IL GIUDICE Sciogliendo la riserva, pronuncia la seguente ordinanza. Con ricorso depositato il 18 luglio 2005 Puliti Marco e Martignene Guido evocavano in giudizio davanti al Tribunale di Torino - Sezione Lavoro - l'Enpals, Ente Nazionale di Previdenza ed Assistenza per i Lavoratori dello Spettacolo, con sede in Roma, per sentirlo condannare a ricalcolare la loro pensione «sulla base della retribuzione giornaliera effettiva percepita e sottoposta a contribuzione piena, rivalutata a norma di legge, ed a corrispondere loro le differenze sui ratei via via maturati, maggiorati di interessi legali». I medesimi esponevano di essere stati dipendenti a tempo indeterminato del Casino' di Saint Vincent, con qualifica impiegatizia di croupier, rispettivamente fino al 31 agosto 2001 (Puliti) e al 30 giugno 2003 (Mantignene); di essere stati collocati in pensione rispettivamente dal 1° gennaio 2001 e dal 1° luglio 2003; di essere stata la loro pensione liquidata in L. 71.298.903 (Puliti) ed in Euro 38.420,85 (Martignene) anziche' in L. 73.496.653 ed in Euro 42.015,00 come dovuto se l'istituto avesse tenuto conto della retribuzione effettivamente percepita e soggetta a contribuzione; di essersi Enpals attenuto nella liquidazione «a quanto disposto dall'art. 13 del decreto legislativo n. 503 del 30 dicembre 1992 e, per quanto riguarda la quota A, a quanto previsto dall'art. 12, commi 2 e 7, del d.P.R. n. 1420/1971 nella versione originaria e, per quanto concerne la quota B, alle prescrizioni di cui all'art. 12, comma 7, del d.P.R. n. 1420/1971 nella versione introdotta con l'art. 1, comma 10, del decreto legislativo n. 182/1997»; di essere stata la liquidazione non corretta perche' conseguente all'applicazione dell'art. 12, commi 2 e 7, d.P.R. n. 1420/1971 cit., norma questa affetta da illegittimita' costituzionale con riferimento all'art. 3 Cost. sia nel testo originario sia in quello modificato per effetto dell'art. 1, comma 10, decreto legislativo n. 182/1997, in quanto tale da determinare una disparita' di trattamento tra cittadini che si trovano nella medesima condizione a seconda che essi siano soggetti all'Assicurazione Generale Obbligatoria gestita dall'Inps oppure siano assicurati presso l'Enpals; di avere infatti il comma 6 dell'art. 21 della legge 11 marzo 1988, n. 67, stabilito aliquote di rendimento differenziate per la parte di retribuzione eccedente il tetto massimo di retribuzione annua pensionabile e cio' senza alcun limite in ambito INPS mentre il comma 7 dell'art. 12 del d.P.R. 31 dicembre 1971, n. 1420, escludendo dalla retribuzione pensionabile la parte di retribuzione giornaliera superiore a di L. 315.000 (salva la rivalutazione secondo gli indici Istat per gli esercizi successivi al 1° gennaio 1988), «pone una discriminatoria limitazione alla retribuzione pensionabile dei lavoratori assicurati presso l'Enpals per i quali le aliquote di rendimento ridotte, disposte dal comma 6 del citato art. 21 legge n. 67/1988, vengono applicate sino alla concorrenza del contestato massimale Enpals»; di essere in sostanza «la pensione di un lavoratore assicurato presso l'Inps ... determinata sulla base della retribuzione annua pensionabile pari alla retribuzione effettiva» mentre «la pensione di un lavoratore assicurato presso l'Enpals viene determinata sulla base di una retribuzione annua pensionabile che risulta esclusa dal computo per la determinazione della pensione nella parte di retribuzione eccedente le somme individuate come massimali» dall'art. 12, comma 7, d.P.R. n. 1420/1971; di sussistere inoltre una inammissibile discrasia tra retribuzione assoggettata a contribuzione piena, pari a L. 1.000.000 al giorno ai sensi dell'art. 2, comma 3, d.P.R. n. 1420/1971, e retribuzione considerata utile ai fini del calcolo della pensione, come gia' detto pari a L. 315.000 al giorno salvo rivalutazione Istat. L'Enpals, costituendosi in giudizio, ribadiva la correttezza del proprio operato perche' conforme alle norme vigenti. Evidenziava, in particolare, come nessuna «illegittimita' costituzionale puo' essere sollevata relativamente all'art. 12, settimo comma, del d.P.R. n. 1429/1971» fin quando e' esistita «una perfetta corrispondenza tra retribuzione pensionale e massimale contributivo». Precisava che «soltanto nel 1991 con la legge n. 412, art. 11, comma 2, il massimale contributivo e' stato aumentato a L. 1.000.000 lasciando invariata la retribuzione pensionabile» in lire 315.000, oltre adeguamenti