ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nel  giudizio  per  conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato,
sorto  a seguito della nota di trasmissione del Comitato parlamentare
per  i  servizi di informazione e sicurezza e per il segreto di Stato
n. 2002/0000136/SG-CIV del 19 febbraio 2002 con la quale, richiamando
l'art. 11   della   legge   24 ottobre   1977,  n. 801,  il  Comitato
parlamentare  ha  opposto  il  vincolo del segreto alla esibizione di
atti  in  suo  possesso,  promosso  con  ricorso della Corte d'Assise
d'Appello  di  Roma,  notificato  il  25  giugno 2003,  depositato in
cancelleria  il  9 luglio  2003  ed  iscritto  al  n. 26 del registro
conflitti 2003.
    Visto  l'atto  di  costituzione  del  Comitato parlamentare per i
servizi di informazione e sicurezza e per il segreto di Stato;
    Udito  nell'udienza pubblica del 6 marzo 2007 il giudice relatore
Giovanni Maria Flick;
    Udito  l'avv.  Massimo Luciani per il Comitato parlamentare per i
servizi di informazione e sicurezza e per il segreto di Stato.

                          Ritenuto in fatto

    1.  -  Nel  corso  di  un  procedimento  penale a carico di un ex
operatore  amministrativo  del SISDE - per il reato di sottrazione di
atti  o  documenti concernenti la sicurezza dello Stato - la Corte di
assise di appello di Roma, con provvedimento del 21 febbraio 2002, ha
sollevato conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato «in ordine
al  corretto  uso  del  potere  di  decidere  sulla  sussistenza  dei
presupposti  di  applicabilita'  dell'art. 11  della legge 24 ottobre
1977  n. 811  [recte:  801] come esercitato dal Comitato parlamentare
per  i  servizi  di  informazione e sicurezza per il segreto di Stato
comunicato con la nota n. 2002/0000136/SG-CIV del 19 febbraio 2002».
    La  Corte  ricorrente  riferisce,  in  fatto, che nel giudizio di
primo  grado  l'imputato  -  al quale si contestava di aver sottratto
documenti relativi a dipendenti del Servizio e contenenti informative
su  questi  - ha dichiarato di aver ricevuto da uno sconosciuto fogli
dal  contenuto  analogo a quello in questione, e di averli consegnati
al  Comitato parlamentare per i servizi di informazione e sicurezza e
per  il  segreto  di  Stato; che il giudice di primo grado ha assolto
l'imputato  per  non  aver  commesso  il  fatto;  che  all'esito  del
dibattimento  d'appello  e' stata disposta l'audizione del Presidente
del  Comitato  parlamentare  per  l'esibizione  della  documentazione
indicata  dall'imputato,  al fine di esperire un confronto con quella
gia'  agli atti. Tuttavia, ha soggiunto la ricorrente, «L'on. Bianco,
nella sua qualita' di presidente, con nota del 19 febbraio 2002 prot.
2002/0000136/SG-CIV ha opposto il vincolo del segreto, precisando che
"Il Comitato, in particolare, ha inteso confermare il principio della
non  ostensibilita'  all'esterno  di propri atti, verbali e resoconti
secondo  quanto  disposto  dall'art. 11 della legge n. 801/1977. Tale
norma,  nella prassi formatasi fin dalla istituzione del Comitato, e'
stata sempre interpretata in modo rigoroso attribuendo al vincolo del
segreto    un   carattere   strettamente   funzionale   all'esercizio
dell'attivita'  conferita  dalla  Legge  al  Comitato."  e  ritenendo
superata,  in tal modo, la necessita' della sua presenza, o di un suo
delegato,  al  dibattimento  perche' non avrebbe potuto far altro che
ribadire quanto sostenuto nella nota in riferimento».
    Tutto cio' premesso, la Corte - ritenendo indispensabile, ai fini
della  decisione,  la  verifica  della documentazione in possesso del
Comitato  -  afferma  che  l'opposizione  del  segreto  di Stato alla
richiesta  di  esibizione dei documenti appare infondata, per difetto
dei  necessari presupposti. Infatti, l'art. 11 della legge n. 801 del
1977,   richiamato   dal  presidente  del  Comitato,  prevede  che  i
componenti  dello stesso sono vincolati al segreto relativamente alle
informazioni  acquisite,  alle  proposte  ed ai rilievi inerenti alle
linee essenziali delle strutture e dell'attivita' dei servizi; ma non
pone  il  vincolo  per  ogni  documentazione che provenga per vie non
istituzionali.
