ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nei  giudizi  di legittimita' costituzionale dell'art. 62 della legge
27 dicembre 2002, n. 289 (Disposizioni per la formazione del bilancio
annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2003), promossi
con  un'ordinanza depositata il 18 gennaio e due ordinanze depositate
il  1° febbraio  2006  dalla  Commissione  tributaria  provinciale di
Benevento,  rispettivamente  iscritte  ai  nn. 593,  594  e  595  del
registro  ordinanze  2006 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica n. 1, 1ª serie speciale, dell'anno 2007.
    Visti  gli  atti  di  intervento del Presidente del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nella  Camera  di  consiglio  del 9 maggio 2007 il giudice
relatore Franco Gallo.
    Ritenuto  che, nel corso di due giudizi riuniti aventi ad oggetto
l'impugnazione  di  atti  di  recupero  di  crediti di imposta emessi
dall'Agenzia  delle  entrate,  ufficio  di  Benevento, la Commissione
tributaria  provinciale  di  Benevento,  con  ordinanza depositata il
18 gennaio  2006 (r.o. n. 593 del 2006), ha sollevato, in riferimento
agli  artt. 97  e  24  della  Costituzione  ed  «in  relazione  anche
all'art. 3  della  legge  27 luglio  2000,  n. 212»  (Disposizioni in
materia  di  statuto  dei  diritti  del  contribuente),  questione di
legittimita'   costituzionale  dell'art. 62  (rectius:  62,  comma 1,
lettera a), della legge 27 dicembre 2002, n. 289 (Disposizioni per la
formazione  del  bilancio  annuale  e pluriennale dello Stato - legge
finanziaria 2003);
        che  la  disposizione denunciata impone ai soggetti che hanno
conseguito  in  via automatica, anteriormente alla data dell'8 luglio
2002,  il  diritto  al  contributo  di  cui  all'art. 8  della  legge
23 dicembre 2000, n. 388 (Disposizioni per la formazione del bilancio
annuale   e  pluriennale  dello  Stato  -  legge  finanziaria  2001),
l'obbligo di inviare entro il 28 febbraio 2003, a pena di «decadenza»
dal  contributo  medesimo,  utilizzando un modello da predisporsi con
provvedimento  del  Direttore  dell'Agenzia  delle  entrate,  i  dati
occorrenti per la ricognizione degli investimenti realizzati;
        che, quanto alla non manifesta infondatezza, il giudice a quo
osserva  che  la  norma  censurata,  in  violazione  del  divieto  di
retroattivita'  delle  leggi tributarie sancito dall'art. 3, comma 1,
della  citata  legge  n. 212  del  2000,  ha efficacia retroattiva e,
pertanto,  si pone in contrasto con i principi di correttezza e buona
fede,  nonche',  conseguentemente,  con quelli di buon andamento e di
imparzialita'  della  pubblica amministrazione garantiti dall'art. 97
Cost;
        che  il  rimettente  osserva,  altresi',  che la disposizione
censurata  pone  a  carico  dell'interessato  un  adempimento  (cioe'
l'invio  dei  dati suddetti) da effettuarsi in un termine inferiore a
sessanta  giorni  dalla  sua  entrata  in  vigore  e,  quindi,  e' in
contrasto  con  l'art. 3,  comma 2,  della  legge n. 212 del 2000, il
quale   stabilisce   che  le  disposizioni  tributarie  «non  possono
prevedere  adempimenti  a carico dei contribuenti la cui scadenza sia
fissata  anteriormente  al  sessantesimo giorno dalla data della loro
entrata  in vigore o dell'adozione dei provvedimenti di attuazione in
esse espressamente previsti»;
        che,  per  il  giudice  a  quo,  tale  contrasto  comporta la
violazione  dell'art. 24 Cost., perche' il termine di sessanta giorni
previsto   dall'art. 3,   comma 2,   della   legge  n. 212  del  2000
costituisce un «termine minimo indispensabile perche' il contribuente
possa  esplicare  gli  adempimenti  a  suo  carico  a tutela dei suoi
diritti e, quindi, del diritto di difesa»;
        che, quanto alla rilevanza, la Commissione tributaria afferma
sia  che  deve  fare  applicazione  della disposizione censurata, non
essendo  fondate  le altre ragioni di impugnazione prospettate in via
logicamente    preliminare    dalla   parte   ricorrente,   sia   che
dall'eventuale  accoglimento  della sollevata questione discenderebbe
il venir meno della pretesa tributaria dell'Ufficio;
        che  e' intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri,
rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, il quale
