ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nei giudizi di legittimita' costituzionale degli artt. 171, commi 1 e
2,  e  213,  comma 2-sexies  (introdotto  dal  l'art. 5-bis, comma 1,
lettera   c),  del  decreto-legge  30  giugno 2005,  n. 115,  recante
«Disposizioni  urgenti  per  assicurare  la  funzionalita' di settori
della  pubblica amministrazione», nel testo risultante dalla relativa
legge di conversione 17 agosto 2005, n. 168), del decreto legislativo
30 aprile  1992,  n. 285  (Nuovo  codice  della strada), promossi con
ordinanze  del  21  ottobre,  del  2  novembre,  del  24 ottobre, del
4 novembre  2005  dal  Giudice  di  pace  di  Torre  Annunziata e del
23 dicembre  2005  dal  Giudice  di  pace  di Napoli, rispettivamente
iscritte  ai nn. 48, 49, 125, 141 e 142 del registro ordinanze 2006 e
pubblicate  nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 9, 18 e 21,
1ª serie speciale, dell'anno 2006.
    Visti,  gli  atti  di intervento del Presidente del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nella  Camera di consiglio dell'11 ottobre 2006 il giudice
relatore Alfonso Quaranta.
    Ritenuto  che il Giudice di pace di Torre Annunziata, con quattro
ordinanze  (r.o.  nn. 48,  49,  125  e  141  del  2006), ha sollevato
questione  di  legittimita'  costituzionale  -  in  riferimento,  nel
complesso,  agli  artt. 2, 3, 24, 42 e 111 della Costituzione - degli
artt. 171,   commi 1   e   2,   e   213,  comma 2-sexies  (introdotto
dall'art. 5-bis,   comma 1,   lettera   c),   del   decreto-legge  30
giugno 2005,  n. 115, recante «Modificazioni al codice della strada»,
nel  testo  risultante  dalla relativa legge di conversione 17 agosto
2005,  n. 168), del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo
codice della strada);
        che,  nella  prima delle citate ordinanze di rimessione (r.o.
n. 48 del 2006), il rimettente premette, in punto di fatto, di dovere
giudicare  di  un  ricorso  ex  art. 204-bis del codice della strada,
concernente  un  verbale  di  contestazione  di  infrazione  stradale
relativo  alla  violazione  dell'art. 171,  commi 1 e 2, del medesimo
codice,  precisando  che  il  ricorrente  si  duole  del fatto che il
proprio  ciclomotore  -  condotto da altri, «contro la sua volonta» -
risulta  essere  stato assoggettato a sequestro da parte degli agenti
accertatori, ai sensi dell'art. 213, comma 2-sexies, del codice della
strada,  sebbene  si  fosse  contestato  solo  al  terzo  trasportato
l'infrazione consistente nel mancato uso del casco protettivo;
        che,  cio'  premesso,  reputa  il giudice rimettente di dover
sollevare  questione  di  legittimita'  costituzionale  dei  predetti
artt. 171,  commi 1  e  2,  e  213,  comma 2-sexies, del codice della
strada,  giacche'  la  previsione  secondo cui e' «sempre disposta la
confisca  in  tutti i casi in cui un ciclomotore o un motoveicolo sia
stato adoperato per commettere una delle violazioni amministrative di
cui  agli  articoli 169,  commi 2 e 7, 170 e 171» del codice stradale
sarebbe  in  contrasto  con  gli  artt. 2,  3,  42,  24  e  111 della
Costituzione;
        che  e'  dedotta,  in primo luogo, la violazione dell'art. 42
della Carta fondamentale, sotto un duplice profilo;
        che  si  assume,  da  un  lato,  che  «con  la  sanzione  del
sequestro,  prodromica  alla  confisca  obbligatoria,  si  sottrae la
proprieta'   del  bene  al  legittimo  proprietario  e/o  possessore,
gravandolo  inoltre  delle spese di custodia senza limite di tempo» e
si  censura,  dall'altro,  la previsione del sequestro anche nel caso