    L'autorita'  ricorrente - dopo aver sottolineato che il conflitto
di  attribuzione e' lo strumento attraverso il quale e' consentito il
controllo  di  legittimita'  in  concreto del potere valutativo delle
Camere,  come  precisato  da  questa Corte nella sentenza n. 1150 del
1988  -  richiama la giurisprudenza costituzionale in tema di segreto
di Stato ed in particolare le sentenze n. 86 del 1977, n. 82 del 1976
e  110  del 1998. In esse si e' affermato che il segreto puo' trovare
legittimazione  solo  in  quanto  strumento  necessario al fine della
sicurezza  dello  Stato,  la quale costituisce interesse essenziale e
insopprimibile  della  collettivita'; al tempo stesso, si e' ritenuto
che  la  potesta'  dell'esecutivo  non e' illimitata e va fatta salva
l'esigenza di assicurare in ogni singolo caso un ragionevole rapporto
di  mezzo  a  fine,  non  potendosi  allegare il segreto di Stato per
impedire l'accertamento di fatti eversivi dell'ordine costituzionale.
    La   Corte  ricorrente  precisa  di  aver  chiesto  non  gia'  la
produzione  di  atti  coperti  da  segreto, ma la sola esibizione dei
documenti  a  suo  tempo  consegnati  dall'imputato  al Comitato, per
confrontarli  con  quelli  in  sequestro;  e  sottolinea di non poter
procedere  ulteriormente, poiche' l'opposizione del segreto impedisce
l'adozione di ogni decisione fondata su prova generica.
    La  ricorrente  chiede,  in  conclusione,  che  sia  valutato  il
corretto uso del potere di decidere sulla sussistenza dei presupposti
di  applicabilita'  dell'art. 11  della  legge n. 801 del 1977, cosi'
come  esercitato  dal  Comitato  parlamentare  con la citata nota del
19 febbraio 2002.
    2.  -  Il conflitto e' stato dichiarato ammissibile con ordinanza
n. 209  del  2003,  la  quale, unitamente al ricorso introduttivo, e'
stata  notificata  il  23 giugno 2003 e successivamente depositata il
9 luglio 2003.
    3.  -  A  seguito  di  delibera  di  resistere  nel  giudizio per
conflitto,  adottata  nella  seduta  del  3 luglio  2003, il Comitato
parlamentare  per  i  servizi  di  informazione  e sicurezza e per il
segreto  di  Stato,  rappresentato e difeso come in atti, ha spiegato
atto  di  costituzione  in  giudizio e svolto le proprie deduzioni, a
conclusione  delle  quali  ha chiesto dichiararsi il conflitto stesso
inammissibile  e  irricevibile;  in  subordine,  ha  sollecitato  una
pronuncia di rigetto del ricorso, «dichiarando che spetta al Comitato
parlamentare  per  i  servizi  di  informazione  e sicurezza e per il
segreto  di  Stato  opporre  alla Corte di assise di appello di Roma,
cosi'    come   comunicato   con   nota   19 febbraio   2002,   prot.
2002/0000136/SG-CIV, il vincolo del segreto all'esibizione degli atti
in suo possesso richiesti dall'autorita' giudiziaria».
    In  linea  preliminare,  la  difesa  del  Comitato  eccepisce  la
inammissibilita'  del  conflitto sotto un duplice profilo. Anzitutto,
il  ricorso  sarebbe  privo  di  uno  specifico  petitum: l'autorita'
giudiziaria  si  sarebbe  limitata  a  sollevare  il  conflitto senza
domandare  l'annullamento  della  nota  oggetto  del  contrasto;  ne'
precisazioni    di   sorta   sarebbero   offerte   dalle   «generiche
argomentazioni»  che precedono il dispositivo, giacche' anche in tale
parte  non  si  richiede  una  pronuncia di non spettanza che avrebbe
delimitato  l'oggetto  della  domanda.  Sotto  altro  profilo, l'atto
introduttivo  del  giudizio  non conterrebbe alcuna reale indicazione
delle  ragioni  del  conflitto,  essendosi  il  ricorso  limitato  ad
enunciare   citazioni   di   giurisprudenza,   senza  dimostrarne  la
riferibilita'  al  caso  concreto.  In  ogni  caso,  «il conflitto e'
inammissibile  anche  e  forse  soprattutto perche' la ricorrente non
chiarisce  minimamente  i  confini  e la direzione della sua pretesa,
omettendo  di  richiedere  la  declaratoria  della  spettanza  (a se'
medesima)  del  potere  (ovvero  della  non spettanza al resistente),
nonche' l'annullamento dell'atto censurato».
