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
n. 24, 1ª serie speciale, del 15 giugno 2005;
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nella  camera  di  consiglio del 21 giugno 2006 il giudice
relatore Alfonso Quaranta;
    Ritenuto  che il Giudice di pace di Forli', con due ordinanze del
21 dicembre    2004,   ha   sollevato   questione   di   legittimita'
costituzionale  - in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione
- degli artt. 202, comma 1, 204, comma 1, e 204-bis, commi 7 e 8, del
decreto  legislativo  30 aprile  1992,  n. 285  (Nuovo  codice  della
strada),   articolo,   l'ultimo   di   quelli  censurati,  introdotto
dall'art. 4,   comma 1-septies,  del  decreto-legge  27  giugno 2003,
n. 151   (Modifiche   ed   integrazioni   al  codice  della  strada),
convertito, con modificazioni, dalla legge 1° agosto 2003, n. 214;
        che  i  giudizi  a quibus originano - secondo quanto riferito
dal  rimettente  - da iniziative assunte da due donne, ciascuna delle
quali,  «a  causa  della  propria  precaria situazione economica», si
troverebbe  nell'impossibilita'  di  provvedere  al  pagamento  della
sanzione pecuniaria comminata a seguito di infrazione stradale;
        che, segnatamente, la prima delle ricorrenti (r.o. n. 304 del
2004)  assume  di  essersi  trovata  -  in ragione di «una situazione
economica  problematica» (l'interessata afferma di mantenere se' e la
figlia   «lavorando   sporadicamente   come  baby  sitter»)  -  nella
«impossibilita'  oggettiva»  di pagare, entro il termine di legge, la
sanzione  pecuniaria  prevista  per l'infrazione di cui all'art. 142,
comma 8,   del  codice  della  strada,  donde  l'emissione  nei  suoi
confronti di una cartella esattoriale, oggetto d'impugnazione innanzi
all'autorita' giudiziaria;
        che  l'altra  ricorrente (r.o. n. 305 del 2005), sanzionata a
norma  dell'art. 193,  comma 2,  del codice della strada, ha proposto
opposizione,    invece,   avverso   il   verbale   di   contestazione
dell'infrazione,  deducendo  di essere disposta, pero', «ad adempiere
l'obbligazione  pecuniaria relativa alla comminata sanzione», sebbene
invochi  la  necessita' di una «idonea rateizzazione» della stessa, e
cio' sempre in ragione di una «impossibilita' oggettiva» di pagare in
unica  soluzione, versando in «una situazione di indigenza» (afferma,
infatti,  di essere «separata dal marito», con «due figli adolescenti
ancora  a  carico»,  nonche'  impossibilitata a svolgere una regolare
attivita'  lavorativa «anche a causa dello stato generale di salute»,
in quanto «riconosciuta invalida»);
        che,  cio'  premesso,  il  giudice a quo «ritiene sussistere»
questione   di  legittimita'  costituzionale  delle  norme  suddette,
giacche'  le  stesse  «giungono al perverso risultato di aggravare la
sanzione  per  il  trasgressore debole e di mantenerla leggera per il
trasgressore   economicamente   "forte"»,  e  cio',  in  particolare,
«secondo due modalita»;
        che,  per  un  verso,  verrebbe  sancita  -  dalle  impugnate
disposizioni  -  una  «eguaglianza  di  sanzioni per l'economicamente
debole    e   l'economicamente   forte»,   evenienza   di   per   se'
incostituzionale,   «dal  momento  che  le  sanzioni  non  sono  piu'
simboliche, ma sono divenute milionarie», senza peraltro trascurare -
assume  ancora  il  rimettente  -  anche  «l'eguaglianza  della parte
accessoria sia per l'utente occasionale che per il professionista, il
quale, nonostante i maggiori rischi che affronta, viene trattato piu'
severamente»;
        che, per altro verso, il denunciato inconveniente deriverebbe
anche  «dal  meccanismo  che  disciplina  i ricorsi e che consente al
sanzionato  abbiente  di  liberarsi  pagando  il minimo», avvalendosi
della  possibilita'  prevista  dall'art. 202 del codice della strada,
