IL GIUDICE DI PACE ha emesso la seguente ordinanza nel procedimento civile iscritto al n. 110/2006 Ruolo Gen. Affari Contenz., promosso da Iacono Giovanni, nato a Giarratana (prov. RG) il 28 gennaio 1956 e residente in Modica nella via San Giuliano n. 117/m, elettivamente domiciliato in Modica nella via Fosso Tantillo n. 14/a presso lo studio dell'avv. Luigi Piccione che lo rappresenta e difende giusta mandato a margine del ricorso introduttivo, ricorrente opponente; Contro Ministero dell'Interno, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ex lege dall'Avvocatura dello Stato ed elettivamente domiciliato presso la sede distrettuale della stessa territorialmente competente, resistente opposto, avente ad oggetto: Opposizione avverso verbale di contestazione a violazione di norme del codice della strada. F a t t o Con ricorso depositato il 14 Marzo 2006, Iacono Giovanni ha proposto opposizione avverso il verbale di accertamento e contestazione n. 700000553760 del 14 gennaio 2006 - redatto dalla Sezione Polizia Stradale del Commissariato P.S. di Modica nei suoi confronti quale genitore e P.P. sul minore Iacono Francesco nato a Modica il 4 agosto 1989 e relativo alle infrazioni da quest'ultimo commesse il 7 gennaio 2006, in violazione all'art. 171 comma 1 e 2 c.d.s., in quanto consentiva allo stesso la guida del ciclomotore tipo MBX Ovetto, targato 79E5L telaio 00000207332, senza indossare il casco protettivo - con il quale e' stata altresi' comminata la sanzione accessoria del sequestro amministrativo ed affidamento in custodia finalizzato alla confisca ex art. 213 comma 2-sexies c.d.s - cosi' come introdotto dall'art. 5-bis, comma 1, lett. c), n. 2, seconda parte, d.l. 30 giugno 2005 n. 115, convertito in legge con modifiche dalla legge 17 agosto 2005 n. 168 - giusta relativo verbale contestualmente redatto in pari data ed anch'esso impugnato con il detto ricorso introduttivo. Con la detta opposizione il ricorrente ha concluso chiedendo: «... Piaccia al giudice di pace adito, disattesa ogni contraria istanza, eccezione, difesa, ritenere e dichiarare non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 213 comma 2-sexies c.d.s., introdotto dall'art. 5-bis, comma 1, lett. c), n. 2, seconda parte, d.l. 30 giugno 2005 n. 115, convertito in legge con modif. che dalla legge 17 agosto 2005 n. 168, per violazione degli artt. 3, 23 e 42 Cost., con ogni consequenziale statuizione in ordine alla proposizione della questione di costituzionalita' della disposizione sospettata avanti la Corte costituzionale; previa sospensione, nel merito accogliere l'opposizione proposta e per l'effetto annullare il verbale di contestazione opposto nella parte in cui viene disposto il sequestro amministrativo ai fini della confisca del motociclo. ... ». In particolare parte ricorrente ha dedotto la irragionevolezza della gravita' della sanzione amministrativa accessoria della confisca la quale, comprimendo il diritto costituzionalmente protetto della proprieta' privata, appare irragionevolmente sproporzionata oltre che porsi in contrasto sia con il principio di eguaglianza di cui al combinato disposto degli artt. 3 e 23 Cost. - imponendo ai cittadino una sanzione diseguale rispetto ad altre ipotesi ben piu' gravi e che prevedono una sanzione minore - sia con il combinato disposto degli artt. 23 e 42 Cost. in dipendenza della grave compressione del diritto di proprieta'. D i r i t t o Il ricorso in opposizione di cui infra introduttivo del presente giudizio e' stato depositato in cancelleria il 14 marzo 2006 e, pertanto, tempestivamente e nel rispetto dei termini normativamente previsti, tant'e' che questo giudice potrebbe, emettere i provvedimenti di cui all'art. 23 della legge 24 novembre 1981 n. 689. Tuttavia nel caso specifico, unico motivo della proposta opposizione e' la formulata eccezione di illegittimita' costituzionale dell'art. 213 comma 2-sexies c.d.s. - cosi' come introdotto dall'art. 5-bis, comma 1, lett. c), n. 2, seconda parte, d.l. 30 giugno 2005 n. 115, convertito in legge con modifiche dalla legge 17 agosto 2005 n, 168 - applicato dagli agenti accertatori e di cui all'atto impugnato. Motivi della decisione Come rilevato ed eccepito da parte ricorrente, anche questo giudice ritiene che la citata norma non sia conforme al dettato costituzionale ed intende pertanto sollevare, come in effetti con la presente ordinanza solleva, questione di legittimita' costituzionale dell'art. 213 comma 2-sexies c.d.s. - cosi' come introdotto dall'art. 5-bis, comma 