ha pronunciato la seguente

                           S e n t e n z a

nei  giudizi  di  legittimita'  costituzionale dell'art. 7-quater del
  decreto-legge  31  gennaio  2005,  n. 7  (Disposizioni  urgenti per
  l'universita'  e  la  ricerca, per i beni e le attivita' culturali,
  per  il completamento di grandi opere strategiche, per la mobilita'
  dei   pubblici  dipendenti,  e  per  semplificare  gli  adempimenti
  relativi  a  imposte di bollo e tasse di concessione, nonche' altre
  misure urgenti), inserito dalla legge di conversione 31 marzo 2005,
  n. 43,  promossi  dal  Tribunale amministrativo regionale del Lazio
  con due ordinanze del 16 novembre 2005 e dal Consiglio di Stato con
  ordinanza del 4 maggio 2006, rispettivamente iscritte ai nn. 25, 26
  e  373  del  registro  ordinanze  2006  e pubblicate nella Gazzetta
  Ufficiale  della  Repubblica  n. 6  e  n. 41  -  serie  speciale  -
  dell'anno 2006.
    Visti  gli  atti di costituzione dell'azienda Policlinico Umberto
  I,  dell'Alse  Medica  S.r.l.  nonche'  gli  atti di intervento del
  Presidente del Consiglio dei ministri;
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  25  settembre 2007 il giudice
  relatore Francesco Amirante;
    Uditi  gli  avvocati Rosaria Russo Valentini e Antonio Capparelli
  per  l'azienda  Policlinico  Umberto I, Sergio Como e Ennio Luponio
  per  la  Alse  Medica  S.r.l.  e  l'Avvocato  dello  Stato  Antonio
  Palatiello per il Presidente del Consiglio dei ministri.

                          Ritenuto in fatto

    1. - Nel  corso  di  un  giudizio di ottemperanza, promosso dalla
  Technodal  S.r.l.  nei confronti dell'azienda Policlinico Umberto I
  di  Roma,  il  Tribunale  amministrativo regionale del Lazio, terza
  sezione,  ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 24, 101, 103 e
  113  della  Costituzione,  questione di legittimita' costituzionale
  dell'art.   7-quater   del  decreto-legge  31  gennaio  2005,  n. 7
  (Disposizioni  urgenti per l'universita' e la ricerca, per i beni e
  le  attivita'  culturali,  per  il  completamento  di  grandi opere
  strategiche,  per  la  mobilita'  dei  pubblici  dipendenti,  e per
  semplificare gli adempimenti relativi a imposte di bollo e tasse di
  concessione, nonche' altre misure urgenti), inserito dalla legge di
  conversione 31 marzo 2005, n. 43 (r.o. n. 25 del 2006).
    Nel descrivere la vicenda processuale sottoposta al suo giudizio,
  il  Tribunale  amministrativo  regionale  espone  che  la  societa'
  ricorrente   ha   chiesto  l'ottemperanza,  da  parte  dell'azienda
  convenuta, del giudicato formatosi sul decreto ingiuntivo emesso in
  data  28  aprile  2001  dal  Tribunale  civile di Roma e dichiarato
  definitivamente  esecutivo,  per mancata opposizione, il successivo
  14  agosto  2001.  Il  decreto  ingiuntivo  era  stato  emesso  nei
  confronti  dell'azienda  Policlinico Umberto I per servizi prestati
  dalla  societa'  ricorrente  nei  confronti della disciolta azienda
  universitaria  Policlinico  Umberto  I, nel periodo dal 18 dicembre
  1996  al  30  ottobre  1999,  tenuto  conto del fatto che, ai sensi
  dell'art.  2,  comma  1, del decreto-legge 1° ottobre 1999, n. 341,
  convertito, con modificazioni, dalla legge 3 dicembre 1999, n. 453,
  la  prima  azienda  sopra  menzionata  era  succeduta alla seconda.
  Divenuto  esecutivo il decreto per mancata opposizione, la societa'
  creditrice  aveva  inutilmente  esperito  le procedure esecutive in
  sede  civile,  vedendosi percio' costretta a promuovere il giudizio
  amministrativo  di  ottemperanza  nei  confronti  della  menzionata
  azienda. Quest'ultima, costituendosi in giudizio, aveva eccepito il
  proprio  difetto  di  legittimazione passiva alla luce del disposto
  dell'art.   8-sexies  del  decreto-legge  28  maggio  2004,  n. 136
  (Disposizioni  urgenti  per  garantire  la  funzionalita' di taluni
  settori  della  pubblica  amministrazione), aggiunto dalla legge di
  conversione  27  luglio  2004,  n. 186, sostenendo, inoltre, che il
  giudizio  doveva  essere  dichiarato estinto d'ufficio in base alla
  disposizione censurata.
    Il   giudice   a  quo  precisa  che  l'eccezione  di  difetto  di
  legittimazione  passiva  deve  ritenersi  infondata,  in  quanto il
  giudicato   sostanziale   portato   dal  decreto  ingiuntivo  ormai
  irrevocabile   copre   anche  l'esistenza  di  fatti  modificativi,
  impeditivi  ed  estintivi  del  rapporto  precedenti al ricorso per
  ingiunzione e non dedotti in sede di opposizione al medesimo; e che
  si  presenta,  invece,  non manifestamente infondata l'eccezione di
  illegittimita'  costituzionale  sollevata  in via subordinata dalla
  societa' ricorrente.
