ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nei giudizi di legittimita' costituzionale degli artt. 171, commi 1 e
2, e 213, comma 2-sexies, (comma introdotto dall'art. 5-bis, comma 1,
lettera  c),  numero  2,  del  decreto-legge  30 giugno 2005, n. 115,
recante  «Disposizioni  urgenti  per  assicurare  la funzionalita' di
settori  della  pubblica amministrazione», nel testo risultante dalla
relativa  legge  di  conversione 17 agosto 2005, n. 168), del decreto
legislativo  30 aprile  1992,  n. 285  (Nuovo  codice  della strada),
promossi  con  ordinanze  del 27 aprile 2006 (numeri 2 ordinanze) dal
giudice di pace di Giarre, del 27 giugno 2006, dal giudice di pace di
Brescia,  del 29 giugno 2006 dal giudice di pace di Sant'Antioco, del
12 aprile  2006 dal giudice di pace di Trieste, del 4 luglio 2006 dal
giudice  di pace di Locri, del 3 febbraio 2006 dal giudice di pace di
Torre  Annunziata  e  del  5 maggio 2006 dal giudice di pace di Noto,
rispettivamente  iscritte  ai  numeri  683,  684  e  685 del registro
ordinanze  2006  ed  ai  numeri  5,  11,  116, 127 e 147 del registro
ordinanze 2007 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
numeri 6, 7, 12 e 13, 1ª serie speciale, dell'anno 2007.
    Visti  gli  atti  di  intervento del Presidente del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nella  Camera  di  consiglio  del 6 giugno 2007 il giudice
relatore Alfonso Quaranta.
    Ritenuto  che i Giudici di pace di Giarre (r.o. nn. 683 e 684 del
2006),  Brescia  (r.o.  n. 685 del 2006), Sant'Antioco (r.o. n. 5 del
2007),  Trieste  (r.o. n. 11 del 2007) e Locri (r.o. n. 116 del 2007)
hanno   sollevato  questioni  di  legittimita'  costituzionale  -  in
riferimento,  nel complesso, agli artt. 3, 27 e 42 della Costituzione
-  dell'art. 213,  comma 2-sexies  (comma introdotto dall'art. 5-bis,
comma 1,  lettera  c,  numero  2,  del  decreto-legge 30 giugno 2005,
n. 115, recante «Disposizioni urgenti per assicurare la funzionalita'
di  settori  della  pubblica  amministrazione»,  nel testo risultante
dalla  relativa  legge  di  conversione 17 agosto  2005, n. 168), del
decreto  legislativo  30 aprile  1992,  n. 285  (Nuovo  codice  della
strada);
        che,  analogamente,  i  Giudici  di  pace di Torre Annunziata
(r.o.  n. 127  del  2007)  e  Noto (r.o. n. 147 del 2007) censurano -
ipotizzandone  il  contrasto  con  gli artt. 2, 3, 42, 24 e 111 Cost.
(parametri,  gli  ultimi  due, evocati solo dal rimettente torrese) -
gli  artt. 171,  commi 1  e  2,  e  213, comma 2-sexies, del medesimo
d.lgs. n. 285 del 1992;
        che,  in  particolare,  il rimettente di Giarre - premesso di
dover  giudicare  di due ricorsi, proposti da altrettanti proprietari
di  ciclomotori,  avverso  i provvedimenti con i quali, contestata ai
conducenti  la  violazione  dell'art. 170, commi 1, 2 e 3, del codice
della  strada,  e'  stata disposta la confisca dei veicoli suddetti -
assume   l'illegittimita'   costituzionale   dell'art. 213  (peraltro
erroneamente  indicato come 123) del medesimo codice, «nella parte in
cui  prevede  la sanzione accessoria della confisca del motoveicolo»,
ipotizzandone il contrasto con gli artt. 3 e 42 Cost;
        che  esso,  difatti,  deduce che la confisca «e' la negazione
del   concetto   di   proprieta'  privata  nella  sua  strutturazione
civilistica  di  diritto assoluto», come garantito dall'art. 42 della
Costituzione;
        che  la  norma  censurata  inoltre  contrasterebbe con quanto
stabilito  dall'art. 3 Cost. «in merito alla uguaglianza di diritti e
doveri  di tutti i cittadini dinanzi alla legge», giacche' infrazioni
stradali  anche  piu'  gravi di quelle contemplate dal comma 2-sexies
del  censurato art. 213 del codice della strada «non sono punite alla
stessa stregua»;
        che,   infine,  la  confisca  troverebbe  ingiustificatamente
applicazione  «anche  nel  caso  in cui a violare la norma non sia il
titolare  del  diritto  di proprieta' sul mezzo», il quale subirebbe,
cosi', del tutto incolpevolmente la sanzione;
        che il giudice di pace di Brescia censura - in riferimento al
