IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE

    Ha  pronunciato  la  seguente  ordinanza sul ricorso n. 202/2007,
proposto   da   E.N.I.  S.p.A.  -  Divisione  Refining  e  Marketing,
rappresentata  e  difesa  dagli  avv.  Pietro  Mancusi  ed  Antonella
Persico,  elettivamente  domiciliata  a Catanzaro in via R. Carbonari
n. 1, presso lo studio dell'avv. Giampaolo Catricala';
    Contro  il  Commissario  delegato  per l'emergenza ambientale nel
territorio   della   Regione   Calabria,   rappresentato   e   difeso
dall'Avvocatura  distrettuale dello Stato di Catanzaro, presso cui e'
domiciliato  ex lege; Dipartimento protezione civile della Presidenza
del  Consiglio  dei  ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura
distrettuale  dello  Stato di Catanzaro, presso cui e' domiciliato ex
lege; Ministero dell'ambiente, della tutela del territorio e del mare
rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura distrettuale dello Stato di
Catanzaro,   presso  cui  e'  domiciliato  ex  lege;  Amministrazione
provinciale di Cosenza, rappresentata e difesa da Gaetano Pignanelli,
elettivamente  domiciliata a Catanzaro in via Schipani n. 110, presso
lo  studio dell'avv. Maria Gemma Talarico; Comune di Cosenza, Regione
Calabria,  Azienda  regionale  protezione ambiente, Azienda Sanitaria
n. 4   protezione   ambientale,   non  costituiti  in  giudizio,  per
l'annullamento:
        della nota Commissariale prot. 17209 in data 22 novembre 2006
comunicata  alla  ricorrente,  in  virtu' della quale si rigettava la
richiesta  di  rimodulazione  degli  obiettivi  di  bonifica ai sensi
dell'art. 265,  comma  4, d.lgs. n. 152/2006 presentata da ENI S.p.A.
con  nota prot. n. RD 1320 T/PA del 23 ottobre 2006 avente ad oggetto
il punto vendita n. S4978 sito in viale Trimestre - Cosenza;
        nonche'   di   ogni   altro   atto   connesso,  propedeutico,
presupposto e/o consequenziale.
    Visto il ricorso con i relativi allegati;
    Visto l'atto di costituzione in giudizio del Commissario delegato
per  l'emergenza  ambientale  nel territorio della Regione Calabria e
dell'Amministrazione provinciale di Cosenza;
    Visti gli atti tutti di causa;
    Relatore   nella  Camera  di  consiglio  del  22  marzo  2007  il
referendario Giovanni Ruiu.
    Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.

                     F a t t o  e  d i r i t t o

    1.   -  Con  ricorso  ritualmente  notificato,  depositato  nella
segreteria  del  tribunale  in  data  2 marzo 2007, l'E.N.I. S.p.A. -
Divisione  Refining  e  Marketing  ha impugnato la nota commissariale
prot.  17209  in  data 22 novembre 2006, con la quale si rigettava la
richiesta  di  rimodulazione  degli  obiettivi  di  bonifica ai sensi
dell'art. 265,  comma  4, d.lgs. n. 152/2006 presentata da ENI S.p.A.
con  nota prot. n. RD 1320 T/PA del 23 ottobre 2006 avente ad oggetto
il punto vendita n. S4978 sito in Cosenza.
    2.  -  Il provvedimento impugnato in questa sede e' stato emesso,
dall'ufficio  Commissario  delegato  per  l'emergenza  ambientale nel
territorio  della Regione Calabria, in riscontro alla richiesta della
societa'  ricorrente  di  procedere  alla  revisione  dello  stato di
contaminazione  di  un  proprio punto vendita a marchio AGIP sito nel
Comune di Cosenza, secondo quanto previsto dall'art. 265, comma 4.