«dell'appartenenza  del  ciclomotore  o  del  motoveicolo a terzo non
trasgressore», giacche' detta previsione «costituisce una sottrazione
immotivata,  illegittima,  ed, in ultima analisi, illecita del bene»,
in quanto effettuata nei confronti di un soggetto non responsabile di
alcuna  delle infrazioni sanzionate dagli artt. 169, commi 2 e 7, 170
e 171 del codice della strada;
        che,  a  tale  ultimo proposito, il rimettente rileva come la
denunciata  censura di incostituzionalita' non possa essere disattesa
in  ragione  di quanto previsto dal comma 6 del predetto art. 213 del
codice della strada, essendo lo stesso «in contrasto insuperabile con
il contenuto del comma 2-sexies del medesimo art. 213»;
        che  si  ipotizza, poi, la violazione degli artt. 2 e 3 della
Costituzione;
        che,  al  riguardo,  il  rimettente  sottolinea  «la evidente
sproporzione tra violazione e sanzione» comminata, giacche', variando
«la  differenza  di  valore  del  singolo  ciclomotore  o motoveicolo
confiscato»,  si verrebbe, per tale motivo, a punire «in modo diverso
il  trasgressore  rispetto alla medesima violazione», con conseguente
lesione  dei  diritti inviolabili dell'uomo, «tra i quali va compreso
il diritto all'eguaglianza»;
        che  i  medesimi  parametri  sono  evocati,  poi, sotto altro
profilo,  evidenziandosi  come  le  norme  impugnate  realizzino «una
evidente disparita' di trattamento tra il conducente di ciclomotori o
motoveicoli»  e  «i  conducenti  di tutti gli altri veicoli, rispetto
alla   medesima   ratio   di   salvaguardia  dell'integrita'  fisica»
dell'utente  della  strada:  difatti,  le  misure del sequestro e poi
della  confisca non sono previste per chi realizza infrazioni che, al
pari  di  quelle  di  cui  agli artt. 169, commi 2 e 7, 170 e 171 del
codice della strada, risultano altrettanto idonee a porre in pericolo
l'integrita' fisica del conducente, quali, in via esemplificativa, il
mancato uso della cintura di sicurezza, la guida in stato di ebbrezza
o  di  alterazione  da  sostanze  psicotrope, l'impiego, da parte del
conducente  di  un autoveicolo, di apparecchi telefonici cellulari o,
infine,  l'attraversamento  della  sede  stradale sebbene il semaforo
emetta luce rossa;
        che,  da  ultimo,  viene  dedotta  anche  la violazione degli
artt. 24 e 111 della Costituzione;
        che,  da  un  lato,  si rileva che la disciplina recata dalle
disposizioni  impugnate  «sottrae  a  qualsivoglia  giudice  terzo la
comminatoria  di una sanzione, ancorche' amministrativa», di una tale
«gravita'   economica»   da  superare,  in  alcune  ipotesi,  persino
«l'entita' di sanzioni pecuniarie previste dalle leggi penali»;
        che,  inoltre,  l'art. 213,  comma 2-sexies, del codice della
strada,  nello  stabilire  la  possibilita' della confisca di un bene
«adoperato  per commettere una delle violazioni» di cui ai precedenti
artt. 169,  commi 2  e  7,  170  e  171, presuppone la «volontarieta»
dell'illecito,  in  contrasto  «con  il principio secondo il quale in
materia   di   sanzione   amministrativa  e'  ininfluente  l'elemento
psicologico»;
        che,  su  tali  basi, il rimettente - non senza richiamare la
sentenza  della  Corte n. 27 del 2005, nonche' i principi di cui agli
artt. 3  e  6  della  legge  24 novembre  1981,  n. 689 (Modifiche al
sistema  penale)  -  ha  concluso  per l'accoglimento della questione
sollevata;
        che  e'  intervenuto  in giudizio il Presidente del Consiglio
dei  ministri,  rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello
Stato;