solo  art. 3 Cost. - il medesimo art. 213, comma 2-sexies, del codice
della strada;
        che   il   rimettente   -   chiamato  a  decidere  in  merito
all'opposizione   proposta,   avverso  verbale  di  contestazione  di
infrazione  stradale, dal conducente di un ciclomotore, colpito anche
dalla sanzione della confisca del veicolo, per aver circolato a bordo
dello  stesso  con  casco non omologato - evidenzia come quella della
confisca  costituisca «la piu' afflittiva delle sanzioni accessorie»,
atteso   che   «si   traduce   nella   privazione   definitiva  della
disponibilita' del mezzo»;
        che,  pertanto,  viene  contestata  la  scelta legislativa di
prevedere,  «in  pari  misura»,  l'applicazione di tale sanzione «sia
nell'ipotesi di violazioni di indubbio rilievo sotto il profilo degli
interessi tutelati» (come, ad esempio, quella della guida in stato di
ebbrezza,  «dove l'oggetto giuridico e' rappresentato dalla sicurezza
della  generalita'  dei  conducenti»),  sia «nei casi di infrazioni a
norme  aventi  ad  oggetto  l'incolumita'  personale del trasgressore
stesso»;
        che  un  ulteriore  profilo  di illegittimita' costituzionale
della  disposizione  censurata  sarebbe  costituito  dalla  scelta di
equiparare,  sotto  il profilo dell'operativita' della confisca, alla
realizzazione  di semplici infrazioni amministrative anche il caso in
cui il veicolo sia adoperato per commettere un reato, colpendo cosi',
in  entrambe  le ipotesi, «indiscriminatamente ed irreparabilmente la
proprieta'  privata»,  e  dunque un diritto che puo' essere compresso
«soltanto   in   rapporto  alla  violazione  di  interessi  di  rango
equiparabile o comunque tali da giustificare una diversa e piu' grave
punibilita»;
        che  anche  il  giudice  di  pace di Sant'Antioco - investito
dell'opposizione  proposta dal conducente di un motociclo, sanzionato
per  essersi  posto  alla guida dello stesso senza indossare il casco
protettivo,  subendo cosi' anche la confisca del mezzo - dubita della
legittimita'  dell'art. 213, comma 2-sexies, del codice della strada,
assumendone   il   contrasto   con   gli  art. 3  e  27  della  Carta
fondamentale;
        che,  a  suo  dire,  a  «parita'  di infrazione», la sanzione
comminata  -  pena, altrimenti, la violazione dell'art. 3 Cost. - non
puo'  che  essere  la  medesima,  «a prescindere dal mezzo con cui un
soggetto circola in strada», atteso che la funzione della sanzione e'
quella  di  «tutelare  gli  utenti  della  strada  in toto siano essi
conducenti di qualsivoglia veicolo»;
        che,  infine,  l'applicazione  della  confisca all'infrazione
suddetta  contrasterebbe  anche  con il principio di proporzionalita'
tra  infrazione  e  sanzione,  ed  assumendo  una connotazione «quasi
esclusivamente  vessatoria», determinerebbe «un trattamento contrario
al senso di umanita», in violazione dell'art. 27 Cost;
        che  l'art. 213,  comma 2-sexies,  del codice della strada e'
censurato  anche  dal  giudice  di  pace  di  Trieste,  atteso che la
sanzione  della  confisca  prevista  da tale norma sarebbe «in palese
contrasto  con l'articolo 3 della Costituzione, per aperta violazione
del canone generale di ragionevolezza e proporzionalita' delle misure
sanzionatorie»;
        che   il   rimettente   triestino   -  chiamato  a  giudicare
dell'opposizione  proposta  dalla  proprietaria  di  un veicolo a due
ruote  (colpito  da  provvedimento  dapprima  di  sequestro  e poi di
confisca, ai sensi della norma censurata), per essere stata accertata
a carico del conducente l'infrazione consistente nell'uso di un casco
protettivo   non   omologato   -  sottolinea  come  il  sindacato  di
costituzionalita'  sulle  scelte  sanzionatorie  del  legislatore, di
regola precluso alla Corte costituzionale, sia ammissibile allorche',
come  nel  caso  di  specie,  «l'opzione  normativa contrasti in modo
manifesto  con  il  canone  della  ragionevolezza,  vale  a  dire  si
appalesi,  in  concreto,  come  espressione  di un uso distorto della
discrezionalita»  (cita,  in  proposito, la sentenza n. 313 del 1995,
nonche' l'ordinanza n. 401 del 2005);
