ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nei  giudizi  di  legittimita'  costituzionale degli artt. 168, terzo
comma, del codice penale, e 674, comma 1-bis, del codice di procedura
penale, come modificati dall'art. 1 della legge 26 marzo 2001, n. 128
(Interventi  legislativi  in  materia  di  tutela della sicurezza dei
cittadini),  promossi con ordinanze del 14 ottobre 2004 dal Tribunale
di  Nuoro  nel  procedimento penale a carico di S. D. e dell'8 maggio
2003  dal  Tribunale  di Livorno, sezione distaccata di Portoferraio,
nel  procedimento  penale  a  carico  di  D. M. iscritte al n. 25 del
registro  ordinanze  2005  ed al n. 210 del registro ordinanze 2006 e
pubblicate  nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 7, 1ª serie
speciale, dell'anno 2005 e 28, 1ª serie speciale, dell'anno 2006.
    Visti  gli  atti  di  intervento del Presidente del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nella  Camera  di consiglio del 10 ottobre 2007 il giudice
relatore Giovanni Maria Flick.
    Ritenuto  che,  con  l'ordinanza  indicata in epigrafe, pervenuta
alla   Corte  l'8  giugno 2006,  il  Tribunale  di  Livorno,  sezione
distaccata  di  Portoferraio, ha sollevato, in riferimento agli artt.
3,   secondo  comma,  24  e  111  della  Costituzione,  questione  di
legittimita'  costituzionale  dell'art. 168,  terzo comma, del codice
penale, come modificato dall'art. 1 della legge 26 marzo 2001, n. 128
(Interventi  legislativi  in  materia  di  tutela della sicurezza dei
cittadini),  nella parte in cui prevede la possibilita' di revoca, in
sede   di  esecuzione,  della  sospensione  condizionale  della  pena
concessa  in  violazione  dell'art. 164,  quarto comma, cod. pen., in
presenza  di  cause  ostative,  anche  quando  si tratti di beneficio
accordato  ai sensi del comma 3 dell'art. 444 del codice di procedura
penale  (e,  cioe', a seguito di richiesta di applicazione della pena
subordinata alla concessione della sospensione condizionale);
        che  il  rimettente  riferisce  di  essere  investito,  quale
giudice  dell'esecuzione,  della  richiesta del pubblico ministero di
revoca  della  sospensione  condizionale  della  pena concessa ad una
persona,  a  norma  dell'art. 444,  comma 3,  cod.proc.pen.,  con due
sentenze  divenute  irrevocabili, rispettivamente, il 5 febbraio 1997
ed il 27 novembre 1997;
        che  la  richiesta  -  ad avviso del giudice a quo - andrebbe
accolta  limitatamente  alla  seconda  sentenza: giacche' con essa la
sospensione condizionale era stata concessa alla persona in questione
per  la  terza  volta,  e  dunque in violazione dell'art. 164, quarto
comma, cod. pen.;
        che  il  rimettente  dubita, tuttavia, sotto plurimi profili,
della legittimita' costituzionale della norma denunciata;
        che  la possibilita', introdotta dalla legge n. 128 del 2001,
di   revocare   in   sede   esecutiva   la  sospensione  condizionale
erroneamente concessa sarebbe, in effetti, pienamente compatibile con
la Costituzione allorche' si discuta di beneficio accordato a seguito
di  giudizio  ordinario,  o  di  altro rito che consenta comunque una
«piena   dialettica  processuale»  (quale  il  giudizio  abbreviato):
trattandosi,   in  tal  caso,  di  una  «rivisitazione»  a  carattere
puramente  dichiarativo,  che  incide  soltanto  «sull'esercizio  del
potere e sulla statuizione del giudice»;
