LA CORTE DEI CONTI Ha pronunciato la seguente ordinanza n. 247/2006 nel giudizio di pensione civile iscritto al n. 23785 del registro di segreteria promosso ad istanza di Candela Antonino, rappresentato e difeso dall'avv. Paolo Villa, nei confronti del Ministero della difesa. Visto l'atto introduttivo del giudizio depositato il 16 gennaio 2001. Visti gli atti e documenti tutti del fascicolo processuale. Udito alla pubblica udienza del 23 giugno 2006 l'avv. Paolo Villa per il ricorrente; non rappresentato il Ministero della difesa. F a t t o L'odierno ricorrente, militare di leva della classe 1977, riconosciuto idoneo, fu arruolato dal Consiglio di Leva marittima di Taranto il 29 giungo 1995 e lasciato in congedo illimitato provvisorio in attesa dell'avviamento alle armi. Chiamato alle armi, giunse al corpo il 30 agosto 1996 e presto' servizio presso Baricentro Taranto dal 29 agosto al 1° ottobre 1996 e presso Maridist Roma dal 2 ottobre 1996 al 10 gennaio 1997, data di collocamento in congedo per riforma. In data 30 dicembre 1999 ha fatto pervenire al Ministero della difesa domanda di pensione privilegiata ordinaria, allegando di avere contratto per causa di servizio una «lombosciatalgia sx da sospetta ernia discale», in conseguenza di un incidente occorsogli il 10 novembre 1996 durante l'operazione di scarico di alcune casse di frutta e verdura destinate al magazzino cucina e vettovagliamento della mensa del Ministero della difesa. Il Ministero della difesa, effettuati gli accertamenti medico-legali di rito, con d.m. n. 742 del 31 agosto 2000 ha respinto la domanda ritenendo insussistente la dipendenza da causa di servizio, su conforme parere contrario reso dalla C.M.O. di Marinferm Augusta del 27 aprile 1999. Avverso il suddetto provvedimento ha interposto gravame l'interessato, chiedendo, tra l'altro, che fosse disposta prova per testi al fine di accertare l'effettivita' dell'incidente lamentato e, successivamente, che fosse acquisito parere medico-legale della C.M.L. presso questa Corte. Alla pubblica udienza di trattazione del 23 giugno 2006, non rappresentato il Ministero della difesa, essendo stata gia' eseguita la prova per testi, l'avv. Paolo Villa ha insistito in via istruttoria per l'acquisizione del parere della C.M.L. e, nel merito, per l'accoglimento del ricorso. D i r i t t o In via istruttoria la difesa del ricorrente ha chiesto che sulla vicenda oggetto del presente giudizio sia acquisito il parere medico-legale della C.M.L. del Ministero della difesa presso questa Corte. Con riferimento a tale richiesta questo giudice ritiene di doversi dare preliminarmente carico di verificare la costituzionalita' delle norme che regolano tale strumento istruttorio tipico del processo pensionistico innanzi alla Corte dei conti. La Corte costituzionale ha gia' avuto modo di occuparsi della questione, sia pure con riferimento al diverso profilo della esclusivita' dello strumento qui considerato rispetto a quello piu' generale della C.T.U. disciplinato dal codice di rito, ed ha affermato che le norme di disciplina del processo davanti alla Corte dei conti consentono di disporre l'insieme dei «mezzi istruttori» offerti dalle «leggi di procedura civile» (art. 15, primo comma, del r.d. 13 agosto 1933, n. 1038 e art. 26 del r.d. 13 agosto 1933, n. 1038; art. 73 del regio decreto 12 luglio 1934, n. 1214) e non escludono la consulenza tecnica d'ufficio prevista nel codice di rito civile, considerato pure che l'art. 2, comma 4, del decreto-legge 15 novembre 1993, n. 453, convertito dalla legge 14 gennaio 1994, n. 19 ha, peraltro, riconosciuto espressamente che «la Corte dei conti, per l'esercizio delle sue attribuzioni, puo' [...] avvalersi di consulenti tecnici», con previsione che si applica anche alla giurisdizione in materia di pensioni, la quale, vertendo sopra un diritto e non un