ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel  giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 19 della legge
6 marzo  1987,  n. 74  (Nuove  norme  sulla  disciplina  dei  casi di
scioglimento  del  matrimonio), dell'art. 11 della legge 20 settembre
1980,  n. 576  (Riforma  del  sistema previdenziale forense), e degli
articoli 17   e  18  del  decreto  del  Presidente  della  Repubblica
26 ottobre  1972,  n. 633  (Istituzione e disciplina dell'imposta sul
valore   aggiunto),   promosso  con  ordinanza  dell'8 novembre  2005
dall'arbitro di Venezia, nel giudizio arbitrale in corso tra Cristina
Vincenzi  e  Gianluca  Sicchiero,  iscritta  al  n. 78  del  registro
ordinanze 2006 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
n. 13, 1ª serie speciale, dell'anno 2006.
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nella  Camera  di  consiglio  del 5 luglio 2006 il giudice
relatore Franco Gallo;
    Ritenuto che, con Ordinanza emessa il 8 novembre 2005, in Venezia
nel  corso  di  un  giudizio  per  arbitrato  rituale,  l'arbitro  ha
sollevato  -  in  riferimento  all'articolo 3  della  Costituzione  -
questione  di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 19 della legge
6 marzo  1987,  n. 74  (Nuove  norme  sulla  disciplina  dei  casi di
scioglimento  del  matrimonio), dell'art. 11 della legge 20 settembre
1980,  n. 576  (Riforma  del  sistema previdenziale forense), e degli
articoli 17   e  18  del  decreto  del  Presidente  della  Repubblica
26 ottobre  1972,  n. 633  (Istituzione e disciplina dell'imposta sul
valore aggiunto), nella parte in cui: a) assoggettano a contributo in
favore  della  Cassa  nazionale  di  previdenza e assistenza forense,
nella  misura  del 2%, e ad IVA, nella misura del 20%, i compensi per
le attivita' professionali del difensore che assiste un coniuge in un
giudizio  di  scioglimento del matrimonio; b) consentono al difensore
la correlativa rivalsa nei confronti di quel coniuge, il quale rimane
cosi' gravato dei predetti imposta e contributo;
        che l'arbitro rimettente premette: a) di avere gia' sollevato
la  stessa  questione  di  legittimita'  costituzionale nel corso del
medesimo  procedimento,  con  ordinanza  del  22 luglio  2004; b) che
questa  Corte,  decidendo  sulla  questione  con ordinanza n. 298 del
2005,   gli  avrebbe  chiesto  di  fornire  adeguata  motivazione  in
relazione  alla  sua  competenza  «a  decidere  sulle  domande» a lui
sottoposte;  c)  di  avere  emesso,  in  data 23 settembre 2005, lodo
parziale  -  poi  passato  in  giudicato  -  con  cui  dichiara detta
competenza;
        che,   nel   descrivere  la  fattispecie  al  suo  esame,  il
rimettente  ripete  quanto gia' esposto nella precedente ordinanza di
rimessione,  e  cioe'  che  Cristina  Vincenzi  e l'avvocato Gianluca
Sicchiero, il quale la assiste in un giudizio per lo scioglimento del
matrimonio,  hanno  devoluto  in  arbitrato  rituale  la controversia
relativa  alla  richiesta  della Vincenzi di ottenere la restituzione
delle   somme  corrisposte  al  Sicchiero  a  titolo  degli  indicati
contributo  previdenziale e IVA e di dichiarare non dovuti gli stessi
prelievi sull'ulteriore acconto chiestole dall'avvocato nel corso del
medesimo procedimento civile;
        che,  secondo  quanto  riferisce  il  rimettente, la Vincenzi
ritiene  non assoggettabile ad alcun contributo o imposta il compenso
del  suo  legale,  invocando  a tal fine l'esenzione dalle imposte di
bollo  e  di  registro  e  da ogni altra tassa, disposta dall'art. 19
della  legge  n. 74  del  1987;  l'avvocato  Sicchiero, invece, e' di
avviso  contrario,  pur  ritenendo  costituzionalmente illegittime le
disposizioni che impongono il pagamento di tali somme;
        che,  in  punto di rilevanza della questione, l'arbitro a quo
afferma preliminarmente la propria competenza «a giudicare sulla lite
in  essere,  come deciso nel lodo parziale passato in giudicato e che
si   invia   alla   Corte   costituzionale   con   il  fascicolo  del
procedimento»;
        che,  in  particolare, il rimettente, affermando di riportare
sinteticamente   la   motivazione   del   lodo,   alla  quale  rinvia
espressamente  «per  completezza»,  rileva che: a) secondo il diritto
vivente,  non  spetta  alla  giurisdizione tributaria «la pretesa del
