ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nel  giudizio  per conflitto di attribuzione tra enti sorto a seguito
della  nota dell'Agenzia delle entrate - Direzione centrale normativa
e  contenzioso  - Settore fiscalita' generale e contenzioso - Ufficio
persone   fisiche   del   14  giugno 2005,  prot.  n. 954-91232/2005,
interpretativa     dell'art. 76    della    legge    della    Regione
Siciliana 28 dicembre  2004,  n. 17  (Disposizioni  programmatiche  e
finanziarie  per  l'anno 2005),  promosso  con  ricorso della Regione
Siciliana  notificato  il 9 agosto 2005, depositato in cancelleria il
17 agosto  2005  ed iscritto al n. 27 del registro conflitti tra enti
2005;
    Visto  l'atto  di  costituzione  del Presidente del Consiglio dei
ministri;
    Udito   nell'udienza   pubblica  dell'8 maggio  2007  il  giudice
relatore Franco Gallo;
    Uditi gli avvocati Michele Arcadipane e Giovanni Carapezza Figlia
per  la  Regione  Siciliana e l'avvocato dello Stato Giancarlo Mando'
per il Presidente del Consiglio dei ministri.

                          Ritenuto in fatto

    1.  -  Con ricorso notificato il 9 agosto 2005 e depositato il 17
successivo,   la   Regione   Siciliana   ha   proposto  conflitto  di
attribuzione  nei  confronti  dello  Stato,  in  relazione  alla nota
dell'Agenzia   delle   entrate   -  Direzione  centrale  normativa  e
contenzioso  -  Settore  fiscalita'  generale e contenzioso - Ufficio
persone  fisiche,  prot. n. 954-91232/2005 del 14 giugno 2005, emessa
in risposta all'interpello formulato il 14 febbraio 2005 dall'Agenzia
regionale    per    l'impiego    e    la   formazione   professionale
dell'Assessorato  regionale  del  lavoro,  della  previdenza sociale,
della  formazione  professionale  e  dell'emigrazione,  con  la quale
l'Agenzia  delle  entrate  ha  espresso  la  propria  interpretazione
dell'art. 76  della  legge  della Regione Siciliana 28 dicembre 2004,
n. 17 (Disposizioni programmatiche e finanziarie per l'anno 2005), il
quale  ha disposto che i contributi per la formazione all'autoimpiego
previsti  dall'art. 2  della legge della Regione Siciliana 28 gennaio
1998,   n. 3,  sono  «assimilabili»  alle  borse  di  studio  di  cui
all'art. 4  della  legge  13 agosto 1984, n. 476 (Norme in materia di
borse di studio e dottorato di ricerca nelle Universita).
    La  Regione  premette  che  l'art. 2  della  legge  della Regione
Siciliana 23 gennaio  1998, n. 3 (Disposizioni in materia di lavoro e
occupazione.  Norme  di proroga e di finanziamento degli oneri per il
contingente  dell'Arma dei Carabinieri operante in Sicilia) autorizza
l'Assessore  regionale  per  il  lavoro,  la  previdenza  sociale, la
formazione  professionale  e  l'emigrazione a promuovere e finanziare
progetti di formazione all'autoimpiego dei soggetti di cui all'art. 1
della legge della Regione Siciliana 21 dicembre 1995, n. 85, e che, a
seguito  di  istanza  di  interpello in ordine al trattamento fiscale
applicabile  a  tali  erogazioni, l'Agenzia delle entrate - Direzione
centrale  normativa  e contenzioso, con risoluzione 21 novembre 2002,
n. 365,  aveva  affermato  che le suddette erogazioni dovevano essere
assoggettate  a  tassazione  ai sensi dell'art. 47 (corrispondente al
vigente  art. 50),  comma 1, lettera c), del d.P.R. 22 dicembre 1986,
n. 917  (Approvazione  del  testo  unico  delle imposte sui redditi),
quali redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente.
