LA COMMISSIONE TRIBUTARIA PROVINCIALE

    Ha  emesso la seguente ordinanza sul ricorso n. 337/06 depositato
il    24    gennaio    2006,    avverso    cartella    di   pagamento
n. 02020050047518581  sanz.  amministr.  2003, contro Agenzia entrate
Ufficio  Bologna  2  proposto  dal ricorrente: Bombo Due di Donadello
Luciana  &  C.  S.n.c., via San Felice 93 - 40122 Bologna, difeso da:
Biagi Davoli rag. Franca, rag. Lucia Davoli, via Carracci, 16 - 40033
Casalecchio di Reno (Bologna).
    Osservando quanto segue in

                     F a t t o  e  d i r i t t o

    Con  ricorso  depositato  il  24  gennaio  2006  e  diretto  alla
Commissione  tributaria provinciale di Bologna, la societa' Bombo Due
di  Donadello  Luciana & C. S.n.c., con sede in Bologna via S. Felice
93   impugnava   la  cartella  di  pagamento  n. 020200500475185  per
complessivi  euro  35.447,88,  quali  sanzioni  pecuniarie  da lavoro
sommerso.
    Precisava  parte  ricorrente  che  l'iscrizione  a ruolo a titolo
definitivo   era   conseguente   ad   avviso   irrogazione   sanzione
n. 796LS0300025/2004, notificato il 1° settembre 2004.
    Eccepiva  la  societa'  ricorrente  che  l'avviso  di irrogazione
sanzione  non  era  stato mai notificato alla societa' e che comunque
l'iscrizione deve ritenersi illegittima per difetto di legittimazione
attiva   dell'Agenzia  delle  entrate  rispetto  al  procedimento  di
riscossione   coattiva   delle  sanzioni  per  l'utilizzo  di  lavoro
irregolare,  ex  art. 3,  comma 3 d.l. n. 12/2002 convertito in legge
n. 73/2002,  in  assenza di una disposizione di legge attributiva del
relativo   potere   alla   stessa   Agenzia.   Veniva   eccepita   la
illegittimita' del ruolo anche sotto il profilo della mancanza di una
disposizione  di  legge  che  indichi  il  ruolo  quale  strumento di
riscossione coattiva delle sanzioni di che trattasi.
    Infine,   veniva   eccepita   la   violazione  del  principio  di
proporzionalita'  fra  sanzione  ed  entita'  della  violazione  e la
ricorrente  concludeva  per  la  declaratoria di illegittimita' della
sanzione inflitta e annullamento della cartella impugnata.
    Si  e'  costituita in giudizio l'Agenzia delle entrate di Bologna
2,  in  via  preliminare  eccependo  la inammissibilita' del ricorso,
posto  che  la  cartella non sarebbe stata nella specie impugnata per
vizi  propri,  risultando  notificato,  ma  non  impugnato  l'atto di
irrogazione delle sanzioni.
    Nel  merito,  l'Agenzia  resistente  ha  opposto che il potere di
irrogazione delle sanzioni nella specie discende dall'art. 3, comma 5
del  d.l.  n. 12/2002  e  che  in  ordine alla dedotta violazione del
principio   di   proporzionalita'   fra  sanzione  ed  entita'  della
violazione,  la  Corte  cost.  si  e'  gia'  espressa con la sentenza
n. 144/2005.
    Alla  pubblica udienza del 7 giugno 2006, le parti hanno discusso
la controversia.
                    All'esito il Collegio osserva
    Con  riguardo alla eccezione pregiudiziale sollevata dall'ufficio
di  inammissibilita'  del  ricorso  contro  il ruolo in ragione della
mancata  impugnazione  del  prodromico  avviso  di  irrogazione delle
sanzioni,  quale  atto,  ormai divenuto definitivo, presupposto della
stessa  iscrizione  a  ruolo  e  della  consequenziale notifica della
cartella  di  pagamento, e' d'uopo rilevarne la evidente infondatezza
sotto  il  profilo  che  nei  confronti del ruolo e della cartella di
pagamento  era stato eccepito un «vizio proprio» dell'atto impugnato,
quale  quello  relativo al difetto di legittimazione dell'ufficio con
riferimento  alla  iscrizione  a ruolo della sanzione e alla assoluta
mancanza  di  norme  attributive del potere di riscossione coattiva a
mezzo  ruolo  delle  sanzioni correlate alla evasione contributiva di
che trattasi.
