ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nei  giudizi  di  legittimita' costituzionale dell'art. 1, commi 285,
310,  311  e  312, della legge 23 dicembre 2005, n. 266 (Disposizioni
per  la  formazione  del bilancio annuale e pluriennale dello Stato -
legge  finanziaria  2006), promossi con ricorsi delle Regioni Veneto,
Piemonte, Emilia-Romagna e Friuli-Venezia Giulia notificati il 23, il
24 e il 27 febbraio 2006, depositati in cancelleria il 1°, il 3 ed il
4 marzo 2006 ed iscritti, rispettivamente, ai nn. 29, 35, 39 e 41 del
registro ricorsi 2006;
    Visti  gli  atti di costituzione del Presidente del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nell'udienza pubblica del 6 marzo 2007 il giudice relatore
Gaetano Silvestri;
    Uditi gli avvocati Mario Bertolissi e Andrea Manzi per la Regione
Veneto,  Emiliano Amato per la Regione Piemonte, Giandomenico Falcon,
Andrea  Manzi  e Franco Mastragostino per la Regione Emilia-Romagna e
Giandomenico   Falcon   per   la  Regione  Friuli-Venezia  Giulia,  e
l'avvocato  dello  Stato  Antonio  Tallarida  per  il  Presidente del
Consiglio dei ministri;

                          Ritenuto in fatto

    1. - Le Regioni Veneto, Piemonte, Emilia-Romagna e Friuli-Venezia
Giulia  hanno  promosso  questioni  di legittimita' costituzionale di
alcune    disposizioni   della   legge   23 dicembre   2005,   n. 266
(Disposizioni  per  la  formazione del bilancio annuale e pluriennale
dello  Stato - legge finanziaria 2006), e, tra queste, dei commi 285,
310,  311  e  312  dell'art. 1,  dei quali si riferisce di seguito il
contenuto.
    1.1.  -  Il  comma 285 dispone che «Nel completamento del proprio
programma  di investimenti in attuazione dell'articolo 20 della legge
11 marzo   1988,   n. 67,  e  successive  modificazioni,  le  regioni
destinano   le   risorse   residue   finalizzate   alla  costruzione,
ristrutturazione  e  adeguamento di presidi ospedalieri ad interventi
relativi  a presidi comprensivi di degenze per acuti con un numero di
posti  letto  non inferiore a 250 ovvero a presidi per lungodegenza e
riabilitazione  con  un  numero  di  posti letto non inferiore a 120,
nonche'  agli  interventi  necessari al rispetto dei requisiti minimi
strutturali  e  tecnologici  dei presidi attivi avviati alla data del
31 dicembre  2005 stabiliti dall'atto di indirizzo e coordinamento di
cui  al  decreto  del  Presidente  della  Repubblica 14 gennaio 1997,
pubblicato  nel  supplemento  ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 42
del 20 febbraio 1997».
    Il  comma 310  stabilisce  inoltre che «Al fine di razionalizzare
l'utilizzazione  delle  risorse  per  l'attuazione  del  programma di
edilizia  sanitaria di cui all'articolo 20 della legge 11 marzo 1988,
n. 67,   e   successive   modificazioni,  gli  accordi  di  programma
sottoscritti  dalle  regioni e dalle province autonome di Trento e di
Bolzano,   ai   sensi  dell'articolo 5-bis  del  decreto  legislativo
30 dicembre    1992,    n. 502,   e   successive   modificazioni,   e
dell'articolo 2   della   legge  23 dicembre  1996,  n. 662,  decorsi
diciotto   mesi   dalla   sottoscrizione,   si   intendono   risolti,
limitatamente  alla  parte  relativa  agli  interventi per i quali la
relativa   richiesta  di  ammissione  al  finanziamento  non  risulti
presentata  al  Ministero  della salute entro tale periodo temporale,
con  la  conseguente  revoca  dei corrispondenti impegni di spesa. La
presente  disposizione  si  applica anche alla parte degli accordi di
programma  relativa  agli  interventi  per  i  quali  la  domanda  di
ammissione  al  finanziamento  risulti  presentata,  ma  valutata non
ammissibile   al   finanziamento   entro   ventiquattro   mesi  dalla
sottoscrizione  degli  accordi  medesimi,  nonche'  alla  parte degli
accordi  relativa  agli  interventi  ammessi  al  finanziamento per i
quali,  entro  nove  mesi dalla relativa comunicazione alla regione o
provincia   autonoma,   gli  enti  attuatori  non  abbiano  proceduto
all'aggiudicazione   dei   lavori,   salvo  proroga  autorizzata  dal
Ministero  della salute. Per gli accordi aventi sviluppo pluriennale,
i termini di cui al presente comma si intendono decorrenti dalla data
di  inizio  dell'annualita'  di  riferimento  prevista  dagli accordi
medesimi per i singoli interventi».
    Ai sensi del successivo comma 311, «Le risorse resesi disponibili
a  seguito  dell'applicazione di quanto disposto dal comma 310, sulla
base  di  periodiche ricognizioni effettuate con decreto del Ministro
della  salute,  di  concerto  con  il  Ministro dell'economia e delle
finanze,  sono  utilizzate  per la sottoscrizione di nuovi accordi di
programma,   nonche'  per  gli  interventi  relativi  alle  linee  di
finanziamento    per    le    strutture    necessarie   all'attivita'
liberoprofessionale  intramuraria, per le strutture di radioterapia e
per  gli  interventi  relativi  agli  Istituti  di  ricovero e cura a
carattere  scientifico,  ai  policlinici  universitari, agli ospedali
classificati,  agli  Istituti zooprofilattici sperimentali e all'ISS,
nel  rispetto  delle  quote  gia'  assegnate  alle  singole regioni o
province  autonome  sul  complessivo programma di cui all'articolo 20
della legge 11 marzo 1988, n. 67, e successive modificazioni».