    La  ricorrente  premette altresi' che l'art. 76 della legge della
Regione  Siciliana  n. 17  del  2004,  sotto  la  rubrica «formazione
all'autoimpiego», ha stabilito che «I contributi corrisposti ai sensi
dell'articolo 2  della  legge regionale 23 gennaio 1998, n. 3 sono da
intendersi aiuti nell'ambito della formazione all'autoimpiego rivolta
a  soggetti  disoccupati  ed assimilabili alle borse di studio di cui
all'art. 4  della  legge  13 agosto  1984,  n. 476». In proposito, la
Regione  precisa  che,  con  il citato art. 76, allo scopo di rendere
interamente  fruibile  per  i  lavoratori socialmente utili l'importo
lordo  dei  contributi loro assegnati per consentire l'efficace avvio
di un'attivita' imprenditoriale autonoma, il legislatore regionale ha
inteso  introdurre un'agevolazione fiscale attraverso l'equiparazione
di  detti  contributi  alle  borse di studio che il menzionato art. 4
della legge n. 476 del 1984 dispone siano «esenti dall'imposta locale
sui redditi e da quella sul reddito delle persone fisiche».
    In  relazione  alla  disposizione introdotta dalla suddetta legge
regionale  del  2004  - prosegue la ricorrente -, l'Agenzia regionale
per  l'impiego  e  la  formazione professionale ha formulato, in data
14 febbraio 2005, un'istanza di interpello all'Agenzia delle entrate,
sostenendo  di  non  dover  piu'  operare  le  ritenute  fiscali gia'
applicate  sulle  erogazioni  di  cui  all'art. 2  della citata legge
regionale  n. 3  del  1998.  La medesima Agenzia regionale ha chiesto
anche  una  consulenza all'ufficio legislativo e legale della Regione
Siciliana,  il  quale,  nelle  more della risposta dell'Agenzia delle
entrate,  ha  interpretato  la  norma censurata nel senso che questa,
assimilando  i  suddetti  contributi alle borse di studio di cui alla
legge n. 476 del 1984, ha reso non piu' applicabile a tali contributi
l'art. 47  (corrispondente  al vigente art. 50), comma 1, lettera c),
del d.P.R. n. 917 del 1986.
    Con  l'impugnata  nota  di risposta all'interpello - riferisce la
Regione  Siciliana  - l'Agenzia delle entrate afferma che il richiamo
operato  dal  legislatore regionale all'art. 4 della legge n. 476 del
1984  e'  effettuato  «al solo fine di individuare le borse di studio
cui  e'  riferita l'equiparazione, fermo restando che l'equiparazione
stessa    esplica   i   suoi   effetti   esclusivamente   in   ambito
amministrativo-giuslavoristico»,  con  la  precisazione  che «nessuna
valenza  fiscale  puo'  essere  attribuita  alla  norma  regionale in
discorso»  (art. 76  della  citata  legge  regionale n. 17 del 2004),
perche'  la  stessa,  se  fosse diretta all'estensione dell'esenzione
disposta   dalla   legge   n. 476   del   1984   ai   contributi  per
l'autoformazione,   non   sarebbe   «conforme   ai  principi  cardine
dell'ordinamento costituzionale in materia tributaria».
    Tanto  premesso,  la  Regione  Siciliana  promuove  conflitto  di
attribuzione  nei  confronti  dello  Stato,  deducendo  la violazione
dell'art. 36  dello  statuto  regionale  e  delle  relative  norme di
attuazione, approvate con d.P.R. 26 luglio 1965, n. 1074, nonche' del
principio di leale cooperazione.
    La  ricorrente  osserva,  innanzitutto,  di  essere  titolare  di
potesta'  legislativa concorrente o sussidiaria in materia di tributi
erariali  e  di  esenzioni dagli stessi, ancorche' nei limiti segnati
dai  principi  del  sistema  tributario  statale e dai principi della
legislazione  statale  relativi  ad  ogni singolo tributo. Per quanto
riguarda,  in  particolare,  le  esenzioni, essa ricorda che, secondo
quanto affermato dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 25 del
1958,  affinche' una norma regionale di esenzione da un tributo possa
essere  costituzionalmente  legittima,  occorre  che:  esistano nella
legislazione  statale  casi di esenzione da quello stesso tributo; le
disposizioni regionali di esenzione trovino rispondenza in un tipo di
esenzione  previsto  dalla  legge statale; l'esenzione risponda ad un
interesse regionale.