        che  su  tali  basi - richiamata anche la sentenza n. 110 del
1996  della  Corte  costituzionale  -  il  giudice a quo afferma che,
nell'ipotesi    in   esame,   l'applicazione   della   confisca   «e'
irragionevole   e   sproporzionata   alla  natura  ed  entita'  della
violazione  e  non  e'  coerente  con  la  finalita',  perseguita dal
legislatore,   di  prevenire  e  punire  le  condotte  potenzialmente
pericolose»;
        che,  difatti,  l'infrazione consistente nell'uso di un casco
non  omologato  integrerebbe  una «mera irregolarita' amministrativa,
senza  alcun  riflesso  pericoloso sulla sicurezza degli utenti della
strada», ivi compreso il conducente del mezzo;
        che  anche  il  giudice  di  pace  di  Locri - evocando quali
parametri  gli  artt. 3  e  27  Cost.  - ha sollevato un incidente di
costituzionalita'    avente    ad    oggetto    sempre    l'art. 213,
comma 2-sexies, del codice della strada;
        che  il  rimettente  - nel giudicare del ricorso proposto dal
conducente  di un motoveicolo, a carico del quale era stata accertata
l'infrazione  consistente  nel  mancato  uso  del  casco protettivo -
rileva   che   per   effetto  della  censurata  disposizione  risulta
comminata,  a  carico  del  ricorrente,  anche la sanzione accessoria
della  confisca  del  veicolo,  cio' che costituirebbe violazione dei
principi di ragionevolezza e proporzionalita' della sanzione;
        che   il   giudice  a  quo,  nell'evidenziare  che  la  Corte
costituzionale  (sono  citate  le sentenze nn. 435 e 349 del 1997) ha
affermato  la  necessita'  di «rimodellare il sistema della confisca,
stabilendo   alcuni   canoni   essenziali  al  fine  di  evitare  che
l'applicazione   giudiziale  della  sanzione  amministrativa  produca
disparita'   di   trattamento»,  reputa  che  l'evenienza  da  ultimo
descritta ricorra proprio nel caso di specie;
        che sussisterebbe, difatti, disparita' di trattamento tra chi
si sia reso responsabile dell'infrazione consistente nell'alterazione
delle  condizioni  meccaniche  del veicolo e colui che, come nel caso
sottoposto  al  vaglio  del  rimettente, abbia omesso di indossare il
casco  protettivo,  atteso  che solo nel primo caso ricorre «un grave
pericolo  per  gli  utenti  della  strada»,  e dunque una circostanza
idonea a giustificare l'irrogazione della sanzione;
        che  il  giudice di pace di Torre Annunziata censura, invece,
oltre all'art. 213, comma 2-sexies, del codice della strada, anche il
precedente   art. 171,  commi 1  e  2,  assumendone  l'illegittimita'
costituzionale ai sensi degli artt. 2, 3, 42, 24 e 111 Cost;
        che  il giudice a quo - chiamato a giudicare dell'opposizione
proposta dal conducente di un motociclo, sanzionato per aver condotto
il  veicolo  senza  indossare  il  casco  protettivo  - assume che le
censurate  disposizioni,  nel prevedere l'applicazione della sanzione
accessoria  della confisca, sarebbero in contrasto, innanzitutto, con
l'art. 42 Cost., nonche' con gli art. 2 e 3 della Carta fondamentale,
«per  l'evidente  sproporzione  tra  violazione e sanzione e relative
conseguenze  economiche»,  nonche' per la «disparita' di trattamento»
tra  i  conducenti di ciclomotori o motoveicoli e quelli di tutti gli
altri veicoli;
        che il rimettente, quanto al contrasto con gli artt. 24 e 111
Cost.,   assume   che,   per  effetto  della  contestata  disciplina,
risulterebbe  sottratta «a qualsivoglia giudice terzo la comminatoria
di una sanzione di una gravita' economica tale, da superare in alcune
ipotesi,  persino  l'entita'  di  sanzioni  pecuniarie previste dalle
leggi penali»;
        che  anche  il  giudice  di  pace  di  Noto censura, oltre al
predetto  art. 213, comma 2-sexies, anche gli artt. 171, commi 1 e 2,
del codice della strada, ipotizzando la violazione degli artt. 2, 3 e
42 Cost;
        che  il  rimettente  -  nel  premettere  di  dover  giudicare
dell'impugnativa  di  un verbale di confisca di motoveicolo, adottato
all'esito  dell'accertata  infrazione  consistente  nella  guida  del
veicolo  senza  indossare il casco protettivo - deduce, innanzitutto,