        che   la   difesa   erariale   deduce,  in  via  preliminare,
«l'irrilevanza  della  questione sollevata in relazione all'art. 171,
commi 1 e 2» del codice della strada;
        che,  difatti,  tali  disposizioni  «prevedono  l'obbligo  di
indossare  il  casco e comminano la sanzione pecuniaria principale in
caso   di   inosservanza»,  rimanendo,  pertanto,  estranea  al  loro
contenuto   precettivo   ogni   determinazione   in   riferimento  al
ciclomotore,  con  la  conseguenza,  quindi, che nel caso di specie -
sottolinea  la  difesa erariale - la «sola disposizione astrattamente
rilevante  potrebbe essere l'art. 213, comma 2-sexies, che prevede la
confisca  obbligatoria»  proprio nel caso in cui ricorra taluna delle
infrazioni di cui agli artt. 169, commi 2 e 7, 170 e 171 del medesimo
codice della strada;
        che,   tuttavia,   anche   la  questione  avente  ad  oggetto
l'art. 213, comma 2-sexies, si presenta «irrilevante», sebbene «sotto
un diverso profilo»;
        che,  invero, il proprietario del ciclomotore confiscato, che
ha   promosso   il   giudizio  a  quo,  risulta  del  tutto  estraneo
all'infrazione in relazione alla quale la confisca e' stata disposta,
giacche'  egli  non  era  alla  guida  del  mezzo  (che,  oltretutto,
«circolava  contro  la sua volonta»), non essendo, inoltre, elevata a
suo  carico  la  contestazione  relativa  al  mancato  uso  del casco
protettivo,   infrazione   accertata   nei   confronti  di  un  terzo
trasportato;
        che   da  cio'  consegue,  secondo  la  difesa  dello  Stato,
l'irrilevanza  anche  della  questione di legittimita' costituzionale
dell'art. 213,  comma 2-sexies,  del  codice  della strada, e cio' in
quanto  «il  giudice  non  spiega  per  quale motivo ritenga di dover
confermare  la  confisca»,  sebbene  sembri ritenere provato il fatto
della  circolazione  del veicolo contro la volonta' del proprietario,
circostanza  idonea  -  ai  sensi  dell'art. 191, comma 1, del codice
della  strada  -  ad  escludere  l'applicazione,  nei  confronti  del
proprietario   del   veicolo,  non  solo  della  sanzione  pecuniaria
comminata  per  l'infrazione accertata, ma anche di quella accessoria
prevista dal predetto art. 213, comma 2-sexies;
        che  a  identica  conclusione,  d'altra  parte,  questa Corte
dovrebbe pervenire - osserva ancora l'Avvocatura generale dello Stato
-  qualora  reputi,  in  alternativa,  che il giudice a quo non abbia
chiarito  se  debba  ritenersi  provato  «il  fatto  che  il  veicolo
circolava  contro  la volonta' del proprietario», giacche', in questo
caso,  difetterebbe  un'adeguata motivazione sull'incidenza, rispetto
al giudizio principale, del prospettato dubbio di costituzionalita';
        che,  infine,  sempre  con  riferimento al dedotto difetto di
rilevanza   della   questione,  la  difesa  erariale  evidenzia  come
nell'ordinanza  di rimessione si affermi, «senza alcuna motivazione»,
che  la  previsione  di  cui  all'art. 213, comma 6, del codice della
strada  (secondo cui la sanzione della confisca «non si applica se il
veicolo  appartiene a persone estranee alla violazione amministrativa
e    l'uso    puo'    essere   consentito   mediante   autorizzazione
amministrativa»)  «sarebbe  derogata  dal comma 2-sexies del medesimo
articolo»;
        che,  in  subordine, l'Avvocatura generale dello Stato deduce
l'infondatezza  della  questione  sollevata  sulla  base dei seguenti
rilievi;
        che  la  confisca e' rivolta a sottrarre la disponibilita' di
ciclomotori  e motoveicoli a coloro i quali, mostrandosi indifferenti