atto autoritativo (sent. n. 8 del 1976 e sent. n. 141 del 1981 della Corte costituzionale), non tollera limitazioni nell'impiego degli strumenti di «ricerca della verita» al pari delle altre sedi giurisdizionali poste per la tutela di identiche posizioni giuridiche (sent. n. 146 del 1987 e sent. n. 251 del 1989». A tali conclusioni il Giudice delle Leggi e' pervenuto anche a seguito del fatto che, in contrario, neppure potrebbe richiamarsi l'art. 13 della legge 11 marzo 1926, n. 416, il quale prescrive che la Corte dei conti deve «esclusivamente» rivolgersi al collegio medico-legale istituito alle dipendenze del Ministero della difesa, qualora ritenesse «necessario un ulteriore parere medico-legale od un'ulteriore visita diretta del richiedente la pensione», in quanto la disposizione concerne precipuamente le attribuzioni giurisdizionali «in sede di liquidazione di pensione», non piu' spettanti alla Corte dei conti a termini dell'art. 1 del r.d. 27 giugno 1933, n. 703 (Corte cost. ordinanza 16 aprile 1998, n. 131), argomentazione, quest'ultima, disattesa da una parte assolutamente minoritaria della giurisprudenza di questa Corte (cfr. Corte dei conti, Sez. I Giur. Centrale d'appello, n. 179/2005) con argomentazioni che, a fronte delle rigorose argomentazioni della Corte costituzionale, appaiono a questo giudice del tutto prive di pregio giuridico. La facolta' delle sezioni territoriali della Corte dei conti di avvalersi degli «ospedali militari o civili, aventi sede nella regione» presso i quali richiedere «pareri medico-legali o l'esecuzione di visite dirette ai fini dei necessari accertamenti in ordine alle infermita' denunciate dai ricorrenti» e' stata introdotta dall'art. 2, secondo comma, della legge 8 ottobre 1984, n. 658 (e poi estesa dalla legge 14 gennaio 1994, n. 19) allo scopo precipuo di autorizzare la collaborazione tra tali organi, e questa disposizione - secondo la stessa giurisprudenza contabile - e' meramente esplicativa «di alcuni dei mezzi istruttori latamente previsti dall'art. 73 del testo unico approvato con r.d. 13 luglio 1934, n. 1214 e dall'art. 15 del regolamento di procedura approvato con r.d. 12 agosto 1933, n. 1038» (Sezione giurisdizionale per la Regione Liguria, ordinanza 28 aprile 1995, n. 03/PN/95). Per quel che riguarda la sezione giurisdizionale della Regione Siciliana, poi, il Ministero della difesa ha ritenuto di dovere apprestare un piu' specifico strumento collaborativo attraverso il d.m. n. 36920 del 10 luglio 1989, con il quale dettando una disciplina transitoria delle disposizioni di cui all'art. 12 della legge 11 marzo 1926, n. 416 e della legge 22 dicembre 1980, n. 913, norme entrambe relative al Collegio medico-legale del Ministero della difesa, a seguito della sentenza n. 270 del 10 aprile 1988 della Corte costituzionale, ha provveduto ad istituire una Commissione medico-legale presso l'Ospedale militare di Palermo - composta da tre ufficiali superiori medici titolari e tre supplenti - affinche' questa sezione potesse disporre uno specifico organo di consulenza medico-legale, commissione che per i propri compiti e' autorizzata ad avvalersi delle attrezzature e del personale specialistico dell'O.M. di Palermo. La predetta Commissione, per espressa disposizione contenuto del citato decreto, e' destinata a cessare la propria attivita' all'atto della costituzione della sezione speciale del Collegio medico-legale del Ministero della difesa distaccata permanentemente in Palermo, presso la Sezione giurisdizionale della Corte dei conti per la Regione Siciliana. Cosi' configurato il quadro normativo se ne puo' dedurre che il ricorso al parere della citata Commissione medico legale (C.M.L.) da parte di questa sezione e' supportato sia dalla legge 11 marzo 1926, n. 416 (e piu' precisamente dagli artt. 11, 11-bis e 12) che dalla legge 22 dicembre 1980, n. 913 (e piu' precisamente dagli artt. 2, 3, 4, 5 e 6), cosi' come dall'art. 1, comma 3, del d.