    Secondo  la  difesa  del  Comitato,  inoltre,  la  ricorrente non
menziona  i  parametri  costituzionali sui quali si radicherebbero le
proprie  attribuzioni,  ne'  spiega  in  cosa consisterebbe il vulnus
lamentato:  il  ricorso  non  conterrebbe le norme costituzionali che
regolano  la  materia,  come  prescritto dall'art. 26, comma 1, delle
norme integrative per i giudizi davanti a questa Corte. Altro profilo
di   inammissibilita'  viene  dedotto  in  riferimento  alla  mancata
dimostrazione    dell'impedimento    all'esercizio   della   funzione
giurisdizionale  che  sarebbe derivato dalla opposizione del segreto,
cosi'  come  invece postulato dalla giurisprudenza costituzionale. La
ricorrente,  infatti,  non  avrebbe chiarito ne' se il problema della
acquisizione  della documentazione presso il Comitato si fosse o meno
posto  in  primo grado, ne' le ragioni «della sopravvenuta necessita'
di acquisizione in grado di appello».
    Nel  merito, il ricorso dovrebbe essere rigettato. Gia' da tempo,
infatti,  e'  stato  chiarito  che la posizione di indipendenza delle
Camere  e  dei  loro  organi comporta la opponibilita' alla autorita'
giudiziaria del cosiddetto segreto funzionale: vale a dire un segreto
destinato  ad  impedire  che  dalla sua violazione «possano derivarne
conseguenze  tali da impedire o intralciare gravemente l'assolvimento
del  loro compito». E cio' riguarda anche i documenti che siano, come
nella specie, direttamente pervenuti a quegli organi.
    Dopo  aver  rievocato  le  pronunce di questa Corte antecedenti e
successive  alla  entrata  in  vigore della legge n. 801 del 1977, ed
aver  sottolineato  la  centralita'  del controllo parlamentare nella
materia  del  segreto  di  Stato  e  lo specifico e rilevante compito
demandato  al Comitato resistente, la difesa di quest'ultimo contesta
la  tesi  - adombrata nel ricorso - secondo cui il segreto opponibile
dal   Comitato  coprirebbe  unicamente  quanto  attiene  alle  «linee
essenziali  delle  strutture  e  dell'attivita' dei Servizi», ma «non
ogni  documentazione che non istituzionalmente pervenga al Comitato»;
con  la  conseguenza  che  -  nella  specie  -  non  vi  sarebbero  i
presupposti  per  opporre il segreto. Infatti - osserva la difesa - a
norma  dell'art. 11,  sesto  comma, della legge n. 801 del 1977, sono
sempre segreti gli atti del Comitato: «sicche' anche il segreto sulla
documentazione  comunque  acquisita  e'  funzionale  all'assolvimento
della   funzione   ("centrale",   e'   bene  ripetere)  di  controllo
parlamentare  sulla materia». In secondo luogo, sarebbe «indimostrato
e  indimostrabile  che  la  documentazione  richiesta  dalla Corte di
assise  di  appello  di  Roma  non abbia attinenza al controllo delle
strutture e sulle attivita' dei Servizi». D'altra parte - conclude la
difesa  del  Comitato - la stessa funzione di controllo sull'istituto
della  opposizione  del  segreto di Stato, sarebbe pregiudicata dalla
possibilita',  per  l'autorita'  giudiziaria, di accedere a qualunque
documento   in   possesso   dell'organo   parlamentare.   Donde,   la
infondatezza   dei   rilievi   svolti   dalla  autorita'  giudiziaria
ricorrente.
    4.  -  In  prossimita'  della  udienza,  la  difesa  del Comitato
parlamentare   resistente  ha  depositato  memoria,  nella  quale  ha
ulteriormente    articolato   le   gia'   rassegnate   eccezioni   di
inammissibilita', ribadendo le conclusioni di infondatezza nel merito
delle ragioni poste a base dell'atto di conflitto.

                       Considerato in diritto

    1.  - La Corte di assise di appello di Roma ha proposto conflitto
di  attribuzione  tra  poteri  dello Stato nei confronti del Comitato
parlamentare  per  i  servizi  di  informazione  e sicurezza e per il
segreto  di Stato, in relazione al rifiuto del Comitato di consegnare
documenti  da  essa  richiesti,  con  nota n. 2002/0000136/SG-CIV del
19 febbraio  2002.  Con  quest'ultima  il  presidente  del Comitato -
convocato  per la esibizione di documentazione consegnata al Comitato
dall'imputato e ritenuta necessaria ai fini del decidere - ha opposto
il  vincolo  del  segreto,  richiamando  sia  la  «non ostensibilita'
all'esterno  dei  propri  atti,  verbali  e resoconti, secondo quanto
disposto  dall'art. 11  della  legge  n. 801/1977»; sia il «carattere
strettamente  funzionale all'esercizio dell'attivita' conferita dalla
legge al Comitato», di tale vincolo.