    La  Regione  Siciliana  aggiunge che l'art. 76 della citata legge
regionale n. 17 del 2004 fa letteralmente riferimento ad un'esenzione
disposta  dallo  Stato  in  relazione  alla  tipologia  del tributo e
dell'esenzione.  Quanto  poi all'interesse regionale, rileva che esso
va  ravvisato  nell'obiettivo  di non vanificare l'intervento volto a
favorire  la  «fuoriuscita  dal  bacino  dei  lavoratori  socialmente
utili»,  in  una  situazione, quale quella siciliana, in cui, essendo
detto  «bacino»  piu'  «rilevante»  che  in altre zone d'Italia, tale
«fuoriuscita»  risulterebbe  necessaria per sgravare i futuri bilanci
regionali.  Il  risultato interpretativo cui perviene l'Agenzia delle
entrate  con  l'impugnata  nota contrasta, percio', sia con l'art. 36
dello statuto speciale e con le relative norme di attuazione, sia con
l'art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche
al  titolo V della parte seconda della Costituzione), che fa salve le
forme  di  autonomia  piu'  ampie  attribuite  alle Regioni a statuto
speciale.
    Sotto  un  secondo profilo, la ricorrente deduce che il principio
di  leale  cooperazione  avrebbe  imposto,  nel  caso  di  specie, di
raggiungere  una  preventiva  intesa in ordine alle determinazioni da
assumere;  e  cio'  tanto  piu'  in  quanto  l'Assessorato  regionale
competente  aveva, proprio in osservanza di quel principio, trasmesso
all'Agenzia delle entrate il parere dell'ufficio legislativo e legale
della Regione.
    2.  -  Si e' costituito il Presidente del Consiglio dei ministri,
rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, il quale
ha  chiesto  che il ricorso venga dichiarato inammissibile o comunque
respinto.
    Quanto  all'eccepita inammissibilita', la difesa erariale osserva
che la nota impugnata costituisce risposta ad un interpello richiesto
dall'amministrazione  regionale  ai  sensi  dell'art. 11  della legge
27 luglio  2000,  n. 212  (Disposizioni  in  materia  di  statuto dei
diritti    del    contribuente),   norma   in   forza   della   quale
l'amministrazione   finanziaria   e'   tenuta   a   rispondere   alle
«circostanziate   e  specifiche  istanze  di  interpello  concernenti
l'applicazione  delle  disposizioni  tributarie  a  casi  concreti  e
personali,  qualora vi siano obiettive condizioni di incertezza sulla
corretta   interpretazione   delle   disposizioni  stesse».  Da  cio'
consegue, per l'Avvocatura generale, che la nota impugnata, in quanto
costituisce  una mera risposta ad un interpello, non e' atta a ledere
la sfera di competenza della Regione.
    Nel  merito,  la  difesa  erariale  osserva  che  l'Agenzia delle
entrate  ha correttamente interpretato la norma regionale in coerenza
con  i  principi  costituzionali che conformano il potere legislativo
della  Regione  Siciliana  in  materia tributaria. La diversa lettura
ipotizzata     dalla    ricorrente,    del    resto,    comporterebbe
l'illegittimita'  costituzionale  della  norma  regionale  oggetto di
interpretazione, perche' questa introdurrebbe un'esenzione da tributi
erariali,  in  deroga  ai  principi  della legislazione statale sulle
imposte  sui  redditi, la quale in generale considera come imponibili
anche  le somme da chiunque corrisposte a titolo di borsa di studio o
di assegno, premio o sussidio per motivi di studio o di addestramento
professionale  a  favore  di  beneficiario  non legato da rapporto di
lavoro dipendente al soggetto erogante.
    Quanto  poi  alla  denunciata  violazione  del principio di leale
cooperazione,  l'Avvocatura  rileva che, poiche' la nota impugnata e'
stata  emessa  in risposta ad istanza di interpello, non si comprende
quale  «preventiva  intesa in ordine alle determinazioni da assumere»
sarebbe  dovuta intervenire nel caso di specie, ne' quale altra forma
di  cooperazione l'Agenzia, sollecitata proprio dall'organo regionale
a  interpretare  la  normativa  coinvolta,  avrebbe  dovuto  porre in
essere.
    3. - In prossimita' dell'udienza, il Presidente del Consiglio dei
ministri  ha  depositato  memoria,  con la quale ribadisce le proprie
conclusioni.