-l. 15 novembre 1993, n. 453, convertito in legge n. 19/1994 per la parte in cui richiama l'art. 2, comma 2, della legge 8 ottobre 1984, n. 658. Cosi' enucleato il complesso quadro normativo di riferimento, non puo', pero', farsi a meno di rilevare come il legislatore non abbia apprestato, in quella sede, nessun meccanismo di tutela della posizione di indipendenza e terzieta' degli ufficiali chiamati a comporre, in questo caso, la C.M.L., i quali mantengono inalterato il loro rapporto di dipendenza gerarchica e piena appartenenza alla rispettiva Forza Armata dalla quale provengono (Aeronautica - Esercito - Marina), con tutto che consegue sul piano della redazione delle note caratteristiche e delle periodiche valutazioni da parte dei superiori alle quali tutti gli ufficiali sono soggetti. Tale posizione nel caso in cui, come in quello di specie, la controparte in giudizio sia lo stesso Ministero della difesa, non puo' non far sorgere seri dubbi sulla imparzialita', indipendenza e terzieta' di coloro che sono chiamati ad esprimere un parere non solo sull'operato di altri loro colleghi (C.M.O.) ma, cosa ancora piu' grave, un parere che e' destinato nella quasi totalita' dei casi a determinare l'esito del giudizio nei confronti dell'amministrazione dalla quale essi stessi dipendono. E tale situazione ha determinato in moltissimi casi le vibrate doglianze del foro che tende sempre, per tali ragioni, a privilegiare altri strumenti istruttori, quali la C.T.U., che offrono maggiori garanzie di terzieta' ed effettivo contraddittorio con le parti. La circostanza, pero', che lo strumento sia espressamente previsto dal legislatore - peraltro a costo zero per il ricorrente ed il sistema giustizia - impone che ad esso si possa (e si debba, laddove espressamente il ricorrente lo richieda) fare ricorso con idonee garanzie di terzieta', imparzialita' ed indipendenza. I principi di indipendenza e di autonomia della funzione giurisdizionale, nonche' di buon andamento dell'amministrazione della giustizia, e l'esigenza di tutela di tale valore di rilievo costituzionale - gia' evidenziata dalla Corte costituzionale (sent. n. 390 del 1991) che ha ritenuto prevalenti «la garanzia della serenita' e obiettivita' dei giudizi» e «la imparzialita' e la terzieta' del giudice», non tocca solo la posizione del giudice ma, in genere, di chiunque sia chiamato ad operare in posizione di terzieta', quale il consulente tecnico d'ufficio (Corte costituzionale, sentenza n. 298/1993). Tali principi non possono non applicarsi anche ai componenti della C.M.L. in questione, dovendosi perseguire la finalita' di assicurare la mancanza di ogni (pur minima) interferenza sulla posizione di terzieta' del giudice e del consulente per preservare la indipendenza della funzione giurisdizionale quale strumentale presidio del diritto di agire in giudizio. Peraltro, la stessa Corte costituzionale ha avuto modo di esaminare in epoca alquanto recente la questione di legittimita' costituzionale della composizione dei tribunali regionali delle acque pubbliche nella parte in cui era previsto che ai predetti fossero aggregati tre funzionari del Genio civile designati dal Presidente del Consiglio superiore dei lavori pubblici e nominati con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro guardasigilli, ritenendo che in questi casi il legislatore e' tenuto ad assicurare le garanzie di indipendenza (sia giuridica che economica) dei predetti «estranei», rafforzate ora dal nuovo testo dell'art. 111 della Costituzione (legge costituzionale 23 novembre 1999, n. 2), applicabile ad ogni giudice ed in qualsiasi processo (Corte costituzionale, sentenza n. 353/2002). Invece, nella specie considerata dalla norma oggetto di quel giudizio di