all'obbligo  di  indossare  il  casco  protettivo, realizzano, con il
proprio  contegno,  «una  causa di incremento del pericolo di lesioni
craniche  da  circolazione  di  motocicli»,  sicche'  - sottolinea la
difesa  erariale  -  anche  «il  proprietario che autorizzi o tolleri
l'uso del motociclo da parte di soggetti che non rispettano l'obbligo
in  questione» e' ragionevolmente sottoposto, dal censurato art. 213,
comma 2-sexies, a tale sanzione;
        che,  pertanto,  l'applicazione della sanzione de qua trova -
in  questo ultimo caso - la sua ragion d'essere nella circostanza che
il   proprietario   del   veicolo   «ha   accettato   di   concorrere
all'incremento   complessivo   del   rischio   da   circolazione   e,
contemporaneamente,   ha   rinunciato   ad  esercitare  un  controllo
personale  e  diretto  sul comportamento del conducente», di talche',
quella   ipotizzabile  nei  suoi  confronti,  non  e'  un'ipotesi  di
responsabilita' per fatto altrui, bensi' di «autorieta' mediata»;
        che  nessuna  violazione  del  principio di eguaglianza, poi,
puo' essere ravvisata nel caso di specie;
        che,  difatti,  e' priva di fondamento la censura che tende a
stigmatizzare il fatto che la confisca obbligatoria «non sia prevista
per  violazioni  stradali  che  il  giudice rimettente considera piu'
gravi  sotto  il  profilo  degli  interessi  protetti», atteso che la
legittimita'  costituzionale di una sanzione va riconosciuta «qualora
sussista  una ragionevole coerenza tra la sua misura ed entita' e gli
interessi protetti dal precetto di cui la sanzione e' presidio»;
        che,   nella   specie,   prosegue  la  difesa  erariale,  «la
prevenzione  del  rischio  individuale  e  sociale da trauma cranico,
specifico   e  peculiare  della  circolazione  motociclistica,  rende
ragione sufficiente di una misura intesa a togliere la disponibilita'
del mezzo specifico della creazione di tale rischio»;
        che  tali  rilievi,  inoltre,  valgono  a  fugare l'ulteriore
dubbio  relativo  alla  violazione  dell'art. 3  della  Costituzione,
dimostrando come, nell'applicazione della sanzione de qua, «non abbia
alcun   rilievo   il   valore  dei  motocicli  confiscati»,  giacche'
attraverso  detta  sanzione non si «tende a colpire il patrimonio del
responsabile,  bensi' a rimuovere una causa di incremento del rischio
di cui si e' detto»;
        che,  infine,  si  esclude l'esistenza di un contrasto tra le
norme  impugnate  e gli artt. 24 e 111 della Costituzione conseguente
al «carattere rigido» di tale sanzione, essendo quella della confisca
obbligatoria  una  «sanzione ampiamente nota all'ordinamento penale e
sanzionatorio  amministrativo»,  giustificata  dalla  «necessita'  di
eliminare  le  cause  materiali  di  potenziali,  ulteriori,  lesioni
dell'interesse protetto»;
        che con le altre citate ordinanze (r.o. nn. 49, 125 e 141 del
2006)  il  medesimo  Giudice di pace di Torre Annunziata ha sollevato
pressoche' identiche questioni di legittimita' costituzionale;
        che,  in  particolare,  nel  primo  di  tali provvedimenti di
rimessione  (r.o.  n. 49 del 2006), il giudice a quo deduce, in punto
di  fatto,  di  dover  decidere  dell'opposizione proposta avverso un
verbale   con   cui   si   contesta,  al  ricorrente,  la  violazione
dell'art. 171, commi 1 e 2, del codice della strada;
        che il rimettente, pertanto, «dichiara rilevante nel giudizio
in   corso»  la  questione  relativa  a  tale  disposizione,  nonche'
all'art. 213,  comma 2-sexies,  del  medesimo  codice  della  strada,