Istat. In corso di causa le parti ricorrenti depositavano una memoria autorizzata nella quale ribadivano le proprie tesi facendo richiamo alla intervenuta sentenza 20-24 marzo 2006, n. 120, della Corte costituzionale in argomento. O s s e r v a Sono note a questo giudice le ordinanze rispettivamente dell'11 febbraio 2004 del Tribunale di Sanremo e del 18 febbraio 2004 del Tribunale di Bologna ed e' nota la sentenza 20-24 marzo 2006, n. 120, della Corte costituzionale con le ragioni a fondamento della adottata pronuncia di inammissibilita' delle questioni rimesse con le ordinanze citate. Cio' posto, la normativa da esaminare, di incontestabile rilevanza per il caso di specie in quanto incidente sulla accoglibilita' del ricorso promosso da Puliti Marco e Martignene Guido con maggiore quantificazione delle pensioni in loro godimento, si differenzia fra il periodo antecedente e quello successivo rispetto alla data di entrata in vigore dell'art. 11, comma 2, della legge 30 dicembre 1991, n. 412, che venne a modificare l'art. 2, comma 2, del d.P.R. n. 1420/1971. Fino a tutto il 1991 - stante la operativita' dell'art. 2, comma 3, d.P.R. n. 1420/1971 («Le aliquote ... si applicano integralmente sulla retribuzione giornaliera non eccedente il limite massimo di L. 315.000, corrispondenti alla penultima classe della tabella F allegata al d.P.R. 27 aprile 1968, n. 488, maggiorata del 5 per cento, mentre sulla eventuale eccedenza di retribuzione giornaliera si applica un contributo di solidarieta' nella misura del 3 per cento») e dell'art. 12, comma 7, stesso d.P.R. («Al fine del calcolo della retribuzione giornaliera pensionabile non si prendono in considerazione, per la parte eccedente le retribuzioni giornaliere superiori alla penultima classe della tabella F, allegata al d.P.R. 27 aprile 1968, n. 488, aumentata del 5 per cento») nelle loro originarie formulazioni - vi era coincidenza fra la retribuzione pensionabile e la retribuzione soggetta a prelievo contributivo, questo ultimo per la parte non espressamente indicata come avente esclusiva funzione solidaristica. Attesa siffatta situazione, ben evidenziata dalla difesa dell'istituto nella sua comparsa di costituzione, nessuna mancanza di ragionevolezza nel sistema e' consentito evidenziare. Potrebbe essere ravvisata solo una assenza di identita' fra il sistema pensionistico Inps e quello Enpals. Questo giudice pero' non ritiene corretto collegare a questa situazione alcuna disparita', censurabile ai sensi dell'art. 3 delle Costituzione, dovendosi riconoscere come l'Enpals sia stato istituito con decreto del Capo Provvisorio dello Stato del 13 luglio 1947, n. 708, quale ente sostitutivo dell'Inps nell'interesse di categorie di lavoratori con caratteristiche peculiari attraverso un sistema ampiamente diverso, e per certe situazioni piu' favorevole, rispetto a quello operante per i lavoratori assicurati Inps. La presenza di una generalizzata diversita' nei sistemi Enpals e Inps (cosi' come in altri sistemi) non consente di apprezzare in termini di diseguaglianza la sussistenza in ambito Enpals di un certo tetto omogeneo tanto retributivo quanto contributivo, tetto che i ricorrenti denunciano come inesistente in ambito Inps. Trattandosi di sistemi rispondenti ad esigenze diverse, la scelta legislativa che porto' alla previsione dei massimali non puo' che essere intesa come espressione della libera decisione di disciplinare in modo differente situazioni differenti e differenti proprio per una pluralita' di ragioni di fondo che portarono nel lontano 1947 a prevedere la nascita di un sistema previdenziale sostitutivo rispetto a quello operante per la generalita' dei lavoratori. Diversa e' la situazione che si rinviene a far tempo dal 1° gennaio 1992. Per effetto di quanto disposto dall'art. 11, comma 2, legge 30 dicembre 1991, n. 412, l'originario art. 2, comma 3, d.P.R. n. 1420/1971 venne modificato e sostituito da una previsione del seguente tenore: «Le aliquote di cui al secondo comma si applicano integralmente sulla retribuzione giornaliera non eccedente il limite massimo di L. 1.000.000, mentre sull'eventuale eccedenza si applica un contributo di solidarieta' nella misura del 5 per cento, di cui il 2,50% a carico del datore di lavoro». Appare all'evidenza come la modifica legislativa abbia introdotto una sperequazione rispetto alla pregressa parita' tra retribuzione pensionabile e retribuzione assoggettata a prelievo. La prima e' rimasta di entita' pari