costituzionalita' il funzionario continuava a rimanere incardinato nella amministrazione di appartenenza e quindi soggetto a tutti i condizionamenti dovuti alla sua posizione di dipendenza dall'amministrazione stessa, che ne gestisce lo stato giuridico ed economico. Gli anzidetti profili comportano, ad avviso del Giudice delle Leggi, una violazione dei requisiti connaturali alle funzioni di giudice indipendente ed imparziale e del conseguente principio che per qualsiasi dipendente in servizio presso una amministrazione pubblica, che sia parte in senso sostanziale (cfr. sentenza n. 158 del 1995; n. 2 del 1974; n. 27 del 1972) o che gestisca o concorra a gestire un determinato settore di attivita' amministrativa, si esigono particolari e puntuali garanzie (v. sentenza n. 49 del 1968) di indipendenza e terzieta', anche attraverso una nuova e speciale posizione di stato giuridico (cfr. sentenza n. 196 del 1982; n. 177 del 1973; n. 1 e n. 30 del 1967; n. 55 del 1966; n. 103 del 1964) quanto il medesimo sia chiamato a funzioni giurisdizionali nella stessa materia comunque affidata all'amministrazione di provenienza o di codipendenza. La nuova posizione di stato, che faccia cessare completamente il rapporto precedente, recidendo i vincoli che legavano il funzionario alla precedente amministrazione (cfr. sentenza n. 451 del 1989) e ne instauri uno nuovo, deve escludere, in radice, qualsiasi possibilita' di condizionamenti. Tali condizionamenti, o stati di soggezione (v. sentenza n. 196 del 1982), possono discendere sia da vincoli gerarchici o comunque di sopravvivenza di rapporto (quanto meno di servizio: v., per l'iniziale impostazione della Corte, sentenze n. 49 del 1968 e n. 30 del 1967) con la predetta amministrazione, sia dalla possibilita' di riconferma o reincarico (v. sentenze n. 49 del 1968; n. 25 del 1976) affidata alla semplice iniziativa di organi appartenenti alla amministrazione; sia dalla possibilita' di cessazione anticipata dalle funzioni a seguito di provvedimento amministrativo discrezionale, ad esempio, trasferimento ad altra sede (v. sentenza n. 33 del 1968). Tali principi devono trovare applicazione anche nei confronti del consulente del giudice e, se cosi' non fosse, non si comprenderebbe per quale motivo il legislatore al primo abbia esteso le cause di astensione e ricusazione previste per il secondo. Il sistema, pertanto, cosi' come attualmente configurato, sembrerebbe apparire in contrasto con gli artt. 108 e 111 della Costituzione, in quanto non precostituisce alcuno strumento di tutela e garanzia di indipendenza e terzieta' dei militari membri della prefata C.M.L. Inoltre, la scelta operata fin qui dal legislatore di non apprestare idonee garanzie di status agli ufficiali chiamati a comporre la piu' volte citata C.M.L., appare in contrasto anche con il principio di ragionevolezza di cui all'art. 3 della Costituzione e con quello di cui all'art. 97, sotto il profilo della buona funzionalita' dell'amministrazione della giustizia. La questione e' rilevante al fine del decidere, poiche' solo dal non accoglimento della questione di costituzionalita' nei termini qui prospettati potrebbe profilarsi la possibilita' di fare ricorso al parere della C.M.L., evenienza che resterebbe, invece, preclusa, dall'accoglimento dell'eccezione di costituzionalita' nei termini sopra delineati, almeno sino a quando il legislatore non avra' provveduto nel senso auspicato. In tale ultima ipotesi le parti e questo giudice dovranno, invece, successivamente valutare l'opportunita' di fare ricorso a strumenti istruttori alternativi, anche se maggiormente onerosi, al fine della definizione del processo. Il processo deve, pertanto, essere sospeso ai sensi dell'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87 e gli atti rimessi alla Corte costituzionale per il giudizio di competenza.