    Infine,  il  comma 312  dispone: «In fase di prima attuazione, su
richiesta  della  regione  o della provincia autonoma interessata, da
presentare  entro  il  termine  perentorio  del  30  giugno 2006, con
decreto  del  Ministro  della  salute,  di  concerto  con il Ministro
dell'economia   e   delle   finanze,  puo'  essere  disposto  che  la
risoluzione degli accordi gia' sottoscritti, di cui al comma 310, con
la  revoca  dei  corrispondenti impegni di spesa, sia limitata ad una
parte degli interventi previsti, corrispondente al 65 per cento delle
risorse  revocabili.  Entro  il  termine perentorio di sei mesi dalla
data  di  entrata in vigore del decreto di cui al presente comma, per
l'utilizzo  degli  importi  corrispondenti  agli impegni di spesa non
revocati,  la  regione o la provincia autonoma trasmette al Ministero
della salute la richiesta di ammissione al finanziamento dei relativi
interventi».
    2.  -  Con ricorso notificato il 23 febbraio 2006 e depositato il
1° marzo  (reg.  ric.  n. 29  del 2006) la Regione Veneto ha promosso
questioni   di   legittimita'  costituzionale  dei  commi 285  e  310
dell'art. 1   della  legge  n. 266  del  2005,  in  riferimento  agli
artt. 117 e 119 della Costituzione.
    La  ricorrente,  richiamando  la giurisprudenza costituzionale in
materia,  afferma  che la previsione, contenuta nel comma 285, di una
«destinazione  vincolata da parte delle Regioni delle risorse residue
derivanti  dal completamento del proprio programma di investimenti di
edilizia  sanitaria, comprime in modo evidente l'autonomia di spesa e
le  funzioni  di  programmazione  di  cui  e'  titolare  la  Regione,
ponendosi   [...]   in  contrasto  con  gli  artt. 117  e  119  della
Costituzione».
    Al  riguardo, la difesa regionale aggiunge che non possono essere
imposti  alle  Regioni  vincoli  di destinazione ai finanziamenti, in
materie che non siano di competenza esclusiva statale.
    In  merito  al comma 310, a detta della ricorrente, la previsione
di nuove cause di risoluzione degli accordi di programma sottoscritti
dalle  Regioni  per  la  realizzazione  degli  interventi di edilizia
sanitaria  inciderebbe  «retroattivamente,  in modo irragionevole, su
accordi  conclusi, comportando variazioni nel bilancio regionale, che
vulnerano    l'autonomia   finanziaria   della   Regione,   garantita
dall'art. 119 Cost.».
    Secondo la difesa regionale, infine, l'illegittimita' della norma
di  cui  al  comma 310  non potrebbe essere sanata dal richiamo «alle
esigenze   di   razionalizzazione  dell'utilizzo  delle  risorse  per
l'attuazione   del   programma   di   edilizia  sanitaria»;  il  mero
riferimento  alle  dette  esigenze,  infatti,  non  sarebbe idoneo «a
spogliare  la  Regione  dei  suoi  poteri in materia di edilizia e di
tutela della salute».
    3.  -  Con ricorso notificato il 24 febbraio 2006 e depositato il
3 marzo  (reg.  ric.  n. 35 del 2006) la Regione Piemonte ha promosso
questioni  di  legittimita'  costituzionale dei commi 285, 310, 311 e
312  dell'art. 1  della  legge  n. 266  del 2005, in riferimento agli
artt. 97, 117 e 119 Cost. ed al principio di leale collaborazione.
    In  particolare,  il comma 285 e' censurato in quanto, disponendo
un  vincolo  di destinazione delle risorse regionali residue, avrebbe
invaso  «l'ambito  della  programmazione  regionale  delle  spese  di
investimento   nell'edilizia   sanitaria,  che  e'  conseguente  alla
valutazione di situazioni ed esigenze locali».
    In  merito  ai  commi 310,  311 e 312, la Regione osserva come le
dette norme modifichino «unilateralmente» le condizioni fissate negli
accordi   di   programma;  sarebbero,  inoltre,  vincolate  le  somme
derivanti  dalle  previste  eventuali risoluzioni dei citati accordi,
«destinandole  ad  interventi specificamente dettagliati». Secondo la
ricorrente, pertanto, le norme impugnate risulterebbero lesive, oltre
che  dell'autonomia  finanziaria della Regione, anche dei principi di
leale  collaborazione  e  di  imparzialita'  e  buon  andamento della
pubblica amministrazione.
    4.  -  Con ricorso notificato il 27 febbraio 2006 e depositato il
3 marzo  (reg.  ric.  n. 39  del  2006)  la Regione Emilia-Romagna ha
promosso questioni di legittimita' costituzionale dei commi 285 e 311
dell'art. 1   della  legge  n. 266  del  2005,  in  riferimento  agli
artt. 117, terzo comma, e 119 Cost.
    La norma di cui al comma 285 violerebbe palesemente la competenza
legislativa  spettante  alla  Regione  in  ordine alla organizzazione
dell'assistenza   ospedaliera   (art. 117,  terzo  comma,  Cost.),  e
l'autonomia   finanziaria   nelle   decisioni  di  spesa  e  relativa
destinazione.  A  questo  proposito  la ricorrente sottolinea che, «a
prescindere  dalla  originaria  legittimita'  delle  disposizioni che
avevano  impresso  il vincolo di destinazione alle somme in discorso,
vincoli  del  genere  si  pongono  oggi  in  contrasto con i principi
risultanti  dal  nuovo  art. 119,  commi 1, 4 e 5, Cost., secondo una
giurisprudenza costituzionale ormai consolidata».