    3.  -  La  societa'  ricorrente intendeva infatti avvalersi della
facolta'  concessa  dal  suddetto articolo del d.lgs. n. 152/2006, di
presentare fatti salvi gli interventi gia' realizzati alla entrata in
vigore  del citato decreto n. 152/2006, adeguata relazione tecnica al
fine  di  rimodulare gli obiettivi di bonifica sulla base dei criteri
definiti dalla parte quarta del decreto.
    4.  -  In  risposta  a tale richiesta, con l'impugnata nota prot.
17209  emessa  in  data 22 novembre 2006, il Commissario delegato per
l'emergenza ambientale della Regione Calabria, comunicava che in base
alla vigente legislazione, la richiesta non risultava ammissibile. In
particolare,  in  relazione  ad  un  imminente  modifica, in corso di
pubblicazione, del d.lgs. n. 152/2006, il Commissario affermava che i
procedimenti  aperti  alla  data  precedente  il 1° maggio 2006, data
d'entrata  in  vigore  del  d.lgs. n. 152/2006, erano da considerarsi
sottoposti   alle   norme  tecniche  precedenti,  definite  dal  d.m.
n. 471/1999.
    5.  -  Con  ricorso  depositato  il  2  marzo  2007  la  societa'
ricorrente   impugnava   il  provvedimento  in  epigrafe  dinanzi  al
Tribunale   amministrativo  regionale  della  Calabria,  deducendo  i
seguenti motivi di ricorso.
        1)  Mancato  adeguamento  delle  competenze  del  Commissario
delegato  per  l'emergenza  ambientale  nel  territorio della Regione
Calabria alla intervenuta abrogazione del d.lgs. n. 22/1997.
    Il  Commissario delegato avrebbe applicato una normativa non piu'
in vigore in quanto abrogata dal d.lgs. n. 152/2006.
        2)  Violazione dell'art. 265, comma 4 del d.lgs. n. 152/2006.
Omessa   applicazione   delle   norme   abrogative,  la  facolta'  di
rimodulazione  e  l'obbligo  di  concludere  il  procedimento ex lege
n. 241/1990.
    Il  Commissario  delegato  avrebbe  violato  l'esplicito disposto
dell'art. 265, comma 4, d.lgs. n. 152/2006.
        3)  Violazione degli artt. 239, 240 e 242, d.lgs. n. 152/2006
e  allegato  alla  parte  quarta del d.lgs. n. 152/2006: l'analisi di
rischio   e   le   procedure  semplificate.  Eccesso  di  potere  per
irragionevolezza, intrinseca illogicita' e/o contraddittorieta' della
motivazione del provvedimento impugnato.
    Le  norme  correttive  del  d.lgs.  n. 152/2006, volte a disporre
l'applicazione  della normativa precedente (d.m. n. 471/1999) a tutte
le  procedure  di  bonifica  non  concluse  alla data dell'entrata in
vigore  del  decreto,  invocate  dal  Commissario delegato a sostegno
della propria tesi, non sarebbero mai entrate in vigore.
        4) Illegittimita' derivata.
    Il  provvedimento,  disapplicando  l'art. 265, comma 4 del d.lgs.
n. 152/2006, si porrebbe in contrasto con la normativa costituzionale
e comunitaria.
    6. - Si e' costituita l'Amministrazione provinciale di Cosenza.
    7.  -  Si  e'  costituito  l'ufficio del Commissario delegato per
l'emergenza  ambientale nel territorio della regione Calabria, con il
patrocinio  dell'Avvocatura  dello  Stato,  rilevando  l'incompetenza
dell'adito   Tribunale  amministrativo  della  Calabria,  in  quanto,
secondo  il  disposto  dell'art. 3,  d.l. 30 gennaio 2005, n. 245, in
tutte le situazioni di emergenza dichiarate ai sensi la competenza di
primo  grado  a conoscere della legittimita' delle ordinanze adottate
dell'art. 5,  comma  1,  della  legge  24  febbraio  1992, n. 225, la
competenza  di  primo  grado  a  conoscere  della  legittimita' delle
ordinanze  adottate  e dei consequenziali provvedimenti commissariali
spetta  in via esclusiva, anche per l'emanazione di misure cautelari,
al Tribunale amministrativo regionale del Lazio, con sede in Roma.