1, lett. c), n. 2, seconda parte, del d.l. 30 giugno 200, n. 115 convertito in legge con modifiche dalla legge 17 agosto 2005 n. 168, nella parte in cui dispone «... E' sempre disposta la confisca in tutti i casi in cui un ciclomotore o un motoveicolo sia stato adoperato per commettere una delle violazioni amministrative di cui agli articoli 169, commi 2 e 7, 170 e 171 o per commettere un reato, sia che la violazione amministrativa o il reato sia commesso da un detentore maggiorenne, sia che sia stato commesso da un detentore minorenne ...» - per violazione degli artt. 3 e 27 della Costituzione per i seguenti motivi. Sulla rilevanza della questione Nel caso che ci occupa il collegamento giuridico tra la res giudicanda e la norma ritenuta incostituzionale appare del tutto evidente e cio' sotto un duplice profilo. Principalmente assume manifesta rilevanza, ai fini della decisione, la questione di carattere assolutamente preliminare relativa alla applicabilita' della norma de quo che costituisce il referente normativo di riferimento ed alla quale, pertanto, questo decidente deve richiamarsi ai fini della decisione nel merito della proposta opposizione. In secondo luogo la questione di legittimita' costituzionale della norma de quo assume manifesta rilevanza ai fini della decisione in quanto la stessa costituisce unico motivo della proposta opposizione e, pertanto, questo giudice non puo' esimersi da un pronunciamento in merito. L'incoato giudizio di opposizione de quo, infatti, e' strutturato in conformita' del modello del processo civile e risponde alle regole, in particolare, della domanda (art. 90 c.p.c.) e della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato e del divieto della pronuncia d'ufficio su eccezioni rimesse esclusivamente all'iniziativa della parte (art. 112 c.p.c.), nonche' ai limiti alla modificazione della causa petendi (art. 183 c.p.c.) che, in tali giudizi, resta individuata sulla base dei motivi di opposizione. L'omessa pronuncia avverso specifiche eccezioni fatte valere dalla parte, peraltro, intererebbe una violazione dell'art. 112 c.p.c. e costituirebbe una violazione della corrispondenza tra chiesto e pronunciato che potrebbe essere fatta valere a norma dell'art. 360 n. 4 c.p.c.. Da ultimo, in ogni caso, e' bene evidenziare che la questione di legittimita' costituzionale di una norma puo' essere rilevata anche d'ufficio non solo per risolvere il merito della controversia, ma pure per risolvere dubbi su questioni pregiudiziali rilevabili d'ufficio considerato che il giudice e' chiamato - sia pur in modo indiretto o implicito - a far applicazione delle norme nelle quali trovano legittimazione l'atto impugnato ed il relativo procedimento instauratosi con la proposta impugnazione dello stesso. Per i superiori motivi, pertanto, questo decidente intende sottoporre alla Corte costituzionale - come in effetti con il presente atto sottopone - il quesito relativo alla legittimita' - sotto vari profili - della disciplina della confisca obbligatoria dotta con il comma 2-sexies dell'art. 213 c.d.s. il quale prevede che detta sanzione amministrativa scatta automaticamente, senza discrezionalita alcuna da parte della pubblica amministrazione, in tutti i casi in cui, con l'uso di un motoveicolo o di un ciclomotore, ci si renda responsabili della violazione dei precetti di cui agli artt. 169 commi 2 e 7 (numero di persone trasportabili), 170 (trasporto di persone ed oggetti su veicoli a motore a due ruote) e 171 (modalita' di uso del casco) c.d.s. Sulla non manifesta infondatezza L'art. 5-bis del d.l. n. 115/2005, convertito con modifiche dalla legge 17 agosto 2005, n. 168, ha introdotto alcune modifiche al codice della strada dettando, in particolare, una disciplina speciale del regime sanzionatorio per talune infrazioni qualora commesse alla guida di ciclomotori o motocicli. Specificatamente sono state modificate le norme che disciplinano gli istituti del sequestro, del fermo e della confisca del veicolo - articoli 213 e 214 c.d.s. -, da un lato dettando una disciplina speciale del sequestro amministrativo nelle ipotesi in cui esso e' previsto quale sanzione accessoria e, dall'altro, introducendo speciali ipotesi di confisca obbligatoria. In entrambi i casi prevedendo espressamente che dette modifiche si riferiscono esclusivamente ai soli ciclomotori e motocicli. Le dette modifiche si caratterizzano, pertanto, innanzitutto per la specialita' della disciplina in quanto introdotta relativamente alle sole ipotesi in cui il veicolo sia un ciclomotore