    Il  Tribunale  amministrativo  regionale  remittente,  dopo  aver
  richiamato  testualmente  il contenuto del censurato art. 7-quater,
  osserva che la seconda eccezione sollevata dall'azienda Policlinico
  Umberto  I dovrebbe essere accolta, con conseguente declaratoria di
  estinzione  del giudizio di ottemperanza pendente, il che da' conto
  della   rilevanza   della   sollevata   questione  di  legittimita'
  costituzionale, in quanto relativa a norma della quale il giudice a
  quo deve fare applicazione.
    Cio'  premesso  circa  la  rilevanza, il Tribunale amministrativo
  regionale  del  Lazio  osserva  che  la  norma  in  esame appare in
  contrasto con i richiamati parametri costituzionali. Ed infatti, la
  ratio  legis  e'  quella  di  limitare, anche in sede esecutiva, la
  successione  della  neo-istituita azienda Policlinico Umberto I nei
  rapporti   che   facevano   capo  alla  soppressa  omonima  azienda
  universitaria,   «al  solo  troncone  delle  obbligazioni  relative
  all'esecuzione  dei  contratti di durata successivo alla data della
  sua  istituzione»,  secondo il dettato del menzionato art. 8-sexies
  del   d.l.  n. 136  del  2004.  In  vista  di  tale  obiettivo,  il
  legislatore   ha   stabilito  l'inefficacia  dei  titoli  esecutivi
  formatisi  nei  confronti  dell'azienda  Policlinico  Umberto I per
  crediti  sorti  anteriormente  all'istituzione della medesima - con
  conseguente  inefficacia dei pignoramenti ed estinzione dei giudizi
  di  ottemperanza  pendenti  -  imponendo  che,  per  le  esecuzioni
  intraprese  relativamente  ai  citati titoli esecutivi, vi fosse il
  subentro  del commissario istituito dall'art. 2 del d.l. n. 341 del
  1999.  Ora,  poiche' la disposizione del censurato art. 7-quater fa
  riferimento  ai  decreti  ingiuntivi  ed alle sentenze «esecutivi»,
  stabilendone   l'inefficacia,  tale  locuzione  «ne  presuppone  il
  passaggio in giudicato».
    Compiuta tale ricostruzione del sistema vigente, il giudice a quo
  ricorda  che  la  giurisprudenza  di  questa  Corte  ha  fissato in
  numerose  pronunce  i limiti ai quali il legislatore deve attenersi
  nell'emanare  norme con efficacia retroattiva, e che nella sentenza
  n. 525 del 2000 e' stato espressamente stabilito che al legislatore
  e'  precluso  intervenire  con  norme retroattive per annullare gli
  effetti  del  giudicato,  poiche'  in  tal  modo vengono alterati i
  rapporti  tra  il  potere  legislativo e quello giurisdizionale. La
  disposizione  denunciata,  in realta', non si limita, attraverso lo
  strumento   dell'interpretazione   autentica,  a  circoscrivere  la
  portata   effettiva   della  successione  dell'azienda  Policlinico
  Umberto  I  nei rapporti della precedente azienda universitaria, ma
  pone nel nulla alcuni provvedimenti giurisdizionali gia' passati in
  giudicato. In questo modo tale disposizione colpisce il diritto del
  cittadino  ad  agire  in  giudizio per ottenere una pronuncia senza
  onerose   reiterazioni.  Ad  avviso  del  Tribunale  amministrativo
  regionale,  inoltre,  la  norma  denunciata appare anche viziata da
  irragionevolezza,   perche'  incide  su  provvedimenti  passati  in
  giudicato,  al solo scopo di «dare rilevanza esterna retroattiva ad
  un  criterio organizzativo di centri di spesa che si sarebbe potuto
  conseguire con strumenti interni di regresso».
    Alla   luce  di  tutte  le  esposte  considerazioni,  il  giudice
  remittente  sostiene  che  l'art.  7-quater del d.l. n. 7 del 2005,
  inserito  dalla  legge  di  conversione  n. 43  del  2005,  sia  in
  contrasto  con  gli  artt.  101 e 103 Cost., sotto il profilo della
  lesione  delle  funzioni  costituzionalmente  riservate  al  potere
  giurisdizionale;  con  gli  artt.  24 e 113 Cost., sotto il profilo
  della  lesione  del diritto del cittadino di agire in giudizio e di
  ottenere  una  pronuncia  di merito senza onerose reiterazioni; con
  l'art.  3  Cost., sotto il profilo della violazione dei principi di
  ragionevolezza,   di   uguaglianza  e  di  tutela  dell'affidamento
  legittimamente sorto nei soggetti dell'ordinamento.
    2.1. - Nel corso di un giudizio promosso dalla Alse Medica S.r.l.
  nei  confronti  dell'azienda  Policlinico  Umberto  I  di  Roma, il
  Tribunale  amministrativo  regionale  del  Lazio, terza sezione, ha
  sollevato,  in  riferimento  ai  medesimi  parametri  di  cui  alla
  precedente   ordinanza,   un'identica   questione  di  legittimita'
  costituzionale  dell'art. 7-quater del d.l. n. 7 del 2005, inserito
  dalla legge di conversione n. 43 del 2005 (r.o. n. 26 del 2006).