senza  dover  quindi  ricorrere all'autorita' giudiziaria, «mentre il
meno  abbiente  o non abbiente, se chiede la rateazione all'autorita'
amministrativa»,  ai sensi dell'art. 26 della legge 24 novembre 1981,
n. 689  (Modifiche  al  sistema  penale),  «la puo' ottenere solo una
volta  definita  la  sanzione  nella  meta' del massimo» (e cioe' «il
doppio del minimo», ex art. 204, comma 1, del codice della strada);
        che  un  ulteriore  aspetto,  poi,  del trattamento deteriore
riservato  al  soggetto  non  abbiente consisterebbe nel fatto che il
medesimo,  per ottenere la rateazione «dal giudice di pace», dovrebbe
«necessariamente  presentare  ricorso,  con  tutte  le conseguenze di
spese a carico ed aumenti in caso di rigetto»;
        che,  infine,  poiche'  l'art. 204-bis,  comma 7,  del codice
della  strada ha eliminato la possibilita' per il giudice «di variare
la  sanzione  sotto  il minimo» edittale, da cio' deriverebbe, per il
soggetto  non  abbiente,  un  «ancor peggiore trattamento», e cio' in
quanto, «mentre l'abbiente chiude pagando il minimo» (giacche' le sue
condizioni  economiche gli consentono di avvalersi della possibilita'
prevista  dall'art. 202  del  medesimo  codice), il soggetto privo di
adeguati  mezzi economici «per ottenere la rateazione e' costretto al
rischio del giudizio o alla liquidazione del raddoppio»;
        che su tali basi, quindi, il giudice a quo ha concluso per la
declaratoria  di  illegittimita'  costituzionale  - in riferimento al
solo  art. 3 della Costituzione - dell'art. 204-bis, commi 7 e 8, del
codice  della  strada,  giacche' ciascuno di tali commi «impedisce di
fatto  al  giudice  di  differenziare  il  sacrificio  sanzionatorio»
dell'interessato   (ed  esattamente,  il  primo  «in  relazione  alla
capacita'   di  soffrirne  dei  diversi  soggetti»,  il  secondo  «in
relazione    alle    diverse   incidenze   del   rischio»),   nonche'
dell'art. 204,  comma 1,  del  codice  «nella  parte  che  genera  il
meccanismo  per cui il prefetto puo' accordare la rateazione solo sul
raddoppio del minimo»;
        che,  con il patrocinio dell'Avvocatura generale dello Stato,
e'  intervenuto,  nel  solo  giudizio  originato  dalla seconda delle
ordinanze  di  rimessione  (r.o.  n. 305 del 2005), il Presidente del
Consiglio  dei  ministri,  che  ha concluso per la inammissibilita' o
infondatezza della questione sollevata;
        che,  a suo dire, «il giudice a quo non spiega nell'ordinanza
di  rimessione come intende applicare nel giudizio principale norme»,
quali  gli  artt. 202  e  204  del  codice della strada, «che trovano
applicazione  nel procedimento alternativo innanzi al Prefetto», cio'
che comporta l'inammissibilita' della questione sollevata;
        che  nel  merito,  invece,  il  giudice  rimettente - osserva
ancora  la  difesa  erariale  -  «non  sembra  tener conto» ne' della
circostanza «che la rateizzazione del debito per disagiate condizioni
economiche  e'  statuita  dall'art. 26  della  legge  n. 689 del 1981
indifferentemente  per  i  procedimenti amministrativi e giudiziari»,
ne' del fatto che «i commi 7 ed 8» dell'art. 204-bis del codice della
strada  «consentono  al  giudice  di pace di applicare la sanzione al
minimo  edittale»,  donde  l'infondatezza  del  prospettato dubbio di
costituzionalita';
        che  rileva,  infine,  l'Avvocatura generale dello Stato - ad
ulteriore   conferma  della  necessita'  di  rigettare  la  questione
sollevata  -  che, in ogni caso, «le sanzioni amministrative previste
dal  codice  della  strada prescindono in gran parte dall'attivita' e
dalla  posizione  sociale  del  trasgressore,  avendo  come  primario
obiettivo  quello  di  porre  un  efficace deterrente a comportamenti
devianti   di   conducenti,  che  possono  essere  forieri  di  gravi
situazioni di pericolo».
