IL GIUDICE DI PACE Nel corso dell'udienza del 27 luglio 2006 l'avv. Valeria Benini, codifensore dell'imputata Sara Stasi, sollevava questione di legittimita' dell'art. 75 c.p.p. in relazione agli artt. 3 e 25 della Costituzione ed all'art. 7 c.p.c.; questo giudice coordinava meglio la richiesta intendendola come illegittimita' costituzionale dell'all'art. 4, lettera a), d.lgs. 28 agosto 2000, n. 274, coordinato con l'art. 74 c.p.p. e l'art. 7 c.p.c., in relazione agli artt. 3 e 25 della Costituzione. Il capo di imputazione riguarda l'art. 590 c.p. ed e' il seguente: «del reato di cui all'art. 590, comma 1 c.p. perche' per colpa, consistita in negligenza, imprudenza ed imperizia, mentre si trovava presso il campo di addestramento per cani "Canile dell'Umberto" in zona aperta al pubblico e non recintata, ometteva di custodire in maniera adeguata il proprio cane di razza Boxer di nome Megalo, lasciandolo libero privo di museruola e non impedendo che il predetto animale mordesse Lippi Patrizia alla mano destra, cagionandole cosi' lesioni personali consistenti in "ferita lacera del 2° - 3° e 4° dito mano dx e asportazione parziale dell'unghia del 3° dito", dalla quale derivava l'incapacita' ad attendere alle ordinarie occupazioni per un periodo superiore ai 40 gg. In Scandicci, Loc. Triozzi il 15 febbraio 2003». In buona sostanza si invoca la questione di legittimita' costituzionale della lettura coordinata dei citati articoli la' ove ne risulta che, qualora la fattispecie illecita rientri nell'ipotesi di cui all'art. 590 c.p., la proposizione di un autonomo giudizio civile per il risarcimento di danni superiori ad Euro 2.582,28 deve effettuarsi avanti al Tribunale, mentre, esercitata l'azione penale tramite la querela, l'azione civile puo' essere esercitata all'interno del processo penale di competenza del giudice di pace, indipendentemente da ogni importo dei danni. Cio' in violazione se non del principio di uguaglianza dei cittadini avanti alla legge, sicuramente in violazione del principio del giudice naturale precostituito per legge. Detta violazione risulta palese la' ove e' rimesso alla scelta/arbitrio del danneggiato il querelarsi per violazione dell'art. 590 c.p. ed avere, quindi, un'azione civile all'interno del processo penale avanti al giudice di pace, oltre i limiti della sua competenza per valore (Euro 2.582,28) ovvero oltre i limiti della sua competenza mista valore/funzionale (Euro 15.493,71 nel caso di danni derivanti dalla circolazione di veicolo o natanti); il tutto, ovviamente, fuori dalle ipotesi di lesioni gravi o gravissime con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni. In effetti la competenza per materia (civile) del giudice di pace si struttura in competenza per valore, competenze funzionale e competenza mista valore/funzionale. Per quel che rimane rilevante per l'odierna questione, tolta la competenze meramente funzionale (art. 7, nn. 1, 2, 3 e 4 c.p.c), circa la competenza per valore abbiamo il limite di Euro 2.582,28 mentre, per la competenza mista valore/funzionale, detto limite e' ad Euro 15.493,71 purche' il danno derivi dalla circolazione di veicolo o natanti. Ne consegue che giudice naturale per l'odierna questione e': in sola sede penale l'adito giudice di pace; in sola sede civile, vista la richiesta risarcitoria di Euro 60.000,00 (o Euro 69.029,09 in citazione), il tribunale. Per il disposto dell'art. 74 c.p.p., pero', l'azione civile, per scelta/arbitrio del danneggiato, viene ad essere decisa dal giudice di pace altrimenti incompetente per valore. La questione e' rilevante e fondata per i seguenti motivi. Rilevanza della questione Il giudizio a quo, infatti, non puo' essere deciso in quanto, se l'ecc.ma Corte dovesse aderire all'opinione del giudice remittente, questi sarebbe spogliato del giudizio. In buona sostanza l'odierno giudizio non puo' essere definito se non all'esito della pronuncia della adita Corte in quanto la questione riguarda la competenza. Fondatezza della questione Il principio di uguaglianza dei cittadini di fronte alle legge (art. 3 Costituzione) non viene leso, usando la terminologia civilistica, rispetto all'attore, ma rispetto al convenuto. Se puo' essere sicuramente legittimo che, a chi agisce in maniera diversa, sia riconosciuto un trattamento diverso (giudizio avanti al tribunale se il danneggiato ha agito come «attore», ovvero avanti al giudice di pace se il danneggiato ha agito come «parte offesa/parte civile»), altrettanto non puo' essere per il danneggiante. E' di tutta evidenza l'illegittimita' costituzionale di una norma che esponga il danneggiante ad un giudizio avanti al tribunale se la scelta del danneggiato e' stata della sola azione civile, mentre lo esponga ad un giudizio avanti al giudice di pace se la scelta del danneggiato e' stata quella della querela e della successiva costituzione di parte civile. L'espletamento di indagini da parte della Procura della Repubblica, l'emissione del decreto di citazione a giudizio, non giustificano un trattamento diverso per il danneggiante. Ne' l'ipotetica legittimita' della normativa, cosi' come evidenziata, puo' desumersi dalla lettura dell'art. 539 c.p.p.; in detto articolo, infatti non viene evidenziato il limite della competenza civile del giudice che pronuncera' ex art. 539, comma 1 e/o 2. Nel caso del secondo comma, infatti, il limite dell'importo della condanna e' dato dal raggiungimento della prova, non dal limite di valore della competenza civile; nel caso di remissione al giudice civile ex art. 539, comma 1 c.p.p. la remissione dovra', ovviamente, essere avanti al giudice civile competente per valore. Ne consegue che il danneggiante, convenuto o imputato per scelta di puro arbitrio del danneggiato, sara' assoggettato ad un processo avanti al tribunale se il danneggiato scegliera' di essere «attore», ovvero al giudice di pace se il danneggiato scegliera' di essere prima «querelante», poi «parte offesa» e, infine, «parte civile». Questa arbitraria scelta, oltre a violare il principio di eguaglianza del cittadino danneggiante, comporta che per quest'ultimo non vi sara' un giudice naturale precostituito per legge ma un giudice naturale scelto dalla volonta' del danneggiato. giudice diverso se quest'ultimo adira' la sola autorita' civile o l'autorita' penale attirandovi dentro il giudizio civile. La conseguenza e' la manifesta violazione dell'art. 25 Costituzione. Quello che l'ecc.ma Corte sara' chiamata a decidere e' se sia legittimo che, per scelta del danneggiato, il danneggiante debba subire un processo avanti ad un giudice togato o avanti ad un giudice onorario, sebbene entrambi gestori di un proprio ruolo. Poco conforto si trovera' nella prassi, considerato la recente nascita del giudice di pace penale. Poco conforto potra' essere tratto dalla prassi dell'allora pretore penale in quanto quest'ultimo giudice era un giudice togato il cui ruolo, solo per supplenza, era tenuto, eventualmente, da giudici onorari.