IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE Ha pronunciato la seguente ordinanza ai sensi dell'art. 23, comma 2, legge n. 87/1953, sul ricorso n. 2630/06 R.G., proposto dal comune di Taormina, rappresentato e difeso dall'avv. Mario Intilisano, domiciliato presso la segreteria del Tribunale amministrativo regionale; Contro l'Ambito territoriale ottimale, denominato «A.T.O. 3 - Provincia regionale di Messina», con sede in Messina, in persona del legale rappresentante pro tempore; il commissario delegato per l' emergenza idrica pro tempore Presidente della Regione Siciliana pro tempore; il commissario ad acta presso l'Autorita' d'ambito dell'Ambito territoriale ottimale, denominato «A.T.O. 3 - Provincia regionale di Messina»; la Regione Siciliana, in persona del legale rappresentante pro tempore; tutti rappresentati e difesi dall' Avvocatura dello Stato, con domicilio eletto in Catania, via Vecchia Ognina, 149, presso la sua sede; e nei confronti della Provincia Regionale di Messina, in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituita; Per l'annullamento previa sospensione: della deliberazione del commissario ad acta presso l'Autorita' d'ambito dell'ATO n. 3 di Messina (nominato con decreto del commissario delegato per l'emergenza idrica n. 596 del 4 aprile 2006) n. 1 del 23 maggio 2006 con la quale: a) si revocavano le precedenti deliberazioni della Conferenza d'Ambito dell'A.T.O. 3 n. 1 del 9 giugno 2005, nn. 2 e 3 del 24 giugno 2005 e n. 4 del 27 settembre 2005; b) si stabiliva di affidare il servizio idrico a societa' di capitali privata da individuarsi a seguito di gara europea, secondo le modalita' prescritte con il disciplinare di gara, lo schema di convenzione di gestione e lo schema di disciplinare tecnico; c) si approvava il disciplinare di gara presisposto dal responsabile della segreteria tecnica operativa, lo schema di convenzione di gestione, lo schema di disciplinare tecnico e costituenti parte integrante di tale deliberazione; si dava mandato alla segreteria tecnica operativa di porre in essere tutti i provvedimenti conseguenziali connessi alla attuazione di tale deliberazione ed, in particolare, di attivare le procedure per la pubblicazione del disciplinare di gara e dei relativi allegati nel rispetto dei termini prescritti dalla vigente normativa e, comunque, entro il 31 maggio 2006; d) si dava, inoltre, mandato alla segreteria tecnica operativa di adottare ogni altro provvedimento connesso alla attuazione di tale deliberazione; del bando di gara e disciplinare di gara del 24 maggio 2006 (pubblicato per estratto nella GURS 1° giugno 2006 n. 22 Parte lI), con i quali si indiceva una procedura concorsuale avente ad oggetto la scelta di un soggetto qualificato per il successivo affidamento in concessione (in conformita' ai principi generali dell'art. 20 della legge n. 36/1994 e successivo decreto legislativo n. 152/2006, del d.m. 22 novembre 2001 e successivo d.m. 2 maggio 2006, e a norma del decreto legislativo 17 marzo 1995 n. 158 e dell'art. 113 comma 5-ter, del decreto legislativo n. 267/2000 e successive modifiche ed integrazioni) della gestione del servizio idrico integrato (denominato anche SII) nell'ATO n. 3 Messina, comprendente i comuni specificati nella convenzione di gestione che regola i rapporti tra l'Autorita' d'ambito ed il gestore allegata a tale disciplinare, nonche' dell'esecuzione diretta dei lavori e servizi connessi per lo stesso ATO n. 3 Messina; dell'esecuzione diretta dei lavori e servizi connessi per lo stesso ATO n. 3 Messina; Visto il ricorso con i relativi allegati; Visti gli atti di costituzione nel giudizio Commissario delegato emergenza idrica - Presidenza Regione Siciliana e Regione Siciliana; Visti gli atti tutti della causa; Designato relatore per la camera di consiglio del 12 ottobre 2006 il referendario dott. Salvatore Gatto Costantino; Uditi altresi' gli avvocati delle parti, come da relativo verbale; Ritenuto in fatto ed in diritto quanto segue: In fatto Espone il comune di Taormina che, unitamente ai comuni di Letojanni, Castelmola e Giardini Naxos, promuoveva negli anni '70 la costituzione di un consorzio per la distribuzione della rete fognante e per la realizzazione degli impianti di depurazione e manutenzione a servizio dei predetti comuni. Con decreto dell'assessore degli enti locali della Regione Siciliana n. 385 del 30 marzo 1977 veniva quindi costituito tra i comuni di Taormina, Castelmola, Giardini e Letojanni il consorzio per la distribuzione della rete fognante, per la realizzazione degli impianti di depurazione e manutenzione con sede a Taormina. Attraverso contributi statali e regionali concessi negli anni il consorzio predetto realizzava due notevoli impianti di depurazione per lo smaltimento dei reflui fognari dei predetti quattro comuni, localizzati uno a Nord nel territorio di