    Considerato  che  il Giudice di pace di Forli', con due ordinanze
del   21 dicembre   2004,  ha  sollevato  questione  di  legittimita'
costituzionale  - in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione
- degli artt. 202, comma 1, 204, comma 1, e 204-bis, commi 7 e 8, del
decreto  legislativo  30 aprile  1992,  n. 285  (Nuovo  codice  della
strada),   articolo,   l'ultimo   di   quelli  censurati,  introdotto
dall'art. 4,   comma 1-septies,  del  decreto-legge  27  giugno 2003,
n. 151   (Modifiche   ed   integrazioni   al  codice  della  strada),
convertito, con modificazioni, dalla legge 1° agosto 2003, n. 214;
        che,   attesa   l'identita'  delle  questioni  sollevate  dal
rimettente,   deve  essere  disposta  la  riunione  dei  giudizi  che
originano dalle due ordinanze di rimessione dal medesimo emesse;
        che  in  via  preliminare  -  ferma  la  constatazione che la
dedotta  violazione  dell'art. 24 della Costituzione e' sollevata dal
giudice   a   quo  solo  nella  parte  motiva  dei  provvedimenti  di
rimessione,  e  non anche nel loro dispositivo - deve essere rilevata
l'esistenza di un profilo di manifesta inammissibilita' della censura
che  investe  le  prime  due  norme impugnate, e cioe' gli artt. 202,
comma 1, e 204, comma 1, del codice della strada;
        che la doglianza relativa a queste (come, per vero, pure alle
altre)   disposizioni   impugnate   si  basa  sull'assunto  che  esse
discriminerebbero,  in  relazione  alle  loro  differenti  condizioni
economiche,  i soggetti resisi responsabili di infrazioni stradali, e
cio' sotto un duplice concorrente profilo;
        che  le  stesse,  difatti,  sancirebbero  la  «eguaglianza di
sanzioni  per  l'economicamente  debole  e  l'economicamente  forte»,
evenienza  di  per se' incostituzionale, «dal momento che le sanzioni
non  sono  piu'  simboliche»,  ma  sono divenute molto onerose, senza
peraltro  trascurare  anche «l'eguaglianza della parte accessoria sia
per  l'utente  occasionale  che  per  il  professionista,  il  quale,
nonostante  i  maggiori  rischi  che  affronta,  viene  trattato piu'
severamente»;
        che,  inoltre, solo «al sanzionato abbiente» sarebbe di fatto
consentito  «di  liberarsi  pagando  il minimo» (e cioe' di avvalersi
dell'istituto  di  cui all'art. 202 del codice della strada), «mentre
il   meno  abbiente  o  non  abbiente»,  privo  dei  mezzi  economici
occorrenti per fruire di tale facolta', si vedrebbe «costretto», «per
conseguire  la  rateazione dall'autorita' amministrativa», a proporre
ricorso   al  Prefetto  ex  art. 203  del  medesimo  codice,  con  la
conseguenza,  pero',  di vedersi ingiungere il pagamento di una somma
non  inferiore  (ai sensi, appunto, dell'impugnato art. 204, comma 1)
al doppio del minimo edittale previsto per l'infrazione realizzata;
        che,  sotto entrambi i profili sopra illustrati, la questione
di   costituzionalita'  relativa  agli  artt. 202,  comma 1,  e  204,
comma 1,  del  codice  della  strada,  risulta,  tuttavia,  priva  di
rilevanza  in  ciascuno dei giudizi a quibus, investendo disposizioni
delle quali il rimettente non deve fare applicazione;
        che,  a  prescindere, difatti, da ogni altro rilievo, nessuno
dei  due giudizi pendenti innanzi al rimettente risulta instaurato ai
sensi   dell'art. 205   del   codice   della  strada,  e  dunque  per
l'annullamento  di ordinanza-ingiunzione prefettizia emessa all'esito
del  ricorso ex art. 203 del medesimo d.lgs. n. 285 del 1992; sicche'
ogni  questione  che  investa  il  contenuto  sanzionatorio  di  tale
provvedimento  (ovvero,  le  modalita'  di  formazione  dello stesso)
risulta estranea al thema decidendum devoluto all'esame del giudice a
quo;
        che   e',   invece,   manifestamente   infondata  la  censura
indirizzata  avverso  l'art. 204-bis,  commi 7 ed 8, del codice della
strada;
        che la doglianza del rimettente - ferma la dedotta violazione
dell'art. 3  della Costituzione, giacche' anche tali disposizioni del
codice  della  strada  sancirebbero  la  «eguaglianza di sanzioni per
l'economicamente    debole   e   l'economicamente   forte»,   nonche'
«l'eguaglianza  della  parte  accessoria sia per l'utente occasionale
che per il professionista, il quale, nonostante i maggiori rischi che
affronta,  viene  trattato  piu' severamente» - mira, questa volta, a