questione  che  solleva  -  sulla  base  di argomenti simili a quelli
svolti  nella  ordinanza  r.o n. 48 del 2005 - in riferimento ai soli
artt. 2, 3 e 42 della Costituzione;
        che,  infatti,  quanto  ai  primi due parametri, ribadisce la
sproporzione   «tra   violazione   e   conseguenze  economiche  della
sanzione»,  sottolineando come l'irragionevolezza di tale circostanza
sia  «amplificata»  dalla  «notevole  diversita'  di valore economico
riguardo  ai  singoli ciclomotori o motoveicoli confiscati», cio' che
porta  a punire «in modo ingiustificatamente diverso i trasgressori»,
pur  in  presenza  della medesima infrazione, in evidente spregio del
diritto «inviolabile» all'eguaglianza;
        che  il  contrasto  con  l'art. 42  della Costituzione viene,
invece,  ravvisato  nel  fatto che le norme impugnate non distinguono
«l'ipotesi  dell'appartenenza  del  ciclomotore  o  del motoveicolo a
terzo  non  trasgressore,  dando luogo ad una sottrazione illegittima
del  bene  a  soggetto non responsabile», gravandolo, inoltre, «delle
spese di custodia senza limite di tempo»;
        che,  infine, nelle ultime due citate ordinanze di rimessione
(r.o.  n. 125  e  n. 141  del  2006),  il  giudice  di  pace di Torre
Annunziata  censura,  nuovamente,  gli artt. 171, commi 1 e 2, e 213,
comma 2-sexies, del codice della strada, ipotizzando il contrasto con
tutti  i  parametri  -  artt. 2, 3, 24, 42 e 111 della Costituzione -
gia' evocati nell'ordinanza r.o. n. 48 del 2006;
        che  il  predetto  Giudice  evidenzia  di  dover decidere, in
entrambi   i  casi,  ricorsi  proposti  da  soggetti  proprietari  di
motoveicoli,  alla  conduzione  di  ciascuno  dei  quali i ricorrenti
venivano  sorpresi  privi  del casco protettivo (donde l'elevazione a
loro    carico    di   verbale   di   contestazione   di   infrazioni
amministrative);
        che   alle   censure,   gia'  in  precedenza  illustrate,  di
violazione  degli  artt. 2,  3 e 42 della Costituzione, il rimettente
affianca   quella   -  peraltro  anch'essa  oggetto  della  ricordata
ordinanza  r.o. n. 48 del 2006 - basata sull'ipotizzato contrasto con
gli  artt. 24  e 111 della Carta fondamentale, giacche' la disciplina
impugnata  «sottrae  a  qualsivoglia giudice terzo la comminatoria di
una  sanzione»,  di  una  tale  «gravita'  economica» da superare, in
alcune  ipotesi,  persino  «l'entita' di sanzioni pecuniarie previste
dalle leggi penali»;
        che,  in  particolare, l'art. 213, comma 2-sexies, del codice
della  strada,  nello  stabilire la possibilita' della confisca di un
bene  «adoperato  per  commettere  una  delle  violazioni»  di cui ai
precedenti   artt. 169,  commi 2  e  7,  170  e  171,  presuppone  la
«volontarieta»  dell'illecito, in contrasto «con il principio secondo
il  quale  in  materia  di  sanzione  amministrativa  e'  ininfluente
l'elemento psicologico»;
        che  il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  -  con il
patrocinio  dell'Avvocatura  generale  dello  Stato  - e' intervenuto
anche  nei  giudizi  che  originano  da tali ordinanze di rimessione,
ribadendo  le medesime tesi e conclusioni svolte e rassegnate gia' in
relazione  al  primo  dei  provvedimenti  emessi  dal giudice di pace
rimettente (all'infuori dell'eccezione relativa all'irrilevanza delle
questioni sollevate, basata sulla circostanza che la circolazione dei
motocicli sarebbe avvenuta contro la volonta' dei proprietari, atteso
che,  nella  specie,  proprio costoro risultano sanzionati per essere
stati  colti  alla  conduzione  dei  veicoli  in  difetto  del  casco