ha  chiesto  che  la  questione  sia  dichiarata  inammissibile o, in
subordine, infondata;
        che,  ad  avviso  della  difesa  erariale,  la  questione  e'
inammissibile,  perche'  il giudice a quo si e' limitato a richiamare
gli  argomenti  del ricorrente, senza esporre in modo chiaro i motivi
che  hanno  giustificato  l'adozione  degli  atti  impugnati  e senza
illustrare   il   collegamento   eventualmente   esistente   tra   le
determinazioni  assunte  dall'Agenzia delle entrate e la disposizione
censurata;
        che, nel merito, l'Avvocatura generale dello Stato rileva che
la  disposizione  censurata  e' gia' stata sottoposta all'esame della
Corte  costituzionale, la quale ha affermato che «la previsione della
«decadenza»  dal  contributo  appare adeguata e coerente con la ratio
della   norma   censurata   e   non   eccede   i   limiti  dell'ampia
discrezionalita' riservata al legislatore in materia di agevolazioni»
e  ha,  comunque,  escluso  l'asserita  violazione  del  principio di
irretroattivita'  della legge tributaria, perche' «la norma censurata
non  dispone  per  il  passato,  ma fissa per il futuro un obbligo di
comunicazione  di  dati  a  pena di decadenza dal contributo, a nulla
rilevando  che  tale  decadenza  abbia  ad oggetto un contributo gia'
conseguito» (ordinanza n. 124 del 2006);
        che,   per   la   stessa  Avvocatura,  deve  conseguentemente
escludersi  la violazione dell'art. 97 Cost., perche' tale censura e'
stata  formulata  sull'erroneo  presupposto  della natura retroattiva
della disposizione denunciata;
        che,  quanto  alla  dedotta violazione dell'art. 24 Cost., la
difesa  erariale  rileva  che  la norma censurata non incide in alcun
modo sulla tutela giurisdizionale del contribuente;
        che,  nel  corso  di  altri  due distinti giudizi - aventi ad
oggetto  l'impugnazione  di  atti  con  cui  l'Agenzia delle entrate,
ufficio  di  Benevento,  in  ragione  del mancato tempestivo invio da
parte   degli   interessati  del  «modello  CVS»  contenente  i  dati
occorrenti  per  la ricognizione degli investimenti realizzati, aveva
disposto  il  recupero dei crediti di imposta fruiti dai contribuenti
ai  sensi  dell'art. 8  della legge n. 388 del 2000 -, la Commissione
tributaria  provinciale  di  Benevento,  con due ordinanze depositate
entrambe  il  1° febbraio  2006  (r.o.  n. 594 e n. 595 del 2006), ha
sollevato,   sulla   base   delle   medesime  argomentazioni  di  cui
all'ordinanza  di rimessione sopra menzionata, identiche questioni di
legittimita' costituzionale;
        che  e'  intervenuto  in entrambi i giudizi il Presidente del
Consiglio   dei  ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura
generale  dello  Stato, il quale, richiamando le ragioni gia' esposte
nel  precedente  giudizio, ha chiesto che la questione sia dichiarata
«inammissibile,  perche'  manifestamente  infondata»,  o sia comunque
rigettata per infondatezza.
    Considerato   che   la   Commissione  tributaria  provinciale  di
Benevento,  con  tre  ordinanze  di  analogo  contenuto,  dubita,  in
riferimento  agli  artt. 24  e  97  della Costituzione, «in relazione
anche all'art. 3 della legge 27 luglio 2000, n. 212» (Disposizioni in
materia  di statuto dei diritti del contribuente), della legittimita'
costituzionale   dell'art. 62,   comma 1,   lettera a),  della  legge
27 dicembre 2002, n. 289 (Disposizioni per la formazione del bilancio
annuale  e  pluriennale  dello Stato - legge finanziaria 2003), nella
parte  in  cui  determina,  in una data non successiva al 28 febbraio
2003,  il  termine  -  da  fissarsi dall'Agenzia delle entrate nei 30
giorni  dall'entrata  in  vigore  della  legge  (cioe'  non  oltre il
30 gennaio  2003)  -  entro il quale le imprese, che hanno conseguito
automaticamente,  prima dell'8 luglio 2002, contributi nella forma di
crediti di imposta per gli investimenti di cui all'art. 8 della legge
23 dicembre 2000, n. 388 (Disposizioni per la formazione del bilancio
annuale  e  pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2001), devono
inviare  i  dati  occorrenti  per  la ricognizione degli investimenti
realizzati, a pena di «decadenza» dai contributi stessi;
        che l'Agenzia delle entrate, con provvedimento emesso in data