    L'Amministrazione  intimata  ha, comunque, chiesto che il ricorso
sia  dichiarato  irricevibile  ed  inammissibile o, in subordine, sia
rigettato.
    8. - Il Tribunale, chiamato a pronunciarsi sull'istanza cautelare
proposta  dall'E.N.I.  S.p.A.,  ritiene  di dovere esprimere dubbi di
conformita'  alle  norme  costituzionali  delle  norme di cui art. 3,
commi  2-bis,  2-ter  e  2-quater,  d.l.  30  gennaio  2005,  n. 245,
introdotti dalla legge di conversione 27 gennaio 2006, n. 21.
    Dispone  il  comma  2-bis  del  menzionato  art. 3:  In  tutte le
situazioni  di  emergenza  dichiarate  ai sensi dell'art. 5, comma 1,
della  legge 24 febbraio 1992, n. 225, la competenza di primo grado a
conoscere   della   legittimita'   delle  ordinanze  adottate  e  dei
consequenziali  provvedimenti  commissariali spetta in via esclusiva,
anche   per   l'emanazione   di   misure   cautelari,   al  Tribunale
amministrativo regionale del Lazio, con sede in Roma.
    In  connessione  a  tale  previsione  il  comma 2-ter dispone: Le
questioni  di  cui al comma 2-bis sono rilevate d'ufficio. Davanti al
giudice   amministrativo   il   giudizio  e'  definito  con  sentenza
succintamente  motivata  ai sensi dell'art. 26 della legge 6 dicembre
1971,  n. 1034,  e  successive modificazioni, trovando applicazione i
commi 2 e seguenti dell'art. 23-bis della stessa legge.
    Strettamente  connessa alle previsioni di cui sopra quelle di cui
al comma 2-quater, alla stregua delle quali: Le norme di cui ai commi
2-bis  e  2-ter  si applicano anche ai processi in corso. L'efficacia
delle  misure  cautelaci  adottate  da  un  tribunale  amministrativo
diverso  da  quello  di  cui  al  comma  2-bis permane fino alla loro
modifica o revoca da parte del Tribunale amministrativo regionale del
Lazio,  con sede in Roma, cui la parte interessata puo' riproporre il
ricorso.
    Quanto   alla   rilevanza   delle   questioni  di  illegittimita'
costituzionale,  va osservato che, nel presente giudizio, proposto in
data  successiva  all'entrata in vigore della legge di conversione 27
gennaio  2006,  n. 21,  hanno  incidenza specifica le norme di cui al
comma  2-bis  e  2-ter  dell'art. 3,  che  contemplano  una deroga al
criterio  previsto dalla legge 6 dicembre 1971, n. 1034 ai fini della
determinazione     del     tribunale     amministrativo     regionale
territorialmente  competente,  introducendo  un'ipotesi di competenza
funzionale  del Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sede di
Roma, inderogabile e rilevabile d'ufficio (comma 2-ter).
    Ne  consegue che, in applicazione di tali norme, questo tribunale
dovrebbe limitarsi a declinare la competenza, in favore del Tribunale
amministrativo regionale del Lazio.
    9.  -  Cio' premesso in ordine alla rilevanza della questione, il
Collegio  condivide  pienamente  i  dubbi  di  costituzionalita', non
prettamente attinenti all'ordinamento regionale siciliano, affacciati
in  ordine  alle  dette  norme dal Tribunale amministrativo regionale
della  Sicilia, sede di Palermo, sezione I, con ordinanza n. 67 del 6
marzo  2006  (la  questione  risulta  sollevata  anche  da  Tribunale
amministrativo  regionale  Sicilia,  Catania,  sez.  I, 7 marzo 2006,
n. 90,   nonche',  nei  medesimi  termini  da  questo  tribunale  con
ordinanza n. 40 del 21 aprile 2006 e nn. 97 e 98 del 4 ottobre 2006).
