ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel  giudizio  di  legittimita' costituzionale dell'art. 94, comma 5,
del  decreto  del  Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309
(Testo  unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti
e   sostanze  psicotrope,  prevenzione,  cura  e  riabilitazione  dei
relativi  stati  di  tossicodipendenza),  promosso  con ordinanza del
19 luglio  2005 dal Tribunale di sorveglianza di Firenze, iscritta al
n. 524  del  registro  ordinanze  2005  e  pubblicata  nella Gazzetta
Ufficiale della Repubblica n. 44, 1ª serie speciale, dell'anno 2005.
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nella  Camera di consiglio del 21 febbraio 2007 il giudice
relatore Gaetano Silvestri.
    Ritenuto  che  il  Tribunale  di  sorveglianza  di  Firenze,  con
ordinanza  del  19 luglio  2005,  ha sollevato - con riferimento agli
artt. 3,  27,  terzo  comma  e  32  della Costituzione - questione di
legittimita'  costituzionale  dell'art. 94,  comma 5, del decreto del
Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309 (Testo unico delle
leggi   in  materia  di  disciplina  degli  stupefacenti  e  sostanze
psicotrope,  prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di
tossicodipendenza);
        che il rimettente e' investito della richiesta di affidamento
in  prova con finalita' terapeutica formulata da persona che gia' due
volte si e' avvalsa, in relazione a precedenti condanne, del medesimo
beneficio;
        che  il  Tribunale,  per  quanto  le precedenti esperienze si
siano  concluse  negativamente,  con  la revoca dell'affidamento e la
perdurante  condizione di tossicodipendenza dell'interessato, ritiene
sussistano le condizioni per una nuova applicazione del beneficio, la
quale  dunque  sarebbe  preclusa  in  forza  della  sola disposizione
censurata;
        che,  a  parere del giudice a quo, il divieto d'una ulteriore
concessione   dell'affidamento  a  scopo  terapeutico  violerebbe  il
principio  di  uguaglianza  ed  il «canone di ragionevolezza» sancito
dall'art. 3  Cost.,  posto  che  la  legge, per la misura «ordinaria»
dell'affidamento in prova al servizio sociale, non limita in astratto
il numero delle possibili applicazioni (art. 47 della legge 26 luglio
1975,   n. 354,   recante  «Norme  sull'ordinamento  penitenziario  e
sull'esecuzione delle misure privative e limitative della liberta)»;
        che  infatti,  secondo il rimettente, le differenze tra i due
istituti  non  legittimano una siffatta disparita' di trattamento, ed
anzi  sarebbe  proprio  l'affidamento  terapeutico, per la sua stessa
natura,  a richiedere le maggiori possibilita' di applicazione, ferma
restando  la  necessita'  che  il giudice valuti, sul piano concreto,
l'idoneita' del programma proposto in rapporto alla vicenda personale
del richiedente;
        che  ulteriori  ed  ingiustificate  discriminazioni sarebbero
determinate,  tra  soggetti  piu'  volte condannati, dalla casualita'
della sequenza di formazione del giudicato;
        che   il   Tribunale   premette,   a   tale  proposito,  come
l'affidamento  in  corso  di esecuzione possa essere «esteso», ove ne
ricorrano  le  condizioni,  a  pene  inflitte con sentenze passate in
giudicato  successivamente  al provvedimento di ammissione, quale che
sia il numero dei provvedimenti da eseguire;
        che,    dunque,    le    condanne    divenute    irrevocabili
successivamente  alla  seconda  applicazione  del  beneficio  possono
trovare   o   meno   esecuzione,   mediante   l'affidamento  a  scopo
terapeutico,  a  seconda della circostanza - casuale e, comunque, non
controllabile  dall'interessato  -  che il giudicato si formi prima o
dopo la cessazione dell'affidamento medesimo;
        che la norma censurata contrasterebbe, secondo il rimettente,
anche   con   il   terzo  comma  dell'art. 27  Cost.,  frustrando  la
finalizzazione  rieducativa  della  pena nei confronti di soggetti in
ipotesi ancora bisognosi di terapia e supporto psicologico;
        che   il   Tribunale   prospetta,   infine,   una  violazione
dell'art. 32  Cost.,  posto  che l'affidamento terapeutico varrebbe a
garantire al condannato attivita' di riabilitazione fisica e psichica
non  praticabili  nelle  strutture  carcerarie, e che una preclusione
della  misura  su  base meramente numerica impedirebbe, di contro, la
valutazione   concreta   dei   bisogni   di  cura  del  condannato  e
l'applicazione di forme esecutive idonee ad assicurarne la salute;
        che il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e
difeso  dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  e'  intervenuto  in
giudizio  con  atto  depositato il 22 novembre 2005, chiedendo che la
questione sia dichiarata inammissibile e, comunque, infondata;
        che  tali  conclusioni  risultano ribadite, nel complesso, in
esito  alla  produzione  di  memorie  nelle date del 23 gennaio e del
6 febbraio 2007;
        che,   secondo  la  difesa  erariale,  la  questione  sarebbe
irrilevante  nel  giudizio  a  quo,  in  quanto il condannato avrebbe
potuto   chiedere   ed   ottenere,   in  alternativa  all'affidamento
terapeutico,  un  provvedimento  di sospensione dell'esecuzione della
pena a norma dell'art. 90 del d.P.R. n. 309 del 1990;
        che  la  questione,  sempre  a  parere  dell'Avvocatura dello
Stato,   sarebbe   comunque   infondata,   risultando  arbitraria  la
comparazione  dell'affidamento terapeutico con quello «ordinario», in
quanto  quest'ultimo,  pur  applicabile  per  un numero indefinito di
volte,  sarebbe caratterizzato da «limiti quantitativi e qualitativi»
ben piu' penetranti del primo;
        che  non sussisterebbe, d'altro canto, alcuna discriminazione
fondata  sulla  sequenza  di  formazione  del  giudicato,  posto  che
l'affidamento  terapeutico  potrebbe  essere applicato, in ogni caso,
con riguardo a due soli provvedimenti di condanna.
