IL GIUDICE DI PACE Nel procedimento n. 612 R.A.C.C. dell'anno 2006 tra Di Claudio Giuseppe, domiciliato in Fiumicino (Roma), via G. Manzelli n. 16, ricorrente opponente e Comune di Roma, resistente contumace, avente ad oggetto annullamenti, ai sensi degli artt. 22 e 23, legge n. 689/1981, di sanzioni amministrative. L'intestato giudice di pace sciogliendo la riserva formulata alla udienza del giorno 5 luglio 2006, fissata con decreto ex art. 23, comma 2, legge n. 689/1981, rilevato e considerato quanto appresso: 1) che nella predetta udienza nessuno compariva per l'evocato Comune di Roma cosicche' ne veniva dichiarata la contumacia; 2) che esso ente non aveva neppure provveduto a depositare - come ordinatogli ex art. 23, comma 2, legge n. 689/1981 - gli atti relativi all'accertamento nonche' alla notificazione dei crediti iscritti a ruolo per complessivi Euro 317,86 (oltre Euro 7,20 per recupero spese), testualmente indicati - nel «dettaglio degli addebiti» a pag. 2 della opposta cartella di pagamento - come «sanzione amministrativa, legge n. 689/1981 amministrazione comunale VAV 0100993797 del 17 settembre 2001 AS978KZ art. 540 V. Penna/Ripetta» in Euro 198,66 nonche' come «magg/ne pag., legge n. 689/1981 amministrazione comunale» - per lo stesso verbale - in Euro 119,20; 3) che dalla prospettazione dei motivi del ricorso si evince che l'opposizione e' stata proposta: sia per la mai effettuata notifica del verbale, sia per la inindividuabilita' dell'art. 540 di una norma per nulla indicata (escluso il c.d.s. che e' costituito di soli 240 articoli), sia per la relativa «maggiorazione» di quanto preteso per lo stesso sconosciuto art. 540 inquantoche' di essa, quale «sanzione aggiuntiva» (come qualificate in ord.za 14 luglio 1999, n. 308 della Corte costituzionale) di cui all'art. 27, legge n. 689/1981, non si e' mai proceduto ne' a contestazione ne' a notifica come dovuto per l'art. 13 e segg/ti, legge n. 689/1981; 4) che nell'atto di opposizione il ricorrente, costituendosi di persona, si era dichiarato residente in Salcito (Campobasso) e domiciliato in Fiumicino (Roma), come anche ribadito in separato foglio, cosicche' - in correlazione al quarto comma dell'art. 23 che consente tale modo di costituzione e secondo quanto disposto dall'art. 22, comma 5, legge n. 689/1981 - la notificazione del decreto di fissazione dell'udienza di comparizione delle parti e' stata effettuata al ricorrente mediante deposito in Cancelleria; 5) che alla notifica nel suindicato modo si e' provveduto, come si provvede da parte di ogni cancelleria, nel rispetto della prevalente, conforme e consolidata interpretazione giurisprudenziale della S.C. (27 giugno 2002/9394; 4 giugno 2001/7526) anche a ss.uu. (5665/1991 e 2945/1990): ossia in base alla sostanziale interpretazione del predetto quarto comma dell'art. 22 in applicazione di quanto stabilito dal testo originario dell'art. 314 del codice di procedura civile e secondo l'art. 58 delle sue disposizioni di attuazione in relazione ai giudizi dinanzi al pretore ed oggi dinanzi al giudice di pace ove la parte, come nella fattispecie in esame, si difenda di persona senza «dichiarazione di residenza o la elezione di domicilio nel comune dove ha sede il giudice adito»; 6) che alla suddetta interpretazione, avallata da ordinanza n. 42/1988 della Corte costituzionale che, pero', in parte e' stata superata dalle piu' recenti modifiche integrative dell'art. 111 della Carta costituzionale, si e' proceduto pur nella dissenziente e non implausibile interpretazione da parte di una diversa minoritaria giurisprudenza della S.C. che la riteneva effetto di errata lettura del quinto comma dell'art. 22 poiche', invece, qualsiasi dichiarazione di residenza, ossia «di avere residenza» - anche al di fuori del comune sede dell'ufficio giudiziario adito - consentirebbe la notifica degli atti in cancelleria stante l'assenza di una virgola, dopo la parola «domicilio», che comporterebbe la limitazione di riferibilita' del lemma «comune» soltanto a questo stesso luogo: Cass. 13531/2001; 7) che il Di Claudio ha omesso di indicare la data di ricezione della notifica della impugnata cartella e non essendo egli comparso in udienza non e' stato ivi possibile al giudicante richiedere, ne' ad esso ricorrente fornire, la dimostrazione di tale data, come pur e' stato statuito potersi provvedere - secondo consolidata giurisprudenza della S.C. (8 agosto 1997/7385; 13 marzo 1996/2084) - prima ancora di passare all'ulteriore esame del ricorso; 8) che la predetta mancanza di comparizione e la conseguente impossibilita' di