    Ed  invero,  tali dubbi si pongono in primo luogo con riferimento
all'art. 3  della  Costituzione, per la disparita' di trattamento che
la deroga alle ordinarie regole di riparto delle competenze comporta,
per  la tutela giurisdizionale delle rispettive posizioni giuridiche,
tra  soggetti  in  situazioni  eguali  (destinatari  delle  ordinanze
adottate  dagli  organi  governativi o dai commissari delegati, nelle
situazioni  di  dichiarata  emergenza,  aventi  efficacia limitata al
territorio di una regione, rispetto ai destinatari dei provvedimenti,
aventi lo stesso ambito di efficacia, adottati, in via ordinaria - in
genere dagli organi esponenziali di enti territoriali regionali o sub
regionali).
    Invero  la  disposizione in esame prevede, in tutte le situazioni
di  emergenza dichiarate ai sensi dell'art. 5, comma 1 della legge 24
febbraio  1992,  n. 225,  l'attribuzione  di  competenza al Tribunale
amministrativo  regionale  del  Lazio  a conoscere della legittimita'
delle  ordinanze  adottate,  nonche' dei provvedimenti dei commissari
che  agiscano in virtu' della delega prevista dal successivo comma 4,
e  quindi  per  atti  che  possono  assumere, e normalmente assumono,
un'incidenza limitata a specifici ambiti territoriali.
    In  definitiva,  mentre  l'impugnazione di provvedimenti adottati
nell'esercizio  delle ordinarie attribuzioni rientra nella competenza
del  Tribunale  amministrativo  regionale  regionale  del luogo ove i
provvedimenti  hanno incidenza (art. 3 della legge n. 1034/1971), ove
sia stata dichiarata la situazione di emergenza ai sensi dell'art. 5,
comma  1  della  legge  24  febbraio 1992, n. 225, l'impugnazione dei
provvedimenti  volti  alla  cura  dei  medesimi  interessi,  idonei a
produrre  le  medesime  conseguenze,  ed  eventualmente  a comprimere
uguali   posizioni   soggettive   (quale   l'autorizzazione  prevista
dall'art. 27  del d.lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, che viene in rilievo
nella   presente   controversia,   ordinariamente   attribuita   alla
competenza  delle regioni, con la partecipazione procedimentale degli
enti  territoriali  locali),  adottati dagli organi governativi o dai
commissari  all'uopo nominati (che peraltro frequentemente coincidono
con le medesime persone fisiche titolari degli uffici a cui spetta in
via  ordinaria  la  cura  dell'interesse  preso  in  considerazione),
rientra  nella  competenza  funzionale  ed inderogabile del Tribunale
amministrativo  regionale del Lazio, in forza della norma di legge in
esame.
    10.  -  Tale diversita' non appare giustificabile dalla eventuale
maggiore  rilevanza  dell'interesse sotteso ai provvedimenti adottati
dal  governo  o dai commissari nominati ai sensi dell'art. 5, comma 4
della legge 24 febbraio 1992, n. 225.
    In  primo  luogo, nel nostro sistema non esiste una distribuzione
di  competenza  tra  i  diversi tribunali amministrativi regionali in
dipendenza  della  maggiore o minore rilevanza dell'interesse sotteso
al  provvedimento  impugnato;  ed  ove venisse in ipotesi, introdotta
apparirebbe  in  contrasto  con  le  disposizioni  costituzionali che
pongono  su  un  piano  paritario  i diversi tribunali amministrativi
regionali, distribuiti su base regionale (art. 125 Cost.).