fognari dei predetti quattro comuni veniva raggiunto a decorrere dall'anno 1995, con costi che erano posti, per statuto, a carico dei quattro predetti comuni consorziati in ragione della popolazione residente. In seguito al compimento di un procedimento di promozione privata di concessione di opera pubblica previsto dall'art. 42-ter della legge Reg. Sic. 29 aprile 1985 n. 21 (cosi' come formulato dall'art. 21 della legge Reg. Sic. n. 4/1996 e successive modifiche ed integrazioni) instaurato dalla Societa' SIBA S.p.a. veniva stipulato tra tale Societa' e il Consorzio predetto contratto rep. n. 69 del 20 dicembre 2001, registrato a Taormina al n. 411 in data 20 dicembre 2001, con il quale tale Consorzio demandava ed accollava alla Societa' SIBA S.p.a. l'esecuzione del progetto - offerta dalla stessa presentato n. 1662/2000 - rev. 2 del 16 ottobre 2001 relativo alla costruzione delle opere e la gestione per la durata di nove anni dell'impianto di depurazione Nord compresi collettori e centraline per l'importo annuo di L. 1.336.500.000 (Euro 690.244,65) compresa IVA al 10%, di cui L. 944.900.000 (Euro 488.000,13) per canone annuo gestione impianti salvo adeguamento e L. 391.600.000 (Euro 202.244,52) per canone annuo rimborso investimenti fissando la durata, previo verbale di consegna redatto in contraddittorio, dal 1° gennaio 2002 al 31 dicembre 2010. Poiche' l'art. 5 di tale contratto prevede che la concessione predetta e' stata affidata ed accettata sotto l'osservanza assoluta ed inscindibile delle norme, condizioni, patti e modalita' dedotti e risultanti dal progetto del 16 ottobre 2001 e negli atti tecnici e corredo dello stesso, nelle deliberazioni del consiglio di amministrazione n. 49 del 21 dicembre 2000 e n. 53 del 18 ottobre 2001 nonche' alle condizioni, patti e modalita' previsti nella vigente legislazione in materia di lavori pubblici nella Regione Siciliana, i comuni di Taormina, Giardini Naxos, Letojanni e Castelmola con deliberazioni dei rispettivi Consigli Comunali, stabilivano il trasferimento della gestione del servizio idrico al consorzio predetto, autorizzando nel contempo il Consorzio stesso ad attivare il procedimento amministrativo per la sua trasformazione in S.p.a. a totale capitale pubblico nonche' a redigere ed approvare il conseguente statuto e relativi atti. Tali adempimenti venivano eseguiti con deliberazione dell'assemblea del consorzio predetto n. 4 del 30 agosto 2004, che decideva la approvazione della trasformazione in S.p.a. del consorzio stesso autorizzando il presidente di quest'ultimo a porre in essere i conseguenti atti per il completo perfezionamento di quanto deliberato; inoltre, l'assemblea del consorzio predetto con deliberazione n. 3 dell'11 maggio 2005 approvava lo schema di statuto della societa' per azioni (con denominazione di «Acque Pubbliche Multiservizi S.p.a.» ) a totale capitale pubblico incedibile a soggetti privati composto da n. 33 articoli. Espone quindi il comune ricorrente che in atto e' in corso da parte dei consigli comunali dei suddetti quattro comuni consorziati l'esame del predetto schema di statuto della menzionata societa' per azioni. Sennonche', a mente della legge 5 gennaio 1994 n. 36 (cosiddetta «Legge Galli») recepita dalla legge Reg. Sic. n. 10/1999 con decreto del Presidente della Regione Siciliana n. 114 del 16 maggio 2000 venivano determinati gli ambiti territoriali ottimali; e i predetti quattro comuni facenti parte del consorzio predetto sono stati inseriti nell'ATO n. 3 - Provincia regionale di Messina. Fissate, con successivo decreto del Presidente della Regione Siciliana del 7 agosto 2001 le modalita' di costituzione degli ATO per il governo e l'uso delle risorse idriche, la conferenza dei sindaci e del presidente della provincia regionale di Messina con decisione n. 2/2001 del 9 novembre 2001 sceglieva la convenzione quale forma di cooperazione per la gestione del servizio idrico integrato ai sensi dell'art. 24 della legge n. 142/1990, come recepita dalla legge Reg. Sic. n. 48/1991, nonche' dell'art. 30 del decreto legislativo n. 267/2000; in data 8 luglio 2002 veniva, quindi, formalmente costituito l'Ambito territoriale ottimale n. 3 - Provincia regionale di Messina con la sottoscrizione della convenzione regolante i rapporti tra gli enti locali ricadenti nell'anzidetto Ambito Territoriale. Precisa il comune di Taormina che dell'ATO 3 - Messina fanno parte i 108 comuni ricadenti nella provincia regionale di Messina e che la convenzione che regola i rapporti tra gli enti locali istituiva sette comprensori (composti da un numero variabile di comuni) a capo di ciascuno dei quali era posto un comune. A detti comprensori la convenzione anzidetta tra l'altro attribuiva specifici poteri propositivi in materia di: proposta del modello organizzativo-gestionale con il connesso piano economico-finanziario, proposta