dimostrazione della data di deposito del ricorso derivano, con ragionevole probabilita' se non con assoluta certezza, dalla circostanza che al ricorrente, poiche' costituitosi come sopra indicato al punto n. 4 ed altresi' ricadendo il Comune di Fiumicino nella circoscrizione di tribunale (Civitavecchia) diverso da quello dell'ufficio qui intestato, il decreto di fissazione - ex art. 23, secondo comma, legge n. 689/1981 - dell'udienza di comparizione al giorno 5 luglio 2006 e' stato, a sua sconoscenza, notificato ai sensi del quinto comma del predetto art. 22, legge n. 689/1981 - come sopra interpretato dalle ss.uu. della S.C. - mediante consegna a mani di «operatore» presso la cancelleria di questa sede. 9) che il disposto del quinto comma del ripetuto art. 22, nella interpretazione nomofilattica fornita dalle ss.uu. della S.C. sopra riportata al punto n. 5, appare - pero' - del tutto confliggente con quanto osservato ed ablativamente statuito dalla Corte costituzionale con sentenza 18 marzo 2004, n. 98 a proposito della (il)legittimita' costituzionale dell'interpretazione di detto art. 22, ove non consentiva l'utilizzo del servizio postale per la proposizione della opposizione, ivi rilevandosi quanto appresso: a) che essa Corte «ha costantemente affermato l'esigenza, di carattere costituzionale, che le norme che determinano cause di inammissibilita' degli atti introduttivi dei giudizi siano in armonia con lo specifico sistema processuale cui si riferiscono e non frappongano ostacoli all'esercizio del diritto di difesa non giustificati dal preminente interesse pubblico ad uno svolgimento del processo adeguato alla funzione ad esso assegnata»; b) non esservi dubbio «che il procedimento di opposizione all'ordinanza-ingiunzione di pagamento quale disciplinata dagli articoli 22 e 23 della legge n. 689 del 23 novembre 1981, si caratterizzi per una semplicita' di forme del tutto peculiare, all'evidenza intesa a rendere piu' possibile agevole l'accesso alla tutela giurisdizionale nella specifica materia. Una volta introdotto il giudizio, mediante il deposito in cancelleria del ricorso con la allegata ordinanza (art. 22, terzo comma), l'opponente - cui e' data facolta' di stare in giudizio personalmente (art. 23, quarto comma) - non e' infatti gravato da alcun ulteriore incombente al fine della instaurazione del contraddittorio ...»; c) che in relazione alla predetta semplificata struttura processuale, nella quale e' la difesa tecnica ad essere facoltativa, anche i costi del tutto estranei alla funzionalita' del giudizio, debbonsi ritenere rappresentare, in palese contrasto con la ratio legis, fattore di dissuasione - anche di natura economica - dall'utilizzo del mezzo di tutela giurisdizionale nei casi, certamente non infrequenti, in cui il foro della opposizione non coincida con il luogo di residenza dell'opponente necessitato a ricorrere a difesa tecnica ivi sedente; 10) che il disposto quarto e quinto comma dell'art. 22, legge n. 689/1981 nella interpretazione applicativa delle ss.uu. di cui al punto n. 5 che precede, atteso che - pur consentendo teleologicamente l'equiparazione della difesa personale a quella tecnica - non puo', ancor piu' considerandosi la minore competenza e diligenza del profano cittadino rispetto al professionista, sottrarsi al principio della inviolabilita' della difesa nel contraddittorio tra le parti in condizioni di parita', consentitamente quanto completamente costituito non prima dell'assolvimento di ogni incombenza di cui ai commi 3, 4 e 5 dell'art. 183 c.p.c. e come scaturente dal combinato disposto con il secondo comma dell'art. 24 della Carta costituzionale e con quello del secondo comma dell'art. 111 della stessa; 11) che, del tutto confliggentemente a quanto sopra osservato ai punti 8 e 9 che precedono, il disposto quarto e quinto comma del ripetuto art. 22, come sopra interpretato dalle ss.uu. della S.C., deve ritenersi in assoluto contrasto con l'effettivo rispetto del principio della inviolabilita' della difesa, inquantoche' l'adempimento dell'obbligo di dichiarazione di residenza e di domicilio, per beneficiare di «reale» notifica in luogo diverso dal quello del comune dove ha sede il giudice adito, grava sperequatamente - rispetto al dettato del secondo comma dell'art. 111 della Costituzione - soltanto sul privato cittadino che si trova a confliggere con la pubblica amministrazione la quale - invece - viene ad essere sempre ed ovunque notificata della fissazione dell'udienza e che, anche ove non trattisi dello stesso comune ove siede l'ufficio giudiziario