    In  relazione  al  comma 311, la ricorrente ritiene che lo stesso
violi palesemente l'autonomia finanziaria della Regione, in quanto lo
Stato,  «cercando  di recuperare la piena disponibilita' di parte del
Fondo sanitario non ancora spesa», ne avrebbe deciso autonomamente la
destinazione.  Al  riguardo,  la  difesa  regionale,  richiamando  la
giurisprudenza  di  questa  Corte,  evidenzia  l'illegittimita' delle
norme  statali che, in materie di competenza regionale, prevedano una
destinazione vincolata dei finanziamenti.
    5.  -  Con ricorso notificato il 27 febbraio 2006 e depositato il
4 marzo  (reg.  ric. n. 41 del 2006) la Regione Friuli-Venezia Giulia
ha  promosso  questione  di legittimita' costituzionale del comma 285
dell'art. 1  della legge n. 266 del 2005, in riferimento all'art. 119
Cost.  ed  all'art. 5,  n. 16,  della legge costituzionale 31 gennaio
1963, n. 1 (Statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia).
    La norma di cui al comma 285 violerebbe palesemente la competenza
legislativa  spettante  alla  Regione  in  ordine alla organizzazione
dell'assistenza ospedaliera (art. 5, n. 16 della legge cost. n. 1 del
1963),  e l'autonomia finanziaria nelle decisioni di spesa e relativa
destinazione.  A  questo  proposito  la ricorrente sottolinea che, «a
prescindere  dalla  originaria  legittimita'  delle  disposizioni che
avevano  impresso  il vincolo di destinazione alle somme in discorso,
vincoli  del  genere  si  pongono  oggi  in  contrasto con i principi
risultanti  dal  nuovo art. 119, commi 1, 4 e 5, Cost.», principi che
sono  invocati  dalla Regione in quanto si tradurrebbero in una forma
piu'   ampia   di   autonomia   ai  sensi  dell'art. 10  della  legge
costituzionale  18 ottobre  2001,  n. 3  (Modifiche al titolo V della
parte seconda della Costituzione).
    6. - Il Presidente del Consiglio dei ministri si e' costituito in
tutti   i  giudizi,  chiedendo  che  le  questioni  siano  dichiarate
infondate.
    In  merito  alla censura avanzata nei confronti del comma 285, la
difesa  erariale ne deduce l'infondatezza, evidenziando come la norma
impugnata  si  limiti  a  dare  attuazione  ad  «un atto pregresso di
indirizzo  e coordinamento». Il legislatore statale avrebbe, infatti,
provveduto  all'«adempimento  di  impegni  pregressi  (e  che debbono
ritenersi comunque assunti in attuazione di principi fondamentali)».
    La  questione  di legittimita' costituzionale avente ad oggetto i
commi 310,  311  e  312  sarebbe  parimenti  infondata,  in quanto si
tratterebbe  di  norme  «tese a consentire la razionalizzazione delle
risorse  pubbliche,  in  forza del principio di buon andamento di cui
all'art. 97   Cost.».   Non   sarebbe   ravvisabile,  quindi,  alcuna
violazione  delle  attribuzioni della Regione ed in particolare della
sua   autonomia   finanziaria,   peraltro  comprimibile,  secondo  il
resistente,  per  ragioni  di  coordinamento  finanziario connesse ad
obblighi nazionali.
    7.  -  In  data  17 febbraio 2007 il Presidente del Consiglio dei
ministri  ha  depositato memorie in tutti i giudizi, insistendo nelle
conclusioni gia' formulate negli atti di costituzione.
    7.1.  -  In  merito  alle censure rivolte al comma 285, la difesa
erariale  ricostruisce,  preliminarmente,  la  ratio del programma di
interventi di edilizia sanitaria di cui all'art. 20 della legge n. 67
del  1988,  evidenziando  come  esso  contribuisca  al  «processo  di
razionalizzazione  della rete ospedaliera e territoriale», attraverso
il   finanziamento   di  «interventi  volti  al  miglioramento  della
dotazione  strutturale  e  tecnologica,  e,  dunque, dell'offerta dei
servizi  essenziali,  nell'ambito  piu' generale della programmazione
sanitaria regionale».
    Il  resistente precisa che il programma di investimenti in parola
doveva  essere  portato  a compimento nell'arco di un decennio e «con
risorse  aggiuntive  rispetto  a  quelle  dell'allora Fondo sanitario
nazionale».  Si sottolinea, inoltre, che, con l'art. 5-bis del d.lgs.
n. 502   del   1992,   aggiunto  dall'art. 5,  comma 2,  del  decreto
legislativo  19  giugno 1999,  n. 229 (Norme per la razionalizzazione
del Servizio sanitario nazionale, a norma dell'articolo 1 della legge
30 novembre  1998,  n. 419),  e' stata introdotta la previsione della
stipula di accordi di programma tra il Ministero della sanita' (oggi,
della  salute), il Ministero del tesoro e le Regioni per l'attuazione
del programma di edilizia sanitaria.
    Secondo  la  difesa  erariale, dopo la riforma del Titolo V della
parte seconda della Costituzione, i finanziamenti in parola sarebbero
inquadrabili  nell'ambito  degli  interventi  speciali  in  favore di
determinati  comuni, Province, Citta' metropolitane e Regioni, cui lo
Stato   destina   risorse  aggiuntive  per  rimuovere  gli  squilibri
economici e sociali ovvero per provvedere a scopi diversi dal normale
esercizio  delle  loro  funzioni,  ai sensi dell'articolo 119, quinto
comma, della Costituzione.
