ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nel  giudizio  di legittimita' costituzionale dell'art. 134, comma 1,
del   decreto  legislativo  10 febbraio  2005,  n. 30  (Codice  della
proprieta'   industriale,   a   norma  dell'articolo 15  della  legge
12 dicembre  2002,  n. 273),  nonche' degli artt. 15 e 16 della legge
12 dicembre  2002, n. 273 (Misure per favorire l'iniziativa privata e
lo  sviluppo della concorrenza), promosso con ordinanza del 12 aprile
2006  dal  Tribunale  di  Napoli nel procedimento civile vertente tra
Sterilfarma  s.r.l. e Belmont s.r.l., iscritta al n. 536 del registro
ordinanze 2006 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
n. 48, 1ª serie speciale, dell'anno 2006.
    Udito  nella  Camera  di  consiglio  del 21 marzo 2007 il giudice
relatore Giuseppe Tesauro.

                          Ritenuto in fatto

    1.  - Il Tribunale di Napoli, sezione specializzata in materia di
proprieta'  industriale ed intellettuale, con ordinanza del 12 aprile
2006,  ha  sollevato,  in riferimento all'art. 76 della Costituzione,
questione  di legittimita' costituzionale dell'art. 134, comma 1, del
decreto  legislativo 10 febbraio 2005, n. 30 (Codice della proprieta'
industriale,  a  norma dell'articolo 15 della legge 12 dicembre 2002,
n. 273),  nonche'  degli  artt. 15 e 16 della legge 12 dicembre 2002,
n. 273  (Misure per favorire l'iniziativa privata e lo sviluppo della
concorrenza).
    2. - Il rimettente premette che la controversia sottoposta al suo
giudizio concerne una domanda di accertamento della contraffazione di
un  marchio  registrato  e di atti di concorrenza sleale interferenti
con la tutela della proprieta' industriale, riservata alla cognizione
della  sezione  specializzata in materia di proprieta' industriale ed
intellettuale,  ai  sensi  dell'art. 3  del  decreto  legislativo  27
giugno 2003,  n. 168 (Istituzione di Sezioni specializzate in materia
di  proprieta'  industriale ed intellettuale presso tribunali e corti
d'appello,  a  norma  dell'articolo 16  della legge 12 dicembre 2002,
n. 273).
    Inoltre, espone che, in virtu' dell'art. 134, comma 1, del d.lgs.
n. 30 del 2005, «nei procedimenti giudiziari in materia di proprieta'
industriale  e  di concorrenza sleale [...] ed in generale in materie
di competenza delle sezioni specializzate [...] si applicano le norme
dei  capi  I  e IV del titolo II e quelle del titolo III» del decreto
legislativo  17 gennaio  2003,  n. 5 (Definizione dei procedimenti in
materia  di  diritto  societario  e  di  intermediazione finanziaria,
nonche'   in   materia   bancaria   e   creditizia,   in   attuazione
dell'articolo 12  della  legge  3 ottobre 2001, n. 366) e, quindi, il
giudizio principale, tenuto conto della data di entrata in vigore del
codice  della proprieta' industriale ex art. 245, comma 1, del d.lgs.
n. 30   del  2005,  e'  disciplinato  dalle  norme  che  regolano  il
cosiddetto rito societario.
    2.1.  -  L'art. 16  della  legge  n. 273  del 2002 ha delegato il
Governo  ad  adottare  uno  o  piu'  decreti  legislativi  diretti ad
assicurare  una  piu' rapida ed efficace definizione dei procedimenti
giudiziari  nelle  materie ivi indicate, anche mediante l'istituzione
delle  sezioni  specializzate in materia di proprieta' industriale ed
intellettuale.
    Secondo  il giudice a quo, la delega, esercitata con l'emanazione
del d.lgs. n. 168 del 2003, e' anche scaduta ed ha realizzato, dunque
esaurito,  i suoi effetti. Inoltre, poiche' detto decreto legislativo
non  conteneva  norme  di  carattere processuale, fatta eccezione per
quelle   in   tema   di  collegialita'  dell'organo  decidente  e  di
attribuzioni del presidente della sezione, alle controversie devolute
alle  sezioni  specializzate  in materia di proprieta' industriale ed
intellettuale   (infra,   sezioni   specializzate)   sarebbero  state
applicabili  le norme del codice di procedura civile che disciplinano
il rito ordinario.
