ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 4, comma 3, del
decreto   legislativo   25 luglio  1998  n. 286  (Testo  unico  delle
disposizioni  concernenti  la  disciplina  dell'immigrazione  e norme
sulla   condizione  dello  straniero),  nel  testo  risultante  dalle
modifiche  di  cui  alla  legge  30 luglio 2002, n. 189, promosso dal
Giudice di pace di Trento, sul ricorso proposto da B. M. D. H. contro
la  Questura  di  Trento, con ordinanza del 6 marzo 2006, iscritta al
n. 380  del  registro  ordinanze  2006  e  pubblicata  nella Gazzetta
Ufficiale della Repubblica n. 41, 1ª serie speciale, dell'anno 2006;
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nella  Camera  di  consiglio  del  7 marzo 2007 il giudice
relatore Francesco Amirante;
    Ritenuto che, nel corso di un giudizio di opposizione promosso da
un  cittadino extracomunitario avverso un decreto di espulsione della
Questura  di  Trento  e  il  successivo  ordine di allontanamento, il
Giudice di pace di Trento ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e
13  della  Costituzione,  questione  di  legittimita'  costituzionale
dell'art. 4,  comma 3, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286
(Testo   unico   delle   disposizioni   concernenti   la   disciplina
dell'immigrazione  e  norme  sulla  condizione  dello straniero), nel
testo  risultante  dalle  modifiche di cui alla legge 30 luglio 2002,
n. 189,   «applicato  in  correlazione»  con  i  successivi  artt. 5,
comma 5,  e  13,  comma 2,  lettera b),  nella  parte  in cui pone la
condanna  per determinati reati quale elemento di per se' ostativo al
rilascio  e  al  rinnovo  del  permesso  di soggiorno e come causa di
revoca del permesso gia' precedentemente rilasciato, senza imporre il
requisito ulteriore di una verifica della pericolosita' sociale dello
straniero condannato;
        che,  quanto alla violazione dell'art. 3 Cost., il remittente
osserva  come la disposizione censurata, del tutto irragionevolmente,
preveda   un   trattamento  deteriore  rispetto  a  quello  stabilito
dall'art. 5,  comma 5,  (recte: art. 15, comma 1) dello stesso d.lgs.
n. 286 del 1998, secondo il quale, per l'applicazione dell'espulsione
come misura di sicurezza, e' necessario il preventivo vaglio da parte
del giudice dell'attuale pericolosita' sociale dello straniero;
        che,  quanto  al  contrasto con l'art. 13 Cost., il giudice a
quo  sottolinea che, essendo l'espulsione una misura che incide sulla
liberta'  personale,  essa  non  puo'  non  essere  supportata  da un
giudizio sulla attuale pericolosita' sociale del soggetto;
        che  e'  intervenuto  in giudizio il Presidente del Consiglio
dei  ministri,  rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello
Stato,  concludendo  per  la  declaratoria  di  inammissibilita' (per
carente  descrizione  della  fattispecie  sub iudice) e, comunque, di
infondatezza della questione.
    Considerato   che  il  Giudice  di  pace  di  Trento  dubita,  in
riferimento  agli artt. 3 e 13 della Costituzione, della legittimita'
costituzionale   dell'art. 4,   comma 3,   del   decreto  legislativo
25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la
disciplina   dell'immigrazione   e   norme   sulla  condizione  dello
straniero),  nel  testo  risultante dalle modifiche di cui alla legge
n. 189  del  2002,  «applicato  in  correlazione»  con  i  successivi
artt. 5,  comma 5, e 13, comma 2, lettera b), nella parte in cui pone
la  condanna per determinati reati quale elemento di per se' ostativo
al  rilascio  e  al rinnovo del permesso di soggiorno e come causa di
revoca del permesso gia' precedentemente rilasciato, senza imporre il
requisito ulteriore di una verifica della pericolosita' sociale dello
straniero condannato;
        che il remittente non solo omette qualsiasi motivazione sulla
rilevanza  della  questione,  ma  neppure  descrive  adeguatamente la
fattispecie  sottoposta al suo esame, non precisando, in particolare,
se  il  ricorrente e' regolarmente soggiornante in Italia e da quanto
tempo,  se  ha  esercitato,  o  meno,  il diritto al ricongiungimento
familiare  ovvero  se e' un familiare ricongiunto, quale sia il reato
per  il  quale e' stata emessa la sentenza penale di condanna, quando
e'  intervenuto  tale provvedimento e se e' stato emesso a seguito di
rito   ordinario  o  in  applicazione  dell'art. 444  del  codice  di
procedura penale;
        che, pertanto, la questione e' manifestamente inammissibile.
    Visti  gli  artt. 26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti
alla Corte costituzionale.