il   contrasto  tra  le  norme  denunciate  e  l'art. 3  della  Carta
fondamentale,   in  ragione  della  evidente  «sproporzione»  tra  la
violazione   amministrativa   «e   le  conseguenze  economiche  della
sanzione»  per  essa comminata, atteso che puo' esservi «una notevole
diversita' di valore economico» tra i diversi ciclomotori o motocicli
oggetto di confisca;
        che,  pertanto,  esso  assume  che gli autori di una medesima
infrazione   -   in  forza  del  sistema  delineato  dalle  censurate
disposizioni - «vengono puniti in modo ingiustificatamente diverso»;
        che quanto, invece, alla violazione dell'art. 2 Cost., assume
il  giudice  a  quo  -  sul presupposto che tra i diritti inviolabili
dell'uomo  rientri  anche  quello  all'eguaglianza - che le censurate
disposizioni  introdurrebbero «una evidente disparita' di trattamento
tra conducenti di ciclomotori o motoveicoli e conducenti di tutti gli
altri  veicoli», a carico dei quali non e' prevista la sanzione della
confisca,  neppure  nel  caso  di  guida  senza  uso della cintura di
sicurezza,  ovvero  -  a  suo  dire  -  sotto  l'effetto  di sostanze
alcoliche o psicotrope;
        che,  infine, la violazione dell'art. 42 Cost. e' motivata in
base al rilevo che nel censurato sistema non viene «in considerazione
l'appartenenza  del  ciclomotore  o del motoveicolo» ad un «terzo non
trasgressore»,   al   quale   si  sottrae  la  proprieta'  del  bene,
«gravandolo inoltre delle spese di custodia senza limiti di tempo»;
        che il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e
difeso  dall'Avvocatura generale dello Stato, e' intervenuto in tutti
i  giudizi,  svolgendo  considerazioni  sostanzialmente  identiche in
ciascun atto di intervento;
        che  l'Avvocatura erariale, in particolare - eccepita, in via
preliminare,  l'inammissibilita' delle questioni relative ai commi 1,
2  e  3  dell'artt. 171  del  codice  della  strada,  atteso che tali
disposizioni si limitano a descrivere le infrazioni in relazione alle
quali  il  (solo)  comma 2-sexies  dell'art. 213  del medesimo codice
della  strada prevede, quale sanzione accessoria a quella pecuniaria,
la  confisca  del  veicolo  a due ruote - deduce l'infondatezza delle
questioni sollevate;
        che la confisca sarebbe rivolta a sottrarre la disponibilita'
di   ciclomotori   e   motoveicoli  a  coloro  i  quali,  mostrandosi
indifferenti   all'obbligo   di   indossare   il   casco  protettivo,
realizzano,  con  il  proprio  contegno, «una causa di incremento del
pericolo di lesioni craniche da circolazione di motocicli», sicche' -
sottolinea  la difesa erariale - anche «il proprietario che autorizzi
o tolleri l'uso del motociclo da parte di soggetti che non rispettano
l'obbligo  in questione» e' ragionevolmente sottoposto, dal censurato
art. 213,  comma 2-sexies,  a  tale  sanzione, giacche' lo stesso «ha
accettato  di  concorrere  all'incremento  complessivo del rischio da
circolazione  e,  contemporaneamente,  ha rinunciato ad esercitare un
controllo personale e diretto sul comportamento del conducente»;
        che  nessuna  violazione  del  principio di eguaglianza, poi,
potrebbe essere ravvisata nel caso di specie;
        che,  difatti  -  individuata  nella «prevenzione del rischio
individuale  e sociale da trauma cranico, specifico e peculiare della
circolazione  motociclistica», la ratio della sanzione della confisca
-, risulterebbe evidente come nella sua applicazione «non abbia alcun
rilievo  il  valore dei motocicli confiscati», giacche' attraverso di
essa non si «tende a colpire il patrimonio del responsabile, bensi' a
rimuovere una causa di incremento del rischio di cui si e' detto»;
        che  infine,  si  esclude  l'esistenza di un contrasto tra le
norme   denunciate   e   gli  artt. 24  e  111  Cost.,  asseritamente
conseguente  al  «carattere  rigido» di tale sanzione, essendo quella
della   confisca   obbligatoria   una   «sanzione   ampiamente   nota
all'ordinamento  penale e sanzionatorio amministrativo», giustificata
dalla  «necessita'  di  eliminare  le  cause materiali di potenziali,
ulteriori, lesioni dell'interesse protetto».