    La fattispecie dalla quale scaturisce questa seconda ordinanza di
  rimessione,  assai  simile  a  quella  dell'altro  giudizio,  viene
  riassunta  dal  giudice  a  quo  nei  seguenti termini. La societa'
  ricorrente  aveva ottenuto un decreto ingiuntivo in data 7 dicembre
  2000,  posto  in  esecuzione; il Tribunale amministrativo regionale
  del  Lazio,  con  sentenza  del  29  ottobre  2003,  aveva ordinato
  all'azienda  Policlinico  Umberto  I di dare esecuzione al decreto,
  nominando   contestualmente   un  commissario  ad  cta.  A  seguito
  dell'inerzia  di  quest'ultimo, accogliendo una nuova istanza della
  societa'  creditrice,  il  medesimo  giudice,  con  sentenza del 29
  gennaio 2005, aveva disposto la nomina di un secondo commissario ad
  acta, avendo verificato la non ottemperanza alla propria precedente
  pronuncia.  Anche  il  nuovo commissario, peraltro, aveva deciso di
  rinviare  sine  die l'esecuzione del decreto, ritenendo che ad essa
  fosse  di  ostacolo  la  disposizione attualmente censurata, con la
  conseguenza  che  la  medesima creditrice si era vista costretta al
  deposito  di  un'ulteriore  istanza,  in data 6 aprile 2005, con la
  quale   si  sollevava  incidente  di  esecuzione.  Instauratosi  il
  contraddittorio  nei  confronti dell'azienda Policlinico Umberto I,
  quest'ultimo  aveva  chiesto  l'estinzione  del  giudizio, ai sensi
  dell'art.  7-quater del d.l. n. 7 del 2005, inserito dalla legge di
  conversione n. 43 del 2005.
    Cio'  premesso  in  punto  di  fatto, il Tribunale amministrativo
  regionale  del  Lazio,  dopo  aver  precisato  che  la disposizione
  denunciata  si  applica  a  tutti  i  decreti ingiuntivi emessi nei
  confronti  dell'azienda  Policlinico Umberto I successivamente alla
  sua  istituzione,  ma  per obbligazioni contrattuali anteriori alla
  sua     costituzione,     svolge    argomentazioni    a    sostegno
  dell'illegittimita'  costituzionale della norma del tutto identiche
  a quelle contenute nella precedente ordinanza di rimessione.
    2.2. - Si e' costituita in questo secondo giudizio la Alse Medica
  S.r.l.,  chiedendo,  anche in una memoria depositata in prossimita'
  dell'udienza,   che   la   questione   proposta   venga  dichiarata
  inammissibile   ovvero,   in   caso   di  recepimento  dell'opzione
  interpretativa del giudice a quo, che la medesima venga accolta.
    La  societa'  creditrice,  dopo aver effettuato un excursus delle
  norme  che  si  sono  succedute  negli anni a regolare la complessa
  materia,  sostiene,  in  primo luogo, che la disposizione censurata
  dovrebbe   essere   interpretata   nel  senso  di  essere  riferita
  esclusivamente  ai  decreti ingiuntivi e alle sentenze ottenuti nei
  confronti  dell'azienda  soppressa  e  divenuti  esecutivi  dopo la
  creazione  della nuova azienda. In altri termini, essa non dovrebbe
  applicarsi  alle  sentenze  o ai decreti ingiuntivi che siano stati
  originariamente  emessi  direttamente  nei  confronti  della  nuova
  azienda  e  che  abbiano assunto autorita' di giudicato, ma solo ai
  procedimenti ancora pendenti.
    Qualora,   invece,   non   si  dovesse  accedere  ad  una  simile
  interpretazione,  la  questione non potrebbe non essere accolta, in
  quanto  la  disposizione  di cui si tratta violerebbe i giudicati e
  sarebbe  diretta ad interferire su concreti procedimenti giudiziari
  in  corso  al fine di determinarne gli esiti e, quindi, si porrebbe
  in palese contrasto con gli invocati parametri costituzionali.
    3. - In  entrambi i giudizi promossi dal Tribunale amministrativo
  regionale  del Lazio e' intervenuto il Presidente del Consiglio dei
  ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura generale dello
  Stato,  con  due  memorie  di  identico  contenuto, concludendo per
  l'inammissibilita' o l'infondatezza delle questioni.
    L'Avvocatura  dello Stato richiama, innanzitutto, il «consolidato
  orientamento»  della  giurisprudenza  di  questa  Corte  secondo il
  quale,  al  di  fuori  della  materia penale, l'emanazione di leggi
  retroattive  incontra una serie di limiti tesi alla salvaguardia di
  fondamentali  valori  di civilta' giuridica, tra i quali i principi
  di uguaglianza e di ragionevolezza. E' precluso al legislatore, fra
  l'altro,  dettare  norme  finalizzate  ad incidere su provvedimenti
  gia'  passati in giudicato. Ne consegue che, ove realmente la norma
  in  esame  avesse  siffatti requisiti, «il contrasto con il dettato
  costituzionale   apparirebbe   possibile».  Tuttavia,  la  corretta
  interpretazione   della  disposizione  censurata  consentirebbe  di
  escluderne la portata retroattiva, negando che essa ponga nel nulla
  le  sentenze e i decreti ingiuntivi ormai irrevocabili. Infatti, il
  riferimento  compiuto  dal  legislatore alle sentenze ed ai decreti
  ingiuntivi  «divenuti esecutivi» non dovrebbe ritenersi comprensivo
  anche  delle  decisioni irrevocabili o passate in giudicato, in tal
  modo  interpretando  il  silenzio  della  legge come una «implicita
  salvezza del giudicato». E cio' in armonia con l'insegnamento della
  giurisprudenza  costituzionale  che  privilegia,  tra  due  letture
  possibili di una norma, quella conforme al dettato costituzionale.
    Accogliendo siffatta impostazione, la proposta questione dovrebbe
  essere  considerata,  prima  ancora  che  infondata, manifestamente
  inammissibile  in  quanto  priva  di rilevanza, poiche' l'impugnato
  art.  7-quater non potrebbe trovare applicazione nei procedimenti a
  quibus,  dovendosi  percio'  negare  l'estinzione  dei  giudizi  di
  ottemperanza pendenti.