        che del tutto diversa risulterebbe, invece, la situazione nel
caso  di  patteggiamento,  allorche'  l'imputato  accetti  di  essere
sottoposto  a  pena,  rinunciando  a  «difendersi  provando», solo in
quanto gli venga garantita la sospensione condizionale;
        che, in tale ipotesi, sarebbe difatti irragionevole che, dopo
la  formazione del giudicato, l'accertamento di un errore dello Stato
determini  la  revoca  unilaterale dell'accordo, gia' intervenuto con
l'imputato,  unicamente  nella  parte  che  rappresenta il fondamento
essenziale della richiesta di quest'ultimo; essendo possibili altre e
«piu' congrue» soluzioni: quale, ad esempio, un nuovo accordo che non
preveda la sospensione condizionale, ma con «rimodulazione della pena
patteggiata»; ovvero l'integrale ripetizione del processo a richiesta
dell'imputato,  ove  questi  reputi  non  piu'  conveniente  il  rito
previsto dall'art. 444 cod. proc. pen.;
        che  la  circostanza che l'accordo, sulla cui base l'imputato
si  e'  indotto  a  rinunciare al processo, venga travolto solo nella
parte   favorevole  all'imputato  medesimo,  senza  che  quest'ultimo
recuperi  la  facolta'  di «difendersi provando», implicherebbe anche
una violazione del diritto di difesa (art. 24, secondo comma, Cost.);
        che  risulterebbero vulnerati, infine, i principi del «giusto
processo»  enunciati  dall'art. 111  Cost., in forza dei quali, da un
lato,  puo'  considerarsi  «giusto»  solo il processo che consente il
pieno  contraddittorio  fra le parti; e, dall'altro lato, la rinuncia
al  contraddittorio  puo'  conseguire  solo ad una scelta consapevole
dell'imputato:  scelta  necessariamente ancorata a dati certi, le cui
conseguenze non potrebbero essere, dunque, unilateralmente modificate
dallo Stato dopo la formazione del giudicato;
        che,  con  l'altra  ordinanza  pure  indicata in epigrafe, il
Tribunale  di  Nuoro ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 111,
quarto  e  quinto  comma,  Cost.,  analoga  questione di legittimita'
costituzionale  dell'art. 168, terzo comma, cod. pen., «in relazione»
all'art. 674,  comma 1-bis,  cod.  proc.  pen.  (modificato anch'esso
dall'art. 1 della legge n. 128 del 2001);
        che   il  giudice  a  quo  riferisce  di  essere  chiamato  a
pronunciarsi,  quale  giudice  dell'esecuzione,  sulla  richiesta del
pubblico  ministero di revoca della sospensione condizionale concessa
ad  un soggetto, a norma dell'art. 444, comma 3, cod. proc. pen., con
sentenza  emessa il 3 aprile 2003: richiesta motivata col rilievo che
detta   persona  aveva  gia'  in  precedenza  fruito  due  volte  del
beneficio,  in  virtu' di sentenze dell'11 marzo 1974 e del 18 agosto
1991;
        che, quanto alla non manifesta infondatezza della questione -
premesso  che  in base all'art. 111, quarto e quinto comma, Cost., il
principio  della  formazione  della  prova  nel contraddittorio delle
parti  puo'  trovare  deroga  solo  «per consenso dell'imputato o per
accertata  impossibilita' oggettiva o per effetto di provata condotta
illecita»  -  il  giudice  a  quo  osserva  come,  nel  caso  di  cui
all'art. 444,  comma 3,  cod. proc. pen., la richiesta di concessione
della  sospensione  condizionale  costituisca  parte  integrante  del
consenso  dell'imputato  all'adozione  di  un  rito  non  fondato sul
contraddittorio delle parti;
        che,  in coerenza con cio', il citato art. 444, comma 3, cod.