    In   relazione  al  merito  delle  eccezioni  proposte  da  parte
ricorrente,  ritiene  questa  Commissione  di  sollevare questione di
legittimita' costituzionale nei sensi di cui in motivazione.
    Il   decreto-legge  22  febbraio  2002,  n. 12,  convertito,  con
modificazioni,  nella  legge  23  aprile  2002,  n. 73,  nel  dettare
disposizioni sulla emersione del lavoro irregolare, all'art. 3, comma
3  ha  previsto le sanzioni amministrative da comminare nei confronti
di  ciascun  lavoratore  irregolare,  per  il  periodo  compreso  tra
l'inizio dell'anno e la data di constatazione della violazione.
    Quest'ultima  disposizione era stata sottoposta, da questa stessa
Commissione,  all'esame della Corte costituzionale, per contrasto con
gli  artt. 3  e  24 della Costituzione, nella parte in cui stabiliva,
tout  court,  una  presunzione  assoluta,  invece  di  commisurare la
sanzione   alla  durata  di  effettivo  ricorso  a  forme  di  lavoro
irregolare,  senza  consentire  la  prova  della effettiva durata del
lavoro irregolare.
    La  Corte  costituzionale,  in  accoglimento  delle  eccezioni di
incostituzionalita'  sollevate,  con la sentenza n. 144 del 12 aprile
2005,  ha  dichiarato  la  illegittimita'  costituzionale  del citato
art. 3,  comma  3 del d. l. n. 12/2002 nella parte in cui non ammette
la  possibilita' di provare l'effettiva durata del rapporto di lavoro
irregolare.
    Con riguardo al merito delle eccezioni sollevate dalla ricorrente
nel  presente  giudizio,  e'  d'uopo anzitutto rilevare che l'art. 3,
comma  4  del  d.l.  n. 12/2002 ha attribuito agli organi preposti ai
controlli in materia fiscale, contributiva e del lavoro la competenza
relativa  alla  constatazione  della  violazione, riservando soltanto
all'Agenzia  delle  entrate  il  potere di irrogazione della sanzione
amministrativa,  a  norma  del  comma  5  dello stesso art. 3, con la
precisazione  che  si applicano le disposizioni del d.lgs. n. 472 del
1997,   e   successive   modificazioni,  ad  eccezione  del  comma  2
dell'art. 16.
    In  tal  guisa,  la  legge  inopportunamente  e  senza una valida
giustificazione  di  carattere sistematico, ha attribuito agli organi
tributari,  quali  sono  le  Agenzie  delle  entrate,  un  potere che
istituzionalmente all'evidenza esula dalla specifica competenza delle
stesse,  posto  che  la  determinazione  della entita' della sanzione
amministrativa  e la  irrogazione  della  medesima va commisurata (v.
comma  3)  al  costo  del  lavoro  calcolato  sulla  base dei vigenti
contratti  collettivi  di  categoria; incidendo cosi' in una sfera di
competenza  che  e'  propria  degli enti previdenziali e degli organi
ispettivi  preposti  all'accertamento  delle violazioni in materia di
lavoro.
    Invero,  come  risulta dalle disposizioni surrichiamate di cui ai
commi  4  e  5  dell'art. 3  del  d.l.  n. 12/2002  e dalla  legge di
conversione  n. 73/2002,  anche se con la citata sentenza della Corte
cost.  n. 144/2005,  e'  stata  risolta  la questione di legittimita'
costituzionale  del  comma  3  dello stesso articolo, tuttavia rimane
ancora   aperta   l'altra   questione  relativa  alla  determinazione
normativa  della  competenza  a  riscuotere coattivamente la sanzione
amministrativa irrogata dall'Agenzia delle entrate.