    Ma   appare   decisiva   la   considerazione   che   il   rilievo
dell'interesse  preso  in considerazione non muta a secondo che venga
curato   attraverso   i   normali   strumenti  ordinamentali,  ovvero
attraverso  strumenti  ed  organi  extra  ordinem,  che  si vengono a
sovrapporre  alle  ordinarie  competenze  e procedure, per ragioni di
particolare  urgenza.  Invero le situazioni che giustificano lo stato
di  emergenza,  ai sensi dell'art. 5, comma 1 della legge 24 febbraio
1992,  n. 225,  non  si  caratterizzano  per  il  particolare rilievo
dell'interesse  considerato,  ma per l'urgenza di provvedere nei casi
«di calamita' naturali, catastrofi o altri eventi che, per intensita'
ed  estensione,  debbono  essere  fronteggiati  con  mezzi  e  poteri
straordinari»,  e  che  difficilmente potrebbero essere adeguatamente
affrontati in assenza di agili rimedi, immediatamente efficaci.
    E   se   la  straordinarieta'  degli  eventi  che  devono  essere
fronteggiati giustifica la straordinarieta' dei mezzi e dei poteri di
carattere sostanziale all'uopo previsti, la sottoposizione degli atti
adottati,  nell'ambito  della  rilevata  situazione  di  emergenza, a
peculiari  regimi  di  impugnazione  appare del tutto irragionevole e
sembra   comportare   un'ingiustificata   lesione  dell'art. 3  della
Costituzione.
    Peraltro,  che  le  disposizioni  di  legge in esame non possano,
neanche  in tesi, trovare fondamento in una ipotetica - ma a giudizio
del  Collegio inesistente - maggiore rilevanza dell'interesse curato,
e'  comprovato dal fatto che il regime derogatorio previsto dal comma
2-bis  dell'art. 3  della legge n. 21/2006, quale risulta chiaramente
dalla formulazione letterale della norma, riguarda le ordinanze e gli
atti  commissariali adottati nelle situazioni di emergenza dichiarate
ai  sensi  dell'art. 5, comma 1 della legge 24 febbraio 1992, n. 225,
ma  non i provvedimenti che tali situazioni di emergenza dichiarino e
che,   ove   si  riferiscano  a  situazioni  di  limitata  estensione
territoriale,  come  sovente  accade,  continuano  a  rientrare nella
ordinaria  competenza  del  Tribunale  amministrativo regionale della
regione in cui il provvedimento e' destinato ad avere incidenza.
    Di  tal  che,  ad  esempio, nella fattispecie in esame, mentre il
provvedimento governativo (deliberazione del Consiglio dei ministri e
successivo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri: art. 5,
comma 1, legge 24 febbraio 1992, n. 225) concernente la dichiarazione
dello  stato  di  emergenza  nell'ambito  della Regione Calabria, nei
settori considerati, ed il conseguente atto di nomina del Commissario
delegato  ,  rimarrebbero  suscettibili di impugnativa nell'ordinaria
sede  territoriale  periferica  competente ( Tribunale amministrativo
regionale   Calabria),   i   provvedimenti   adottati  dall'autorita'
straordinaria   per  ultimo  citata  rientrerebbero  nella  esclusiva
cognizione  del  Tribunale  amministrativo  regionale  Lazio, sede di
Roma.
    L'irragionevolezza del disegno complessivo che ne consegue, oltre
ad  elidere  qualsiasi  possibilita'  di individuare valide ragioni a
supporto   della   deroga   introdotta,  tali  da  non  portare  alla
conclusione  che  le  disposizioni  in esame determinano, puramente e
semplicemente,  un'ingiustificata disparita' di trattamento, non puo'
non  essere  autonomamente valutata anche per la lesione al principio
costituzionale  di ragionevolezza, che deve presiedere alla redazione
dei testi di legge.
    11.  -  Il  Collegio  ha  ben  presente  la  sentenza della Corte
costituzionale   n. 189/1992,   con   la   quale  e'  stato  ritenuto
compatibile  con  il  dettato  costituzionale l'art. 4 della legge 12
aprile  1990,  n. 74,  che  attribuisce  al  Tribunale amministrativo
regionale  Lazio la competenza esclusiva sull'impugnazione degli atti
del C.S.M.