    A  cio' si aggiunga, osserva ancora l'Avvocatura dello Stato, che
la  definizione  dei  livelli  essenziali  di  assistenza  e  la loro
erogazione  da  parte  delle  Regioni  «si  configura  quale  modello
prestazionale  obbligatorio»  e  che  le  attivita' sanitarie «devono
essere esercitate in strutture idonee, con caratteristiche edilizie e
tecnologiche  minime», attualmente fissate dal d.P.R. 14 gennaio 1997
(Approvazione  dell'atto  di indirizzo e coordinamento alle regioni e
alle  province  autonome  di  Trento  e  di  Bolzano,  in  materia di
requisiti   strutturali,  tecnologici  ed  organizzativi  minimi  per
l'esercizio  delle  attivita'  sanitarie  da  parte  delle  strutture
pubbliche e private).
    La difesa dello Stato conclude ricordando che, nel nuovo Titolo V
della  parte  seconda  della  Costituzione,  la materia della «tutela
della  salute»  rientra  fra  quelle  di potesta' concorrente e che i
principi  fondamentali,  nella  fattispecie in esame, sono ricavabili
dagli  artt. 8-bis,  8-ter  e  8-quater  del  d.lgs. n. 502 del 1992,
aggiunti  dall'art. 8  del  d.lgs.  n. 229  del 1999. Detti principi,
secondo  il  resistente, sarebbero riconducibili «alla necessita' del
possesso,  da parte di tutte le tipologie di strutture sanitarie, dei
requisiti  previsti  per  l'esercizio di attivita' sanitaria, nonche'
alla   necessita'  dell'accreditamento  per  quelle,  tra  esse,  che
intendono operare per conto del Servizio sanitario nazionale».
    Stante  il richiamato quadro normativo, il resistente ritiene che
il  comma 285  «nulla  innova  in merito al ruolo delle Regioni nella
proposizione  degli  interventi,  ma  [...] prevede di concentrare le
risorse  disponibili  sugli  ospedali  la cui dimensione sia adeguata
all'esigenza  di  razionalizzazione  della  rete ospedaliera, nonche'
sulla  prioritaria esigenza di mettere a norma ospedali di dimensioni
minori».
    Non  vi  sarebbe,  quindi,  alcuna  violazione  della  competenza
legislativa e amministrativa della Regione, «ma solo il completamento
dei programmi in atto».
    7.2. - In merito alle censure rivolte ai commi 310, 311 e 312, il
Presidente del Consiglio sottolinea come la norma di cui al comma 310
sia  finalizzata ad assicurare la «doverosa funzione incentivante per
l'utilizzazione  delle  risorse assegnate, esercitata dallo Stato nei
confronti  delle Regioni a garanzia del conseguimento degli obiettivi
di   programmazione   sanitaria»;  analogo  «carattere  incentivante»
sarebbe rinvenibile nel disposto del successivo comma 311.
    Pertanto,  lo  scopo delle norme impugnate non sarebbe quello «di
intaccare  la  quota  complessivamente  assegnata  alla  Regione  con
l'accordo  di  programma,  bensi'  quello  di  ovviare  alla  mancata
utilizzazione  di  quella  parte  di  risorse  per  i quali non viene
presentata  la  domanda  di finanziamento nel termine stabilito dalla
legge».
    Al  riguardo,  la  difesa  erariale  sottolinea  come  una  quota
consistente  (pari  a  poco  piu' di un terzo del totale) delle somme
impegnate  per  gli accordi di programma sottoscritti al 30 settembre
2005  non  risulti  «richiesta»  dalle  Regioni,  «con il conseguente
pregiudizio  che  l'inadempienza di una Regione determina a carico di
altre Regioni che, pur in grado di accedere a maggiori finanziamenti,
non  possano  in  concreto  farlo  per  indisponibilita'  di risorse,
inutilmente tenute impegnate».
    L'Avvocatura  rileva,  inoltre, come gia' l'art. 5-bis del d.lgs.
n. 502  del 1992, aggiunto dal d.lgs. n. 229 del 1999, abbia previsto
che,  in  caso  di  mancata  attivazione dell'accordo entro i termini
previsti  dallo  stesso,  la  copertura  finanziaria assicurata dallo
Stato  venga «riprogrammata e riassegnata» in favore di altre Regioni
e altri enti pubblici interessati al programma di investimenti.
    Peraltro,   il   comma 312,   anch'esso   oggetto  delle  censure
regionali,   assicurerebbe   il   rispetto  del  principio  di  leale
collaborazione,  prevedendo  che,  in  fase  di  prima attuazione, la
risoluzione  degli accordi e la conseguente revoca dei corrispondenti
impegni di spesa sia limitata ad una parte degli interventi previsti.
    Infine,  la riassegnazione delle risorse resesi disponibili sulla
base  dei  decreti ricognitivi previsti dal comma 311, avverrebbe con
le  modalita'  di  assegnazione previste dalla normativa vigente, che
prevedono la concertazione con le Regioni nella sede della Conferenza
Stato-Regioni.
    Le  norme  impugnate, quindi, sarebbero finalizzate ad assicurare
il  «buon  funzionamento  del  Servizio  Sanitario  Nazionale»  ed il
«corretto  uso  delle  risorse  pubbliche, [...] per le finalita' del
Servizio  stesso  e  per  la  tutela  del  diritto  alla  salute  del
cittadino».
    8.   -   In   prossimita'   dell'udienza,   le   Regioni  Veneto,
Emilia-Romagna  e  Friuli-Venezia  Giulia  hanno  depositato  memorie
integrative   con   le   quali  insistono  per  l'accoglimento  delle
questioni.
    8.1.  -  In  particolare,  dette  ricorrenti  ribadiscono la tesi
secondo  cui  il  comma 285  introdurrebbe un vincolo di destinazione
alle  risorse  residue  del  programma  di  investimenti  di edilizia
sanitaria. Risulterebbe, pertanto, vanificata l'autonomia finanziaria
regionale garantita dall'art. 119 Cost. e «ribadita dalla consolidata
giurisprudenza costituzionale».