    Infatti, posto che all'Agenzia delle entrate e' stato affidato il
potere  di  «constatare»  la  violazione  e di «irrogare» la speciale
sanzione  di  che trattasi, la questione che ora si pone e' nel senso
di  stabilire, se possa in esso ritenersi compreso anche il diverso e
distinto  potere di riscossione coattiva della stessa sanzione, anche
a  mezzo  della  sua  iscrizione  a  ruolo.  Il  legislatore,  con le
disposizioni sopra citate ha omesso ogni riferimento all'esercizio di
tale  potere,  del  quale  non  e'  alcuna  menzione,  di  guisa  che
l'omissione  o  e' indicativa di una precisa voluntas legis oppure si
deve pensare ad una non improbabile svista del legislatore.
    A questo punto e' anche da chiedersi quale rilievo possa assumere
il   richiamo   delle   disposizioni   del  d.lgs.  n. 472  del  1997
(Disposizioni  generali  in materia di sanzioni amministrative per le
violazioni  di  norme tributarie), contenuto nell'art. 3, comma 5 del
d.l.  n. 12/2002,  osservando  che  tale riferimento, per il contesto
normativo  in  cui  e'  inserito,  non  puo'  che  riferirsi  al solo
procedimento  di  irrogazione della sanzione e non a quello ulteriore
di   riscossione,   non   essendo   affatto  plausibile  che  per  il
procedimento  di riscossione della sanzione fosse sufficiente il solo
e generico richiamo al d.lgs. n. 472/1997, tenuto conto che lo stesso
legislatore   ha  sentito  il  bisogno  di  attribuire  espressamente
all'Agenzia  delle  entrate,  con  due  specifiche  disposizioni,  la
competenza  per il solo procedimento di accertamento e di irrogazione
della sanzione.
    In   effetti,   condividendo   l'interpretazione  adottata  dalla
sentenza  della  CTP  di  Bari  8  luglio  2005,  n. 59, citata dalla
ricorrente,   il   richiamo  delle  disposizioni  di  cui  al  d.lgs.
n. 472/1997  e'  inserito nel comma 5 dell'art. 3 del d.l. n. 12/2002
che  disciplina  la  competenza  in  ordine  alla  irrogazione  della
sanzione,  di  guisa  che  lo  stesso  richiamo  normativo  non  puo'
intendersi operato all'art. 24 del d.lgs. n. 472/1997, concernente la
riscossione della sanzione inflitta.
    D'altra  parte,  il citato art. 24, comma 1 stabilisce che per la
riscossione  della  sanzione  «si  applicano  le  disposizioni  sulla
riscossione  dei tributi cui la violazione si riferisce». Ne consegue
che  la stessa norma non potrebbe trovare applicazione nell'ambito di
una materia che come pure precisato, «non e' connessa alla violazione
di    disposizioni   tributarie,   ne'   attiene   o   e'   collegata
all'accertamento,  alla  liquidazione o alla riscossione di tributi».
Tale  precisazione  impedisce, pertanto, un'applicazione analogica od
estensiva  del  citato  art. 24  del  d.lgs. n. 472/1997 alla materia
delle  violazioni  per l'utilizzo di lavoratori irregolari, posto che
tutto   il   complesso  normativo  che  nella  fattispecie  viene  in
considerazione   non   puo'   che   essere   di   stretta   e  rigida
interpretazione in ragione del sacrificio economico piu' o meno grave
che,  secondo  la  forma  della  riscossione  posta  in essere, viene
imposto al contribuente.
    In conclusione, sembra potersi condividere l'osservazione secondo
la quale e' illegittimo, sotto il profilo soggettivo, il procedimento
di  riscossione  posto  in  essere  dall'Agenzia  delle  entrate, con
riferimento  al  difetto  di  legittimazione  della stessa, in quanto
all'Agenzia  non risulta normativamente conferito un qualsiasi potere
connesso alla riscossione della sanzione.
