ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale  degli artt. 3, 4 e 5
della  legge  2 agosto  1999,  n. 264 (Norme in materia di accessi ai
corsi  universitari),  promosso  con  ordinanza del 5 giugno 2006 dal
Tribunale amministrativo regionale della Sicilia sul ricorso proposto
da  Castro  Salvatore  Antonio  contro  l'Universita'  degli Studi di
Catania,  iscritta al n. 586 del registro ordinanze 2006 e pubblicata
nella  Gazzetta  Ufficiale  della Repubblica n. 1, 1ª serie speciale,
dell'anno 2007;
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nella  Camera  di  consiglio  del 4 giugno 2007 il giudice
relatore Maria Rita Saulle.
    Ritenuto che il Tribunale amministrativo regionale della Sicilia,
sezione  staccata  di  Catania,  con ordinanza del 5 giugno 2006, nel
corso  di  un  procedimento  proposto  da C.S.A. contro l'Universita'
degli  studi  di  Catania,  ha  sollevato  questioni  di legittimita'
costituzionale degli artt. 3, 4 e 5 della legge 2 agosto 1999, n. 264
(Norme  in  materia di accessi ai corsi universitari), per violazione
degli artt. 2, 3, 4, 11, 34 e 35 della Costituzione;
        che  il  rimettente,  in  punto di fatto, riferisce di essere
investito   dell'impugnazione   del   provvedimento   con   il  quale
l'Universita'  di  Catania  ha  respinto la richiesta del ricorrente,
gia' dottore in odontoiatria e protesi dentaria, di iscrizione, senza
dover  sostenere la prova di ammissione, al secondo anno del corso di
laurea  in medicina e chirurgia, sul presupposto che l'accesso a tale
corso  di laurea e' condizionato dal superamento di apposita prova di
ammissione ai sensi della legge n. 264 del 1999;
        che,  a  parere  del  giudice a quo, «la normazione generale»
sull'accesso  programmato  ai  corsi universitari, di cui alla citata
legge  n. 264  del  1999,  si  porrebbe  in  contrasto con i suddetti
parametri   costituzionali   poiche'   impedisce  all'odontoiatra  di
accedere  al  corso di laurea in medicina e chirurgia che costituisce
una  forma  di specializzazione necessaria allo svolgimento della sua
professione  e  senza  la  quale  gli  e' preclusa la possibilita' di
eseguire alcuni interventi chirurgici propri della sua attivita';
        che,  pertanto, secondo il rimettente, la normativa censurata
determina  una  ingiustificata  disparita'  di  trattamento  tra  gli
odontoiatri  e i laureati in medicina e chirurgia, i quali, o perche'
in  possesso  della specializzazione in odontoiatria, o perche' hanno
frequentato   uno  specifico  corso  formativo,  svolgono  invece  la
professione di odontoiatra senza limite alcuno;
        che,  secondo  il  rimettente, gli artt. 3, 4 e 5 della legge
n. 264   del   1999,  nel  sottoporre  alla  disciplina  dell'accesso
programmato  ai  corsi  universitari  anche  quei  soggetti  che gia'
risultano  in  possesso  dei requisiti di capacita' prescritti per il
singolo corso di studio e, in particolare, nel richiedere agli stessi
il  superamento  della  prova selettiva per l'accesso al secondo anno
del corso di laurea in medicina e chirurgia, introdurrebbero per tali
soggetti,  in  modo  irragionevole  e  in violazione del principio di
uguaglianza,  una  limitazione al diritto allo studio e all'esercizio
della professione;
        che,   secondo   il   giudice   a  quo,  le  norme  censurate
violerebbero, altresi', l'art. 11 della Costituzione che «costituisce
la  Fonte  autorizzativa  del  Trattato  di  adesione  alla  CE e, in
conseguenza,  giustificativa  degli  interventi consentiti alle fonti
comunitarie   nelle   materie  alle  stesse  "affidate"  in  ramo  di
"competenza"»;
        che  e'  intervenuto  in giudizio il Presidente del Consiglio
dei  ministri,  rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello
Stato,  chiedendo  che  la  questione sia dichiarata inammissibile e,
comunque, infondata;
        che,  in  via preliminare, l'Avvocatura dello Stato eccepisce
che  dall'ordinanza  di rimessione non si evince in modo chiaro se le
censure  coinvolgano  esclusivamente  gli  artt. 3,  4 e 5 o l'intera
disciplina  dell'accesso programmato contenuta nella legge n. 264 del