    Le Regioni Emilia-Romagna e Friuli-Venezia Giulia osservano, poi,
come   la  materia  cui  afferisce  la  norma  impugnata  sia  quella
dell'«organizzazione  sanitaria», rimessa alla competenza legislativa
piena  delle  Regioni (art. 117, quarto comma, Cost.), richiamando in
proposito  le  sentenze  n. 328  del 2006 e n. 510 del 2002 di questa
Corte.
    8.2.  -  In merito alla questione avente ad oggetto il comma 310,
la  Regione  Veneto,  oltre  a  ribadire  quanto  gia'  affermato nel
ricorso,  sottolinea  come  la  previsione  di  cause di risoluzione,
«unilateralmente  disposte»,  degli  accordi  di programma in tema di
edilizia   sanitaria   violi,   «in  modo  tanto  grave  da  apparire
irrazionale, il principio di leale collaborazione».
    A  detta  della  citata  ricorrente,  la  gravita'  della lesione
risulterebbe  accresciuta dal fatto che si tratta di «accordi gia' in
essere  al momento dell'entrata in vigore della normativa impugnata».
Pertanto,  «la  previsione  di  una  disciplina retroattiva di questo
tipo»  sarebbe,  non  solo  «idonea  a  comprimere significativamente
l'autonomia   finanziaria   regionale»,   ma   anche   «assolutamente
irragionevole  e  pericolosa  nella misura in cui modifica situazioni
venutesi  a  creare  e  consolidare nel passato, con grave detrimento
della tanto conclamata certezza del diritto».
    8.3.   -   Infine,   la   Regione   Emilia-Romagna   insiste  per
l'accoglimento  della  questione  avente  ad  oggetto  il  comma 311,
sottolineando  come  la  norma  in  oggetto  costituisca  «l'ennesimo
intervento  di  finanziamento a destinazione vincolata in un ambito -
attuazione  di programmi di edilizia sanitaria - di sicura competenza
regionale».
    In  particolare, la difesa regionale ritiene che al «pur lodevole
intento  di  sbloccare  risorse  non  spese o sottoutilizzate» non si
accompagni   il  necessario  rispetto  dell'autonomia  finanziaria  e
decisionale  delle regioni. I fondi resisi disponibili, in virtu' del
disposto del comma 310, potrebbero, infatti, «articolarsi verso altre
finalizzazioni  piu'  rispondenti  alle effettive e concrete esigenze
delle   singole  Regioni,  sulla  base  di  obiettivi  ed  interventi
autonomamente  da  esse  decisi, come sarebbe costituzionalmente piu'
consono  alle  capacita'  riconosciute  alle Regioni in una combinata
lettura dei rinnovati artt. 117 e 119 Cost.».
    La   Regione,  inoltre,  contesta  quanto  dedotto  dalla  difesa
erariale  nell'atto  di costituzione, osservando che il comma 311 non
puo'  essere  ricondotto  al  potere  statale  di coordinamento della
finanza  pubblica,  «perche'  non  ha finalita' di contenimento della
spesa».   Esso,   pertanto,   andrebbe   esaminato  alla  luce  della
giurisprudenza  costituzionale che ha dichiarato l'illegittimita' dei
vincoli di destinazione alle risorse regionali.
    La  ricorrente  conclude  rilevando  che  la  destinazione  delle
risorse  resesi disponibili alla stipula di nuovi accordi non farebbe
venir  meno  la  lesione  dell'autonomia  regionale, anche perche' il
comma 311 destina le risorse «ad altri interventi di vario tipo».

                       Considerato in diritto

    1.   -   Con   distinti  ricorsi  le  Regioni  Veneto,  Piemonte,
Emilia-Romagna  e  Friuli-Venezia  Giulia hanno promosso questioni di
legittimita'  costituzionale  di  numerose  disposizioni  della legge
23 dicembre 2005, n. 266 (Disposizioni per la formazione del bilancio
annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2006).
    Riservata  a  separate  pronunce  la  decisione sull'impugnazione
delle  altre  disposizioni  contenute  nella  legge  n. 266 del 2005,
vengono  in  esame  in questa sede quelle relative ai commi 285, 310,
311 e 312 dell'art. 1.
    Poiche'  tutte  le  norme  impugnate  attengono  al  programma di
investimenti  di edilizia sanitaria previsto dall'art. 20 della legge
11 marzo  1988,  n. 67  (Disposizioni  per la formazione del bilancio
annuale  e  pluriennale  dello  Stato - legge finanziaria 1988), e le
censure mosse dalle ricorrenti sono sostanzialmente coincidenti, puo'
essere disposta la riunione dei relativi giudizi.
    2.  -  La  norma  di  cui  al  comma 285 e' impugnata da tutte le
Regioni  in  quanto,  ponendo un vincolo di destinazione alle risorse
residue  derivanti  dal programma di investimenti sopra richiamato in
una  materia che non e' di competenza esclusiva statale, lederebbe la
competenza  legislativa regionale in materia di edilizia sanitaria e,
per  la  sola  Regione  Friuli,  di  «organizzazione  dell'assistenza
ospedaliera».   Sarebbe,  inoltre,  violata  l'autonomia  finanziaria
regionale.
    Il  comma 310,  invece,  e' censurato dalle sole Regioni Veneto e
Piemonte, a detta delle quali esso recherebbe un vulnus all'autonomia
finanziaria  regionale,  in  quanto  la  previsione di nuove cause di
risoluzione  degli  accordi  di  programma sottoscritti dalle Regioni
nell'ambito  dei  programmi  regionali  per  la  realizzazione  degli
interventi  di  edilizia  sanitaria inciderebbe «retroattivamente, in
modo  irragionevole,  su accordi conclusi, comportando variazioni nel
bilancio  regionale,  che  vulnerano  l'autonomia  finanziaria  della
Regione, garantita dall'art. 119 Cost.».