del programma degli interventi, del piano finanziario, proposta dell'attivita' di controllo sui servizi (art. 13-bis della convenzione). Cio' posto, il comune di Taormina espone ancora che la conferenza dei sindaci e del presidente della provincia regionale di Messina con deliberazione n. 1 del 9 giugno 2005, revocata la deliberazione n. 1/2004 del 22 gennaio 2004, (relativa all'affidamento del servizio idrico integrato mediante concessione a terzi), disponeva di affidare la gestione del servizio idrico integrato dell'ATO n. 3 - Messina a una societa' a capitale interamente pubblico partecipata da tutti gli enti locali dell'ATO n. 3 Messina, costituita fra i 108 comuni e la provincia regionale di Messina ed avente ad oggetto la cosiddetta gestione «in house», ma faceva salve le proroghe gia' concesse dall'Assemblea all'A.M.AM. ed al Consorzio rete fognante tra i comuni di Taormina, Giardini Naxos, Letojanni e Castelmola. Successivamente la medesima conferenza (con deliberazione n. 2 del 24 giugno 2005) approvava lo statuto della societa' per azioni Messina Acque S.p.a. da costituire quale soggetto gestore del servizio idrico integrato nell'ATO n. 3 - Messina, con la ripartizione delle quote sociali ed impegnava ciascun ente locale convenzionato ad approvare, nei rispettivi consigli comunali, lo statuto della societa' per azioni Messina Acque S.p.a.; inoltre (con deliberazione n. 3 di pari data) approvava lo schema di convenzione di servizio tra Autorita' e soggetto gestore nell'ATO n. 3 Messina con relativo disciplinare tecnico, impegnando ciascun ente locale convenzionato ad approvare, nei rispettivi consigli comunali, la sopra richiamata convenzione di servizio, in conformita' all'art. 18 della convenzione di cooperazione istitutiva dell'Autorita' d'ambito. A cio' seguiva una ulteriore deliberazione (la n. 4 del 27 settembre 2005) con la quale la conferenza dava mandato ai consulenti, ad un gruppo di sindaci e ad un notaio di verificare in tempi ridottissimi le possibili soluzioni atte a pervenire sollecitamente agli adempimenti preliminari alla costituzione della societa' pubblica anche ove possibile tra i comuni che avessero espresso la volonta' in seguito. A questo punto, il commissario delegato per l'emergenza idrica in Sicilia con nota prot. n. 656 del 20 gennaio 2006 diffidava l'ATO predetto a porre in essere entro il 31 gennaio 2006 quanto necessario per l'affidamento del servizio idrico integrato nel medesimo ATO. A fronte di cio', il presidente della provincia regionale di Messina convocava piu' volte la conferenza dei sindaci e del presidente della provincia regionale di Messina e poneva all'ordine del giorno, tra l'altro, la «presa d'atto caducazione delle precedenti delibere relativa alla scelta di gestione con societa' interamente pubblica n. 1 del 9 giugno 2005, n. 2 del 24 giugno 2005, n. 3 del 24 giugno 2005» ma tali sedute venivano dichiarate deserte per mancanza di quorum strutturale. Quindi, il Commissario delegato per l'emergenza idrica in Sicilia con decreto n. 596 del 4 aprile 2006, avvalendosi dei poteri sostitutivi e derogatori previsti dalle ordinanze n. 3189/2002 e n. 3299/2003, nominava commissario presso l'Autorita' d'ambito dell'ATO n. 3 di Messina l'avv. Giovanni Immordino con il compito di provvedere, in via sostitutiva della conferenza dei sindaci e del presidente della provincia di Messina, al compimento delle procedure per l'affidamento del servizio idrico integrato entro il 30 giugno 2006, attuale scadenza dello stato di emergenza idrica nel territorio della Regione Siciliana. Il predetto Commissario ad acta presso l'Autorita' d'ambito dell'ATO n. 3 di Messina (nominato con decreto del Commissario delegato per l'emergenza idrica n. 596 del 4 aprile 2006) con deliberazione n. 1 del 23 maggio 2006: 1) revocava le precedenti deliberazioni n. 1 del 9 giugno 2005, nn. 2 e 3 del 24 giugno 2005 e n. 4 del 27 settembre 2005 della conferenza d'ambito dell'ATO 3 di Messina; 2) disponeva di affidare il servizio idrico integrato a societa' di capitali privata da individuarsi a seguito di gara europea, secondo le modalita' prescritte con il disciplinare di gara, lo schema di convenzione di gestione e lo schema di disciplinare tecnico; 3) approvava il disciplinare di gara predisposto dal responsabile della segreteria tecnica operativa, lo schema di convenzione di gestione, lo schema di disciplinare tecnico e l'addendum al piano d'ambito REV 3, con i relativi allegati, costituenti parte integrante di tale deliberazione; 4) dava mandato alla segreteria tecnico-operativa di porre in essere tutti i provvedimenti conseguenziali connessi alla attuazione di tale deliberazione ed, in particolare, di attivare le procedure per la pubblicazione del disciplinare di gara e dei relativi allegati nel rispetto dei termini prescritti dalla vigente