    Ma  in  quella  circostanza,  a giustificazione della deroga alla
ordinaria  competenza  prevista  dalla  legge  n. 1034/1971, e' stata
posta  in rilievo la particolare posizione che il Consiglio superiore
della  magistratura occupa nell'ordinamento costituzionale, oltre che
la  peculiare funzione svolta dai magistrati ordinari, che li rendono
non  assimilabili  o  comparabili  ad  altre  categorie  di  pubblici
dipendenti;  circostanze del tutto estranee alle vicende per le quali
trova applicazione la norma in esame.
    Peraltro  non sembra secondario rilevare che il foro previsto per
i   pubblici   dipendenti   dal   comma  2  dell'art. 3  della  legge
n. 1034/1971,  costituisce  gia'  una  deroga,  seppur  di  carattere
generale,  alla  prioritaria  regola prevista dal medesimo comma, che
individua,  quale principio cardine della distribuzione di competenza
tra   i  diversi  tribunali  amministrativi  regionali,  l'ambito  di
efficacia del provvedimento impugnato.
    Da  cio'  consegue  che,  in  dipendenza  del  particolare  ruolo
costituzionale  rivestito  dal  C.S.M.  e  della particolare funzione
svolta   dai  magistrati  ordinari,  non  appare  irragionevole  che,
rispetto  a  provvedimenti che hanno efficacia sull'intero territorio
nazionale,  il Legislatore ritenga piu' opportuno seguire il criterio
prioritario  di  distribuzione di competenza tra i diversi tribunali,
piuttosto  che  il  criterio derogatorio costituito dal foro speciale
per i pubblici dipendenti.
    Ma   anche   tale   linea   argomentativa   sarebbe   del   tutto
inutilizzabile  rispetto  alla  vicenda  in  esame, nella quale viene
derogato  proprio  il  criterio  principale  di  distribuzione  della
competenza  tra i diversi tribunali amministrativi regionali, fondato
sulla incidenza territoriale del provvedimento impugnato.
    Invero, la deroga prevista dai commi 2-bis e seguenti dell'art. 3
del  d.l.  30  novembre  2005,  n. 245,  introdotti  con  la legge di
conversione del 27 gennaio 2006, n. 21, rispetto alle regole generali
di  distribuzione  della  competenza indicate dall'art. 3 della legge
n. 1034/1971,  non  appare  supportata  da alcuna plausibile ragione,
dotata   di   copertura  costituzionale,  idonea  a  giustificare  la
disparita'  di  trattamento che indubbiamente si viene ad operare tra
situazioni  eguali,  con  conseguente lesione dei principi desumibili
dall'art. 3 della Costituzione.
    12.  -  Le  disposizioni  di  legge  in esame appaiono inoltre in
contrasto  con  l'art. 24  della Costituzione, in quanto l'attrazione
delle   controversie  ivi  previste  alla  competenza  del  Tribunale
amministrativo  regionale  del  Lazio  indiscutibilmente  comporta un
ingiustificato  aggravio organizzativo e di costi a cui devono andare
incontro  i  soggetti  incisi dai provvedimenti adottati dagli organi
governativi   e   dai   commissari,  nelle  situazioni  di  emergenza
dichiarate ai sensi dell'articolo 5, comma 1, della legge 24 febbraio
1992,  n. 225,  che  intendano tutelare in giudizio le loro posizioni
soggettive,  con  riguardo  ai  provvedimenti  localizzati  in ambiti
territoriali non ricadenti nella Regione Lazio.
    La   lesione   al   principio   desumibile   dall'art. 24   della
Costituzione risulta ancor piu' significativa se si tiene conto della
molteplicita'  e della varieta' dei provvedimenti che rientrano nella
previsione  di  legge,  tali  pertanto  da toccare interessi idonei a
frazionarsi in molteplici ed eterogenee posizioni soggettive.