    4. - Nel  corso di un giudizio di appello promosso in primo grado
  dalla   Medikron  S.r.l.  nei  confronti  dell'azienda  Policlinico
  Umberto  I di Roma, anche il Consiglio di Stato, quinta sezione, ha
  sollevato,  in  riferimento agli artt. 2, 3, 24, 97, 100, 101, 102,
  103,  104,  108,  113  e  117,  primo  comma,  Cost.,  questione di
  legittimita'  costituzionale  dell'art.  7-quater del d.l. n. 7 del
  2005,  inserito  dalla  legge  di  conversione n. 43 del 2005 (r.o.
  n. 373 del 2006).
    Nel  descrivere  la  controversia  devoluta  al  suo giudizio, il
  Consiglio di Stato espone che la societa' ricorrente aveva ottenuto
  un  decreto  ingiuntivo,  nei  confronti  dell'azienda  Policlinico
  Umberto   I,  in  data  14  dicembre  2000  divenuto  esecutivo  il
  successivo  24  marzo 2001. Era stato quindi intrapreso giudizio di
  ottemperanza nei confronti dell'azienda, concluso con la sentenza 2
  febbraio  2004 del Tribunale amministrativo regionale del Lazio con
  la  quale  si  era  riconosciuto il diritto della societa' Medikron
  all'esecuzione del decreto ingiuntivo, prevedendosi anche la nomina
  di  un  commissario  ad  acta  per  l'eventualita'  che l'obbligata
  continuasse  a non ottemperare alla decisione. La sentenza di primo
  grado  era stata impugnata e confermata in appello dal Consiglio di
  Stato  con  sentenza  9  novembre  2004.  Nel frattempo la societa'
  creditrice,  dando  atto  del comportamento del commissario ad acta
  che,  in  concreto, non aveva dato corso a quanto stabilito in sede
  di   ottemperanza,   aveva   chiesto  al  Tribunale  amministrativo
  regionale,   con  una  nuova  istanza  del  9  settembre  2004,  la
  sostituzione  del commissario e l'adozione di tutti i provvedimenti
  necessari per l'esecuzione della precedente sentenza. Il giudice di
  primo grado, con una nuova sentenza depositata il 16 novembre 2004,
  riconoscendo  il  comportamento ostruzionistico dell'azienda, aveva
  ordinato  ancora  a  quest'ultima  di  dare integrale esecuzione al
  decreto  ingiuntivo,  provvedendo  altresi' alla nomina di un nuovo
  commissario ad acta. Questa ulteriore pronuncia era stata appellata
  dell'azienda   Policlinico  Umberto  I,  dando  luogo  al  giudizio
  pendente davanti al Consiglio di Stato.
    Cio'   posto   il  giudice  a  quo,  riportando  le  contrastanti
  argomentazioni  delle parti, richiama l'art. 3 del decreto-legge 29
  novembre   2004,   n. 280,  decaduto  per  mancata  conversione,  e
  specifica  che  l'art.  7-quater  del  d.l. n. 7 del 2005, inserito
  dalla  legge  di conversione n. 43 del 2005, recepisce il contenuto
  della  norma  precedente fuorche' per l'aggiunta del comma 4 e, nel
  comma  1,  del  riferimento  alle  «sentenze»  esecutive.  Osserva,
  quindi,  il  Consiglio di Stato che non puo' piu' essere contestata
  la  legittimazione  passiva  dell'azienda  Policlinico  Umberto  I,
  poiche'  l'art.  8-sexies  del d.l. n. 136 del 2004, inserito dalla
  legge  di  conversione  n. 186 del 2004, e' entrato in vigore prima
  che  il  medesimo  Consiglio  remittente  decidesse l'appello sulla
  prima  sentenza  emessa  dal Tribunale amministrativo regionale del
  Lazio;  la  norma ora citata, d'altra parte, non ha fatto altro che
  ridurre  l'estensione  oggettiva della successione disposta ex lege
  dal  d.l.  n. 341  del 1999, senza modificare il termine massimo di
  dodici  mesi  entro  cui  quest'ultimo  decreto aveva contenuto gli
  effetti  della  successione medesima. Il giudice a quo, inoltre, fa
  presente  che,  nonostante  si  sia  nell'ambito  di un giudizio di
  ottemperanza  di contenuto «meramente ordinatorio», l'appello e' da
  ritenere  ugualmente ammissibile per una serie di motivi; il tenore
  della  disposizione censurata, d'altra parte, e' tale da imporre al
  collegio  «un  obbligo  incondizionato  e  preminente su ogni altro
  profilo  processuale di provvedere, anche d'ufficio, all'estinzione
  dei   giudizi   di   ottemperanza   pendenti»,  il  che  da'  conto
  dell'ammissibilita'  e  della  rilevanza della sollevata questione.
  Precisa,  infine, il Consiglio di Stato che, nel giudizio in corso,
  si  tratta  dell'esecuzione di un decreto ingiuntivo relativo ad un
  credito sorto prima della creazione della nuova azienda Policlinico
  Umberto  I,  ossia  relativo  ad  obbligazioni contrattuali assunte
  dalla soppressa azienda universitaria.
    Compiuta  questa  ampia  premessa  e  dando  atto di conoscere il
  contenuto  delle  precedenti ordinanze di rimessione a questa Corte
  emesse  nella stessa materia dal Tribunale amministrativo regionale
  del  Lazio,  il  Consiglio di Stato si sofferma sulla non manifesta
  infondatezza    delle    numerose    censure    di   illegittimita'
  costituzionale relative alla disposizione denunciata.