adito, non ha mai particolari difficolta' di nomina di procuratore che risieda o si domicili nei luoghi nei quali possono essere direttamente effettuate le notifiche secondo quanto evincesi dal combinato disposto quarto e quinto comma dell'art. 22, legge n. 689/1981 con quello degli artt. 58 disp. att. c.p.c. e 319 c.p.c.; 12) che il quarto e quinto comma dell'art. 22, legge n. 689/1981, nel modo inteso dalle ss.uu. della S.C., costituiscono «ostacolo - non giustificato - ad uno svolgimento del processo adeguato alla funzione ad esso assegnata, nell'interesse generale, a protezione ed attuazione dei diritti dei cittadini» (Corte costituzionale sent. n. 116/1963) ai quali, invece, illegittimamente precludono o limitano grandemente tale protezione (Corte costituzionale sent. 214/1974). Cio' inquantoche' il cittadino, soltanto fittiziamente portato a conoscenza della fissazione dell'udienza, si trova inconsapevolmente impossibilitato (come nella fattispecie qui in esame) ad esercitare - tra gli altri - il diritto di prendere conoscenza delle produzioni e delle deduzioni della pubblica amministrazione, nonche' quello di integrare la propria difesa anche presenziando all'udienza ove fornire la ritardata ma consentita (Cass. 827/1999; 10802/1998; Corte costituzionale sent. 447/2002) dimostrazione di tempestiva presentazione del ricorso al fine di evitarne la dichiarazione di inammissibilita'. In seconda ipotesi, al fine di evitare la «convalida» ai sensi del quinto comma dell'art. 23, legge n. 689/1981, schivantemente producendo, agli effetti voluti dalla sentenza 534/1990 della Corte costituzionale, adeguata documentazione dopo il deposito dei documenti effettuato da parte della p.a. nel rituale termine di giorni dieci prima della udienza e senza essere costretto a comparire alla stessa. In ultima ipotesi per potere - ex art. 183, commi 3, 4 e 5 c.p.c. - precisare o modificare domande, eccezioni e conclusioni gia' formulate nel ricorso e specie in base alle controdeduzioni da parte della p.a. costituitasi in giudizio nella inconsapevolezza - da parte del ricorrente - sia della avvenuta fissazione della udienza, sia delle conseguenze della eventuale sua mancanza di comparizione alla stessa; 13) che per l'effetto di tutto quanto sopra osservato viene ulteriormente leso, nell'utile di una sola parte (p.a.), il principio della inviolabilita' della paritaria difesa delle parti nel contraddittorio: cio' anche in dipendenza della illegittima violazione del principio di semplicita' e di economia di forme, peculiari del procedimento in questione, rilevata nella sentenza n. 98/2004 della Corte costituzionale (surricordata al punto n. 9) e meglio adeguatasi alle recenti modifiche apportate all'art. 111 della Carta costituzionale, gia' provvidamente operante anche sulla legittimita' del sistema di comunicazione di atti processuali e non solo nella scelta legislativa tra le modalita' per il raggiungimento del fine della pronta ed effettiva notiziazione degli atti da parte del destinatario; 14) che, sopravvivendo la insidiosa complicazione processuale in questione e conseguentemente alle sucitate violazioni, i predetti principi - caratterizzati anche dalla non aggravabilita' del ricorrente con alcun ulteriore incombente di parte - nonche' il costituzionalmente declamato diritto al «deposito del ricorso a mezzo posta» vengono ad essere vanificati nei loro effetti ultimi, in considerazione del fatto che il cittadino opponente, che abbia direttamente depositato il ricorso o che vi abbia provveduto a mezzo posta ma che non abbia dichiarato residenza od eletto domicilio nel territorio del comune sede dell'ufficio adito, si trova irragionevolmente gravato da costose incombenze per l'approccio alla cancelleria, da distanti localita', al fine di venire a conoscenza del nome del giudice assegnatario nonche' della data da questo fissata per la udienza di comparizione; 15) che, in conseguenza di quanto precede, risulta altresi' illegittimamente impossibile provvedere alla instaurazione completa del contraddittorio cui - da parte del ricorrente - e' concretamente possibile concorrere ex art. 183 c.p.c. soltanto dopo l'esame delle deduzioni e delle produzioni effettuate dalla controparte p.a.: cio' quando tale illegittimita' potrebbe essere evitata, senza alcun sostanziale pregiudizio del pubblico interesse, attraverso la reale (e non fittizia) notifica - ad esso ricorrente - di quanto disposto dal comma secondo dell'art. 23, legge n. 689/1981 ma nei modi di cui alla sez. IV del Titolo VI del Libro I del codice di procedura civile.