normativa e, comunque, entro il 31 maggio 2006. Con tale bando di gara e disciplinare di gara del 24 maggio 2006 (pubblicato per estratto nella GURS 1° giugno 2006 n. 22 parte II) si indiceva procedura concorsuale avente ad oggetto la scelta di un soggetto qualificato per il successivo affidamento in concessione - in conformita' ai principi generali dell'art. 20 della legge n. 36/1994 e successivo decreto legislativo n. 152/2006, del d.m. 22 novembre 2001 e successivo d.m. 2 maggio 2006, e a norma del decreto legislativo 17 marzo 1995 n. 158 e dell'art. 113, comma 5-ter, del decreto legislativo n. 267/2000 successive modifiche ed integrazioni - della gestione del servizio idrico integrato (denominato anche SII) nell'ATO n. 3 Messina, comprendente i comuni specificati nella convenzione di gestione che regola i rapporti tra l'Autorita' d'ambito ed il gestore allegata a tale disciplinare, nonche' dell'esecuzione diretta di lavori e servizi connessi per lo stesso ATO n. 3 Messina. Pertanto, avverso la suddetta procedura dell'ATO rivolta all'affidamento in concessione a terzi della gestione del servizio idrico integrato per l'intero territorio ricadente nella provincia di Messina per la durata di anni trenta senza escludere dalla gara il territorio dei comuni di Taormina, Giardini Naxos, Letojanni e Castelmola facenti parte del predetto consorzio e quindi assumendo che non e' stata salvaguardata la forma e la capacita' gestionale dell'esistente consorzio ed assumendo che non e' stata rispettata la volonta' dei quattro comuni facenti parte del consorzio a continuare ad avvalersi di tale consorzio per la gestione del servizio idrico integrato, il comune di Taormina, ha proposto il presente ricorso avverso i suddetti provvedimenti, meglio riepilogati nell'epigrafe del presente atto per i seguenti motivi. 1) Illegittimita' derivata; 2) Eccesso di potere; 3) Violazione di legge; 4) Eccesso di potere in ordine all'impossibilita' di provvedere nel termine del 30 giugno 2006; 4) (5). Violazione di legge. Difetto di motivazione. Travisamento dei fatti; 5) (6). Violazione di legge. Difetto di motivazione. Travisamento dei fatti. 6) (7). Violazione del d.lgs. 3 aprile 2006 n. 152; 7) (8). Violazione del d.lgs 3 aprile 2006 n. 152., del decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio del 2 maggio 2006. Si sono costituite in giudizio l'Avvocatura di Stato e la societa' ricorrente, difendendo la legittimita' del provvedimento impugnato e chiedendo il rigetto del ricorso avversario. Alla Camera di consiglio del 12 ottobre 2006, fissata per la trattazione della domanda cautelare, la causa e' stata trattenuta in decisione. Diritto Parte ricorrente impuqna gli atti commissariali inerenti la organizzazione e la attuazione di specifiche forme di gestione del servizio idrico integrato dell'ATO 5 di Messina. I) Il ricorso e' rivolto avverso provvedimenti adottati dal presidente della regione, per mezzo di proprio commissario ad acta, nell'esercizio dei poteri a questo conferiti in qualita' di Commissario delegato di protezione civile per l'emergenza idrica nella Regione Sicilia. Pertanto, il collegio deve affrontare, necessariamente e preliminarmente, la questione relativa alla competenza inderogabile recentemente attribuita al TAR del Lazio per la cogniziorie di vicende quale quella in esame. Tale competenza sorge per effetto della norma di cui alla legge n. 21/2006, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 23 del 28 gennaio 2006, che, all'art. 3, per quel che qui rileva dispone...(omissis) ... «2-bis. In tutte le situazioni di emergenza dichiarate ai sensi dell'art. 5, comma 1, della legge 24 febbraio 1992, n. 225, la competenza di primo grado a conoscere della legittimita' delle ordinanze adottate e dei consequenziali provvedimenti commissariali spetta in via esclusiva, anche per l'emanazione di misure cautelari, al Tribunale amministrativo regionale del Lazio, con sede in Roma. 2-ter. Le questioni di cui al comma 2-bis, sono rilevate d'ufficio. Davanti al giudice amministrativo il giudizio e' definito con sentenza succintamente motivata ai sensi dell'articolo 26, della legge 6 dicembre 1971 n. 1034, e successive modificazioni, trovando applicazione i commi 2 e seguenti dell'articolo 23-bis della stessa legge. 