    13.  - Viene altresi' vistosamente conculcato anche il principio,
enunciato  in  Costituzione,  del  decentramento  territoriale  della
giurisdizione amministrativa, attuato, fin dal 1971 (legge 6 dicembre
1971,   n. 1034),   con   l'attribuire  ai  tribunali  amministrativi
regionali  la  cognizione  di  tutte le controversie scaturenti dalla
contestazione  di  atti  della  p.a.  destinati  ad esaurire i propri
effetti «in loco».
    Sotto  questo  aspetto,  le  norme  in  esame risultano quindi in
contrasto anche con l'art. 125, secondo comma, della Costituzione.
    Ritiene  invero  questo giudice remittente che, con la previsione
di  organi  di  giustizia  amministrativa  di  primo  grado in ambito
regionale,  il  Costituente  abbia inteso garantire una distribuzione
territoriale dei tribunali amministrativi regionali tale da agevolare
il  ricorso  alla giustizia amministrativa, in sostanziale coerenza e
continuita'  logica  con  i  principi  desumibili  dall'art. 24 della
Costituzione.
    Se e' vero che il Tribunale amministrativo regionale del Lazio fa
comunque  parte del complesso della giustizia amministrativa di primo
grado, articolata su base regionale, e' pur vero che l'attribuzione a
tale  Tribunale  amministrativo  regionale  di controversie in nessun
modo  connesse  a  criteri di distribuzione territoriale, finisce per
svuotare di contenuto la previsione dell'art. 125 della Costituzione,
violando il senso del principio in esso espresso, e creando una sorta
di  gerarchia  tra i Tribunale amministrativo regionale territoriali,
incompatibile  con  il  dettato  e  lo  spirito  della Costituzione e
realizzando  anche un non irrilevante «vulnus» del principio generale
del   «giusto   processo»,   quale  desumibile  dal  testo  novellato
dall'art. 111 della Costituzione.
    14.  -  Detto per inciso, in quanto la questione non ha rilevanza
nel  presente  giudizio,  suscita dubbi di costituzionalita' anche il
regime transitorio previsto dalle disposizioni di legge in esame, che
trova applicazione alla controversia oggetto del presente giudizio.
    Invero,  lo  spostamento  di  competenza  che  comporta  il comma
2-quater  dell'art. 3  anche  per i giudizi in corso al momento della
entrata   in  vigore  delle  disposizioni  in  esame,  legittimamente
instaurati   presso  i  diversi  Tribunale  amministrativo  regionale
territoriali,  secondo  le  disposizioni  di legge vigenti al momento
della  loro  proposizione,  appare  in  contrasto con l'art. 25 della
Costituzione,  determinando  la  sottrazione del giudizio al «giudice
naturale precostituito per legge».
    15.  -  In  conclusione,  il  Collegio  ritiene  rilevante  e non
manifestamente  infondata la questione di legittimita' costituzionale
le  norme  dell'art. 3, commi 2-bis, 2-ter del d.l. 30 novembre 2005,
n. 245,  introdotti  con la legge di conversione del 27 gennaio 2006,
n. 21,   per  contrasto  con  gli  artt.  3,  24,  111  e  125  della
Costituzione,  nella  parte  in  cui prevedono la competenza in primo
grado,  esclusiva  ed inderogabile, estesa anche ai giudizi in corso,
del   Tribunale   amministrativo  regionale  del  Lazio  sui  ricorsi
giurisdizionali  proposti  avverso  le  ordinanze  ed i provvedimenti
adottati  nell'ambito  delle  situazioni  di  emergenza dichiarate ai
sensi dell'art. 5, comma 1, della legge 24 febbraio 1992, n. 225.
    Il  giudizio,  pertanto, va sospeso e gli atti vanno rimessi alla
Corte    costituzionale    per    il    giudizio    incidentale    di
costituzionalita'.