    Considerato che il Tribunale di sorveglianza di Firenze solleva -
con riferimento agli artt. 3, 27, terzo comma e 32 della Costituzione
- questione di legittimita' costituzionale dell'art. 94, comma 5, del
decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309 (Testo
unico  delle  leggi  in  materia  di  disciplina degli stupefacenti e
sostanze  psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi
stati di tossicodipendenza);
        che   il   rimettente  fonda  la  rilevanza  della  questione
sull'assunto  che,  nel caso di specie, ricorrano tutte le condizioni
per  disporre l'affidamento a scopo terapeutico del condannato, e che
l'accoglimento della domanda sia precluso solo dalla norma censurata,
la  quale dispone che detta misura non puo' essere applicata per piu'
di due volte;
        che   per   altro,   in  epoca  successiva  all'ordinanza  di
rimessione,   il  quadro  normativo  concernente  i  presupposti  per
l'affidamento  a  scopo  terapeutico  e'  mutato  per  effetto  delle
modifiche  introdotte,  nel  testo dell'art. 94 del d.P.R. n. 309 del
1990, dall'art. 4-undecies del decreto-legge 30 dicembre 2005, n. 272
(Misure  urgenti per garantire la sicurezza ed i finanziamenti per le
prossime    Olimpiadi    invernali,    nonche'    la    funzionalita'
dell'Amministrazione   dell'interno.  Disposizioni  per  favorire  il
recupero  di  tossicodipendenti  recidivi  e modifiche al testo unico
delle  leggi  in  materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze
psicotrope,  prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di
tossicodipendenza,   di   cui  al  d.P.R.  9 ottobre  1990,  n. 303),
convertito, con modificazioni, nella legge 21 febbraio 2006, n. 49;
        che  in  particolare,  secondo  il  nuovo  testo  del comma 4
dell'art. 94  del  d.P.R.  n. 309 del 1990, l'affidamento terapeutico
puo' essere disposto solo quando il tribunale di sorveglianza ritiene
che   il   programma   concordato,  con  le  prescrizioni  correlate,
contribuisca  al  recupero  del condannato ed assicuri la prevenzione
del pericolo che questi commetta ulteriori reati;
        che  la  rilevanza  della  questione sollevata, la quale pure
concerne  una  disposizione rimasta inalterata, e' condizionata dalla
ricorrenza  di  tutti  i presupposti sostanziali per l'affidamento in
prova  del  condannato,  cosi'  che  l'effetto  preclusivo  in ordine
all'accoglimento  della  richiesta  resti connesso unicamente al dato
della duplice precedente concessione del medesimo beneficio;
        che  spetta  al giudice a quo valutare in quale misura lo ius
superveniens  abbia  inciso  sulla  disciplina  dei  presupposti  per
l'affidamento  a  scopo  terapeutico,  cosi'  come  delineata,  prima
dell'intervento di riforma, nell'elaborazione giurisprudenziale della
materia;
        che,   comunque,   dall'ordinanza   di  rimessione  non  puo'
evincersi  che  sia stata specificamente apprezzata l'idoneita' della
misura  a  prevenire  il  rischio della commissione di nuovi reati da
parte  dell'interessato,  idoneita'  richiesta dalla norma censurata,
nei   termini   indicati,   per  effetto  di  modifiche  sopravvenute
all'ordinanza medesima;
        che,   pertanto,   gli   atti  devono  essere  restituiti  al
rimettente   perche'  proceda  ad  una  nuova  valutazione  circa  la
rilevanza della questione proposta.