IL GIUDICE DI PACE Nella causa R.G. n. 5020/05 promossa da Piacentini Federico, difeso e rappresentato dall'avv. Antonella Meschini e presso il suo studio domiciliato in Brescia, alla via XX Settembre n. 66, giusta mandato in calce all'atto introduttivo; Contro Comune di Brescia, in persona del sindaco pro tempore. Con ricorso depositato in data 14 ottobre 2005 presso la cancelleria di questo ufficio, il sig. Piacentini Federico proponeva opposizione avverso il verbale n. 33-74389 del 27 settembre 2005, con il quale gli agenti del Comando di Polizia municipale del comune di Brescia accertavano, a carico dell'opponente, la violazione di cui all'art. 171 commi 1, 2 e 3 del codice della strada per aver circolato con casco di tipo non omologato. Il sig. Piacentini proponeva altresi' opposizione avverso il provvedimento con il quale il predetto organo accertatore procedevano al sequestro amministrativo finalizzato alla confisca amministrativa del mezzo, ai sensi della legge n. 168/2005. Parte ricorrente lamentava in via preliminare l'illegittimita' costituzionale dell'art. 213, comma 2-bis del codice della strada cosi' come introdotto dalla legge n. 168/2005 contestando, nel merito, la legittimita' della violazione accertata. Si doleva, in particolare, dell'illegittimita' della predetta norma in relazione all'art. 3 della Costituzione per irragionevolezza e sproporzionalita' della sanzione accessoria irrogata, nonche' per violazione del principio di uguaglianza per avere il legislatore contemplato la confisca amministrativa dei soli ciclomotori e motoveicoli e non anche degli autoveicoli. Il giudice di pace ritiene fondata la questione di legittimita' costituzionale sollevata da parte ricorrente. Nel sistema sanzionatorio delineato dal d.lgs. n. 285/1992, la confisca del veicolo rappresenta di certo la piu' affittiva delle sanzioni accessorie contemplate, poiche' si traduce nella privazione definitiva della disponibilita' del mezzo. Prima della riforma introdotta con la legge n. 168 del 17 agosto 2005 (di conversione del d.l. n. 115/2005) essa costituiva una sanzione accessoria eccezionale, connessa alla violazione di fondamentali disposizioni del codice della strada. Con l'entrata in vigore della nuova disciplina, in un'ottica di generale inasprimento delle sanzioni conseguenti alla violazione del codice della strada, il legislatore ha esteso le fattispecie nelle quali e' consentito oggi procedere alla confisca dei veicoli, colpendo pero' quasi esclusivamente i conducenti dei mezzi a due ruote. Questi ultimi rischiano pertanto di perdere definitivamente la proprieta' del mezzo per infrazioni fino a poco tempo fa, venivano punite con mere sanzioni amministrative pecuniarie, in alcuni casi di blanda entita'. Cosi', oltre ad ipotesi certamente gravi quali la guida in stato di ebbrezza o in stato di alterazione psico-fisica per uso di sostanze stupefacenti, la confisca scatta anche a seguito della commissione di infrazioni prima ritenute di scarsa importanza: nel precedente sistema, per restare nell'ambito della fattispecie portata all'attenzione di questo giudice, alla violazione dell'art. 171 comma 1 c.d.s. conseguiva la sola sanzione amministrativa pecuniaria del pagamento di una somma che, nel suo minimo edittale, risulta pari ad Euro 68,25, mentre a norma del comma 1-bis del medesimo art. 171 i conducenti di ciclomotori e motoveicoli a tre o quattro ruote dotati di carrozzeria chiusa, o dotati di cellula e di altri dispositivi di sicurezza sono addirittura esentati dall'utilizzo obbligatorio del casco. La medesima sanzione diviene pertanto applicabile, in pari misura, sia nell'ipotesi di violazioni di indubbio rilievo sotto il profilo degli interessi tutelati come nel predetto caso di guida in stato di ebbrezza dove l'oggetto giuridico rappresentato dalla sicurezza della generalita' dei conducenti, sia nei casi di infrazione a norme aventi ad oggetto l'incolumita' personale del trasgressore stesso. L'irragionevolezza del sistema delineato si coglie, a maggior ragione, nel confronto con un'altra delle ipotesi contemplate dall'art. 213, comma 2-sexies c.d.s., laddove esso commina la sanzione accessoria della confisca del ciclomotore o del motoveicolo nelle ipotesi in cui esso «sia stato adoperato [...] per commettere un reato», e cioe' laddove la particolare gravita' della condotta, in relazione al peso dell'interesse di volta in volta tutelato, diviene oggetto di una sanzione particolarmente affittiva come quella penale, e non meramente amministrativa: in un settore disciplinato, per lo piu', proprio dalla legge n. 689/1981 che ha comportato nel sistema una forte spinta depenalizzativa. L'alterita' ontologica che sta alla base delle summenzionate ipotesi spiega tuttavia identici effetti, laddove l'art. 213, comma 2-sexies viene a colpire indiscriminatamente ed irreparabilmente la proprieta' privata, il cui diritto costituzionalmente garantito non puo' che essere compresso soltanto in rapporto alla violazione di interessi di rango equiparabile o comunque tali da giustificare una diversa e piu' grave punibilita'. Le censure mosse alla sistematicita' dell'istituto, in relazione alla fattispecie oggetto del presente giudizio, si colgono pertanto in relazione all'art. 3 della Costituzione per difetto di ragionevolezza e proporzionalita'.