1999;
        che,  a  parere della difesa erariale, un ulteriore motivo di
inammissibilita' deriverebbe dal fatto che i laureati in odontoiatria
non godono di una posizione differenziata rispetto a tutti coloro che
richiedono  di  essere  ammessi  al  corso  di  laurea  in medicina e
chirurgia.  Nel  vigente  ordinamento,  precisa  infatti l'Avvocatura
dello   Stato,  «i  corsi  di  laurea  specialistica  in  Medicina  e
chirurgia,   pur  avendo  alcuni  insegnamenti  comuni,  non  possono
intendersi  similari  o  consequenziali l'uno rispetto all'altro»; di
talche'   proprio   l'accoglimento  della  questione  sollevata,  con
l'ammissione  «di  diritto» al diverso corso di medicina e chirurgia,
darebbe  luogo  a quella disparita' di trattamento posta a fondamento
delle censure avanzate dal rimettente;
        che,   inoltre,   sarebbe   inammissibile,   per  difetto  di
rilevanza,  la  censura  afferente  all'art. 4,  poiche'  tale  norma
disciplina  l'oggetto  delle  prove  di  ammissione  e  non lo stesso
obbligo di prendervi parte, non individuando il rimettente, peraltro,
i parametri costituzionali asseritamente lesi dalla norma stessa;
        che parimenti inammissibile, sempre per difetto di rilevanza,
sarebbe  la  censura  concernente  la  «presunta  disuguaglianza» tra
coloro   che  hanno  conseguito  la  laurea  in  odontoiatria  e  gli
odontoiatri specializzatisi dopo la laurea in medicina e chirurgia;
        che,  infine,  a  parere  dell'Avvocatura, le norme censurate
sarebbero  pienamente  legittime  in  quanto,  nel  dare attuazione a
principi  di  diretta  derivazione  comunitaria,  tengono  conto  dei
diversi  curricula formativi ai fini della disciplina sull'accesso ai
singoli corsi universitari.
    Considerato  che  il  Tribunale  amministrativo  regionale  della
Sicilia,  sezione  staccata  di  Catania, dubita, in riferimento agli
artt. 2,  3,  4,  11,  34 e 35 della Costituzione, della legittimita'
costituzionale degli artt. 3, 4 e 5 della legge 2 agosto 1999, n. 264
(Norme  in  materia di accessi ai corsi universitari), nella parte in
cui prevedono che i criteri da essi dettati per l'accesso programmato
ai  corsi  universitari sono applicabili anche a coloro che sono gia'
in possesso di una laurea specialistica;
        che  il  rimettente  -  investito  del ricorso proposto da un
laureato  in odontoiatria e protesi dentaria avverso il provvedimento
con  il  quale  l'Universita'  di  Catania  ha respinto la domanda di
iscrizione,  con  esenzione  dall'obbligo  di  sostenere  le prove di
ammissione,  al  secondo  anno  del  corso  di  laurea  in medicina e
chirurgia  -  ritiene  che  le norme denunciate violino i principi di
ragionevolezza  e  di  uguaglianza,  in  quanto, ponendo sullo stesso
piano   chi   ha   gia'   conseguito  una  laurea  specialistica  per
l'iscrizione  alla  facolta'  di  medicina  e  chirurgia  e chi ne e'
sprovvisto,  limiterebbero  i  diritti riconosciuti dagli artt. 2, 4,
34, 35 della Costituzione;
        che,  pertanto, anche con riferimento a tali ultimi parametri
costituzionali,  le  censure  sollevate afferiscono esclusivamente ai
profili    dell'asserita    disparita'   di   trattamento   e   della
irragionevolezza delle disposizioni impugnate;
        che,  il  rimettente,  pur basando le motivazioni in punto di
non  manifesta  infondatezza  delle questioni sollevate sull'asserita
illegittimita'  dell'intero sistema dell'accesso programmato ai corsi
universitari,  si  e'  limitato  a  censurare solo alcune delle norme
specifiche riguardanti tale accesso;
        che,  pertanto,  le  questioni  sono  prospettate  in termini
contraddittori, non consentendo una chiara ed univoca identificazione
delle stesse;
        che,  inoltre,  quanto  alla  dedotta violazione dell'art. 11
della Costituzione, la relativa censura risulta sfornita di qualsiasi
motivazione;
        che,   pertanto,   le   questioni  devono  essere  dichiarate
manifestamente  inammissibili  con  riferimento  a  tutti i parametri
evocati.
    Visti  gli  artt. 26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti
alla Corte costituzionale.