proc.  pen. prevede che la mancata concessione del beneficio comporti
il  rigetto  della  richiesta  ed il ritorno alla regola generale del
processo  celebrato  in  contraddittorio; mentre la giurisprudenza di
legittimita'   appare   costante   nel   ritenere  che,  in  sede  di
impugnazione,  l'accertamento  della  illegittima  concessione  della
sospensione  condizionale inficia non soltanto il relativo capo della
sentenza, ma l'intero accordo raggiunto dalle parti;
        che   la   razionalita'   di   tale   meccanismo   e  la  sua
corrispondenza  al  principio  dettato dall'art. 111, quarto e quinto
comma, Cost. verrebbero tuttavia meno, in sede esecutiva, per effetto
delle disposizioni censurate;
        che   da  un  lato,  infatti,  la  revoca  della  sospensione
condizionale,  da  parte  del giudice dell'esecuzione, farebbe si che
l'imputato si trovi ad essere stato giudicato in un processo svoltosi
in assenza di contraddittorio senza il suo consenso, in quanto questo
era condizionato al riconoscimento del beneficio;
        che,  da  un altro lato, si determinerebbe una ingiustificata
disparita'  di  trattamento fra la fase di cognizione, nella quale il
riscontro  della  non  concedibilita'  del beneficio porta al rigetto
della  richiesta,  ovvero,  in sede di impugnazione, all'annullamento
dell'intero  accordo, «riconducendo il giudizio nei binari ordinari»;
e  la  fase di esecuzione, in cui invece la revoca del solo beneficio
non incide sul giudicato relativo all'applicazione della pena;
        che in entrambi i giudizi di costituzionalita' e' intervenuto
il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri, rappresentato e difeso
dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  chiedendo  che le questioni
siano dichiarate inammissibili o comunque infondate.
    Considerato  che  le  ordinanze di rimessione sollevano questioni
analoghe,  onde  i relativi giudizi vanno riuniti per essere definiti
con unica decisione;
        che   i   giudici   rimettenti  dubitano  della  legittimita'
costituzionale  dell'art. 168,  terzo  comma, del codice penale, come
modificato  dall'art. 1 della legge 26 marzo 2001, n. 128 (Interventi
legislativi  in  materia  di  tutela  della sicurezza dei cittadini),
nella  parte  in cui - in correlazione con il disposto dell'art. 674,
comma 1-bis, del codice di procedura penale (anch'esso modificato dal
citato  art. 1  della  legge n. 128 del 2001) - prevede la revoca, in
sede   di  esecuzione,  della  sospensione  condizionale  della  pena
concessa  «in  violazione dell'art. 164, quarto comma» cod. pen., «in
presenza  di  cause  ostative»,  anche  quando si tratti di beneficio
accordato ai sensi del comma 3, dell'art. 444 del codice di procedura
penale  (e,  cioe', a seguito di richiesta di applicazione della pena
subordinata alla concessione della sospensione condizionale);
        che,  con  riferimento alla questione sollevata dal Tribunale
di  Livorno,  sezione  distaccata  di  Portoferraio, si deve peraltro
osservare  come,  alla  luce  dell'indirizzo nettamente maggioritario
della  giurisprudenza  di  legittimita',  la  nuova ipotesi di revoca
della  sospensione  condizionale  della  pena prevista dall'art. 168,
terzo  comma,  cod.  pen.  non  possa operare in rapporto ai benefici
concessi  con  sentenze  divenute  definitive  prima  dell'entrata in
vigore  dalla  legge n. 128 del 2001: e cio' tanto ove si ritenga che
la  norma  impugnata  abbia  carattere sostanziale (valendo allora il
principio  di irretroattivita' della norma penale sfavorevole, di cui
all'art. 2  cod.  pen.);  quanto  ove  le  si  attribuisca  carattere
processuale  (valendo  allora  il  principio  tempus regit actum, che
esclude  che  le  nuove  norme  possano  applicarsi agli atti e fatti
«esauriti» sotto l'impero della legge anteriore);
        che,   nel   caso   di   specie  -  secondo  quanto  riferito
nell'ordinanza  di  rimessione  -  si  discute  della  revoca  di una