privato,  rivolta  ad  un  altro  privato,  di  non  pagare una somma
ancorche'   involga   questioni   di   diritto   tributario»;  b)  di
conseguenza,   «il  punto  della  questione  riguarda  la  competenza
esclusiva  [...]  del  tribunale»,  in materia di imposte e tasse, ai
sensi  dell'art. 9  cod.  proc. civ., la quale deve essere negata per
«il rapporto privatistico inerente la rivalsa o regresso tra soggetti
privati  quale  quello  in  esame»;  c)  «tanto basta ad escludere la
sussistenza   di   qualsiasi   questione  sottratta  alla  competenza
dell'arbitro  o  che  ex  art. 819  c.p.c. imponga la sospensione del
giudizio, come gia' indicato nel lodo parziale»;
        che,  in punto di non manifesta infondatezza della questione,
il  rimettente denuncia l'irragionevolezza e l'incoerenza delle norme
censurate, perche' la volonta' del legislatore sarebbe diretta, a suo
dire, ad eliminare, per i coniugi che debbono separarsi o divorziare,
qualsiasi  costo  fiscale,  come  sarebbe  dimostrato  dall'esenzione
prevista  dall'art. 19  della  legge n. 74 del 1987 per le imposte di
bollo  e  di  registro;  le  norme  censurate, invece, impongono agli
stessi coniugi di sostenere, attraverso il meccanismo indiretto della
rivalsa  da  parte del proprio difensore, un rilevante onere a titolo
di  IVA  e  di  contributo  per  la  Cassa  nazionale di previdenza e
assistenza forense;
        che  e' intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri,
rappresentato   e   difeso  dall'Avvocatura  dello  Stato,  eccependo
l'inammissibilita'  della  questione, per l'incompetenza dell'arbitro
rimettente  a  decidere  sui  rapporti  tributari  e previdenziali, e
deducendo  in  ogni  caso  l'infondatezza  della  questione medesima,
perche' basata su un vago e imprecisato concetto di irragionevolezza.
    Considerato  che  l'arbitro  rimettente dubita della legittimita'
costituzionale  dell'art. 19  della  legge 6 marzo 1987, n. 74 (Nuove
norme  sulla  disciplina  dei  casi  di scioglimento del matrimonio),
dell'art. 11  della  legge  20 settembre  1980,  n. 576  (Riforma del
sistema  previdenziale  forense),  degli articoli 17 e 18 del decreto
del  Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633 (Istituzione
e  disciplina  dell'imposta  sul valore aggiunto), nella parte in cui
non estendono all'IVA e al contributo in favore della Cassa nazionale
di   previdenza   e  assistenza  forense,  dovuti  sui  compensi  per
l'attivita' difensiva dell'avvocato, l'esenzione dai tributi prevista
dal  suddetto art. 19 della legge n. 74 del 1987 riguardo a tutti gli
atti,  i  documenti  ed  i provvedimenti «relativi al procedimento di
scioglimento  del matrimonio o di cessazione degli effetti civili del
matrimonio  nonche'  ai  procedimenti  [...]  diretti  ad ottenere la
corresponsione  o la revisione degli assegni di cui agli articoli 5 e
6  della  legge 1° dicembre 1970, n. 898», oltre che - come deciso da
questa  Corte con sentenza n. 154 del 1999 - relativi ai procedimenti
di separazione personale dei coniugi;
        che,  secondo  il rimettente - il quale e' arbitro rituale in
una controversia avente per oggetto la legittimita' di quanto dovuto,
a  titolo  sia  di  rivalsa  dell'IVA sia di contributo previdenziale
forense, da una cliente all'avvocato che l'assiste in un procedimento
di  divorzio -, le predette norme sarebbero in contrasto con l'art. 3
della  Costituzione, sotto il profilo del difetto di ragionevolezza e
di   coerenza,  perche'  la  sottoposizione  all'IVA  e  al  predetto
contributo  previdenziale  sarebbe  contraddittoria con l'intento del
legislatore   di  escludere  ogni  costo  fiscale  per  gli  indicati
procedimenti;
        che  sulla medesima questione, sollevata dal rimettente nello
stesso  procedimento  arbitrale,  questa Corte si e' gia' pronunciata
con   l'ordinanza   n. 298  del  2005,  dichiarandola  manifestamente
inammissibile  per  difetto di motivazione sulla rilevanza, in quanto
l'arbitro  rimettente  non  aveva  fornito adeguata motivazione sulla
propria competenza a conoscere incidentalmente dei rapporti tributari
e previdenziali non compromettibili in arbitri;
        che   con   tale  pronuncia  questa  Corte  ha  rilevato  che
l'ordinanza  di  rimessione  non  aveva  tenuto conto del primo comma
dell'art. 819  cod.  proc.  civ.,  il  quale  - nel testo applicabile