2-quater. Le norme di cui ai commi 2-bis e 2-ter si applicano anche ai processi in corso. L'efficacia delle misure cautelari adottate da un tribunale amministrativo diverso da quello di cui al comma 2-bis permane fino alla loro modifica o revoca da parte del Tribunale amministrativo regionale del Lazio, con sede in Roma, cui la parte interessata puo' riproporre il ricorso». Osserva il collegio che la fattispecie in esame e' attratta nell'applicazione della citata legge n. 21/2006, art. 3, in quanto il potere amministrativo posto in essere da parte del Commissario delegato rientra chiaramente nel novero delle situazioni di emergenza dichiarate ai sensi dell'art. 5, comma 1, della legge 24 febbraio 1992, n. 225, e «consequenziali provvedimenti commissariali applicativi». Il collegio, pertanto, ritenendola rilevante ai fini della decisione di assumere in ordine alla predetta trasmissione degli atti al Tribunale amministrativo regionale Lazio e non manifestamente infondata, solleva questione di legittimita' costituzionale del predetto art. 3, e segnatamente del comma 2 nelle sottonumerazioni bis, ter, quater, come sara' esposto nei seguenti paragrafi e come gia' fatto in ordine ad altra fattispecie per la cui decisione e' venuta in rilievo la medesima norma (cfr. Tribunale amministrativo regionale Sicilia, I, ord. n. 90 del 7 marzo 2006). I) La rilevanza della questione ai fini della decisione da assumere e' di tutta evidenza. Il collegio sarebbe tenuto, sulla base della normativa sopravvenuta - ove non dubitasse della incostituzionalita' di essa e quindi non ritenesse necessario investire il Giudice delle leggi della relativa questione - a trasmettere gli atti al Tribunale amministrativo regionale del Lazio. Non vale a mutare la superiore considerazione il fatto che il giudizio sia stato chiamato ad essere trattato in camera di consiglio per la sua sola domanda cautelare, posto che la chiara dizione delle disposizioni in esame non lascia adito a dubbi e, per effetto del combinato disposto di cui all'art. 21 e 26 della legge Tribunale amministrativo regionale ivi richiamato, anche in sede di trattazione cautelare il collegio dovrebbe con sentenza breve dichiarare la competenza del Tribunale amministrativo regionale Lazio e concludere il giudizio, salva la riassunzione di esso di fronte al Tribunale amministrativo regionale competente, normativamente prevista. II) Circa la non manifesta infondatezza e le ragioni che fanno sospettare le norme in esame di incostituzionalita', osserva il collegio che la normativa introdotta dal legislatore con l'art. 3, comma 2, da bis a quater, della legge n. 21/2006, contrasta innanzitutto con l'art. 125 della Costituzione, e segnatamente con il principio della articolazione su base regionale degli organi statali di giustizia amministrativa di primo grado ivi espressa («Nella Regione sono istituiti organi di giustizia amministrativa di primo grado, secondo l'ordinamento stabilito da legge della Repubblica») che implica il rilievo e la garanzia costituzionale della sfera di competenza dei singoli organi predetti. Non appaiono, all'evidenza, manifeste o comunque sufficienti ragioni logiche o di coerenza istituzionale per derogare a tale sfera di competenze costituzionalmente garantita nella materia di cui trattasi quando, come nel caso in esame, le singole situazioni di emergenza hanno rilievo spiccatamente locale con conseguente efficacia locale dei relativi provvedimenti adottati dai soggetti delegati alla cura delle varie situazioni emergenziali, anche se (arg. ex art. 2, comma 1, lett. c, della legge n. 225/1992, richiamato dall'art. 5, comma 3, legge cit.) essi sono adottati per fare fronte a situazioni che «per intensita' ed estensione debbono essere fronteggiate con mezzi e poteri straordinari». III) Anzi, sotto questo aspetto, la norma e' altresi' contraddittoria ed irrazionale in quanto sottopone al medesimo trattamento processuale situazioni disparate e differenti tra di loro. In questo quadro, l'art. 5 comma 1 della legge 24 febbraio 1992, n. 225, richiama, ai fini della applicazione dell'intera disposizione normativa, i casi in cui (ex art. 2, comma 1, lett. c, della legge n. 225/1992) sia necessario fare fronte con mezzi e poteri straordinari alle calamita' naturali, catastrofi o gli altri eventi che richiedano tale intervento per intensita' ed estensione. La previsione di cui alla legge n. 21/2006 radica la competenza del Tribunale amministrativo regionale Lazio in tutti i casi in cui sia dichiarato lo stato di emergenza ai sensi del comma 1 dell'art. 5 appena citato e quindi con esclusione dei casi di intervento di protezione civile per gli eventi che possano essere affrontati mediante interventi attuabili dai singoli enti e amministrazioni competenti in via ordinaria (art. 2, lett. a) e di quelli che richiedano intervento coordinato di questi ultimi (art. 2, lett. b). Quindi il sistema della protezione civile e' articolato in vari livelli di intervento, contraddistinti dal corrispondente grado di ampiezza della situazione emergenziale. Sicche' per ogni tipologia territoriale e «qualitativa» della situazione di emergenza e' chiamato ad intervenire in merito il «livello» di governo piu' vicino alla concreta dimensione delle comunita' colpite e della natura dell'emergenza, secondo un chiaro criterio di sussidiarieta' e senza escludere - funzionalmente e residualmente - che determinate