    Un primo gruppo di censure viene prospettato, in riferimento agli
  artt.  100,  101, 102, 103, 104 e 108 Cost., sotto il profilo della
  lesione  delle  prerogative  costituzionalmente riservate al potere
  giurisdizionale in generale e, piu' specificamente, al Consiglio di
  Stato. Osserva l'ordinanza di rimessione che l'art. 7-quater «ha di
  fatto  posto  nel  nulla  non  meri  provvedimenti  giurisdizionali
  impugnati   o   impugnabili,   ma  veri  e  propri  giudicati  gia'
  perfezionatisi,   ledendo   in   tal   guisa  l'indipendenza  della
  magistratura   (sia  ordinaria  sia)  amministrativa  (quest'ultima
  tutelata,   in  apicibus,  dall'art.  100,  nonche'  dall'art.  108
  Cost.)».  Un  decreto  ingiuntivo divenuto esecutivo, infatti, e' a
  tutti gli effetti un provvedimento passato in giudicato ed idoneo a
  costituire  il  presupposto  di  un  giudizio di ottemperanza, come
  conferma  anche  l'art.  656  del  codice di procedura civile; cio'
  comporta  che  una  norma  che  pone  nel  nulla  un  provvedimento
  giurisdizionale  dotato  del  peso  del  giudicato  dovrebbe essere
  ritenuta in contrasto con i menzionati parametri costituzionali.
    Alla  lesione del giudicato si affianca la violazione degli artt.
  3 e 97 Cost., perche' la norma censurata ha agito sui provvedimenti
  divenuti  irrevocabili  «allo scopo di dare rilevanza esterna ad un
  criterio  organizzativo  di  centri  di spesa che si sarebbe potuto
  conseguire,  ben  piu'  efficacemente,  con  strumenti  interni  di
  regresso tra la gestione liquidatoria e l'azienda ospedaliera».
    Una  ulteriore  censura  viene  prospettata,  in riferimento agli
  artt. 24 e 113 Cost., sotto il profilo della lesione del diritto di
  agire in giudizio. Se e' vero che la lettura coordinata delle norme
  piu'  volte  richiamate  in  precedenza  dimostra  come  il credito
  vantato  dalla societa' ricorrente non venga negato, bensi' posto a
  carico  della  gestione  separata disciplinata dall'art. 2 del d.l.
  n. 341  del 1999, e' altresi' vero che la trasposizione del credito
  nell'alveo  dell'esecuzione  concorsuale  regolata  da quest'ultima
  norma  non  assicura sufficienti garanzie, in favore della societa'
  creditrice,  di  una  completa soddisfazione delle proprie pretese;
  cio'  in  quanto  il  comma  6  del  menzionato art. 2 subordina la
  copertura  dei  disavanzi  alla  capienza  concreta  delle  risorse
  pubbliche messe a disposizione dalla norma medesima.
    Un'altra  censura viene poi svolta, in riferimento agli artt. 24,
  101,  103,  104,  108  e  113  Cost.,  con riguardo alla previsione
  dell'estinzione  d'ufficio  dei  giudizi  di ottemperanza pendenti.
  Dopo  aver richiamato la sentenza n. 103 del 1995 di questa Corte -
  concernente  una  vicenda  simile - il giudice a quo rileva che una
  legge  che  disponga  l'estinzione di una serie di giudizi in corso
  deve  prevedere una realizzazione, sia pure parziale, delle pretese
  azionate.  Nel  caso  specifico,  invece,  vi  sarebbe  un'evidente
  violazione  dell'art.  24  Cost. rappresentata dal fatto che l'art.
  7-quater  denunciato  esclude  espressamente  ogni  aggravio per la
  finanza  pubblica;  cio'  comporta  che  la parte creditrice potra'
  essere  soddisfatta solo all'esito di una procedura liquidatoria di
  natura  amministrativa,  con  tutti  i  rischi che essa comporta. A
  conferma  di  quanto  detto,  inoltre, deporrebbe l'assenza di ogni
  regolazione  relativa alla compensazione delle spese processuali. A
  parere del remittente, percio', la disposizione da scrutinare e' da
  assimilare  a  quella dichiarata illegittima con la sentenza n. 123
  del  1987 di questa Corte, trattandosi di una norma con la quale il
  legislatore  ha  cercato di opporsi a provvedimenti giurisdizionali
  gia' passati in giudicato.
    L'ultimo gruppo di censure, prospettato in riferimento agli artt.
  2,  24,  117,  primo  comma, Cost., riguarda l'asserita lesione, da
  parte  dell'art.  7-quater  del d.l. n. 7 del 2005, di una serie di
  obblighi derivanti dal diritto internazionale. Osserva in proposito
  il  Consiglio  di  Stato che tali obblighi non sono soltanto quelli
  introdotti  dal  diritto  internazionale  consuetudinario, ma anche
  quelli introdotti dal diritto internazionale pattizio. Sotto questo
  profilo,  la  categoria  dei  diritti inviolabili di cui all'art. 2
  Cost.  viene  ad essere arricchita dalla Convenzione europea per la
  salvaguardia  dei  diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali,
  resa  esecutiva  dall'Italia con la legge 4 agosto 1955, n. 848. Il
  giudice  a quo richiama, al riguardo, gli artt. 6, primo paragrafo,
  e 13 della Convenzione, oltre all'art. 1 del Protocollo addizionale
  n. l.  Queste  disposizioni  - che il Consiglio di Stato interpreta
  alla  luce  di  alcune  sentenze, richiamate nell'ordinanza, emesse
  dalla  Corte europea dei diritti dell'uomo - tutelano il diritto di
  ogni  cittadino  non  solo  ad  essere  giudicato  da  un tribunale
  (secondo  il  dettato  del  menzionato  art.  6)  ma anche a che le
  decisioni  giudiziarie  definitive vengano poste in attuazione. Gli
  Stati   membri,  percio',  non  possono  invalidare,  ritardare  o,
  addirittura,  compromettere  l'esecuzione  di tali decisioni. Ed in
  base   all'art.   1   del   richiamato  Protocollo  addizionale  e'
  considerato  bene  patrimoniale  anche  il  guadagno  oggetto di un
  credito esigibile.