ratione  temporis  nel  giudizio  arbitrale  a  quo  -  disciplina la
definizione  delle  questioni  incidentali  nel  giudizio  arbitrale,
stabilendo  che,  «se  nel corso del procedimento sorge una questione
che  per legge non puo' costituire oggetto di giudizio arbitrale, gli
arbitri,  qualora  ritengano che il giudizio ad essi affidato dipende
dalla definizione di tale questione, sospendono il procedimento»;
        che,  nel riproporre la questione, il rimettente si limita ad
affermare  di  avere  emesso un «lodo parziale» passato in giudicato,
cui  fa  rinvio, e che, secondo tale «lodo parziale», le cause aventi
ad  oggetto  la  rivalsa  per l'IVA e il contributo previdenziale, in
quanto  sottratte  alla competenza delle Commissioni tributarie e non
attinenti   a  rapporti  tributari,  possono  essere  compromesse  in
arbitri;
        che,   per  il  rimettente,  «tanto  basta  ad  escludere  la
sussistenza   di   qualsiasi   questione  sottratta  alla  competenza
dell'arbitro  o  che  ex  art. 819  c.p.c. imponga la sospensione del
giudizio, come gia' indicato nel lodo parziale»;
        che,   tuttavia,   tale   asserzione   non  colma  la  lacuna
motivazionale rilevata da questa Corte con la citata ordinanza n. 298
del 2005;
        che,  infatti,  l'affermazione  secondo  cui  non  sussistono
questioni   sottratte  alla  competenza  dell'arbitro  rimettente  e'
irrilevante,  perche'  riguarda,  in  base  allo  specifico contenuto
dell'ordinanza  di  rimessione,  solo le questioni compromettibili in
arbitri  di  natura  meramente privatistica relative alla rivalsa per
l'IVA  e  al  contributo  previdenziale  e, pertanto, non riguarda la
competenza  a  conoscere  anche  delle questioni incidentali relative
alle obbligazioni tributarie e previdenziali escluse dalla cognizione
arbitrale  ai  sensi del primo comma dell'art. 819 cod. proc. civ., e
alla quale fa riferimento la citata ordinanza di questa Corte;
        che  l'ordinanza di rimessione e' altresi' insufficientemente
motivata,  perche',  nel  dichiarare l'insussistenza di questioni che
impongano   la   sospensione   del   giudizio   arbitrale   ai  sensi
dell'art. 819  cod.  proc.  civ.,  non  chiarisce  nemmeno  quale sia
l'effettivo contenuto del suddetto «lodo parziale», e cioe' se questo
abbia  affermato  la  competenza  dell'arbitro  a  conoscere  in  via
incidentale  tali  questioni  ovvero  abbia  escluso  l'esistenza  di
qualsiasi questione pregiudiziale;
        che,  d'altra  parte, a dette carenze di motivazione la Corte
non  puo'  sopperire con l'esame del «lodo parziale» cui fa rinvio il
rimettente,    perche',   per   il   principio   di   autosufficienza
dell'ordinanza  di  rimessione,  essa non puo' prendere in esame atti
diversi  da  tale  ordinanza (ex plurimis, ordinanze n. 164 del 2006,
nn. 453, 423, 364 e 166 del 2005, n. 279 del 2000);
        che,   ai  fini  di  fondare  la  competenza  dell'arbitro  a
conoscere   in   via   incidentale   delle   questioni  tributarie  e
previdenziali,  non potrebbe farsi riferimento al vigente primo comma
dell'art. 819  cod.  proc.  civ., introdotto dall'art. 22 del decreto
legislativo  2 febbraio 2006, n. 40 (Modifiche al codice di procedura
civile in materia di processo di cassazione in funzione nomofilattica
e  di  arbitrato,  a  norma  dell'articolo 1,  comma 2,  della  legge
14 maggio  2005,  n. 80),  secondo  cui  «gli arbitri risolvono senza
autorita'  di giudicato tutte le questioni rilevanti per la decisione
della  controversia,  anche  se  vertono  su  materie che non possono
essere  oggetto di convenzione di arbitrato, salvo che debbano essere
decise   con  efficacia  di  giudicato  per  legge»,  perche'  questa
disposizione  si  applica  ai  procedimenti  arbitrali instaurati con
domanda  proposta  successivamente al 2 marzo 2006 (art. 27, comma 4,
del  citato  d.lgs. n. 40 del 2006) e non, dunque, al giudizio a quo,
il quale ha avuto invece inizio prima di tale data;
        che,  non  avendo  l'arbitro  posto  rimedio  al  difetto  di
motivazione  sulla  rilevanza,  gia'  riscontrato da questa Corte con
l'ordinanza  n. 298  del  2005,  la  questione deve essere dichiarata
manifestamente inammissibile.
    Visti  gli articoli 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti
alla Corte costituzionale.