funzioni siano «trasversali» ossia comprendano le competenze di piu' amministrazioni o livelli di governo. A fronte di questa multiformita' possibile di manifestazioni concrete dell'esercizio del potere, la regola generale di ripartizione delle competenze delineata dagli artt. 2 e ss. della legge Tribunale amministrativo regionale appresta una tutela coerente con l'art. 125 della Costituzione: derogando ad essa, l'art. 3 della legge n. 21/2006, contraddittoriamente ed immotivatamente assegna ex lege rilevanza nazionale a qualsiasi controversia insorga nell'esercizio del potere di protezione civile, facendo leva solo sulla necessita' che esso presupponga l'intervento extra ordinem e quindi a dispetto dell'articolazione del potere previsto dalla legge n. 225/1992, posto che assegna la competenza funzionale a conoscere delle relative questioni al Tribunale amministrativo regionale Lazio (e quindi spinge l'interprete a dover ritenere che il legislatore abbia cristallizzato una valutazione di rilevanza nazionale di qualsiasi questione, inerente la protezione civile, richieda interventi extra ordinem). Vengono cosi' attratte alla competenza funzionale dell'unico giudice nazionale, anche tutte le questioni di entita' ed effetti manifestamente circoscritti alla sola parte di territorio regionale interessata dall'emergenza locale, specialmente quando si verte in ordine a provvedimenti commissariali applicativi o esecutivi dell'ordinanza che dichiara l'emergenza ai sensi del piu' volte citato art. 5, senza alcuna logica o esigenza reale che imponga una valutazione «accentrata» di esse. Il problema acquista uno spessore considerevole se solo si riflette sul fatto che, «ordinariamente», tali provvedimenti extra ordinem delegano quali commissari per l'emergenza il presidente della regione o altri organi locali gia' titolari di poteri propri in quella materia; in tal senso, spesso non fanno altro che «istituire» poteri e programmi di emergenza affidandoli quindi (per nomina o delega), a quegli stessi organismi regionali o comunque locali che con i poteri ordinari loro conferiti dall'Ordinamento non hanno saputo fare fronte alle cause che hanno determinato l'emergenza (come il caso dell'emergenza rifiuti o dell'emergenza idrica, o dell'emergenza traffico). Pertanto, l'effetto di tale prassi e' essenzialmente quello di rendere i provvedimenti degli organi regionali «rafforzati» sotto il profilo della capacita' di derogare a norme dell'Ordinamento; a tale gia' rilevante «alterazione» dell'Ordinamento medesimo, si aggiunge quindi una ulteriore «tutela» giurisdizionale, sottraendo la cognizione della lite ai Tribunale amministrativo regionale regionali su provvedimenti che sono e restano a tutti gli effetti locali per provenienza soggettiva oltre che per effetti, per affidarla ad un unico giudice nazionale con il quale essi non hanno alcun collegamento «naturale». Appare utile rilevare, in questa sede, come la giurisprudenza della Corte costituzionale abbia espressamente riconosciuto che: con l'art. 5 della legge n. 225 del 1992, e' attribuito al Consiglio dei Ministri il potere di dichiarare lo stato di emergenza in ipotesi di calamita' naturali, ed a seguito della dichiarazione di emergenza, e per fare fronte ad essa, lo stesso Presidente del Consiglio dei Ministri o, su sua delega, il Ministro dell'interno possano adottare ordinanze in deroga ad ogni disposizione vigente, nel rispetto dei principi generali dell'ordinamento giuridico; l'art. 107, comma 1, lettere b) e c), del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112 (Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59), a sua volta, chiarisce che tali funzioni hanno rilievo nazionale, escludendo che il riconoscimento di poteri straordinari e derogatori della legislazione vigente possa avvenire da parte di una legge regionale; queste ultime due previsioni, inoltre, sono gia' stata ritenute dalla Corte costituzionale (sentenza n. 327 del 2003) come espressive di un principio fondamentale della materia della protezione civile, sicche' deve ritenersi che esse delimitino il potere normativo regionale, anche sotto il nuovo regime di competenze legislative delineato dalla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione). Alla luce di quanto sopra ricordato, la Corte ha dichiarato illegittimo l'art. 4, comma 4, della legge della Regione Campania n. 8 del 2004, nella misura in cui essa ha attribuito al sindaco di Napoli i poteri commissariali dell'ordinanza n. 3142 del 2001 del Ministro dell'interno, dopo la scadenza della emergenza alla cui soluzione tale ordinanza era preordinata, in quanto in contrasto con l'art. 117, terzo comma, della Costituzione (Corte cost. n. 82/2005). Tale ragionamento comporta che, in relazione alla legge n. 225/1992 ed all'art. 107, comma 1, lettere b) e c) d.lgs. n. 112/1998, possiedono