protettivo);
        che  anche  il  Giudice  di  pace  di Napoli (r.o. n. 142 del
2006),  ha  sollevato  questione  di legittimita' costituzionale - in
riferimento agli artt. 3 e 27 della Costituzione - del solo art. 213,
comma 2-sexies, del codice della strada;
        che  il  rimettente  premette  di  essere chiamato a decidere
dell'opposizione   proposta   dal  proprietario  di  un  motoveicolo,
sorpreso  alla  conduzione  dello  stesso  senza  indossare  il casco
protettivo,   a  carico  del  quale,  dunque,  veniva  contestata  la
violazione  dell'art. 171,  comma 1,  del  codice  della  strada, con
conseguente  sequestro  e confisca del veicolo ai sensi del censurato
art. 213, comma 2-sexies, del medesimo codice;
        che,  cio'  premesso in fatto, il giudice a quo assume che la
sanzione  accessoria  della confisca sia «in palese contrasto con gli
artt. 3  e 27 della Costituzione, per aperta violazione del principio
di ragionevolezza e proporzionalita' della sanzione», nonche' «per la
disparita'  di trattamento tra le violazioni» del codice della strada
(differenziate  ingiustificatamente  a  seconda  che  siano  commesse
mediante  motoveicoli  o  autoveicoli), ed anche in contrasto con «il
principio di personalita» della sanzione;
        che,  in  particolare,  egli  ravvisa  un  primo  profilo  di
irragionevolezza   nel  fatto  che  «il  contenuto  afflittivo  della
disposizione   impugnata   risieda  piu'  nella  sanzione  accessoria
disposta   che   in   quella  principale»,  denunciando  segnatamente
«l'incongruita»  della  corrispondenza,  ad  una «sanzione principale
fissata  in misura modesta», di «una sanzione accessoria notevolmente
penalizzante per la liberta' del cittadino»;
        che  richiamato, dunque, quell'indirizzo della giurisprudenza
costituzionale   (del   quale,   secondo   il  rimettente,  sarebbero
espressione  le  sentenze n. 144 del 2001, n. 58 del 1999, n. 297 del
1998,  n. 313  del  1995) secondo cui «uno scrutinio che direttamente
investa  il  merito  delle  scelte  sanzionatorie  del legislatore e'
possibile  solo  ove  l'opzione normativa contrasti in modo manifesto
con  il  canone  della  ragionevolezza,  vale  a dire si appalesi, in
concreto, come espressione di un uso distorto della discrezionalita»,
il  giudice  a  quo  reputa  che  tale  evenienza ricorra nel caso di
specie,  dal  momento  che,  osserva,  neppure  «l'esistenza  di casi
limite»   puo'  «giustificare  misure  sanzionatorie  sproporzionate»
(sentenza n. 110 del 1996);
        che  nella  specie, quindi, il legislatore - non diversamente
da  quanto  avvenuto  con l'introduzione dell'art. 126-bis del codice
della  strada,  sulla  decurtazione  dei  punti  dalla patente (norma
dichiarata  costituzionalmente  illegittima  dalla sentenza n. 27 del
2005)  -  non  avrebbe  fatto  un  uso  corretto  del  proprio potere
discrezionale,  anche  perche'  ha  disatteso  l'«auspicio piu' volte
espresso  dalla  Corte  costituzionale  della  estrema  necessita' di
"rimodellare  il  sistema  della  confisca,  stabilendo alcuni canoni
essenziali  al  fine  di  evitare che l'applicazione giudiziale della
sanzione  amministrativa produca disparita' di trattamento" (sentenze
n. 435 e n. 349 del 1997)»;
        che   ad  un  trattamento  ingiustificatamente  differenziato
risultano  assoggettati  -  secondo  il rimettente - «chi conduce una
moto   o  ciclomotore  e  chi  guida  un  autoveicolo»,  e  cio'  con
riferimento  sia  a  «violazioni e trasgressioni relative agli stessi
articoli  del  codice  della  strada»,  sia  all'ipotesi  di «uso del