24 gennaio 2003, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
del 4 febbraio 2003, ha fissato tale termine al 28 febbraio 2003;
        che,  ad  avviso  del  giudice  rimettente,  la  disposizione
censurata,  in  quanto  avente  efficacia  retroattiva,  si  pone  in
contrasto  con l'art. 3, comma 1, della citata legge n. 212 del 2000,
il  quale fa divieto al legislatore di adottare in materia tributaria
leggi retroattive, e viola quindi l'art. 97 Cost., perche', avendo il
legislatore  del citato statuto dei diritti del contribuente ritenuto
la  retroattivita'  della  legge  tributaria contraria ai principi di
correttezza  e buona fede, risulta evidente che, quando tali principi
non  sono  rispettati,  «non possono certo essere assicurati «il buon
andamento e l'imparzialita' dell'amministrazione»»;
        che  per  il  rimettente,  inoltre, la medesima disposizione,
avendo posto a carico dei contribuenti adempimenti da compiersi entro
un termine inferiore a sessanta giorni dalla sua entrata in vigore (e
comunque  dall'entrata  in  vigore  delle  disposizioni di attuazione
della  stessa),  si  pone  in  contrasto con l'art. 3, comma 2, della
legge n. 212 del 2000, il quale stabilisce invece che le disposizioni
tributarie   «non   possono   prevedere   adempimenti  a  carico  dei
contribuenti   la   cui   scadenza   sia   fissata  anteriormente  al
sessantesimo  giorno  dalla  data  della  loro  entrata  in  vigore o
dell'adozione  dei  provvedimenti di attuazione in esse espressamente
previsti»  e,  quindi,  viola l'art. 24 Cost., in quanto tale termine
costituisce il «termine minimo indispensabile perche' il contribuente
possa  esplicare  gli  adempimenti  a  suo  carico  a tutela dei suoi
diritti e, quindi, del diritto di difesa»;
        che,  stante la identita' delle questioni proposte con le tre
ordinanze,  i  relativi  giudizi  possono essere riuniti e decisi con
unica pronuncia;
        che  deve  preliminarmente  essere  disattesa  l'eccezione di
inammissibilita'  della  questione sollevata con l'ordinanza iscritta
nel  registro  delle  ordinanze  al  n. 593  del  2006, espressamente
formulata dalla difesa erariale sulla base del rilievo che la carente
descrizione  della fattispecie non consentirebbe la valutazione della
rilevanza della questione medesima;
        che,  al contrario di quanto sostenuto dalla difesa erariale,
il  giudice  a  quo ha indicato in modo sufficiente le ragioni per le
quali  ritiene  di  dover  fare  applicazione  della norma censurata,
affermando in particolare di non poter pervenire all'accoglimento dei
ricorsi  sulla  base  delle  altre pregiudiziali ragioni fatte valere
dalla parte ricorrente;
        che, nel merito, le questioni sono manifestamente infondate;
        che le questioni concernenti la violazione dell'art. 97 Cost.
risultano proposte sulla base dell'erroneo presupposto interpretativo
della natura retroattiva della norma censurata;
        che  tale  natura  e'  stata  negata  da  questa  Corte,  con
l'ordinanza  n. 124 del 2006, perche' la norma censurata «non dispone
per il passato, ma fissa per il futuro un obbligo di comunicazione di
dati a pena di «decadenza dal contributo», a nulla rilevando che tale
decadenza abbia ad oggetto un contributo gia' conseguito»;
        che le questioni concernenti la violazione dell'art. 24 Cost.
risultano  proposte sul duplice presupposto che: a) il termine minimo
di  sessanta  giorni, stabilito in via generale dall'art. 3, comma 2,
della legge n. 212 del 2000 per l'effettuazione degli adempimenti del
contribuente, abbia uno specifico fondamento costituzionale; b) detto
termine attenga all'esercizio del diritto di difesa;
        che entrambi tali presupposti sono erronei: il primo, perche'
l'art. 3 della legge n. 212 del 2000 non costituisce parametro idoneo
a  fondare  il  giudizio  di  legittimita'  costituzionale (ordinanza
n. 216  del  2004);  il  secondo, perche' la norma censurata fissa un
termine  di  natura  non  processuale  -  e  quindi  non  finalizzato
all'esercizio  del  diritto  di  difesa  -  che,  per  sua natura, e'
estraneo  all'ambito  di  tutela  dell'art. 24  Cost.  (ex  plurimis,
ordinanze n. 940 e n. 21 del 1988, n. 324 del 1987);
    Visti  gli  artt. 26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti
alla Corte costituzionale.