    A  queste censure, infine, il Consiglio di Stato affianca, sempre
  ai  sensi  dell'art.  117,  primo  comma, Cost., il richiamo ad una
  possibile   violazione   dei   vincoli  derivanti  dall'ordinamento
  comunitario.  La cosiddetta «quinta liberta' comunitaria», infatti,
  «postula  indefettibilmente  la libera circolazione delle decisioni
  giudiziarie,  incentrata  sul  principio del mutuo riconoscimento».
  Cio' comporta che uno Stato membro non puo' stabilire autonomamente
  di  porre  nel  nulla  atti  provenienti dal potere giudiziario, in
  quanto   «astrattamente   suscettibili   di   valicare   i  confini
  nazionali».
    L'ordinanza  di  rimessione si conclude evidenziando come non sia
  possibile      fornire     un'interpretazione     alternativa     e
  costituzionalmente  orientata della norma in questione, della quale
  si sollecita la declaratoria di illegittimita' costituzionale.
    5. - Anche  nel  giudizio  promosso  dal  Consiglio  di  Stato e'
  intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato
  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello  Stato, concludendo per
  l'inammissibilita' o l'infondatezza delle questioni.
    Per  quanto  riguarda  le censure di una possibile violazione del
  giudicato,  l'Avvocatura  dello  Stato  riporta  argomentazioni del
  tutto  analoghe  a quelle contenute negli altri due precedenti atti
  di intervento.
    In  relazione,  invece,  alla  presunta violazione del diritto di
  agire,  l'interveniente  osserva  che l'ordinanza di rimessione non
  contiene  alcuna dimostrazione di una presunta incapienza dei fondi
  destinati   al   pagamento   dei  debiti  della  disciolta  azienda
  universitaria  Policlinico  Umberto  I;  quanto  alla questione del
  credito  per  le  spese di giustizia, trattandosi di somme estranee
  all'applicazione  del d.l. n. 341 del 1999, l'Avvocatura rileva che
  esso  potra'  essere  fatto  valere  in  via esecutiva direttamente
  contro l'azienda ospedaliera di nuova istituzione.
    6. - In  tutti  e  tre  i giudizi ora richiamati si e' costituita
  l'azienda  Policlinico  Umberto  I  di  Roma,  con atti di identico
  contenuto,  chiedendo che la prospettata questione venga dichiarata
  non  fondata sia perche' il limite del giudicato non trova espressa
  copertura  costituzionale,  se  non  per  la  materia  penale,  sia
  perche',   comunque,   nella  specie,  tale  limite  non  e'  stato
  travalicato  in  quanto la disposizione censurata non ha cancellato
  dei  diritti  accertati  con provvedimenti giurisdizionali divenuti
  definitivi,  ma  si e' limitata a prevederne forme di soddisfazione
  ed  attuazione  diverse da quelle ordinarie onde non incidere sulla
  situazione dell'azienda di nuova istituzione.
    In  altri  termini,  si tratterebbe di una disposizione del tutto
  ragionevole  e non arbitraria, perche' ispirata dalla ricerca di un
  adeguato  contemperamento  tra  la  garanzia  di  soddisfazione dei
  crediti  dei  privati  e  quella di salvaguardia della stabilita' e
  dell'ordine del bilancio pubblico.

                       Considerato in diritto

    1. - Il  Tribunale  amministrativo  regionale  del Lazio (con due
  ordinanze  di contenuto sostanzialmente identico) e il Consiglio di
  Stato,  nel  corso  di  giudizi di ottemperanza per l'esecuzione di
  decreti  ingiuntivi  emessi contro l'azienda Policlinico Umberto I,
  divenuti   esecutivi   per  mancata  opposizione,  hanno  sollevato
  questioni  di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 7-quater del
  decreto-legge  31  gennaio  2005,  n. 7  (Disposizioni  urgenti per
  l'universita'  e  la  ricerca, per i beni e le attivita' culturali,
  per  il completamento di grandi opere strategiche, per la mobilita'
  dei pubblici dipendenti e per semplificare gli adempimenti relativi
  a  imposte  di  bollo  e tasse di concessione, nonche' altre misure
  urgenti),  inserito,  in  sede di conversione, dalla legge 31 marzo
  2005, n. 43.
    Il  Tribunale  amministrativo  regionale  ha  impugnato  l'intero
  articolo, il Consiglio di Stato i commi primo, secondo e quarto.
    Entrambi  i remittenti lamentano la violazione degli artt. 3, 24,
  101,  103,  113  della  Costituzione ed il Consiglio di Stato anche
  degli  artt.  2,  97,  100,  102, 104, 108, 117, primo comma, della
  medesima  e sostengono, anzitutto, che l'articolo censurato - nello
  stabilire,  al  primo  comma,  l'inefficacia  nei  confronti  della
  suddetta  azienda  dei decreti ingiuntivi e delle sentenze divenuti
  esecutivi  dopo  l'entrata  in  vigore del decreto-legge 1° ottobre
  1999, n. 341, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 dicembre
  1999,  n. 453,  qualora  relativi  a  crediti vantati nei confronti
  della  soppressa  omonima  azienda  universitaria  per obbligazioni
  contrattuali  anteriori  alla  data  di  istituzione della predetta
  azienda  ospedaliera  Policlinico  Umberto  I, e, al secondo comma,
  l'inefficacia  dei  pignoramenti  e  l'estinzione  dei  giudizi  di
  ottemperanza  «in  base  al  medesimo  titolo  pendenti»  - avrebbe
  violato   i  principi  costituzionali  relativi  alle  attribuzioni
  dell'autorita'  giudiziaria  e  nel  contempo  il diritto di difesa
  delle parti, incidendo su provvedimenti definitivi aventi autorita'
  di  giudicato.  Le  disposizioni  censurate,  secondo i remittenti,
  avrebbero   esorbitato  dai  limiti  che  devono  essere  osservati
  nell'emanazione  di norme retroattive, in particolare qualora esse,
  come nella specie, abbiano caratteristiche provvedimentali.