    Sotto  un primo profilo, il rimettente deduce che il d.lgs. n. 30
del   2005   e'   stato  emanato  in  virtu'  della  delega  prevista
dall'art. 15  della legge n. 273 del 2002, il quale non costituirebbe
adeguata base giuridica dell'art. 134, comma 1, del decreto delegato.
L'art. 15  ha,  invero,  ad  oggetto «il riassetto delle disposizioni
vigenti   in  materia  di  proprieta'  industriale»,  allo  scopo  di
realizzare  una  «ripartizione della materia per settori omogenei e[d
il]  coordinamento, formale e sostanziale, delle disposizioni vigenti
per  garantire  coerenza  giuridica,  logica e sistematica» (comma 1,
lettera a),  anche  al  fine  dello «adeguamento della normativa alla
disciplina internazionale e comunitaria» (comma 1, lettera b).
    Inoltre,   benche'  alcune  delle  disposizioni  interessate  dal
«riassetto»  avessero carattere procedurale, la delega non concerneva
la disciplina delle sezioni specializzate e del rito applicabile alle
controversie  a queste attribuite, poiche' detti profili costituivano
oggetto  della  distinta  delega  prevista  dall'art. 16  della legge
n. 273  del  2002.  Ad  avviso  del  rimettente, sebbene la relazione
ministeriale  al  d.lgs.  n. 30  del  2005  esponga che il denunciato
art. 134,  comma 1,  «attua  ed  integra  le prescrizioni della legge
n. 273/2002,  nella  parte in cui delega il Governo per l'istituzione
di  sezioni  specializzate», e' assai dubbio che la piu' ampia delega
dell'art. 15   di   detto   decreto  legislativo  ricomprenda  quella
dell'art. 16,  dovendo altresi' escludersi che, anche implicitamente,
sia  stato  prorogato  il  termine  di  quest'ultima  delega, avendo,
peraltro,  detta  relazione dato atto che il d.lgs. n. 30 del 2005 ha
innovato la disciplina introdotta dal d.lgs. n. 168 del 2003.
    Sotto un secondo profilo, l'ordinanza di rimessione deduce che il
censurato  art. 134, comma 1, del d.lgs. n. 30 del 2005, innovando in
materia  di  rito  applicabile  innanzi  alle  sezioni  specializzate
(nonche'  in  materia  di  competenza),  e stabilendo che le relative
controversie   (anche  quelle  in  tema  di  diritto  d'autore)  sono
disciplinate  dal  rito  societario,  si  porrebbe  in  contrasto con
l'art. 76  Cost., in quanto costituisce esercizio della delega, ormai
attuata e scaduta, prevista dall'art. 16 della legge n. 273 del 2002,
che  aveva  ad  oggetto l'istituzione di dette sezioni e concerneva i
profili sia organizzativi, sia processuali.
    2.2.  -  In  linea  subordinata,  il  giudice a quo sostiene che,
qualora  l'art. 16 della legge n. 273 del 2002 fosse interpretato nel
senso  che autorizzava il legislatore delegato a disciplinare il rito
applicabile   alle   controversie   di   competenza   delle   sezioni
specializzate,  detta norma - ma anche l'art. 15 della stessa legge -
si  porrebbe  in  contrasto  con  l'art. 76  Cost.,  per  mancanza di
principi  e  criteri  direttivi,  in quanto stabilisce soltanto che i
decreti  legislativi  avrebbero dovuto «assicurare una piu' rapida ed
efficace    definizione   dei   procedimenti   giudiziari».   Dunque,
l'estensione  alle  controversie  attribuite  alla  cognizione  delle
sezioni specializzate del rito disciplinato dal d.lgs. n. 5 del 2003,
che  non  e'  solo  semplificato  rispetto  a quello ordinario, ma e'
alternativo  rispetto  a  quest'ultimo e caratterizzato da principi e
presupposti  del  tutto  diversi, non rinverrebbe adeguato fondamento
nell'art. 16 della legge n. 273 del 2002.