    La  Regione  Piemonte evoca come parametri costituzionali violati
anche  il  principio  di leale collaborazione ed il principio di buon
andamento  e  imparzialita' della pubblica amministrazione, in quanto
attraverso    le    norme   censurate   verrebbero   «unilateralmente
riconsiderate le condizioni di accordi di programma» gia' stipulati.
    Il comma 311 e' oggetto di specifiche censure da parte delle sole
Regioni  Piemonte  ed Emilia-Romagna, le quali deducono la violazione
dell'art. 119  Cost., sul rilievo che la norma porrebbe un vincolo di
destinazione  alle  somme  derivanti  dalle  eventuali risoluzioni di
accordi   e   revoche   di  finanziamenti,  previste  dal  precedente
comma 310.
    Infine,  la  Regione  Piemonte impugna, unitamente ai commi 310 e
311,  il  comma 312, formulando un'unica motivazione a sostegno della
dedotta  violazione  degli  artt. 97  e  119 della Costituzione e del
principio di leale collaborazione.
    3.  - Preliminarmente va dichiarata inammissibile la questione di
legittimita'   costituzionale   della   norma  di  cui  al  comma 312
dell'art. 1  della  legge n. 266 del 2005. La Regione Piemonte, unica
ricorrente  al  riguardo, non individua infatti le specifiche ragioni
di  impugnativa,  limitandosi  a prospettare una generica censura del
comma 312.  Come  questa  Corte  ha  piu'  volte ribadito, «anche nei
ricorsi   in   via   principale   ogni   questione   di  legittimita'
costituzionale  deve  essere definita nei suoi precisi termini e deve
essere  adeguatamente  motivata» (ex plurimis, sentenze nn. 391, 253,
248 e 215 del 2006).
    4.  -  Sempre  in  via  preliminare,  deve  essere  affrontata la
questione   dell'applicabilita'  nei  confronti  della  sola  Regione
speciale ricorrente (Friuli-Venezia Giulia) del comma 610 dell'art. 1
della  legge n. 266 del 2005, secondo cui le disposizioni della legge
medesima  «sono  applicabili nelle regioni a statuto speciale e nelle
province autonome di Trento e di Bolzano compatibilmente con le norme
dei rispettivi statuti».
    La  Regione  Friuli evoca infatti - come parametro costituzionale
violato  dalla  norma  di  cui  al  comma 285 dell'art. 1 della legge
finanziaria  2006  -  l'art. 5,  n. 16,  della  legge  costituzionale
31 gennaio  1963, n. 1 (Statuto speciale della Regione Friuli-Venezia
Giulia),  assumendo la lesione della competenza legislativa regionale
in materia di «organizzazione dell'assistenza ospedaliera».
    Va   qui  ribadito  l'orientamento  seguito  da  questa  Corte  a
proposito  delle  generiche  clausole di salvaguardia contenute nelle
annuali  leggi  finanziarie  (ex plurimis, sentenze nn. 134, 118 e 88
del  2006).  L'eccessiva  vaghezza della loro formulazione, aggravata
dalla  complessa  struttura  delle  leggi  finanziarie,  frutto della
prassi  invalsa  negli  ultimi  anni, non puo' valere ad escludere le
autonomie  speciali  dall'applicazione  delle  norme  contenute nelle
suddette leggi.
    Deve,   pertanto,   escludersi   l'applicabilita',   nell'odierno
giudizio, del suddetto comma 610 alla Regione Friuli-Venezia Giulia.
    5.  -  La questione relativa al comma 285 della legge finanziaria
2006 e' fondata.
    5.1.  -  La  norma  in oggetto, come quelle contenute nelle altre
disposizioni  censurate, appartiene, per i diversi profili emergenti,
ad  un  ambito  materiale,  l'edilizia sanitaria, che non trova posto
come  materia  specifica  tra quelle elencate nell'art. 117 Cost., ma
rientra   in   due   materie   previste   dalla  citata  disposizione
costituzionale,   governo  del  territorio  e  tutela  della  salute,
entrambe  appartenenti  alla potesta' legislativa concorrente. Non e'
condivisibile pertanto l'assunto di due delle Regioni ricorrenti, che
inquadrano   l'edilizia   sanitaria   nell'organizzazione  sanitaria,
rimessa  alla  competenza  residuale  delle  Regioni. Questa Corte ha
precisato  che la materia della sanita', dopo la riforma del Titolo V
della  Parte  II  della Costituzione, ricomprende sia la tutela della
salute,  che  assume  oggi  un  significato  piu' ampio rispetto alla
precedente  materia  dell'assistenza  sanitaria  e  ospedaliera,  sia
l'organizzazione  sanitaria  in senso stretto, nella quale le Regioni
possono  adottare  una disciplina anche sostitutiva di quella statale
(sentenze nn. 328 e 181 del 2006, n. 270 del 2005, n. 510 del 2002).
    E'  appena  il  caso di rilevare che l'edilizia sanitaria attiene
alle   strutture,  non  all'organizzazione  del  servizio  sanitario;
quest'ultima inerisce invece ai metodi ed alle prassi di razionale ed
efficiente utilizzazione delle risorse umane, finanziarie e materiali
destinate a rendere possibile l'erogazione del servizio.
    5.2.  -  Con riferimento alla lamentata violazione dell'autonomia
regionale  prodotta,  a  dire  delle  ricorrenti,  dalla destinazione
vincolata  dei fondi di cui al censurato comma 285, occorre ricordare
che questa Corte ha stabilito, con giurisprudenza univoca e costante,
che   la   legittimita'  della  destinazione  di  fondi  a  finalita'
specifiche,  operata  da  leggi  dello  Stato,  e' condizionata dalla
finalizzazione  dei  finanziamenti  ad  opere o servizi di competenza
statale.  Al  riguardo  la  Corte  ha affermato: «La finalizzazione a
scopi  rientranti  in materia di competenza residuale delle Regioni o
anche   di   competenza   concorrente   comporta   la  illegittimita'
costituzionale  delle  norme  statali»  (sentenza n. 231 del 2005; in
senso  conforme,  ex  plurimis,  sentenze n. 118 del 2006, n. 424 del
2004, n. 370 del 2003).