    Il  Consiglio di Stato, sul rilievo che i titoli giudiziari hanno
  efficacia  in  ambito  comunitario,  denuncia  anche  la violazione
  dell'art. 117, primo comma, della Costituzione.
    2. - Deve  essere  disposta  la riunione dei giudizi, concernenti
  questioni in parte identiche, in parte connesse.
    In  via  preliminare,  si  rileva  la  non  fondatezza della tesi
  dell'interveniente  secondo  la  quale  le  disposizioni  censurate
  possono  essere  interpretate  nel  senso  che  esse si riferiscono
  esclusivamente  a  procedimenti  fondati su provvedimenti esecutivi
  non   aventi   efficacia  di  giudicato.  Siffatta  interpretazione
  dovrebbe   essere   privilegiata,   in   quanto   attribuisce  alle
  disposizioni  suddette un contenuto che escluderebbe ogni contrasto
  con i parametri costituzionali invocati.
    Il  ragionamento non puo' essere condiviso, perche' contrasta con
  la  formulazione  delle  disposizioni  denunciate  e con la vicenda
  normativa  in  cui  esse  s'inseriscono  e  nel  cui  ambito  vanno
  interpretate.
    Anzitutto  esse  fanno  riferimento,  senza distinzione alcuna, a
  decreti  ingiuntivi e sentenze divenuti esecutivi, ma cio' che piu'
  rileva  e'  che  prescrivono  la  dichiarazione  di  estinzione dei
  giudizi di ottemperanza, i quali presuppongono la definitivita' dei
  provvedimenti  fatti  valere  qualora questi siano stati emanati da
  giudici ordinari.
    Inoltre,  ed  e'  notazione  di  non  secondario  rilievo,  se le
  disposizioni  sospettate  di  incostituzionalita'  si riferissero a
  procedure  pendenti  sulla  base di provvedimenti giudiziari ancora
  suscettibili   di  riesame,  a  raggiungere  lo  scopo  voluto  dal
  legislatore   sarebbe   sufficiente   il   d.l.  n. 341  del  1999,
  interpretato autenticamente dall'art. 8-sexies del decreto-legge 28
  maggio  2004, n. 136 (aggiunto dalla legge di conversione 27 luglio
  2004,  n. 186),  sicche'  le  disposizioni censurate risulterebbero
  sostanzialmente inutili.
    A   queste   ultime,   in  conformita'  di  quanto  ritenuto  dai
  remittenti, va quindi attribuito l'effetto di privare di efficacia,
  nei  confronti  dell'azienda  Policlinico  Umberto I, provvedimenti
  giurisdizionali definitivi.
    3. - La   questione,   individuata  nei  termini  suindicati,  e'
  fondata.
    Al  fine di inquadrare il presente scrutinio di costituzionalita'
  nell'ambito  dei precedenti di questa Corte risolutivi di questioni
  simili, e' opportuno soffermarsi sulle disposizioni del d.l. n. 341
  del  1999 e sull'art. 8-sexies del d.l. n. 136 del 2004, che sono i
  diretti antecedenti delle disposizioni impugnate.
    Con   il   primo   dei  suddetti  provvedimenti  legislativi,  in
  considerazione  dello  stato  di  dissesto in cui versava l'azienda
  universitaria   Policlinico  Umberto  I  (da  ora  in  poi  azienda
  universitaria)  e  degli accordi intervenuti tra la Regione Lazio e
  l'Universita'  «La  Sapienza» di Roma per condurre su basi nuove la
  collaborazione  in  materia  sanitaria,  il legislatore istitui' un
  nuovo soggetto - l'azienda Policlinico Umberto I (non piu' definita
  «universitaria»)  -  cui  spettava  l'esercizio  dell'attivita' dal
  momento  della  nomina  del  suo  direttore  generale  e alla quale
  andavano  imputati  i  rapporti  che  da essa sarebbero insorti. Il
  nuovo soggetto succedeva all'azienda universitaria nei contratti in
  corso  inerenti  alla  gestione dell'assistenza sanitaria, i quali,
  nel  periodo  di  dodici mesi, sarebbero stati risolti o confermati
  oppure rinegoziati dal direttore generale.
    Per   i   debiti  dell'azienda  universitaria,  della  quale  era
  stabilita  la  cessazione  dall'inizio  dell'attivita'  della nuova
  azienda, era prevista una procedura concorsuale cui era preposto un
  commissario di nomina ministeriale.
    Alla  situazione  dell'azienda universitaria si intese sopperire,
  quindi,  con  una  soluzione  che presenta elementi di analogia con
  quella  che  era  stata  stabilita  per gli enti locali in dissesto
  dall'art.  21  del decreto-legge 18 gennaio 1993, n. 8 (convertito,
  con  modificazioni,  dalla legge 19 marzo 1993, n. 68), e sul quale
  questa  Corte  si e' pronunciata, escludendone l'illegittimita' sul
  rilievo  che,  mentre  l'insolvenza  dei  contraenti  fa  parte del
  rischio  di  ogni  attivita'  economica,  una procedura concorsuale
  ispirata  al  principio  della  par condicio creditorum garantiva i
  diritti  dei  creditori  meglio  della  concorrenza tra piu' azioni
  esecutive individuali (sentenza n. 155 del 1994).