    Infine,  conclude  il rimettente, sulle questioni non inciderebbe
il  sopravvenuto  art. 70-ter delle disposizioni per l'attuazione del
codice   di  procedura  civile,  inserito  dall'art. 2,  comma 3-ter,
lettera a),  del  decreto  legge  14 marzo  2005, n. 35 (Disposizioni
urgenti  nell'ambito  del  Piano di azione per lo sviluppo economico,
sociale   e   territoriale),   aggiunto   dalla   relativa  legge  di
conversione 14 maggio   2005,   n. 80   (Conversione  in  legge,  con
modificazioni,   d.l.  14 marzo  2005,  n. 35,  recante  disposizioni
urgenti  nell'ambito  del  Piano di azione per lo sviluppo economico,
sociale e territoriale. Deleghe al Governo per la modifica del codice
di  procedura  civile  in  materia  di  processo  di  cassazione e di
arbitrato  nonche'  per  la  riforma  organica della disciplina delle
procedure   concorsuali),   poiche'   questa   disposizione  ha  reso
applicabile   il   rito   societario   a   tutte   le   controversie,
indipendentemente dal loro oggetto, ma esclusivamente nel caso in cui
le parti, concordemente, abbiano operato una tale scelta.

                       Considerato in diritto

    1.  - Il Tribunale di Napoli, sezione specializzata in materia di
proprieta'  industriale ed intellettuale, con ordinanza del 12 aprile
2006,  ha  sollevato,  in riferimento all'art. 76 della Costituzione,
questione  di legittimita' costituzionale dell'art. 134, comma 1, del
decreto  legislativo 10 febbraio 2005, n. 30 (Codice della proprieta'
industriale,  a  norma dell'articolo 15 della legge 12 dicembre 2002,
n. 273),  nonche'  degli  artt. 15 e 16 della legge 12 dicembre 2002,
n. 273  (Misure per favorire l'iniziativa privata e lo sviluppo della
concorrenza).
    2  .  -  Secondo  il  rimettente, l'art. 134, comma 1, del d.lgs.
n. 30  del  2005, nella parte in cui stabilisce che alle controversie
attribuite  alla cognizione delle sezioni specializzate in materia di
proprieta'  industriale ed intellettuale e' applicabile il cosiddetto
rito  societario,  disciplinato  dal  decreto  legislativo 17 gennaio
2003,  n. 5  (Definizione  dei  procedimenti  in  materia  di diritto
societario  e  di  intermediazione  finanziaria,  nonche'  in materia
bancaria  e  creditizia,  in  attuazione dell'articolo 12 della legge
3 ottobre 2001, n. 366), si porrebbe in contrasto con l'art. 76 Cost.
    La  delega  prevista dall'art. 15 della legge n. 273 del 2002 non
concerneva,  infatti,  le  sezioni  specializzate,  sotto  il profilo
organizzativo   e  della  disciplina  processuale,  dato  che  queste
costituivano   oggetto  della  diversa,  distinta,  delega  contenuta
nell'art. 16  di  detta legge. Inoltre, neanche la delega prevista da
quest'ultima  norma  costituirebbe adeguata base giuridica del citato
art. 134,  comma 1,  in  quanto  alla  data di emanazione del decreto
legislativo  n. 30  del 2005 era ormai scaduta e neppure era compresa
nella  delega  dell'art. 15,  quindi  non  puo'  ritenersi prorogata,
neppure implicitamente.
    In  linea subordinata, il Tribunale di Napoli, per il caso in cui
si  ritenga il citato art. 134, comma 1, riconducibile alla delega di
cui  agli  artt. 15  e  16 della legge n. 273 del 2002, censura dette
norme  in riferimento all'art. 76 Cost. La genericita' di entrambe le
deleghe  e  la mancanza di specifici principi e criteri direttivi non
avrebbero,  infatti,  permesso di stabilire l'applicabilita' del rito
societario  alle  controversie attribuite alle sezioni specializzate,
dal  momento  che  tale rito non e' meramente semplificato rispetto a
quello  ordinario,  ma  e'  alternativo  rispetto  a  quest'ultimo  e
caratterizzato da principi del tutto diversi.
    3.  -  Prima di esaminare nel merito le censure, va osservato che
il  Tribunale  di  Napoli  ha denunciato sia l'art. 134, comma 1, del
d.lgs.  n. 30  del  2005,  sia  le  norme  della  legge delega che ne
costituirebbero  la  base giuridica (artt. 15 e 16 della legge n. 273
del  2002),  ponendo  i  quesiti  di costituzionalita' in rapporto di
subordinazione   logica;  pertanto,  le  questioni  devono  ritenersi
ammissibili (ordinanze n. 14 del 2003 e n. 273 del 2002).
    Il  rimettente  ha,  inoltre,  non  implausibilmente  motivato in
ordine all'applicabilita' al giudizio principale del citato art. 134,
comma 1, anche se, in considerazione dell'oggetto della controversia,
come identificato dalla stessa ordinanza, la questione deve ritenersi
rilevante esclusivamente in riferimento alla parte della disposizione
concernente  i  procedimenti  giudiziari  in  materia  di  proprieta'
industriale e di concorrenza sleale.
