ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel  giudizio  di legittimita' costituzionale dell'art. 593, comma 2,
del  codice  di  procedura  penale, come sostituito dall'art. 1 della
legge  20 febbraio  2006,  n. 46  (Modifiche  al  codice di procedura
penale   in   materia   di   inappellabilita'   delle   sentenze   di
proscioglimento),  promosso  con  ordinanza  del 13 giugno 2006 dalla
Corte  d'assise d'appello di Messina nel procedimento penale a carico
di  C.  S.A.,  iscritta  al  n. 446  del  registro  ordinanze  2006 e
pubblicata  nella  Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica,  1ª  serie
speciale, edizione straordinaria, del 2 novembre 2006.
    Udito  nella  Camera  di  consiglio del 23 maggio 2007 il giudice
relatore Giovanni Maria Flick.
    Ritenuto che la Corte d'assise d'appello di Messina ha sollevato,
in  riferimento  agli  artt. 3,  111,  secondo  comma,  e  112  della
Costituzione, questione di legittimita' costituzionale dell'art. 593,
comma 2,  del codice di procedura penale, come sostituito dall'art. 1
della legge 20 febbraio 2006, n. 46 (Modifiche al codice di procedura
penale,   in   materia   di   inappellabilita'   delle   sentenze  di
proscioglimento),  nella parte in cui «preclude al pubblico ministero
la possibilita' di appellare contro le sentenze di proscioglimento»;
        che   il  rimettente  -  chiamato  a  celebrare  il  giudizio
d'appello a seguito dell'impugnazione proposta dal pubblico ministero
avverso  una  sentenza  di  assoluzione  -  afferma  che la questione
proposta e' senza dubbio rilevante poiche', essendo entrata in vigore
nelle  more  del  procedimento  la legge n. 46 del 2006 e non essendo
state  dedotte nuove prove, l'appello del pubblico ministero dovrebbe
essere  dichiarato inammissibile ai sensi dell'art. 10 della medesima
legge;
        che   il   giudice   a   quo   precisa   che  l'eccezione  di
incostituzionalita'  formulata  dal pubblico ministero in riferimento
tanto  alla  disciplina transitoria recata dalla legge n. 46 del 2006
(in particolare, all'art. 10), quanto alla disciplina a regime, sotto
il  particolare  profilo dei limiti all'appellabilita' delle sentenze
di   proscioglimento   introdotti  nei  confronti  dell'organo  della
pubblica  accusa,  e'  da  ritenere non manifestamente infondata solo
riguardo a quest'ultima;
        che  il  rimettente  lamenta  la  lesione degli artt. 3, 111,
secondo comma, e 112 Cost.;
        che,  in  particolare,  la  disciplina censurata, privando il
pubblico  ministero  e  l'imputato  della  possibilita'  di  proporre
appello  avverso  le sentenze di proscioglimento, solo apparentemente
soddisferebbe  l'esigenza  di  parita' garantita dall'art. 111 Cost.,
atteso  che,  per  un  verso,  i limiti all'appello delle sentenze di
proscioglimento  assumono «preponderanza e rilievo centrale» solo per
il  pubblico  ministero  (poiche' gia' in precedenza all'imputato era
inibito l'appello di sentenze di proscioglimento con formula piena) e
che, per l'altro, solo l'organo della pubblica accusa ha interesse ad
impugnare tali sentenze;
        che del tutto ininfluente sarebbe inoltre la previsione della
possibilita'  di  appello  nel  caso previsto dall'art. 603, comma 2,
cod.  proc.  pen.,  trattandosi di «ipotesi praticamente inattuabile»
perche'  legata  alla  sopravvenienza di prove decisive nel ristretto
lasso  temporale  tra la pronuncia della sentenza di primo grado e la
scadenza del termine per appellare;
        che sarebbe altresi' causa di un «rilevante squilibrio tra le
parti»  impedire  al  pubblico  ministero  l'appello in caso di esito
assolutorio   del   giudizio  di  primo  grado  e  consentire  invece
all'imputato di proporre appello in caso di sentenza di condanna;
        che  tale  disparita'  non  troverebbe giustificazione alcuna
nella  tutela  di  altri  interessi  costituzionalmente rilevanti (in
particolare,  ne'  in esigenze di accelerazione dell'iter processuale
ne'   nella   particolare   posizione   istituzionale   del  pubblico
ministero);
        che  la  scelta legislativa sarebbe, inoltre, censurabile sul
piano  della  ragionevolezza  in  quanto  ha  conservato  in  capo al
pubblico  ministero il potere di proporre appello avverso le sentenze
di condanna;
        che, infine, il rimettente ritiene violato anche il principio
di  obbligatorieta' dell'azione penale: consapevole dell'orientamento
della  giurisprudenza costituzionale che, dopo la sentenza n. 177 del
1971,  ha  sempre  negato  che il potere di impugnazione del pubblico
ministero  costituisca estrinsecazione dell'azione penale, il giudice
a quo invoca un mutamento di indirizzo da parte della Corte che tenga
conto  delle  prerogative  e  delle  attribuzioni  istituzionali  del
pubblico  ministero,  come  definite  negli artt. 73 e 74 delle norme
sull'ordinamento giudiziario e richiamate dagli artt. 102, 107, 108 e
112 Cost.
    Considerato  che  il  dubbio  di  costituzionalita'  sottoposto a
questa Corte ha per oggetto la preclusione, conseguente alla modifica
dell'art. 593  del  codice  di  procedura penale ad opera dell'art. 1
della  legge  20 febbraio  2006,  n. 46,  dell'appello delle sentenze
dibattimentali di proscioglimento da parte del pubblico ministero;
        che,  successivamente  all'ordinanza  di  rimessione,  questa
Corte,  con  sentenza  n. 26 del 2007, ha dichiarato l'illegittimita'
costituzionale   dell'art. 1  della  legge  20 febbraio  2006,  n. 46
(Modifiche   al   codice   di   procedura   penale,   in  materia  di
inappellabilita'  delle sentenze di proscioglimento), «nella parte in
cui,  sostituendo  l'art. 593 del codice di procedura penale, esclude
che  il  pubblico  ministero  possa  appellare  contro le sentenze di
proscioglimento,    fatta   eccezione   per   le   ipotesi   previste
dall'art. 603,  comma 2,  del  medesimo  codice, se la nuova prova e'
decisiva»,  e  dell'art. 10,  comma 2,  della  citata legge n. 46 del
2006,  «nella  parte in cui prevede che l'appello proposto contro una
sentenza  di  proscioglimento dal pubblico ministero prima della data
di   entrata   in   vigore   della   medesima   legge  e'  dichiarato
inammissibile»;
        che, alla stregua della richiamata pronuncia di questa Corte,
gli  atti devono essere pertanto restituiti al giudice rimettente per
un nuovo esame della rilevanza della questione.