stigmatizzare la circostanza secondo cui il soggetto non abbiente, al
fine  di  «ottenere  la  rateazione  dal  giudice  di  pace», sarebbe
costretto   necessariamente  a  «presentare  ricorso,  con  tutte  le
conseguenze  di  spese a carico ed aumenti in caso di rigetto», anche
perche' l'art. 204-bis, comma 7, del codice della strada ha eliminato
la  possibilita'  per  il  giudice  «di  variare la sanzione sotto il
minimo» edittale;
        che,   cosi'  ricostruita  la  questione,  la  stessa  appare
manifestamente  infondata, innanzitutto nella parte in cui investe il
comma 7 del predetto art. 204-bis;
        che  sul  punto,  e  con specifico riferimento alla censurata
«eguaglianza    di    sanzioni    per   l'economicamente   debole   e
l'economicamente forte», evenienza, secondo il rimettente, di per se'
incostituzionale,   «dal  momento  che  le  sanzioni  non  sono  piu'
simboliche», valgono le seguenti considerazioni;
        che   -  a  parte  la  constatazione,  di  per  se'  comunque
dirimente,  che l'ipotetico accoglimento della questione equivarrebbe
a  postulare  la necessita', invero paradossale, di una «graduazione»
legislativa  della  misura  delle  sanzioni  pecuniarie,  o almeno di
quelle   di  rilevante  importo,  non  gia'  in  base  alla  gravita'
dell'infrazione   commessa,  bensi'  alle  capacita'  economiche  del
responsabile della violazione - non puo' che ribadirsi in questa sede
il   principio   secondo   cui  rientra  nella  discrezionalita'  del
legislatore  sia  l'individuazione  delle  condotte  punibili, sia la
scelta   e   la  quantificazione  delle  relative  sanzioni,  con  la
conseguenza che tale discrezionalita' puo' essere oggetto di censura,
in  sede  di  scrutinio  di  costituzionalita',  soltanto  ove il suo
esercizio  ne  rappresenti  un  uso  distorto  o arbitrario, cosi' da
confliggere  in  modo  manifesto  con il canone della ragionevolezza,
cio'  che  deve  invece escludersi nel caso di specie (v., da ultimo,
ordinanze n. 169 e n. 45 del 2006);
        che  in  relazione,  invece,  all'altra  censura  che investe
sempre  il comma 7 dell'art. 204-bis - quella secondo cui il soggetto
non  abbiente,  al  fine  di  «ottenere  la rateazione dal giudice di
pace»,  sarebbe  costretto necessariamente a «presentare ricorso, con
tutte le conseguenze di spese a carico ed aumenti in caso di rigetto»
-  deve osservarsi come l'ordinamento contempli diversi strumenti per
«neutralizzare» l'inconveniente, al quale sono esposti i soggetti non
abbienti,  costituito dalla soggezione, nell'adire le vie giudiziali,
agli   oneri  economici  occorrenti  per  il  ricorso  all'assistenza
difensiva,   nonche'   a   quelli  (eventualmente)  conseguenti  alla
reiezione della domanda proposta;
        che,   con   riferimento  ai  primi,  viene  in  rilievo,  in
particolare,  la possibilita' di fruire del «patrocinio a spese dello
Stato»  (art. 75  del  d.P.R.  30 giugno 2002, n. 115, recante «Testo
unico  delle  disposizioni  legislative e regolamentari in materia di
spese  di  giustizia»);  mentre, con riferimento ai secondi, non puo'
trascurarsi  la  circostanza  che  il  giudice  di pace e' pur sempre
legittimato  a  disporre  la  compensazione «per giusti motivi» delle
spese di lite (art. 92 del codice di procedura civile);
        che in relazione, infine, alla censura che investe il comma 8
del  predetto  art. 204-bis  del  codice  della strada - disposizione
secondo  cui, in caso di rigetto del ricorso, il giudice di pace «non
puo'   escludere   l'applicazione  delle  sanzioni  accessorie  o  la
decurtazione  dei  punti  dalla  patente  di  guida» - deve ribadirsi
quanto  gia'  affermato da questa Corte, vale a dire che, «se neppure
l'estinzione  dell'illecito  amministrativo, in ragione dell'avvenuto
pagamento  in  misura  ridotta,  consente al giudice alcun intervento
modificativo  sulla  sanzione  accessoria  (o finanche solo sulla sua
entita),  non  si  vede  come  possa tacciarsi di irragionevolezza la
mancata  previsione  di  un intervento siffatto allorche' il giudice,
addirittura,  rigetti  il  ricorso volto a contestare la legittimita'
del  verbale  di  contestazione  dell'infrazione stradale» (ordinanza
n. 247 del 2005).
    Visti  gli  artt. 26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti
alla Corte costituzionale.