    4.  -  La  questione  avente  ad oggetto l'art. 134, comma 1, del
d.lgs.  n. 30  del  2005,  preliminare  rispetto  alle altre sotto il
profilo logico-giuridico, e' fondata.
    Secondo   la  consolidata  giurisprudenza  di  questa  Corte,  il
sindacato  di  costituzionalita'  sulla delega legislativa si esplica
attraverso  un  confronto  tra  gli esiti di due processi ermeneutici
paralleli:  l'uno,  relativo  alle norme che determinano l'oggetto, i
principi  e  i criteri direttivi indicati dalla delega, tenendo conto
del   complessivo  contesto  di  norme  in  cui  si  collocano  e  si
individuano  le ragioni e le finalita' poste a fondamento della legge
di  delegazione;  l'altro,  relativo alle norme poste dal legislatore
delegato, da interpretarsi nel significato compatibile con i principi
ed  i criteri direttivi della delega (ex plurimis, sentenze n. 54 del
2007; n. 280 del 2004; n. 199 del 2003).
    Inoltre,  qualora,  come nella specie, la delega abbia ad oggetto
il  riassetto  di  norme  preesistenti,  questa  finalita' giustifica
l'introduzione  di  soluzioni  sostanzialmente innovative rispetto al
sistema legislativo previgente soltanto se siano stabiliti principi e
criteri  direttivi  volti  a  definire  in  tal senso l'oggetto della
delega   ed  a  circoscrivere  la  discrezionalita'  del  legislatore
delegato (sentenze n. 239 del 2003 e n. 354 del 1998).
    La  norma  censurata,  come  dedotto dal rimettente, sia pure con
qualche  incertezza,  rinviene  la  sua base giuridica esclusivamente
nell'art. 15 del d.lgs. n. 30 del 2005.
    Decisiva e' in tal senso la circostanza che nella stessa premessa
del  decreto legislativo n. 30 del 2005, dopo il generico riferimento
alla  legge  delega  n. 273  del  2002,  e'  richiamato espressamente
soltanto  l'art. 15,  non anche l'art. 16 della stessa legge. D'altra
parte,  il  termine  per l'esercizio della delega prevista dal citato
art. 16  era  comunque  scaduto  alla  data di emanazione del decreto
legislativo n. 30 del 2005. In particolare, detto termine era scaduto
gia'  alla data in cui e' stato prorogato, per la prima volta, quello
della  delega  conferita  con  l'art. 15,  ad opera dell'art. 2 della
legge  27 luglio  2004,  n. 186,  il  quale  aveva  avuto  ad oggetto
soltanto il termine fissato dall'art. 15.
    La  delega  prevista  dal  citato  art. 15 concerne «il riassetto
delle disposizioni vigenti in materia di proprieta' industriale» e la
sua  formulazione, anche in considerazione dei principi e dei criteri
direttivi  enunciati,  e'  riferibile  esclusivamente  alle  norme di
diritto  sostanziale,  a quelle di diritto processuale previste dalle
leggi   speciali   oggetto   del   riassetto,   alla  disciplina  dei
procedimenti  amministrativi  richiamati in detti principi e criteri,
alla modalita' di realizzazione della semplificazione e del riassetto
normativo  (in  virtu'  del  rinvio  all'art. 20 della legge 15 marzo
1997,  n. 59,  nel testo sostituito dall'art. 1, comma 1, della legge
29 luglio 2003, n. 229, e del comma 2 di quest'ultima norma).
    In  tal  senso,  e'  significativo che la relazione al disegno di
legge  poi divenuto legge n. 273 del 2002, in riferimento alla delega
prevista  dall'art. 15,  precisa  che  sua finalita' era il «riordino
normativo della disciplina sulla proprieta' industriale», che «passa,
dunque,  attraverso  la  razionalizzazione e la semplificazione delle
disposizioni  di diritto sostanziale». Con detta delega, pertanto, e'
stato  conferito  al  legislatore  il  potere di comporre in un testo
normativo  unitario le molteplici disposizioni vigenti nella materia,
modificandole  nella misura strettamente necessaria, adeguandole alla
disciplina  internazionale e comunitaria, organizzandole in un quadro
nuovo,  ponendo  in  rilievo  i  nessi  sistematici  esistenti  tra i
molteplici diritti di proprieta' industriale.