    La Corte ricorrente reputa «del tutto infondata l'opposizione del
segreto  di  Stato all'esibizione di documenti consegnati a suo tempo
dal  M. al Comitato - gia' in fotocopia e, quindi, non originali - in
quanto il richiamato art. 11 della legge n. 801 del 1977 e' del tutto
inconferente»;  infatti,  oggetto  della propria richiesta non era la
«produzione  di  atti  coperti  dal  segreto  di Stato, come previsto
dall'art. 12  della  citata  legge n. 801 del 1977, o di informazioni
proposte  o  rilievi  sulle  struttura  o  sull'attivita' dei Servizi
bensi' la mera esibizione dei documenti consegnati a suo tempo dal M.
al  Comitato  parlamentare  che  consistono  -  ed  e'  noto - non in
originali  ma  in  fotocopie, di cui s'ignora perfino l'autenticita',
per confrontarli con quelli in sequestro».
    Da qui la pretesa vulnerazione delle attribuzioni giurisdizionali
e la domanda di «accertamento», «in ordine al corretto uso del potere
di  decidere  sulla  sussistenza  dei  presupposti  di applicabilita'
dell'art. 11  della  legge  24 ottobre  1977 n. 811 [recte: 801] come
esercitato  dal Comitato parlamentare per i servizi di informazione e
sicurezza per il segreto di Stato», attraverso la nota di cui innanzi
si e' detto.
    2  .  -  Il Comitato parlamentare per i servizi di informazione e
sicurezza  e per il segreto di Stato ha eccepito, in via preliminare,
la   inammissibilita'   del   conflitto,   sotto   vari  profili.  In
particolare,   esso   ha  sottolineato  la  assoluta  genericita'  ed
astrattezza  del  petitum del ricorso: in difetto di una richiesta di
«annullamento   della   Nota   che,   nella  parte  motiva,  si  pone
apparentemente   a  base  del  conflitto»,  l'atto  introduttivo  del
conflitto  si  risolverebbe  «in  una  sorta di astratta richiesta di
parere  del  giudice costituzionale (cui si chiede di provvedere alla
«risoluzione  del  conflitto  di  attribuzione»), in violazione delle
piu'  elementari norme di procedura». Nella specie, poi, non e' stato
opposto  il  segreto  di  Stato,  ma  il  segreto  funzionale, il che
renderebbe  il  conflitto  -  per la erroneita' della premessa da cui
trae origine - evidentemente «inammissibile per assoluta inconferenza
delle  censure  svolte».  L'avere,  inoltre,  la  Corte  di assise di
appello omesso di divulgare le esigenze processuali su cui si fondava
la  richiesta di esibizione, renderebbe carente la esplicitazione dei
motivi  della  propria  richiesta  e  delle  connesse  ragioni  delle
doglianze  espresse  attraverso  l'atto di conflitto: con conseguente
inammissibilita'  anche  per  un ulteriore profilo, rappresentato dal
«difetto  di (motivazione e prova) della causa petendi». Quest'ultimo
profilo   si   collegherebbe   alla   eccezione  di  inammissibilita'
riguardante  la  carenza  di  descrizione  dei fatti rilevanti per il
conflitto,  atteso  che  «la  ricorrente:  a) non ha riferito come il
problema  dell'utilita'  dell'acquisizione  della  documentazione  in
possesso  del  Comitato  si  fosse  posto innanzi al giudice di primo
grado;  b)  non ha descritto le ragioni della sopravvenuta necessita'
di  un'acquisizione  in  grado  di  appello addirittura a mezzo di un
conflitto di attribuzione».
    3.  - Il conflitto e' inammissibile, anche se per ragioni solo in
parte  riconducibili  alle  eccezioni a tal proposito sollevate dalla
difesa del Comitato resistente.