o un motociclo. Inoltre, con l'aggiunta del comma 2-sexies dell'art. 213, viene introdotta l'obbligatorieta' della confisca in tutti i casi in cui, indipendentemente dalla circostanza se l'autore della violazione sia maggiorenne o minorenne, «... un ciclomotore o un motoveicolo sia stato adoperato per commettere una delle violazioni amministrative di cui agli articoli 169, commi 2 e 7, 170 e 171 o per commettere un reato ...» e, posto che in questi casi e' sempre disposto, altresi', il sequestro, ne consegue che si e' sempre ed immediatamente privati, della disponibilita' del motoveicolo o del ciclomotore. Siffatta disciplina presenta indubbi profili di illegittimita' costituzionale. Violazione degli artt. 3 e 27 della costituzione Ed invero, quanto previsto e disposto dall'art. 213 comma 2-sexies c.d.s. - come modificato ed introdotto dall'art. 5-bis della legge 168/2005 di conversione con modificazioni del decreto-legge 30 giugno 2005 n. 115 - si pone in aperto contrasto con gli articoli 3 e 27 della Costituzione per palese violazione del principio di ragionevolezza e proporzionalita' della sanzione, oltre che per disparita' di trattamento tra analoghe violazioni al c.d.s. commesse dai ciclomotori e quelle commesse dagli autoveicoli, nonche' per violazione del principio di personalita'. Ai fini della valutazione della denunziata norma occorre richiamare i principi generali che disciplinano l'illecito amministrativo e che hanno la loro principale fonte normativa nella legge 689/1981 - cosi' come anche riconosciuto da codesta Corte in seno alla sentenza n 110/1996 - e la cui dichiarata natura di principi generali e', da un lato, sancita dalla stessa rubrica del capo I e, dall'altro, dalla previsione dell'art. 13 della medesima legge il quale conferisce alla stessa una portata generale escludendo la sua applicazione per i soli illeciti disciplinari. La confisca amministrativa, cosi' come normativamente individuata e definita dai commi 3 e 4 dell'art. 20 della citata legge 689/1981, si distingue in facoltativa - nei casi in cui la P.A. «... puo' ...» disporre la confisca delle cose che servirono o furono destinate a commettere la violazione - ed obbligatoria - nei casi in cui si tratti di cose che «... sono il prodotto della violazione ...» o la cui «... fabbricazione, uso, porto, detenzione e alienazione costituisce violazione amministrativa ....». Il comma 2-sexies dell'art. 213 c.d.s., pertanto, ha introdotto una ulteriore ipotesi di obbligatorieta' della confisca prevedendo la stessa nei casi in cui, invece, in base ai detti principi generali, potrebbe ricorrere l'ipotesi di confisca facoltativa. Siffatta previsione e disposizione, tuttavia, si appalesa non adeguata e sproporzionata se raffrontata alla portata della norma precettiva di riferimento. Violazione del principio di ragionevolezza e proporzionalita' della sanzione Ed invero, cosi' come gia' precedentemente evidenziato da codesta Corte costituzionale (sentenza n. 110/1996, ordinanze n. 58/1999, 144/2001, 1/2003, 172/2003 e sentenza n. 27/2005), non puo' non rilevarsi che se il legislatore puo' discrezionalmente stabilire le condotte punibili e determinare, per esse, la sanzione ritenuta piu' opportuna tuttavia tale potere non puo' confliggere in modo manifesto con il canone della ragionevolezza - nei suoi due aspetti della adeguatezza e proporzionalita' della sanzione, nonche' del necessario rispetto del principio di parita' di trattamento - laddove esso si configura quale espressione di un uso distorto della propria discrezionalita'. In riferimento al profilo della adeguatezza e proporzionalita' della sanzione, l'ipotesi nel caso specifico prevista dall'art. 171 c.d.s. e' senz'altro riconducibile a quelle che, come precedentemente rilevato, la Corte costituzionale ha gia' piu' volte censurato per irragionevolezza della sanzione comminata. Cio' e' avvenuto, ad esempio, per l'art. 21 comma 3 della legge 689/1981, dalla Corte costituzionale dichiarato costituzionalmente illegittimo (sentenza n. 371/1994) - per essere la detta statuizione ingiusta e lesiva del canone generale della ragionevolezza - nella parte in cui era prevista la confisca del veicolo, anche se gia' immatricolato, sprovvisto della carta di circolazione ovvera', da ultimo, con la sentenza n. 27/2005 con la quale e' stata dichiarata la incostituzionalita' dell'art. l26-bis comma 2 c.d.s. - come modificato dalla legge n. 151/2003 - il quale, in caso di mancata identificazione dell'autore dell'infrazione, prevedeva la