LA COMMISSIONE TRIBUTARIA PROVINCIALE

    Sul  ricorso  iscritto  al n. 118/05 R.G.R., proposto da Di Nardo
Tommaso  nei confronti dell'Agenzia entrate Ortona, ha pronunciato la
seguente ordinanza.
                       Conclusioni delle parti
    Per  il  ricorrente: «chiede l'accoglimento della propria istanza
di  rettifica  della  dichiarazione  riconoscendo il rimborso di Euro
60.485,00  con  i  relativi  interessi maturati e maturandi fino alla
data  del  rimborso,  come imposta versata e non dovuta conformemente
alla  sentenza n. 15063 del 2002, con la quale la Corte di cassazione
ha riconosciuto il diritto dei contribuenti a "ritrattare" la propria
dichiarazione  dei  redditi  e che l'art. 1, comma 5, legge 13 maggio
1999,  n. 133,  ha  fissato  in  48 mesi il termine per richiedere il
rimborso  delle imposte non dovute per duplicazione o per inesistenza
parziale o totale dell'obbligazione».
    Per la resistente: «1) rigettare il ricorso di parte per i motivi
sopra indicati; 2) condannare il ricorrente alle spese di giudizio».

                      Svolgimento del processo

    Con  il  ricorso  in esame, Di Nardo Tommaso, «socio al 94% della
"Societa'  di Prestazione Servizi Aquila di Di Nardo Tommaso S.n.c."»
(esercente   l'attivita'   di   vigilanza  con  notevole  impiego  di
manodopera),   impugnava  il  «diniego  del  rimborso  Irpef  di  cui
all'istanza del 14 maggio 2004».
    Esponeva  di  aver presentato, in data 14 maggio 2004, istanza di
rimborso  Irpef «a seguito della richiesta di rettifica della propria
dichiarazione  dei  redditi  per l'anno d'imposta 2002 presentata con
Unico   2003,   evidenziando  come  l'indeducibilita'  dell'Irap  dal
reddito»    produce    «effetti   distorsivi   sulla   determinazione
dell'imponibile  e  dell'imposta»;  e  di  essere stata respinta tale
istanza  dall'Ufficio sull'assunto che la vigente normativa prevedeva
la indeducibilita' dell'Irap dal reddito da dichiarare.
    Affidava il gravame ai seguenti motivi:
        1)  l'Irap  e'  un'imposta  che  si  calcola sul valore della
produzione;  nella  definizione  della  base imponibile l'art. 11 del
d.lgs. n. 446/1997 al punto 1, lett. b), prevede che non sono ammessi
in   deduzione:  i  costi  relativi  al  personale;  i  compensi  per
prestazione di lavoro autonomo non esercitabile abitualmente; i costi
per  prestazione  di  collaborazione  coordinata  e  continuativa;  i
compensi   per   prestazioni   di  lavoro  assimilato  a  quello  dei
dipendenti;   pertanto  a  parita'  di  valore  della  produzione  si
determina un carico tributario diverso a seconda del peso della forza
lavoro  e  con evidente penalizzazione dei settori a largo impiego di
manodopera; in tali settori l'indeducibilita' del costo del personale
dalla   base  imponibile  Irap  amplia  l'ammontare  dell'imposta  da
corrisponderedivenendo un vero e proprio onere accessorio all'impiego
di  lavoro;  l'Irap  a  sua volta non e' deducibile (art. 1, comma 2,
d.lgs.  n. 446/1997)  nella  determinazione dell'imposta sul reddito,
sia  essa  Irpef  o  Irpeg, e pertanto l'ammontare dell'Irap, elevato
dall'indeducibilita' dei costi dell'impiego del lavoro, determina una
irrazionale e strutturale divaricazione tra il reddito effettivo e il
reddito imponibile;
        2)  nel quadro RF il reddito conseguito dalla societa' pari a
Euro 25.479,00 diventa di Euro 223.432,00 (imponibile) e attribuibile
ai  soci  a  seguito  delle  variazioni dovute a recuperi di poste di