    E'  senz'altro corretto, anzitutto, il rilievo mosso dal Comitato
a  proposito  dell'erroneo  richiamo  che l'atto di conflitto formula
alla  presunta  opposizione  «del segreto di Stato all'esibizione dei
documenti  consegnati  a  suo tempo dal M.»: e cio' perche' - come lo
stesso  ricorso subito dopo puntualizza - il segreto che viene qui in
discorso e' quello previsto dall'art. 11 della legge n. 801 del 1977,
non  riconducibile, in se', alla nozione di segreto di Stato. D'altra
parte,  e'  del  tutto  evidente  che,  ove il Comitato avesse inteso
sottrarsi al dovere di esibizione dei documenti richiesti deducendo -
a  norma  dell'art. 256,  comma 1,  del  codice di procedura penale -
l'esistenza  del  segreto  di  Stato,  l'autorita' procedente avrebbe
dovuto  informarne  il  Presidente  del Consiglio dei ministri per la
relativa conferma: cio' che avrebbe determinato, in sede processuale,
l'attivazione  dell'iter  delineato  dai  commi 3  e  4  dello stesso
art. 256  cod.  proc.  pen;  e,  in  sede  parlamentare, l'insorgenza
dell'onere  di  motivata  informativa,  da  parte  del Presidente del
Consiglio  dei  ministri,  a  norma  dell'art. 16  della  piu'  volte
richiamata legge n. 801 del 1977.
    L'erroneo  riferimento  alla  opposizione  del  segreto di Stato,
enunciato soltanto in un passaggio - seppur significativo - dell'atto
di   elevazione   del  conflitto,  e'  sintomatico  di  una  evidente
confusione  di  piani  in  cui  e'  incorsa  l'autorita'  giudiziaria
confliggente;  ma  non  induce,  di  per  se',  alle  conseguenze  di
inammissibilita'  nei  termini  dedotti  dalla  difesa  del Comitato.
Infatti,  e'  vero  che  la mancata disamina della natura del segreto
previsto dall'art. 11 della legge n. 801 del 1977 incrina non poco il
fondamento  logico della pretesa vulnerazione di attribuzioni dedotta
a  fondamento del conflitto, posto che la possibilita' di radicare un
conflitto    di    attribuzione    sulla    ritenuta   illegittimita'
dell'eccezione  di  segretezza,  deve  necessariamente  basarsi sulla
previa  disamina  dei  confini entro i quali quello specifico segreto
puo'  essere  legittimamente  opposto;  cio'  nondimeno,  nel caso di
specie,  la  Corte di assise di appello di Roma fonda l'essenza delle
proprie  doglianze  sulla  radicale negazione di qualsiasi profilo di
segretezza.  E cio' sul rilievo che, nella specie, gli atti della cui
esibizione  si  tratta,  sarebbero pervenuti al Comitato parlamentare
attraverso la consegna effettuata ad opera dello stesso imputato.
    Proprio  su  quest'ultimo aspetto - la carenza di una motivazione
reputata  adeguata,  circa  le  ragioni  poste  a  base  della omessa
consegna   dei   documenti   -   l'autorita'  giudiziaria  sollecita,
attraverso il conflitto, una verifica circa la correttezza dell'agere
del  Comitato. In tal modo, pero', implicitamente si devolve a questa
Corte  non  gia'  un  sindacato  circa  la  esistenza  di un indebito
esercizio  delle  attribuzioni  spettanti all'organismo parlamentare,
secondo  le  prerogative  ad  esso riconosciute in forza dei principi
costituzionali;  bensi' un controllo, in concreto, sulla legittimita'
del  rifiuto  alla  esibizione.  L'autorita'  giudiziaria,  in  altri
termini,  non evoca una situazione di fatto riconducibile allo schema
del  conflitto tra poteri dello Stato, ma si limita a contestare, nel
merito, la validita' giuridica delle ragioni del segreto (funzionale)
opposto   dal   Comitato  resistente.  Ed  in  effetti,  non  potendo
sollecitare  alcun  tipo di annullamento di atti in ipotesi invasivi,
proprio  perche'  si  discute  di una condotta omissiva; e trovandosi
nella  impossibilita'  di articolare una richiesta di non spettanza -
dal  momento  che  e'  innegabile il fondamento normativo del segreto
opposto  -  il ricorso dell'organo giurisdizionale non puo' far altro
che   devolvere  impropriamente,  a  questa  Corte,  un  giudizio  di
legittimita'  dell'atto  (negatorio) - sub specie di congruita' della
relativa  motivazione  -  che  e'  invece  tipico  ed esclusivo delle
attribuzioni spettanti proprio agli organi giurisdizionali.
    Alla  stregua  di tali rilievi, il conflitto deve pertanto essere
dichiarato   inammissibile   per  carenza  dei  relativi  presupposti
oggettivi.