veicolo  per  commettere  un reato» (atteso che, ai sensi della norma
denunciata,  la  confisca  e' prevista unicamente per i veicoli a due
ruote);
        che  quanto,  infine,  alla  dedotta  violazione dell'art. 27
della  Costituzione,  richiamato il principio di cui all'art. 3 della
legge   n. 689  del  1981  (secondo  cui  «nelle  violazioni  cui  e'
applicabile  una  sanzione  amministrativa  ciascuno  e' responsabile
della  propria  azione o omissione»), il rimettente evidenzia come la
sanzione  della confisca del motoveicolo «colpisce inevitabilmente ed
esclusivamente il proprietario di detto veicolo», anche quando questi
sia  estraneo  alla commessa infrazione, «con evidente violazione del
principio della personalita» della sanzione amministrativa;
        che   anche   nel   giudizio  originato  dall'iniziativa  del
rimettente  napoletano e' intervenuto il Presidente del Consiglio dei
ministri,  con  il  patrocinio  dell'Avvocatura generale dello Stato,
chiedendo  che la questione sia dichiarata inammissibile o infondata,
sulla scorta dei medesimi argomenti gia' sopra illustrati.
    Considerato  che  il Giudice di pace di Torre Annunziata e quello
di  Napoli hanno sollevato questioni di legittimita' costituzionale -
il  primo,  in  riferimento, nel complesso, agli artt. 2, 3, 24, 42 e
111 della Costituzione, il secondo, in riferimento ai soli articoli 3
e  27 della Carta fondamentale - degli artt. 171, commi 1 e 2, e 213,
comma 2-sexies  (comma  introdotto  dall'art. 5-bis, comma 1, lettera
c),  del decreto-legge 30 giugno 2005, n. 115, recante «Modificazioni
al codice della strada», nel testo risultante dalla relativa legge di
conversione 17 agosto   2005,   n. 168),   del   decreto  legislativo
30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada);
        che,  data la connessione esistente tra i vari giudizi, se ne
impone la riunione ai fini di una unica pronuncia;
        che,  nelle  more  del  presente  giudizio, i commi 168 e 169
dell'art. 2  del  decreto-legge  3 ottobre 2006, n. 262 (Disposizioni
urgenti in materia tributaria e finanziaria), inseriti dalla relativa
legge    di    conversione,    24 novembre   2006,   n. 286,   hanno,
rispettivamente,  modificato, l'uno, il testo dell'art. 171, comma 3,
del  codice  della strada, l'altro, il testo del successivo art. 213,
comma 2-sexies  (norma, quest'ultima, denunciata da ambedue i giudici
rimettenti);
        che,  difatti,  in virtu' del citato ius superveniens, mentre
alla  «sanzione  pecuniaria  amministrativa prevista dal comma 2» del
medesimo  art. 171  del  codice della strada, in luogo della confisca
originariamente prevista, «consegue il fermo del veicolo per sessanta
giorni  ai  sensi  del capo I, sezione II del titolo VI» dello stesso
codice  (ovvero per la durata di novanta giorni allorche', «nel corso
di  un biennio», sia «stata commessa, almeno per due volte, una delle
violazioni previste dal comma 1» del predetto art. 171), ai sensi del
novellato  art. 213, comma 2-sexies, dello stesso codice della strada
risulta  «sempre  disposta la confisca del veicolo in tutti i casi in
cui   un  ciclomotore  o  un  motoveicolo  sia  stato  adoperato  per
commettere  un  reato,  sia  che  il  reato  sia stato commesso da un
conducente  maggiorenne,  sia che sia stato commesso da un conducente
minorenne»;
        che,  pertanto,  alla  luce  di  tale  duplice sopravvenienza
normativa si impone la restituzione degli atti ai giudici rimettenti,
per  una  rinnovata valutazione della rilevanza delle questioni dagli
stessi sollevate.