natura  fiscale;  la  indeducibilita'  dell'Irap,  ammontante  a Euro
142.989,00,  ha  portato l'imponibile Irpef da Euro 158.413,00 (senza
recupero  dell'Irap)  a  Euro 292.824,00  (con  il recupero dell'Irap
indeducibile);  la  differenza d'imposta e' di Euro 60.485,00, che e'
superiore  perfino  al reddito realmente conseguito ed effettivamente
distribuibile  con  la partecipazione (Euro 23.195,00, pari al 94% di
Euro 25.479,00);
        3)    in    sostanza    l'indeducibilita'   dell'Irap   nella
determinazione  del reddito d'impresa, prevista dall'art. 1, comma 2,
d.lgs.  n. 446/1997, determina una permanente dilatazione del reddito
imponibile;
        4)  «l'art.  53  della Costituzione fissa il principio che le
imposte  sono dovute in base alla capacita' contributiva»; «in questo
principio  il  legislatore  indica  il  fondamento e il limite stesso
della   pretesa   tributaria»;   «la   giurisprudenza   della   Corte
costituzionale ha definito con diverse sentenze come questo principio
deve  essere rispettato nella prassi impositiva ponendo dei limiti al
potere  discrezionale  del  legislatore»;  il  principio di capacita'
contributiva   deve  ritenersi  violato  ogniqualvolta  sussista  una
evidente  ed  ingiustificata  sproporzione  tra ricchezza prodotta ed
imposizione;  in  effetti, in tale ipotesi - verificatasi nel caso di
specie  -  si  concreta  una  distorsione  di  detto  rapporto da cui
scaturisce «una dilatazione del carico tributario, con alterazione in
eccesso del risultato quantitativo».
    Parte  ricorrente  spiegava pertanto le conclusioni trascritte in
epigrafe.
    L'Amministrazione    finanziaria,   costituitasi   in   giudizio,
contestava  la  fondatezza  del  ricorso,  chiedendo il rigetto dello
stesso e la condanna dell'attore alla rifusione delle spese di lite.
    Deduceva quanto segue:
        a)  il  comma  8-bis  dell'art.  2 del d.P.R. 22 luglio 1998,
n. 322,    come   modificato   dall'art.   2   del   regolamento   di
semplificazione  degli  adempimenti  fiscali,  approvato con d.P.R. 7
dicembre  2001,  n. 435,  prevedeva che la dichiarazione dei redditi,
dell'imposta  regionale  delle  attivita'  produttive e dei sostituti
d'imposta possono essere integrate per correggere errori od omissioni
che  abbiano  determinato  l'indicazione  di  un  maggior  reddito, o
comunque  di  un  maggior  debito  d'imposta  o  di un minor credito,
purche' l'integrazione avvenga non oltre il termine prescritto per la
presentazione della dichiarazione relativa al periodo successivo; nel
caso  in esame ne' il ricorrente ne' la societa' avevano provveduto a
presentare,  nei  tempi  e  nei  modi anzidetti, la dichiarazione dei
redditi  integrativa; in effetti, il medesimo attore aveva presentato
domanda  di  rimborso  il 14 maggio 2004 e avrebbe potuto entro il 31
ottobre 2004 presentare la dichiarazione integrativa;
        b)  l'Irap  era  un'imposta  indeducibile  per legge (art. 1,
comma  2,  d.lgs.  n. 446/1997,  secondo  cui «l'imposta ha carattere
reale  e  non e' deducibile ai fini delle imposte sui redditi»); tale
indeducibilita' era stata ritenuta costituzionalmente legittima dalla
Consulta  con le pronunce del 23 luglio 2001, n. 286, e del 10 aprile
2002,   n. 103;  ne  conseguiva  che  l'eccezione  di  illegittimita'
costituzionale, sollevata ex adverso, era manifestamente infondata.
    Il ricorrente ha depositato memoria, con la quale ha illustrato i
motivi del ricorso.
    All'odierna udienza, la causa veniva posta in deliberazione.