sospensione  condizionale concessa con sentenza divenuta irrevocabile
il  27 novembre  1997,  e  dunque  prima dell'entrata in vigore della
legge  n. 128 del 2001; senza che, peraltro, il giudice rimettente si
ponga   affatto   il   problema   di  diritto  intertemporale  dianzi
evidenziato;
        che  la  questione  va  dichiarata,  pertanto, manifestamente
inammissibile per difetto di motivazione sulla rilevanza;
        che,  quanto alla questione sollevata dal Tribunale di Nuoro,
va rilevato come, con la disposizione di cui al censurato terzo comma
dell'art. 168  cod.  pen., il legislatore abbia inteso introdurre uno
strumento  capace  di  porre  rimedio, a posteriori, alla illegittima
reiterazione  della sospensione condizionale della pena: e cio' nella
precipua ottica di ovviare agli inconvenienti derivanti dal difettoso
funzionamento  dell'istituto  del  casellario giudiziale, il quale, a
causa dei ritardi negli aggiornamenti, impedisce spesso al giudice di
riscontrare,  al  momento  del  giudizio,  l'esistenza  di precedenti
condanne  a  pena  sospesa,  ostative  ad  una  nuova concessione del
beneficio;
        che,  in tale ottica, un indirizzo interpretativo ritiene che
-   in   coerenza   col  rilevato  obiettivo  di  non  far  «lucrare»
all'imputato   vantaggi   conseguenti  ad  errori  «invincibili»  del
giudice,  dipendenti  dalle  disfunzioni di strutture ausiliarie - la
possibilita'  di  revoca in executivis della sospensione condizionale
debba  intendersi  limitata,  ad  onta  della indifferenziata lettera
della  norma,  alla sola ipotesi in cui l'elemento ostativo non fosse
conoscibile  nella  fase  di  cognizione: mentre, in caso contrario -
quando,  cioe',  il  giudice della cognizione, pur potendo accorgersi
dei  precedenti  ostativi,  abbia  egualmente concesso il beneficio a
causa  di  una erronea valutazione - anche la nuova ipotesi di revoca
dovrebbe   conseguire  alla  proposizione  degli  ordinari  mezzi  di
impugnazione;
        che,   a   sostegno   di  tale  soluzione,  si  allega  anche
l'argomento  di  ordine  sistematico,  per cui solo nella prospettiva
dianzi  indicata  la  norma  non  porrebbe problemi di violazione del
giudicato  -  trasformando  lo  strumento censurato in un nuovo mezzo
straordinario  di  impugnazione  contra  reum,  svincolato  da limiti
temporali -  poiche'  non  si  tratterebbe  di rivedere una decisione
erronea  presa  in  sede  di cognizione, ma soltanto di eliminare una
violazione di legge commessa in presenza di una situazione oggettiva,
non  percepita  ne'  percepibile  dal  giudice  della  cognizione, ma
divenuta conoscibile solo ex post;
        che   il   rimettente  non  tiene  affatto  conto,  peraltro,
dell'orientamento   interpretativo  ora  ricordato,  anche  solo  per
contestarne la validita';
        che,  di  conseguenza,  il  giudice a quo non precisa se, nel
caso  sottoposto  al  suo esame, i precedenti ostativi fossero o meno
conosciuti  o  conoscibili dal giudice della cognizione; precisazione
che  risulterebbe,  per contro, tanto piu' necessaria - nella cornice
della  tesi interpretativa dianzi ricordata - a fronte del fatto che,
secondo  quanto  si  riferisce  nell'ordinanza  di rimessione, le due
precedenti sospensioni condizionali erano state concesse all'imputato
con sentenze anteriori, rispettivamente, di ben 19 e 12 anni rispetto
a  quella  di  cui  si  discute  nel  giudizio a quo: il che potrebbe
indurre  a  dubitare  che  -  pur tenendo conto dei possibili ritardi
negli   aggiornamenti -   le  sentenze  stesse  non  figurassero  nel
certificato del casellario giudiziale al momento della decisione;
        che,   pertanto,   anche   tale   questione   va   dichiarata
manifestamente   inammissibile   per  difetto  di  motivazione  sulla
rilevanza.
    Visti  gli  artt. 26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti
alla Corte costituzionale.