    I  vincoli  di  destinazione  previsti dalla norma censurata sono
specifici  e  dettagliati  e  presenterebbero  pertanto,  secondo  le
prospettazioni  delle  ricorrenti,  le  caratteristiche  delineate da
questa  Corte  per  individuare  gli  interventi  legislativi statali
lesivi   della  sfera  di  autonomia  garantita  alle  Regioni  dagli
artt. 117, terzo comma, e 119 Cost.
    L'Avvocatura  dello  Stato,  per  sostenere la legittimita' della
norma  censurata,  invoca l'art. 119, quinto comma, Cost., poiche' si
tratterebbe  di  vincoli volti «a rimuovere gli squilibri economici e
sociali, per favorire l'effettivo esercizio dei diritti della persona
e  per  provvedere  a  scopi  diversi  dal  normale  esercizio  delle
funzioni».   La  difesa  del  resistente  aggiunge  inoltre  che  «la
definizione dei livelli essenziali di assistenza e la loro erogazione
da  parte  delle  Regioni  si  configura  quale modello prestazionale
obbligatorio  e  che  le attivita' sanitarie e socio-sanitarie devono
essere esercitate in strutture idonee, con caratteristiche edilizie e
tecnologiche  minime  che,  allo  stato, risultano quelle fissate dal
d.P.R. 14 gennaio 1997».
    5.3.  -  Con  riferimento  all'evocata  competenza  statale sulla
fissazione  dei  livelli  essenziali  di  assistenza  (LEA),  si deve
osservare  che  la  norma  censurata disciplina la destinazione delle
risorse  residue  finalizzate all'edilizia sanitaria, nell'ambito del
programma  di  investimenti  di cui all'art. 20 della legge n. 67 del
1988.   Un   intervento   statale   teso  a  fissare,  nella  materia
dell'edilizia sanitaria, un limite indiretto all'autonomia regionale,
giustificato  dall'esigenza di fornire il servizio sanitario mediante
strutture  di dimensioni previste da norme nazionali, mal si concilia
con  il  carattere  residuale delle risorse cui la norma censurata si
riferisce e si pone in contrasto con la necessaria generalita' di una
previsione  di LEA ai sensi dell'art. 117, secondo comma, lettera m),
Cost.  Lo  stesso  atto  di  indirizzo  e  coordinamento  citato  dal
resistente  si riferisce ai requisiti minimi strutturali, tecnologici
ed  organizzativi,  ma non determina la soglia minima dei posti letto
che  dovrebbero avere i presidi ospedalieri per essere destinatari di
finanziamenti.  Il  richiamo a tale atto, da parte della difesa dello
Stato,  con riferimento alla dimensione degli ospedali, in termini di
posti letto, non e' quindi pertinente.
    La  seconda  parte della norma censurata si riferisce invero, con
distinta previsione rispetto a quella riguardante la dimensione degli
ospedali,   alla   destinazione   dei   fondi  per  le  finalita'  di
potenziamento  e  ammodernamento  tecnologico  indicate  dal suddetto
d.P.R. 14 gennaio 1997. Si deve tuttavia osservare che gia' l'art. 1,
comma 188,  della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (Disposizioni per la
formazione  del  bilancio  annuale  e pluriennale dello Stato - legge
finanziaria  2005),  prevedeva  che le Regioni destinassero una quota
delle   risorse   residue  al  potenziamento  tecnologico.  L'art. 10
dell'Intesa  Stato Regioni e Province autonome del 23 marzo 2005 dava
esplicitamente   attuazione   alla   norma  di  legge  sopra  citata,
stabilendo  al  15 per cento la quota minima delle risorse residue da
destinare alle finalita' di cui sopra.
    La  norma censurata impone invece, in contrasto con la disciplina
vigente  nel  recente passato, un vincolo di destinazione sull'intero
ammontare  delle  risorse  residue, che non lascia alle Regioni alcun
margine  di  autonomia  sia per determinare le proprie scelte sia per
negoziare  eventuali  intese  con  lo  Stato.  Tale  costrizione  non
costituisce esplicazione della potesta' statale di determinazione dei
LEA,  ma  indebita ingerenza nell'autonomia finanziaria regionale, in
quanto  sottrae del tutto alle Regioni la possibilita' di utilizzare,
secondo  propri  orientamenti,  le  risorse disponibili in materia di
edilizia    sanitaria,    rientrante   nella   potesta'   legislativa
concorrente.
    Deve  essere  considerato infondato il richiamo del resistente al
quinto  comma dell'art. 119 Cost., evocato allo scopo di sostenere la
legittimita'  della  norma statale censurata, come volta a conseguire
le  finalita'  previste dalla suddetta norma costituzionale, mediante
risorse  aggiuntive  ed interventi in favore di determinate Regioni o
enti locali. Si deve osservare in proposito che nella fattispecie non
si tratta di un intervento speciale in favore di determinate Regioni,
al  fine  di correggere o attenuare particolari squilibri e garantire
un  livello uniforme di servizi alla persona, ma di una previsione di
ordine  generale destinata ad applicarsi anche a Regioni che abbiano,
in  ipotesi,  raggiunto  o superato i requisiti minimi previsti dalle
norme statali. La norma censurata si colloca quindi al di fuori della
ratio dell'invocato art. 119, quinto comma, Cost.