    Segnata  dall'incertezza,  invece,  appare  l'opinione secondo la
quale  sarebbe  illegittimo  il  procedimento di riscossione coattiva
della  sanzione,  con  riferimento,  sotto il profilo oggettivo, alla
mancanza di una qualsiasi disposizione normativa che legittimi l'ente
o  l'ufficio  che  hanno  irrogato  la sanzione a riscuoterla a mezzo
ruolo.
    A tal riguardo puo' essere rilevato che l'art. 17, comma 1 del d.
lgs.   n. 46  del  1999,  con  disposizione  di  carattere  generale,
stabilisce che... «si effettua mediante ruolo la riscossione coattiva
delle entrate dello Stato, anche diverse dalle imposte sui redditi, e
di  quelle  degli  altri  enti pubblici, anche previdenziali, esclusi
quelli   economici»;   ond'e'   che,  una  volta  individuato  l'ente
legittimato  a  riscuotere  la  sanzione  per  l'utilizzo  del lavoro
irregolare,  appare  legittimo  che  lo  stesso ente possa senz'altro
procedere  alla riscossione a mezzo ruolo della relativa sanzione, in
modo  che  cosi'  possa  ritenersi sussistente il necessario nesso di
interdipendenza  che  deve  intercorrere  fra  soggetto legittimato a
porre  in  essere  il titolo costitutivo dell'obbligazione e soggetto
legittimato  alla  riscossione  coattiva  nei  confronti dello stesso
obbligato.  Nella  specie, pero', non risulta individuato il soggetto
legittimato per legge alla riscossione della sanzione.
    In  considerazione  delle  difficolta' applicative sin qui emerse
appare  non  manifestamente  infondata  e  rilevante  la questione di
legittimita' costituzionale dell'art. 3, comma 5 del d.l. n. 12/2002,
convertito  nella  legge  n. 73/2002,  nella  parte  in cui omette di
individuare   e   di  disciplinare  la  legittimazione  soggettiva  a
riscuotere  e  le modalita' della riscossione coattiva della sanzione
irrogata  dall'Agenzia  delle entrate. Infatti, nella specie la norma
carente   sotto  i  cennati  profili  non  appare  idonea  ad  essere
agevolmente sottoposta ad un procedimento, per quanto eccezionale, di
auto  od  eterointegrazione;  di  guisa  che, in assenza specialmente
della  previsione  di  un  potere  soggettivo  di  riscossione  della
sanzione,  la norma medesima deve ritenersi effettivamente lacunosa e
quindi  chiaramente  affetta  da  un  vuoto  incolmabile, neanche con
disposizione  di  interpretazione  autentica  od analogica, posto che
nella  materia  de  qua la norma di carattere afflittivo non puo' non
essere che di stretta interpretazione.
    Non  senza  sottolineare,  con  riferimento  all'art. 3 Cost., la
irragionevolezza  e  la incongruita' di una norma, come quella di che
trattasi,   in  cui  e'  individuato  il  soggetto  legittimato  alla
irrogazione   della   sanzione,  senza  nulla  dire  in  ordine  alla
necessaria individuazione del soggetto, a sua volta, legittimato alla
riscossione  coattiva  della  stessa  sanzione  che cosi' puo' essere
irrogata,  ma  non  riscossa, con conseguente inutilita' dello stesso
procedimento di irrogazione.
    Pertanto,   la  questione  di  legittimita'  costituzionale  come
d'ufficio  sollevata appare non solo non manifestamente infondata, ma
anche  rilevante  ai  fini  del  presente  giudizio,  in  quanto,  la
decisione della corte, sia in caso di accoglimento che di rigetto, e'
destinata a risolvere il dubbio in ordine alla titolarita' del potere
di  riscossione  della  sanzione  e  alla legittimazione in capo alla
Agenzia delle entrate alla relativa iscrizione a ruolo.