rilievo nazionale «solamente» il potere di dichiarare lo stato di emergenza e quello, distinto dal primo seppure ad esso finalisticamente connesso, di derogare a norme dell'ordinamento. Ne consegue dunque che, sotto questo profilo, la norma in esame e' irragionevole per contraddittorieta' e disparita' di trattamento processuale, poiche' utilizza lo stesso trattamento per situazioni del tutto differenti quanto ad ambito territoriale e livello e qualita' degli interessi pubblici coinvolti, nonche' per contrasto con l'art. 117 della Costituzione, poiche' implicitamente, finisce per attribuire rilievo nazionale anche alle questioni riservate alla competenza regionale. IV) Ancora, l'aggravio della tutela giurisdizionale, soprattutto ove, come nella specie, esso non sia giustificato da una effettiva natura accentrata (o dall'efficacia estesa a tutto il territorio) dei provvedimenti sui quali deve esercitarsi la cognizione del Tribunale amministrativo regionale Lazio, comporta indubbia violazione dell'art. 24 della Costituzione, in particolare della possibilita' di tutela dei propri diritti ed interessi enunciata al primo comma; detta tutela ne risulta minorata, per la evidente maggiore difficolta' di esercitare le relative azioni presso il Tribunale amministrativo regionale del Lazio piuttosto che presso gli organi giurisdizionali localmente istituiti. Cio' vale sia per la fase transitoria in cui i giudizi pendenti trasmigrano al Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sia per le nuove controversie che secondo la nuova normativa dovrebbero essere ab initio instaurate presso detto Tribunale amministrativo regionale V) Altro profilo di incostituzionalita' va ravvisato, inoltre, nella violazione del principio del giudice naturale precostituito per legge, di cui all'art. 25 della Costituzione. Nelle precedenti ordinanze della sezione, sollevate in ricorsi introdotti prima della legge in esame, si e' rilevato che la norma costituzionale ora citata, stabilendo che «nessuno puo' essere distolto dal giudice naturale precostituito per legge», esclude, come la stessa Corte costituzionale afferma, «che vi possa essere una designazione tanto da parte del legislatore con norme singolari, che deroghino a regole generali, quanto da altri soggetti, dopo che la controversia sia insorta (sentenze n. 419 del 1998; n. 460 del 1994 e n. 56 del 1967»; il principio e' in tali termini, e con tali citazioni dei precedenti, richiamato nella sentenza della Corte n. 393 del 2002). Come la Corte ha insegnato, perche' tale principio possa considerarsi rispettato occorre che «... la regola di competenza sia prefissata rispetto all'insorgere della controversia» (sentenza n. 193 del 2003); e basta scorrere le numerose decisioni della Corte costituzionale in materia di principio del giudice naturale per rilevare che e' proprio la preesistenza della regola che individua la competenza rispetto al giudizio il criterio fondamentale in base al quale sono state valutate le questioni sollevate. Tale profilo di incostituzionalita' si apprezza particolarmente, ad avviso del collegio, anche nel caso in cui il giudizio sia insorto - come nel caso di specie - dopo la entrata in vigore della norma in esame. Infatti, come detto sopra, la ripartizione regionale del giudice amministrativo e' espressamente contemplata dalla Costituzione, all'art. 125 . Tale previsione consente di ritenere valorizzato a livello costituzionale il principio del giudice naturale su base «regionale» per le controversie inerenti la giurisdizione amministrativa di primo grado e dunque una legge ordinaria che sottragga a tale previsione la cognizione di una o piu' materie, per concentrarle presso un unico giudice «nazionale» di primo grado senza che sussista una effettiva e ragionevole necessita', in tal senso, costituisce sicura violazione del principio del giudice naturale per come cosi' precostituito. Ricorrono palesemente, dunque, le medesime considerazioni che, precisamente, la sentenza della Corte costituzionale n. 41 del 2006 afferma, anzi, ribadisce (come testualmente essa si esprime, citando sentenze precedenti in termini), che «alla nozione del giudice naturale precostituito per legge non e' affatto estranea «la ripartizione della competenza territoriale tra giudici, dettata da normativa nel tempo anteriore alla istituzione del giudizio» (sentenze n. 251 del 1986 e n. 410 del 2005)» con l'ovvia precisazione che per normativa nel tempo anteriore alla istituzione del giudizio si deve intendere non solo quella della legge ordinaria, ma anche (ed a maggior ragione) quella costituzionale. VI) Da ultimo, si rileva un aspetto diverso che si riconnette ancora al tema del giudice naturale, e che deriva in via immediata e diretta dall'analisi appena esposta. La norma in esame, infatti, viola l'art. 23 dello Statuto della Regione Sicilia (legge costituzionale n. 2 del 26 febbraio 1948) a norma del quale: «Gli organi giurisdizionali centrali avranno in Sicilia le rispettive sezioni per gli affari concernenti la Regione. Le sezioni del Consiglio di Stato e della Corte dei conti svolgeranno altresi' le funzioni, rispettivamente, consultive e di controllo amministrativo e contabile. I magistrati della Corte dei conti sono nominati, di accordo, dai Governi dello Stato e della regione. I ricorsi amministrativi, avanzati in linea straordinaria contro atti amministrativi regionali, saranno decisi dal Presidente della Regione sentite le sezioni regionali del Consiglio di Stato». Tale norma e' stata «interpretata» dall'art. 5 del d.lgs. 6 maggio 1948, n. 654, contenente norme per l'esercizio delle funzioni spettanti al Consiglio di Stato nella Regione Sicilia, il quale prevede che il Consiglio di giustizia esercita le attribuzioni devolute dalla legge al Consiglio di Stato in sede giurisdizionale nei confronti di atti e provvedimenti definitivi «dell'amministrazione regionale e delle altre autorita' amministrative aventi sede nel territorio della Regione». Osserva il collegio che gia' con «la sentenza della Corte costituzionale in data 12 marzo 1975, n. 61, dichiarando l'illegittimita' costituzionale delle limitazioni poste dall'art. 40 legge 6 dicembre 1971, n. 1034, alla competenza del Tribunale amministrativo regionale Sicilia, e' stato ritenuto che siano state a quest'ultimo conferite tutte le controversie d'interesse regionale considerate tali dall'art. 23, comma 1, d.l. 15 maggio 1946, n. 455, comprendendosi in tale categoria le controversie sorte da impugnazione di atti amministrativi di autorita' centrali aventi effetti limitati al territorio regionale ovvero concernenti pubblici dipendenti in servizio nella Regione Siciliana» (Consiglio Stato, sez. VI, 26 luglio 1979, n. 595). Quindi la legge n. 21/2006, in esame, e' costituzionalmente illegittima anche nella sua parte in cui, in violazione dell'art. 23 dello statuto regionale, sia nella sua formulazione letterale, che nella interpretazione pacifica che di esso ha maturato la giurisprudenza, anche costituzionale, riserva al Consiglio di giustizia amministrativa ed in primo grado al Tribunale amministrativo regionale Sicilia, la competenza a conoscere circa le controversie sorte da impugnazione di atti amministrativi di autorita' centrali aventi effetti limitati al territorio regionale. Se le controversie quali quella in esame fossero sottratte alla competenza del Tribunale amministrativo regionale Sicilia, in primo grado e, affidate alla cognizione dal Tribunale amministrativo regionale Lazio, fossero decise da quest'ultimo, si radicherebbe, per tale motivo, la cognizione sulla lite in appello del Consiglio di Stato e non della sua Sezione costituita dal Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione Sicilia, avente competenza funzionale sulle liti rientranti nella previsione statutaria siciliana appena citata. Per mero scrupolo espositivo, si deve rilevare che in proposito non potrebbe obiettarsi che la norma «sposta» solo la cognizione della lite nel primo grado di giudizio, facendo salva quella d'appello: se cosi' fosse, per la Regione Sicilia, la norma dovrebbe essere ulteriormente tacciata di irragionevolezza e contraddittorieta' perche' la medesima questione, decisa in primo grado al Tribunale amministrativo regionale Lazio, quindi «concentrata» in capo all'«unico giudice» per la sua (cristallizzata dal legislatore) rilevanza nazionale, tornerebbe ad essere poi decisa in appello da una articolazione regionale del giudice di secondo grado, senza quindi che abbia piu' valenza alcuna la ritenuta «centralita» della vicenda, con evidenti ed incomprensibili «trasmigrazioni» giudiziarie «vettoriali» della lite dalla Sicilia a Roma (per il primo grado) e da Roma a Palermo (per il secondo grado). Intuitivamente, dunque, questa ipotetica obiezione presterebbe il fianco ad ulteriori argomenti di censura anche sotto il profilo della effettivita' della tutela del diritto alla difesa gia' trattato prima (nel senso di obbligo di non aggravamento) e, quindi, anche del giusto processo ex art. 111 Cost. in termini di tempi decisionali ed adempimenti del processo. VII) Per tute le esposte considerazioni, deve sollevarsi la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 3, comma 2-bis, comma 2-ter, comma 2-quater, legge n. 21/2006, per contrasto con gli artt. 3, 125, 24 e 25 della Costituzione e per contrasto con l'art. 23 dello statuto della Regione Sicilia. Deve pertanto essere disposta la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale per la decisione della predetta questione di legittimita' costituzionale, sospendendosi il giudizio instaurato con il ricorso in epigrafe, fino alla restituzione degli atti da parte della medesima Corte.