decurtazione dei punti alla patente del proprietario che non avesse fornito all'organo di polizia procedente - nei termini prescritti - i dati personali e della patente del conducente il veicolo al momento della violazione. Alla luce dei principi gia' affermati dalla Corte costituzionale in seno alle richiamate pronunce e', pertanto, del tutto palese la incostituzionalita' della norma denunciata per violazione del dettato di cui all'art. 3 della Costituzione, in considerazione della evidente sproporzione tra la prevista sanzione della confisca obbligatoria dell'autoveicolo o del ciclomotore a fronte di condotte senz'altro di esigua rilevanza quali l'uso di un casco non allacciato o la seduta non corretta del guidatore. Peraltro, e' da evidenziarsi e rilevarsi la denunciata irragionevolezza della norma de quo anche in considerazione della particolare gravita' della sanzione dalla stessa prevista la quale e' connessa esclusivamente a valutazioni proprie dell'organo accertatore e che, pertanto, risulterebbero certamente insindacabili in sede del ricorso amministrativo e giurisdizionale. Disparita' di trattamento Il detto canone della ragionevolezza, inoltre, spiega i suoi effetti anche nella diversa direzione del rispetto del principio costituzionale della parita' di trattamento ove, anche in questo caso e come gia' affermato da codesta Corte costituzionale (sentenza n. 349/1997, 1/2003, 217/2003), la discrezionalita' del legislatore trova il limite nel principio costituzionale della ragionevolezza della disparita' realizzata in ragione del differente trattamento sanzionatorio previsto da altre norme per specie analoghe ovvero laddove sono previste sanzioni diverse per condotte identiche. Presupposto della discrezionalita' legislativa, infatti, e' quello che debba trattarsi di condotte diverse le quali, proprio in quanto tali, consentono al legislatore di operare una diversa valutazione e di comminare, in conseguenza, sanzioni diverse. Nel caso de quo il comma 2-sexies dell'art. 213 c.d.s., prevedendo in via obbligatoria la sanzione amministrativa accessoria della confisca per i soli ciclomotori e motoveicoli, ha introdotto un ben piu' grave trattamento sanzionatorio per il solo fatto che la medesima violazione del precetto sia perpetrata con una determinata specie di veicoli. All'uopo basti richiamarsi alla violazione dell'art. 169 commi 2 e 7 c.d.s. - la cui disciplina e' destinata a tutti i tipi di veicoli - che, come oggi modificato dalla norma censurata, se commessa con i ciclomotori o motocicli comporta la confisca obbligatoria, mentre se commessa con altri tipi di veicoli comporta solamente una sanzione pecuniaria e, pertanto, e' palesemente evidente che la violazione della medesima disciplina e la medesima condotta e' sanzionata in maniera differente se il conducente e' alla guida di tipi diversi di veicolo. Da cio' consegue la violazione del canone costituzionale di ragionevolezza della discrezionalita' legislativa di cui all'art. 3 della Costituzione in conseguenza della mancanza del presupposto delle condotte diverse cui riferire l'insindacabilita' del differente regime sanzionatorio. L'irragionevolezza di siffatto piu' rigoroso trattamento sanzionatorio previsto per i ciclomotori e motocicli e' poi ancora piu' evidente nei casi in cui detti veicoli siano adoperati per la commissione di un reato, ipotesi anche questa in cui il detto comma 2-sexies prevede la confisca obbligatoria. Ed invero, nel caso in cui un veicolo venga adoperato per la commissione di un reato scattera' obbligatoriamente la confisca amministrativa, ma cio' nel solo caso in cui esso sia stato commesso con un ciclomotore o un motociclo, mentre analoga sanzione non scattera', obbligatoriamente, per chi commetta un reato avvalendosi invece di un'autovettura. Violazione del principio di personalita' ed irragionevolezza della previsione Altro profilo di incostituzionalita' dell'art. 213 comma 2-sexies c.d.s. - come modificato ed introdotto dall'art. 5-bis della legge 168/2005 di conversione con modificazioni del decreto-legge 30 giugno 2005 n. 115 --, e' che la detta confisca del motociclo o del ciclomotore colpisce direttamente il proprietario dello stesso indipendentemente dalla circostanza che sia lui o meno a commettere la violazione, tant'e' che la detta norma prevede che la sanzione si applica sia nel caso in cui il detentore sia maggiorenne che nel caso in cui sia minorenne, con la conseguente assoluta irrilevanza dell'accertamento sulla proprieta' del bene. La detta