                            D i r i t t o

    Va,  anzitutto, disattesa l'eccezione preliminare sollevata dalla
convenuta, in quanto non si tratta di errori materiali e/o di calcolo
e  comunque - secondo la corrente interpretazione giurisprudenziale e
dottrinale  (cfr.  Cass.,  sez.  trib.,  7  novembre  2003, n. 16752,
Baggio,  Nuovi  sviluppi in tema di emendabilita' della dichiarazione
tributaria,  in  Riv. dir. trib., 2004, 11, 654, e Iannaccone, in D &
G,  29 ottobre 2005) - il contribuente puo' «ritrattare» gli errori -
contenuti  nella  dichiarazione  dei redditi - anche quando chiede il
rimborso.
    I  dubbi  di  legittimita'  costituzionale  sollevati dalla parte
ricorrente appaiono fondati.
    Come  ripetutamente  affermato  dalla  Corte  costituzionale, per
capacita'   contributiva,   ex   art.   53  Cost.,  «deve  intendersi
l'idoneita'  soggettiva  alla  obbligazione d'imposta, deducibile dal
presupposto   al  quale  la  prestazione  e'  collegata»,  e  «questo
collegamento  ad  un  presupposto  condiziona  esclusivamente e nello
stesso  tempo  esaurisce  il  riconoscimento  di  detta idoneita»; la
Consulta  ha  chiarito, al riguardo, che non spetta «al giudice della
legittimita'   delle   leggi  valutare  e  determinare,  in  funzione
dell'art.  53  Cost.,  l'entita'  e  la  proporzionalita'  dell'onere
tributario imposto, trattandosi di compito riservato al legislatore»;
al  medesimo  compete  esclusivamente  «il  controllo di legittimita'
sotto  il  profilo dell'assoluta arbitrarieta' o irrazionalita' delle
norme» (cfr. Corte costituzionale 18 maggio 1972, n. 92).
    L'art.   1,  comma  2,  del  d.lgs.  15  dicembre  1997,  n. 446,
stabilisce che l'IRAP «ha carattere reale e non e' deducibile ai fini
delle imposte sui redditi».
    Orbene,  come  esattamente  rilevato da Comm. trib. prov. Genova,
sez.  I,  ord.  12 febbraio 2004 (pubblicata nella Gazzetta Ufficiale
della  Repubblica italiana - 1ª serie speciale - n. 23, del 16 giugno
2004), l'anzidetta norma (art. 1, comma 2, d.lgs. n. 446/1997) appare
in  contrasto  con  l'art.  53  Cost.,  «in quanto l'esclusione della
deducibilita'   dell'IRAP  (che  per  l'imprenditore  rappresenta  un
fattore economico di spesa) dal reddito assoggettato alle imposte sui
redditi determina la imposizione di un reddito non piu' netto, che e'
e  deve  essere  l'indice  di  capacita'  contributiva che giustifica
l'imposizione  erariale,  ma  un  reddito  lordo  che dal primo se ne
allontana  in  misura  minore o maggiore. Puo' quindi verificarsi che
imprese  la cui gestione sia effettivamente in perdita, a causa della
mancata deduzione dell'IRAP paghino ugualmente IRPEF ed IRPEG come se
avessero  prodotto  un  reddito, mentre altre imprese con gestione in
utile  vengano  assoggettate ad imposta con prelievo pari o superiore
all'utile stesso».
    Tale effetto estremamente distorsivo - che vulnera, all'evidenza,
il principio di capacita' contributiva, ex articolo 53 Cost. (cfr. le
penetranti  ed  efficaci  osservazioni  di Gianluca Corso, Profili di
illegittimita'  costituzionale  dell'Irap,  in  Corriere  tributario,
n. 22/2000,   pagg.  1581  ss.),  siccome  implica  una  strutturale,
irrazionale  ed ingiustificata divaricazione tra il reddito effettivo
e  quello  imponibile - si e' prodotto - con conseguenze estremamente
pregiudizievoli per il ricorrente - nella fattispecie in esame, nella
quale  a  causa  della  indeducibilita' dell'Irap, ammontante ad Euro
142.989,00,  l'imponibile  Irpef  e' stato elevato da Euro 158.413,00
(senza  recupero  dell'Irap)  ad  Euro 292.824,00  (con  il  recupero
dell'Irap indeducibile).
    Ne  e'  scaturita una differenza d'imposta pari a Euro 60.485,00,
che   e'   nettamente  superiore  al  reddito,  realmente  conseguito
dall'attore  ed  effettivamente  distribuibile con la partecipazione,
dell'entita' di Euro 23.195,00 (pari al 94% di Euro 25.479,00).
    Da  tali considerazioni deriva, ineludibilmente, la non manifesta
infondatezza della relativa questione di costituzionalita'.
    Quanto alla rilevanza di tale questione, e' sufficiente osservare
che   l'eventuale   caducazione   ovvero  manipolazione  della  norma
censurata  determinerebbe  il  favorevole  scrutinio della domanda di
rimborso  dell'Irpef  (proposta  dal ricorrente ed) oggetto di questo
giudizio.