    In  conclusione, il comma 285 dell'art. 1 della legge finanziaria
2006 si pone in contrasto con gli art. 117, terzo comma, e 119, terzo
comma, Cost.
    6.  -  La  questione  di  legittimita' costituzionale relativa al
comma 310 dell'art. 1 della citata legge finanziaria non e' fondata.
    6.1.  - La norma censurata si limita a determinare le conseguenze
della   mancata   utilizzazione,   da   parte   delle   Regioni,  dei
finanziamenti  destinati  all'attuazione  del  programma  di edilizia
sanitaria,  di  cui  all'art. 20 della legge n. 67 del 1988. Per tale
finalita'  l'art. 5-bis  del  decreto  legislativo  30 dicembre 1992,
n. 502  (Riordino  della  disciplina  in  materia  sanitaria, a norma
dell'art. 1  della  legge  22 ottobre  1992,  n. 421), introdotto dal
decreto   legislativo   19   giugno 1999,   n. 229   (Norme   per  la
razionalizzazione   del   Servizio   sanitario   nazionale,  a  norma
dell'art. 1  della  legge  30 novembre  1998, n. 419), dispone che il
Ministero  della salute stipuli accordi di programma con le Regioni e
con altri soggetti pubblici interessati.
    Le  conseguenze  previste dal censurato comma 310 sono, come gia'
riportato,  la risoluzione degli accordi di programma stipulati a tal
fine e la revoca dei finanziamenti relativi.
    Ne'  la  sfera  di  competenze costituzionalmente garantita delle
Regioni,  ne'  il principio di leale collaborazione risultano violati
da  una  norma  che  prende  atto  dell'inattivita' di alcune Regioni
nell'utilizzare  risorse poste a loro disposizione nel bilancio dello
Stato  ed  oggetto di accordi di programma stipulati in modo libero e
paritario   con  il  Governo  nazionale.  Il  regionalismo  non  puo'
esaurirsi  nella  statica  difesa  reciproca  delle prerogative dello
Stato   e   delle  Regioni,  ma  si  pone  nella  prospettiva  di  un
miglioramento  della  qualita'  dei  servizi  resi  ai cittadini, nel
quadro di una integrazione dinamica tra i diversi livelli di governo.
Il  congelamento  di  ingenti somme gia' destinate, secondo moduli di
cooperazione  orizzontale  tra  Stato  e  Regioni,  all'attuazione di
programmi  di  edilizia sanitaria non giova all'autonomia regionale e
sottrae per tempi indefiniti risorse per la realizzazione del diritto
alla  salute  dei  cittadini.  Prevedere la risoluzione di accordi di
programma,  rispetto  ai  quali si sia registrato un inadempimento da
parte  di  alcune  Regioni,  significa  porre  le  condizioni per una
incentivazione   di   comportamenti   efficienti   e  virtuosi  delle
amministrazioni  regionali, favorendo anche, sempre secondo il metodo
dell'accordo,   la   riutilizzazione   aggiornata,  per  le  medesime
finalita', dei finanziamenti revocati.
    7. - La questione di legittimita' costituzionale del comma 311 e'
solo parzialmente fondata.
    7.1.  -  In  coerenza con quanto previsto dal comma 310, la prima
parte  del  successivo  comma 311  prescrive  che  le  risorse resesi
disponibili in seguito alla risoluzione degli accordi di programma ed
alla  conseguente  revoca  dei finanziamenti devono essere utilizzate
per la sottoscrizione di nuovi accordi di programma. Si tratta di una
misura  di  riattualizzazione  di  quei  precedenti  accordi che sono
rimasti  inattuati  per  l'inerzia  di  alcune  Regioni.  L'autonomia
regionale  non viene incisa negativamente, giacche' saranno le stesse
Regioni a rinegoziare i finanziamenti residui, che non vengono quindi
sottratti  alla  loro  disponibilita'.  In  altre  parole, le Regioni
rimangono  in  possesso  della  facolta' di concordare con lo Stato i
tempi  e  i  modi  dell'impiego  dei  fondi  disponibili,  secondo il
principio di leale collaborazione.
    7.2.  -  Si  deve  ritenere  fondata,  invece,  la  questione  di
legittimita'  costituzionale  avente  ad oggetto la seconda parte del
comma 311,   laddove   aggiunge   che   le  medesime  risorse  resesi
disponibili devono essere destinate «per gli interventi relativi alle
linee  di  finanziamento  per  le  strutture necessarie all'attivita'
liberoprofessionale  intramuraria, per le strutture di radioterapia e
per  gli  interventi  relativi  agli  Istituti  di  ricovero e cura a
carattere  scientifico,  ai  policlinici  universitari, agli ospedali
classificati,  agli  Istituti zooprofilattici sperimentali e all'ISS,
nel  rispetto  delle  quote  gia'  assegnate  alle  singole regioni o
province  autonome  sul  complessivo programma di cui all'articolo 20
della legge 11 marzo 1988, n. 67, e successive modificazioni».
    La norma sopra indicata incorre negli stessi vizi di legittimita'
costituzionale  gia' individuati a proposito del comma 285, in quanto
vincola, unilateralmente e per finalita' specifiche e dettagliate, la
destinazione  di  fondi in una materia di competenza concorrente. Ne'
vale obiettare che non vengono intaccate le quote gia' assegnate alle
Regioni,  poiche'  la  lesione  dell'autonomia  regionale  deriva dal
vincolo  in se', che comprime in modo illegittimo le scelte di queste
ultime, e non dalla sottrazione di risorse alle Regioni medesime.
    In   definitiva,  la  norma  censurata  nella  specie  viola  gli
artt. 117, terzo comma, e 119 Cost.
    8.  - Restano assorbiti tutti gli altri profili di illegittimita'
costituzionale prospettati dalle Regioni ricorrenti.