IL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI Esaminati gli atti del procedimento sopra indicato in epigrafe, a carico di Hafid Amin, meglio identificato in atti, imputato: a) 110 c.p. e 73, comma 1 e 1-bis, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 (T.U.L. Stup. e succ. modif.), perche', senza l'autorizzazione di cui all'art. 17 e fuori dalle ipotesi previste dall'art. 75 stessa legge, in concorso con Badr Bouchaib, Kamal Mouhsin, Kafif Youness e Farhan Mouhamed (giudicati separatamente), illecitamente detenevano a fini di spaccio, gr. 42,02 di cocaina suddivisa in 92 dosi di cocaina, (n. 5 dosi per un peso di gr. 2,02 rinvenute indosso al Farhan, e n. 87 dosi suddivise in due involucri, rinvenute all'interno dell'abitazione riferibile ai cinque arrestati) sostanza stupefacente di cui alla tab. I prevista dall'art. 14 della legge medesima. Accertato in Prato il 9 settembre 2006; b) 110, 648 c.p. per aver acquistato e\o comunque detenuto, in concorso con Badr Bouchaib, Kamal Mouhsin, Kafif Youness e Farhan Mouhamed (giudicati separatamente), svariati oggetti preziosi (orologi, anelli ecc.) e di tipo informatico (computer ecc.) nonche' varie telecamere e fotocamere digitali tutto meglio indicato nel verbale di sequestro, di evidente provenienza delittuosa. Accertato in Prato il 9 settembre 2006; c) 73, comma 1 e 1-bis, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 (T.U.L. Stup. e succ. modif.), perche', senza l'autorizzazione di cui all'art. 17 e fuori dalle ipotesi previste dall'art. 75 stessa legge, per aver ceduto a Cannavo' Daniele per 5 o 6 volte mezzo grammo per volta di cocaina, al prezzo per ogni dose di Euro 40, sostanza stupefacente di cui alla tab. I prevista dall'art. 14 della legge medesima. Accertato in Prato il 9 settembre 2006. Con la recidiva specifica, reiterata ed infraquinquennale. Ha emesso la seguente ordinanza. L'imputato, a seguito di decreto di giudizio immediato, ha chiesto la definizione del procedimento mediante applicazione della pena previo riconoscimento dell'attenuante di cui al comma 5 dell'art. 73 d.P.R. n. 309/1990, ottenendo il consenso del pubblico ministero; egli e' sottoposto per questo processo alla misura cautelare della custodia in carcere. Il difensore ha sollecitato il giudice a sollevare la questione di costituzionalita' dell'art. 69, quarto comma c.p., nella parte in cui non consente il giudizio di prevalenza delle circostanze attenuanti sulle aggravanti per il recidivo reiterato. A tale riguardo, si osserva quanto segue. La questione certamente rilevante: nel caso in esame la esigua quantita' dello stupefacente rinvenuto, nonche' l'assenza di ulteriori elementi che inducano a ritenere provata una piu' rilevante attivita' di spaccio, fanno senza dubbio propendere per la configurabilita' dell'ipotesi di lieve entita' del fatto contestato, ai sensi del comma 5 dell'art. 73, d.P.R. n. 309/1990; sarebbe sicuramente iniqua e sproporzionata una pena commisurata al comma 18 dell'art. 73 d.P.R. n. 309/1990. La questione e' anche fondata, in relazione all'art. 3 della Costituzione e quindi al principio di uguaglianza e, conseguentemente, di ragionevolezza e proporzionalita' della pena. La generalizzata preclusione del giudizio di prevalenza sopra ricordato, introdotta dal legislatore del 2005, sembra certamente irragionevole, laddove preclude una valutazione concreta e specifica del singolo caso. Tale rigorosa previsione, di fatto, determina che: due soggetti che detengano in concorso lo stesso minimo quantitativo di stupefacente vengano puniti in maniera estremamente diversa (se uno dei due e' recidivo reiterato); un recidivo reiterato che detenga un minimo quantitativo di stupefacente venga punito in maniera estremamente piu' severa di un incensurato che detenga un quantitativo sensibilmente maggiore. La questione e' fondata, ancora, in relazione all'art. 27 della Costituzione: una pena che sia estremamente severa e priva di corrispondenza al reale disvalore del fatto appare infatti sfuggire non solo al principio di proporzionalita', ma anche alla funzione rieducativa che la pena deve avere, mantenendo solo una funzione esclusivamente punitiva e suscettibile, in quanto non comprensibile, di generare spinte emotive di insofferenza e ribellione verso la stessa. Non sembra sufficiente, per controbattere a tali considerazioni, osservare che il recidivo reiterato, proprio perche' tale, e' particolarmente pericoloso e merita quindi un trattamento sanzionatorio piu' rigoroso. Ma tali argomenti, astrattamente ineccepibili, possono essere fatti valere, nell'esame attento del caso specifico, proprio con gli ordinari strumenti legislativi, che consentono al giudice (ma non impongono) di ritenere le aggravanti prevalenti sulle attenuanti, o viceversa, oppure equivalenti e determinare la pena da ritenersi equa attraverso i criteri di cui all'art. 133 c.p.