sanzione, pertanto, non e' riconducibile ad un comportamento diretto posto in essere dal proprietario del veicolo e cio' comporta la illegittimita' della censurata norma sotto un duplice profilo: per violazione del principio di personalita' di cui all'art. 27 della Costituzione e per irragionevolezza della previsione in violazione dell'art. 3 della Costituzione. Ed invero, se come gia' precedentemente evidenziato e rilevato, l'illecito amministrativo da circolazione stradale e' da ricondurre ai principi generali della legge 689/1981, consentendo cio' di ritenere applicabile il principio di personalita' dell'illecito cosi' come normativamente configurato dall'art. 3 di detta legge, tuttavia si appalesa di evidente illegittimita' costituzionale la norma che infligge una sanzione amministrativa patrimoniale non pecuniaria al terzo proprietario che non abbia, neanche per colpa, concorso nell'illecito. Ed invero, l'art. 3 di tale legge fissa due principi fondamentali: al primo comma quello secondo il quale «... nelle violazioni cui e' applicabile una sanzione amministrativa ciascuno e' responsabile della propria azione od omissione, cosciente e volontaria, sia essa dolosa o colposa ...» ed, al secondo comma, quello in base al quale «... nel caso in cui la violazione e' commessa per errore sul fatto, l'agente non e' responsabile quando l'errore non e' determinato da sua colpa ...». Inoltre, anche l'art. 6 della stessa legge n. 689 del 1981 disciplina, ma per le sole sanzioni pecuniarie, la solidarieta' passiva tra «... il proprietario della cosa che servi' o fu destinata a commettere la violazione o, in sua vece, l'usufruttuario o, se trattasi di bene immobile, il titolare di un diritto personale di godimento ...» e «... l'autore della violazione ...» L'art. 196 del codice della strada, poi, con riferimento quasi letterale al citato art. 6 della detta legge n. 689 del 1981, fa proprio siffatto principio di solidarieta' disponendo, al comma 1, che «... per le violazioni punibili con la sanzione amministrativa pecuniaria il proprietario del veicolo ...» (o, in sua vece, «... l'usufruttuario, l'acquirente con patto di riservato dominio o l'utilizzatore a titolo di locazione finanziaria ...») e' «... obbligato in solido con l'autore della violazione al pagamento della somma da questi dovuta ...» Il denunziato art. 213 comma 2-sexies c.d.s. tuttavia, intervenendo in una ipotesi sanzionatoria di carattere schiettamente personale, pone a carico del proprietario del veicolo, solo in quanto tale, una autonoma e personale sanzione, prescindendo dalla violazione di regole disciplinanti la circolazione stradale eventualmente ascrivibile al medesimo proprietario. Nella fattispecie de quo, pertanto, assume rilievo preponderante il carattere schiettamente personale della sanzione la quale viene ad incidere direttamente sul proprietario del ciclomotore o del motociclo ed e' proprio la peculiarita' di siffatta prevista sanzione che fa emergere l'irragionevolezza della scelta legislativa di porre la stessa a carico del proprietario del veicolo che non sia anche il responsabile dell'infrazione stradale. Gli effetti della detta confisca, infatti, sono quelli di privare del bene il proprietario in via definitiva e siffatta sanzione si pone in contrasto con l'art. 3 della Costituzione per irragionevolezza della stessa in quanto, senza che venga addebbitata al proprietario del ciclomotore o del motociclo alcuna colpa, quest'ultimo perde definitivamente la titolarita' di un diritto reale su un bene di rilevante valore economico. Anche sotto tale profilo, pertanto, e' palese ed evidente la illegittimita' costituzionale della norma de quo la quale prevede una ingiustificata responsabilita' oggettiva del proprietario - in relazione alla definitivita' e significativita' dell'effetto ablatorio connesso alla perdita di un bene nei casi di fatti del terzo da lui non prevedibili. Questo giudice e', pertanto, dell'avviso che la confisca obbligatoria di cui al disposto dell'art 213 comma 2-sexies c.d.s. - cosi' come introdotto dall'art. 5-bis, comma 1, lett. c), n. 2, seconda parte, d.l. 30 giugno 2005 n. 115, convertito in legge con modifiche dalla legge 17 agosto 2005 n. 168 - sia in contrasto con le norme della Costituzione e che debba, in conseguenza, essere dichiarata illegittima la disposizione che la prevede. Per quanto sopra esposto e motivato si ritiene, quindi, la non manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale di detta norma e la sua rilevanza nel presente procedimento.