a 315.000 lire al giorno mentre la seconda e' stata portata da 315.000 lire al giorno a 1.000.000 di lire al giorno. Il tutto con la conseguenza che i lavoratori dello spettacolo si trovano a dovere versare contribuiti all'Enpals privi, a livello individuale, di riflesso sul computo della futura pensione, fermo restando l'ulteriore contributo di solidarieta' peraltro aumentato. E la cosa e' divenuta ancora piu' agevolmente percepibile allorquando per effetto dell'art. 1, comma 10, del decreto legislativo 30 aprile 1997, n. 182, l'originario comma 7 dell'art. 12 del d.P.R. n. 1420/1971 abbandono' il richiamo alla «penultima classe della tabella F allegata al d.P.R. 27 aprile 1968, n. 488, aumentata del 5 per cento», previsione dal significato comunque gia' chiaro alla luce della specificazione di cui al comma 3 dell'art. 2 dello stesso d.P.R. n. 1420 sopra riportato, dicendo expressis verbis: «Ai fini del calcolo della retribuzione giornaliera pensionabile non si prendono in considerazione, per la parte eccedente, le retribuzioni giornaliere superiori al limite di L. 315.000. A decorrere dal 1° gennaio 1998 il predetto limite e' rivalutato annualmente sulla base dell'indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati, cosi' come calcolato dall'Istat». Orbene, secondo questo giudice la situazione venutasi a creare con le elevazione a L. 1.000.000 della retribuzione giornaliera assoggettabile a contribuzione e' priva di apparente ragionevolezza, non seriamente giustificandosi con l'agevole richiamo a finalita' mutualistiche, tra l'altro gia' sussistendo l'esplicita previsione di un non irrilevante prelievo a titolo di contributo di solidarieta'. La presenza di un equilibrio fra retribuzione pensionabile e retribuzione soggetta a prelievo costituisce principio tendenziale di ogni sistema assicurativo-previdenziale, come tale riconosciuto dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 173/1986, in quanto espressione di principi desumibili dagli artt. 36 e 38 della Costituzione. La differenza fra L. 315.000 e L. 1.000.000 introdotta ex novo con la legge n. 412/1991 sembra scelta normativa difficilmente giustificabile anche per avere inciso in maniera immotivata ed estremamente pesante su una parita' che in passato costitutiva regola di base. Appare quindi come non manifestamente infondata la sussistenza di un possibile contrasto fra la nuova scelta legislativa, che non modifico' adeguatamente il limite della retribuzione pensionabile mantenuto in L. 315.000 al giorno, ed i principi di uguaglianza e ragionevolezza sanciti dall'art. 3, primo comma, Cost. E' vero che l'art. 5, decreto legislativo 18 gennaio 1993, n. 11, convertito in legge 19 marzo 1993, n. 70, ha interpretato il comma 6 dell'art. 21 della legge 11 marzo 1988, n. 67, nel senso di ritenere applicabile la relativa previsione anche all'assicurazione gestita dall'Enpals, ma la estensione non sembra possa aver portato ad eliminare la irragionevole discrasia di cui si e' detto. L'art. 21, comma 6, legge 11 marzo 1998, n. 67, dice infatti: «A decorrere dal 1° gennaio 1988 ai fini della determinazione della misura delle pensioni a carico dell'assicurazione generale obbligatoria per l'invalidita', la vecchiaia ed i superstiti dei lavoratori dipendenti, la retribuzione imponibile eccedente il limite massimo di retribuzione annua pensionabile previsto per l'assicurazione predetta e' computata secondo le aliquote di cui alla allegata tabella. La quota di pensione cosi' calcolata si somma alla pensione determinata in base al limite massimo suddetto e diviene, a tutti gli effetti, parte integrante di essa». Pertanto, se pure la retribuzione imponibile eccedente il limite massimo di retribuzione pensionabile diviene utile ai fini del trattamento da erogare, contribuendo essa alla determinazione di una quota aggiuntiva sebbene con una valenza ridotta, rimane pur sempre un evidente, elevatissimo squilibrio fra l'importo di L. 315.000 come tetto base di retribuzione pensionabile e quello di L. 1.000.000 come di imponibile normale massimo giornaliero. Va ancora evidenziato come per effetto degli adeguamenti annuali dal 1° gennaio 1998 su entrambe le somme sopra indicate, adeguamenti introdotti dall'art. 1 del decreto legislativo n. 182/1997, commi 9 e 10 (quest'ultimo modificativo dell'art. 12, comma 7, d.P.R. n. 1420/1971), il divario denunciato, ad oggi gia' aumentato, sia destinato ad aumentare sempre di piu' con il passare del tempo.