ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel  giudizio  di  legittimita' costituzionale dell'art. 16 (rectius:
dell'art. 16,   comma 8)   della   legge   27 dicembre  2002,  n. 289
(Disposizioni  per  la  formazione del bilancio annuale e pluriennale
dello  Stato  -  legge  finanziaria 2003), promosso con ordinanza del
20 marzo  2006 dalla Commissione tributaria provinciale di Modena sul
ricorso  promosso  da  Valeria  Zanni contro l'Agenzia delle entrate,
Ufficio  di  Modena, iscritta al n. 418 del registro ordinanze 2006 e
pubblicata  nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 43, 1ยช serie
speciale, dell'anno 2006.
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nella  Camera di consiglio del 21 febbraio 2007 il giudice
relatore Paolo Maddalena.
    Ritenuto che con ordinanza emessa il 20 marzo 2006 la Commissione
tributaria   provinciale  di  Modena  ha  sollevato,  in  riferimento
all'art. 3    della    Costituzione,    questione   di   legittimita'
costituzionale  dell'art. 16  (rectius:  dell'art. 16, comma 8) della
legge  27 dicembre  2002,  n. 289 (Disposizioni per la formazione del
bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2003);
        che   dinanzi  alla  Commissione  tributaria  provinciale  il
contribuente  ha  impugnato il provvedimento di diniego della domanda
di  definizione  della  lite  fiscale  pendente,  in grado d'appello,
dinanzi alla Commissione tributaria regionale;
        che il giudice a quo dubita della legittimita' costituzionale
della   norma   censurata   -  che  imporrebbe  una  declaratoria  di
incompetenza - perche', prevedendo che il provvedimento di diniego e'
impugnabile  dinanzi  all'organo  giurisdizionale presso cui pende la
lite,  essa  irragionevolmente  darebbe  luogo  ad  una disparita' di
trattamento  in  relazione  al  grado  di  giudizio, in contrasto con
l'art. 3 della Costituzione;
        che,  difatti,  nel  caso  in cui la lite di cui si chiede la
definizione  sia pendente in primo grado, la controversia sul diniego
puo'  essere  conosciuta  nel doppio grado di merito, al contrario di
quanto  avviene allorche' la lite di cui si e' chiesta la definizione
penda in secondo grado;
        che  e'  intervenuto  in giudizio il Presidente del Consiglio
dei   ministri,   chiedendo   che   la   questione   sia   dichiarata
manifestamente infondata;
        che,  secondo l'Avvocatura, la concentrazione, disposta dalla
norma  denunciata,  della  cognizione  dell'impugnazione  del diniego
presso  lo  stesso  giudice  investito della lite pendente, di cui il
contribuente   abbia  chiesto  la  definizione,  corrisponderebbe  ad
evidenti esigenze di razionalita' e di economia processuale;
        che,  ad  avviso  della difesa erariale, la risoluzione della
controversia    circa    la   definibilita'   della   lite   comporta
l'individuazione  della  natura e dell'oggetto della lite stessa, con
la  conseguente  e pienamente ragionevole opportunita', anche al fine
di  evitare pronunce contraddittorie, che tale indagine sia riservata
al  giudice  chiamato  a  conoscere  il merito della controversia, in
relazione alla fase in cui esso pende: il che sarebbe in coerenza con
l'esigenza di assicurare la ragionevole durata del processo, ai sensi
dell'art. 111   della   Costituzione,   giacche'   la   generalizzata
attribuzione  della  competenza  a  conoscere  dell'impugnazione  del
diniego  al  primo giudice si tradurrebbe in un irragionevole ritardo
nella  definizione  della  lite  di  merito  gia'  pendente avanti al
giudice di grado superiore.
    Considerato  che  la  questione  di  legittimita' costituzionale,
sollevata  in  riferimento  all'art. 3  della  Costituzione,  investe
l'art. 16,  comma 8,  della  legge 27 dicembre 2002, n. 289, la' dove
prevede  che il provvedimento di diniego della definizione della lite
fiscale  pendente  e'  impugnabile dinanzi all'organo giurisdizionale
presso cui pende la lite;
        che   la   norma   censurata  si  inserisce  in  un  sistema,
disciplinato  dallo stesso comma 8 dell'art. 16, che pone una stretta
connessione  tra  domanda  di  definizione  e  lite fiscale pendente,
prevedendo:   la   sospensione   del   processo,  per  effetto  della
presentazione   della   domanda   di  definizione;  l'estinzione  del
giudizio,  a  seguito  della  comunicazione,  da  parte  dell'ufficio
competente,  della  regolarita'  della  domanda  di definizione e del
pagamento  integrale  di  quanto  dovuto;  la prosecuzione della lite
fiscale   in   conseguenza   del   provvedimento   di  diniego  della
definizione;
        che,  in  quest'ambito,  l'attribuzione  alla  cognizione del
giudice  investito  della  lite  fiscale  pendente  della  competenza
sull'impugnazione  del  diniego di definizione rientra tra le scelte,
non  arbitrarie  o non manifestamente irragionevoli, del legislatore,
attesi  gli  effetti  che  sulla  sorte del giudizio principale e' in
grado  di  dispiegare  la  soluzione  dell'impugnativa del diniego di
definizione;
        che,   pertanto,   non   sussiste   il  denunciato  vizio  di
legittimita'   costituzionale,   tanto   piu'   che,   per   costante
giurisprudenza  di  questa  Corte, la garanzia del doppio grado della
giurisdizione di merito non ha copertura costituzionale generalizzata
(sentenza  n. 288  del  1997;  ordinanze  n. 84 del 2003 e n. 585 del
2000);
        che   la  questione  deve  essere  dichiarata  manifestamente
infondata.
    Visti  gli  artt. 26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti
alla Corte costituzionale.