    Nessuno  dei  principi  e  criteri direttivi permette di ritenere
che,  sia  pure  implicitamente,  il  legislatore  delegato sia stato
autorizzato  a stabilire la disciplina processuale delle controversie
attribuite  alla cognizione delle sezioni specializzate in materia di
proprieta'  industriale  ed  intellettuale,  mediante  la  previsione
dell'applicabilita'   di   un   rito  diverso  da  quello  ordinario,
caratterizzato   da   elementi  peculiari  rispetto  a  quest'ultimo,
realizzando  in  tal  modo  una  sostanziale  innovazione  del regime
vigente.  Peraltro,  alla  data  di  promulgazione della legge delega
(12 dicembre  2002),  la  disciplina  del processo societario non era
stata ancora emanata (in quanto stabilita dal d.lgs. 17 gennaio 2003,
n. 5),  sicche',  avendo  riguardo  alla data della delega, non erano
enunciabili  neppure  principi  e  criteri  direttivi  stabiliti  per
relationem,  mediante  rinvio,  sia pure implicito, ad una disciplina
gia' presente nell'ordinamento.
    Il  contesto  normativo  nel quale e' inserita la delega in esame
conforta questa interpretazione.
    Nella  stessa  legge  n. 273  del  2002, subito dopo l'art. 15, e
cioe'  nell'art. 16,  e'  stata  infatti  prevista  una  distinta  ed
ulteriore   delega,   avente   ad  oggetto  l'emanazione  di  decreti
legislativi  diretti  proprio  «ad  assicurare  una  piu'  rapida  ed
efficace   definizione   dei   procedimenti  giudiziari»,  esercitata
mediante l'emanazione del d.lgs. n. 168 del 2003, che ha istituito le
sezioni   specializzate  in  materia  di  proprieta'  industriale  ed
intellettuale,  intervenendo anche sulla disciplina del processo (sia
pure  limitatamente  alla previsione della riserva di collegialita' e
delle  attribuzioni del presidente della sezione: artt. 2, comma 1, e
5).
    La disciplina in una stessa legge di queste due distinte deleghe,
una  delle  quali  (quella  dell'art. 16)  concerneva  dette  sezioni
specializzate,    in    relazione    ai    profili    inerenti    sia
all'organizzazione  che alla disciplina del processo, e' univocamente
espressiva  dell'intento  del legislatore delegante di escludere tali
profili dalla delega oggetto dell'art. 15.
    Le   ragioni   di   opportunita'  e  la  finalita'  di  «maggiore
efficienza»,  richiamate nella relazione ministeriale al d.lgs. n. 30
del  2005  a  conforto dell'intervento sulla disciplina del processo,
non  giustificano, inoltre, una soluzione adottata in difetto di ogni
previsione  in  tal senso nel citato art. 15 e che, conseguentemente,
neppure   rientra   nella  sfera  di  discrezionalita'  spettante  al
legislatore delegato.
    Deve  essere,  pertanto,  dichiarata, per violazione dell'art. 76
Cost.,  l'illegittimita'  costituzionale, dell'art. 134, comma 1, del
d.lgs.  n. 30  del  2005,  nella  parte  in  cui  stabilisce  che nei
procedimenti  giudiziari  in  materia  di proprieta' industriale e di
concorrenza sleale, la cui cognizione e' delle sezioni specializzate,
ivi  comprese  quelle  che  presentano  ragioni  di connessione anche
impropria,  si  applicano  le  norme  dei capi I e IV del titolo II e
quelle  del titolo III del decreto legislativo 17 gennaio 2003, n. 5,
restando assorbite le ulteriori questioni.
    Le  considerazioni  svolte valgono anche al fine di affermare che
il  legislatore  delegato  era  privo  del potere di stabilire che in
materia  di illeciti afferenti all'esercizio di diritti di proprieta'
industriale  ai  sensi  della  legge 10 ottobre 1990, n. 287, e degli
articoli 81  e  82  del Trattato CE, la cui cognizione e' del giudice
ordinario,  ed  in  generale  in  materie di competenza delle sezioni
specializzate,   ivi   comprese  quelle  che  presentano  ragioni  di
connessione  anche  impropria,  si applicano le norme dei capi I e IV
del  titolo  II  e  quelle  del  titolo  III  del decreto legislativo
17 gennaio 2003, n. 5.
    Pertanto, ai sensi dell'art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87,
va  dichiarata  l'illegittimita'  costituzionale del citato art. 134,
comma 1, anche in questa parte.