    Considerato  che  i Giudici di pace di Giarre (r.o. nn. 683 e 684
del  2006),  Brescia  (r.o. n. 685 del 2006), Sant'Antioco (r.o. n. 5
del  2007),  Trieste  (r.o.  n. 11 del 2007) e Locri (r.o. n. 116 del
2007)  hanno  sollevato questioni di legittimita' costituzionale - in
riferimento,  nel complesso, agli artt. 3, 27 e 42 della Costituzione
-  dell'art. 213,  comma 2-sexies  (comma introdotto dall'art. 5-bis,
comma 1,  lettera  c,  numero  2,  del  decreto-legge 30 giugno 2005,
n. 115, recante «Disposizioni urgenti per assicurare la funzionalita'
di  settori  della  pubblica  amministrazione»,  nel testo risultante
dalla  relativa  legge  di  conversione 17 agosto  2005, n. 168), del
decreto  legislativo  30 aprile  1992,  n. 285  (Nuovo  codice  della
strada);
        che,  analogamente,  i  Giudici  di  pace di Torre Annunziata
(r.o.  n. 127  del  2007)  e  Noto (r.o. n. 147 del 2007) censurano -
ipotizzandone  il  contrasto  con  gli artt. 2, 3, 42, 24 e 111 Cost.
(parametri,  gli ultimi due, evocati solo dal primo rimettente) - gli
artt. 171,  commi 1  e  2, e 213, comma 2-sexies, del medesimo d.lgs.
n. 285 del 1992;
        che,  data la connessione esistente tra i vari giudizi, se ne
impone la riunione ai fini di un'unica pronuncia;
        che,  nelle  more  del  presente  giudizio, i commi 168 e 169
dell'art. 2  del  decreto-legge  3 ottobre 2006, n. 262 (Disposizioni
urgenti in materia tributaria e finanziaria), inseriti dalla relativa
legge    di    conversione,    24 novembre   2006,   n. 286,   hanno,
rispettivamente,  modificato, l'uno, il testo dell'art. 171, comma 3,
del  codice  della strada, l'altro, il testo del successivo art. 213,
comma 2-sexies  (norma,  quest'ultima,  denunciata  da  tutti giudici
rimettenti);
        che,  difatti,  in virtu' del citato ius superveniens, mentre
alla  «sanzione  pecuniaria  amministrativa prevista dal comma 2» del
medesimo  art. 171  del  codice della strada, in luogo della confisca
originariamente prevista, «consegue il fermo del veicolo per sessanta
giorni  ai  sensi  del capo I, sezione II del titolo VI» dello stesso
codice  (ovvero per la durata di novanta giorni allorche', «nel corso
di  un biennio», sia «stata commessa, almeno per due volte, una delle
violazioni previste dal comma 1» del predetto art. 171), ai sensi del
novellato  art. 213, comma 2-sexies, dello stesso codice della strada
risulta  «sempre  disposta la confisca del veicolo in tutti i casi in
cui   un  ciclomotore  o  un  motoveicolo  sia  stato  adoperato  per
commettere  un  reato,  sia  che  il  reato  sia stato commesso da un
conducente  maggiorenne,  sia che sia stato commesso da un conducente
minorenne»;
        che,  pertanto,  alla  luce  di  tale  duplice sopravvenienza
normativa si impone la restituzione degli atti ai giudici rimettenti,
per  una  rinnovata valutazione della rilevanza e della non manifesta
infondatezza delle questioni dagli stessi sollevate.