                       Considerato in diritto

    1.  -  La Regione Siciliana propone conflitto di attribuzione nei
confronti  dello  Stato,  in  relazione  alla nota dell'Agenzia delle
entrate  -  Direzione  centrale  normativa  e  contenzioso  - Settore
fiscalita'  generale  e  contenzioso - Ufficio persone fisiche, prot.
n. 954-91232/2005  del  14  giugno 2005,  emessa  in  risposta  a  un
interpello  formulato  dall'Agenzia  regionale  per  l'impiego  e  la
formazione professionale dell'Assessorato regionale del lavoro, della
previdenza     sociale,     della    formazione    professionale    e
dell'emigrazione,  ai  sensi dell'art. 11 della legge 27 luglio 2000,
n. 212,  ed  avente  ad oggetto il trattamento fiscale applicabile ai
contributi  erogati  ai  sensi  dell'art. 2 della legge della Regione
Siciliana 23 gennaio  1998, n. 3 (Disposizioni in materia di lavoro e
occupazione.  Norme  di proroga e di finanziamento degli oneri per il
contingente dell'Arma dei carabinieri operante in Sicilia).
    La  ricorrente  premette che tali contributi, al fine di favorire
l'occupazione  dei  lavoratori  socialmente  utili,  sono  diretti  a
finanziare  progetti  di «formazione all'autoimpiego» e che l'art. 76
della   legge   della   Regione   Siciliana 28 dicembre  2004,  n. 17
(Disposizioni  programmatiche e finanziarie per l'anno 2005), dispone
che  i medesimi contributi «sono assimilabili alle borse di studio di
cui  all'art. 4  della  legge  13 agosto  1984,  n. 476».  Secondo la
ricorrente,  in  forza  di  tale  assimilazione,  i contributi per la
«formazione   all'autoimpiego»   godono  dell'esenzione  dall'imposta
locale  sui  redditi  e  da  quella sul reddito delle persone fisiche
prevista dall'art. 4 della legge n. 476 del 1984 (Norme in materia di
borse  di  studio  e dottorato di ricerca nelle Universita) per dette
borse di studio.
    Tanto  premesso,  la  Regione  denuncia  la lesione delle proprie
attribuzioni  in  materia  tributaria,  quali  delineate dall'art. 36
dello statuto speciale e dal d.P.R. 26 luglio 1965, n. 1074 (Norme di
attuazione   dello   Statuto   della  Regione  siciliana  in  materia
finanziaria),  nonche'  del  principio di leale cooperazione, perche'
nell'impugnata   nota   l'Agenzia  delle  entrate  ha  affermato  che
l'assimilazione   disposta   dal  legislatore  regionale  ha  effetto
«esclusivamente  in ambito amministrativo-giuslavoristico», senza che
alcuna   valenza   fiscale  possa  attribuirsi  alla  predetta  norma
regionale,  la  quale,  diversamente,  «non  risulterebbe conforme ai
principi   cardine  dell'ordinamento  costituzionale,  relativi  alla
materia  tributaria»,  secondo  i  quali  la  Regione Siciliana «puo'
operare,  nel  rinnovato  quadro  istituzionale (legge costituzionale
18 ottobre  2001,  n. 3)  solo  per  gli  ambiti  non riconosciuti di
competenza esclusiva» dello Stato.
    2.    -   L'Avvocatura   generale   dello   Stato   ha   eccepito
l'inammissibilita'  del ricorso per inidoneita' dell'atto impugnato a
ledere  le  attribuzioni  costituzionali  della  Regione  in  materia
tributaria.
    L'eccezione e' fondata.
    2.1.  - Per costante giurisprudenza di questa Corte, l'attitudine
lesiva  dell'atto  impugnato  costituisce requisito di ammissibilita'
dei  conflitti  di  attribuzione  tra  lo  Stato  e  le  Regioni.  In
particolare,  la  Corte ha affermato che, «per potersi configurare un
conflitto  di  attribuzione,  il  pregiudizio lamentato dalla Regione
deve  essere riconducibile ad un'autonoma attitudine lesiva dell'atto
impugnato  e  non  esclusivamente  al  modo  erroneo  in cui e' stata
applicata la legge [...]. Ugualmente, nel caso in cui si prospetti il
«cattivo  esercizio»  di  un  potere statale, l'uso illegittimo dello
stesso deve determinare conseguenze non solo negative per la Regione,
ma  tali  da  violare  la  ripartizione  delle rispettive competenze»
(sentenza  n. 422  del 1998; analogamente, sentenze n. 288 del 2004 e
n. 467  del  1997).  Deve  percio' qui procedersi alla verifica della
sussistenza  nell'atto impugnato dell'idoneita' lesiva della sfera di
competenza assegnata dalla Costituzione alla Regione Siciliana.
    2.2.  -  La  nota dell'Agenzia delle entrate oggetto del presente
conflitto  e' stata emessa in risposta ad interpello formale proposto
dall'Agenzia  regionale  per  l'impiego e la formazione professionale
dell'Assessorato  regionale  del  lavoro,  della  previdenza sociale,
della formazione professionale e dell'emigrazione, quale sostituto di
imposta   in   riferimento  all'erogazione  dei  contributi  previsti
dall'art. 2 della legge della Regione Siciliana n. 3 del 1998.
    L'istituto    dell'interpello    del    contribuente,    regolato
dall'art. 11  della  legge  n. 212 del 2000, costituisce lo strumento
attraverso il quale si esplica in via generale l'attivita' consultiva
delle   agenzie   fiscali   in   ordine   all'interpretazione   delle
disposizioni  tributarie.  In  particolare,  esso  si sostanzia nella
richiesta  all'amministrazione finanziaria di un parere nelle ipotesi
in  cui  vi  siano  obiettive condizioni di incertezza sulla corretta
interpretazione  di  dette  disposizioni.  Tale  parere e' vincolante
soltanto  per  l'amministrazione  e non anche per il contribuente, il
quale  resta  libero  di disattenderlo. Cio' si desume dalla medesima
disposizione del citato art. 11 ed e' confermato dall'interpretazione
che  la  dottrina  e  la  stessa amministrazione finanziaria ne hanno
dato.
    Per  quanto  attiene  all'art. 11, deve rilevarsi che l'efficacia
vincolante  della  risposta,  prevista  dal primo periodo del comma 2
(«con  esclusivo  riferimento  alla questione oggetto dell'istanza di
interpello,   e   limitatamente   al   richiedente»),  riguarda  solo
l'amministrazione  finanziaria,  in  quanto  il  terzo  periodo dello
stesso  comma  stabilisce  che  «Qualsiasi  atto,  anche  a contenuto
impositivo  o  sanzionatorio,  emanato  in difformita' dalla risposta
[...]  e'  nullo»  e in quanto il comma 2 dell'art. 10 della medesima
legge  n. 212  del  2000  dispone che «non sono irrogate sanzioni ne'
richiesti  interessi  moratori  al  contribuente, qualora egli si sia
conformato  a  indicazioni  contenute  in  atti  dell'amministrazione
finanziaria,        ancorche'        successivamente       modificate
dall'amministrazione   medesima».   Coerentemente   con   la   natura
consultiva  dell'attivita'  demandata all'Agenzia delle entrate nella
procedura di interpello, l'art. 11 non prevede, invece, alcun obbligo
per il contribuente di conformarsi alla risposta dell'amministrazione
finanziaria,   ne'   statuisce  l'autonoma  impugnabilita'  di  detta
risposta davanti alle commissioni tributarie (oggetto di impugnazione
puo'    essere,    eventualmente,    solo   l'atto   con   il   quale
l'amministrazione  esercita  la  potesta'  impositiva  in conformita'
all'interpretazione   data   dall'agenzia   fiscale   nella  risposta
all'interpello).
    Per   quanto   attiene  all'interpretazione  dell'amministrazione
finanziaria,  e'  sufficiente  rilevare che, con la circolare n. 50/E
del  31 maggio  2001,  l'Agenzia  delle  entrate ha precisato che «la
risposta  [...]  fornita  dalla  competente  Direzione non impegna il
contribuente,  il  quale  e'  libero  di  determinarsi  in  senso non
conforme.  Al  contrario, essa vincola, in ogni caso, l'operato degli
uffici  [...]  i  quali  non potranno emettere atti di accertamento a
contenuto  impositivo  o  sanzionatorio in contrasto con la soluzione
interpretativa fornita».
    Da  quanto  precede  deriva  che la risposta all'interpello, resa
dall'amministrazione  ai  sensi  dell'art. 11  della legge n. 212 del
2000,  deve  considerarsi  un  mero  parere,  che  non  integra alcun
esercizio di potesta' impositiva nei confronti del richiedente.
    2.3.  -  In  conclusione,  la  nota impugnata, in quanto priva di
carattere   vincolante  per  l'Agenzia  regionale  che  ha  richiesto
l'interpello,   non   ha   attitudine   lesiva   delle   attribuzioni
costituzionali  della  Regione  Siciliana  in  materia tributaria. Il
proposto  ricorso  per conflitto di attribuzione deve essere pertanto
dichiarato inammissibile.