    Una  normativa  analoga  a quella ora in esame e' stata stabilita
  con  il  decreto-legge  19  novembre  2004, n. 277, convertito, con
  modificazioni,  dalla  legge  21  gennaio  2005, n. 4, per l'Ordine
  Mauriziano  di  Torino,  anch'esso  passato  indenne  attraverso lo
  scrutinio di costituzionalita' (sentenza n. 355 del 2006).
    L'art.  8-sexies  del d.l. n. 136 del 2004, sul presupposto della
  non  perspicuita'  delle  disposizioni regolanti la successione del
  nuovo  soggetto  azienda Policlinico Umberto I alla cessata azienda
  universitaria, ha chiarito, con interpretazione autentica, che esse
  devono  essere  intese  nel  senso  che  la  successione  riguarda,
  nell'ambito   dei   contratti   di   durata,   «esclusivamente   le
  obbligazioni  relative  all'esecuzione dei medesimi successiva alla
  data di istituzione della predetta azienda Policlinico Umberto I».
    Le  disposizioni  denunciate  vanno  ben  oltre  tale  normativa,
  analoga  anche  se non identica, come si e' detto, a quella dettata
  per  gli  enti  locali  in  dissesto  e  molto  simile a quella poi
  introdotta  per l'Ordine Mauriziano; esse sono dirette a travolgere
  provvedimenti  definitivi  ottenuti  contro  il  soggetto  di nuova
  istituzione  non in dissesto quale l'azienda Policlinico Umberto I,
  facendo  confluire  anche  i  creditori di questo nell'ambito della
  procedura  concorsuale  instaurata  per i crediti fondati su titoli
  emessi  nei  confronti  della  cessata  azienda  universitaria. Nei
  riguardi  di  tali  disposizioni  non  sono  pertinenti, quindi, le
  considerazioni di cui alle citate sentenze n. 155 del 1994 e n. 355
  del 2006.
    Non  puo'  infatti  essere  accolta  la  tesi  della  difesa  del
  Policlinico  Umberto  I  secondo la quale le disposizioni censurate
  non  travolgerebbero  i giudicati, ma si limiterebbero a sostituire
  per  la  loro  esecuzione  un tipo di procedimento ad un altro. Sul
  punto  si  rileva  che  i  provvedimenti  di  cui  viene  stabilita
  l'inefficacia  sono  stati  emessi  contro il suddetto Policlinico,
  mentre  la  procedura concorsuale concerne la contabilita' separata
  dei debiti e dei crediti della cessata azienda universitaria, ossia
  un  diverso  centro  d'imputazione dei rapporti. Le disposizioni in
  scrutinio,  quindi,  incidono  sul  soggetto nei cui confronti sono
  stati  emessi  i  provvedimenti e, di riflesso, sulla realizzazione
  dei  crediti  in  essi  consacrati,  sostituendo  ad un soggetto in
  bonis,  responsabile  secondo  il  regime sostanziale e processuale
  ordinario,  un'entita' diversa, nei cui confronti non e' assicurata
  ai creditori la piena realizzazione dei propri diritti.
    4. - Una  volta definito in tal modo il contenuto normativo delle
  disposizioni  censurate,  la  Corte  ritiene  che  esse  violino le
  attribuzioni  costituzionali  dell'autorita' giudiziaria cui spetta
  la tutela dei diritti (artt. 102 e 113 Cost.).
    Infatti  non vi e' dubbio che l'emissione di provvedimenti idonei
  ad acquistare autorita' di giudicato costituisca uno dei principali
  strumenti per la realizzazione del suindicato compito.
    Nel  contempo,  le  disposizioni  denunciate  contrastano con gli
  artt.  3  e  24  Cost.,  in  quanto in parte vanificano i risultati
  dell'attivita'   difensiva   svolta,   sulla  cui  definitivita'  i
  creditori  del  Policlinico  Umberto  I  potevano  fare ragionevole
  affidamento.
    In  simile  ordine di idee questa Corte ha affermato, da un lato,
  che   l'estinzione   dei  giudizi  pendenti  puo'  essere  ritenuta
  costituzionalmente  legittima  qualora le norme che la stabiliscono
  incidano  anche  sulla  legge regolatrice del rapporto controverso,
  garantendo  la  sostanziale  realizzazione  dei  diritti in oggetto
  (sentenza  n. 103  del 1995), dall'altro, che in materia non penale
  la  legittimita'  di leggi retroattive e' condizionata dal rispetto
  di altri principi costituzionali e, in particolare, di quello della
  tutela   del  ragionevole,  e  quindi  legittimo,  affidamento  (ex
  plurimis,  sentenze n. 446 del 2002 e n. 234 del 2007). Anche se le
  disposizioni  in  scrutinio non possono essere definite retroattive
  in   senso   tecnico,   tuttavia  esse,  travolgendo  provvedimenti
  giurisdizionali definitivi e incidendo sui regolamenti dei rapporti
  in  essi  consacrati,  finiscono  per  avere la stessa efficacia di
  norme retroattive e per incontrare i medesimi limiti costituzionali
  per queste enunciati.
    Una volta accertato il contrasto delle disposizioni impugnate con
  gli  artt.  3,  24,  102  e  113 Cost., restano assorbiti gli altri
  profili di censura.
    E'  opportuno soggiungere che la questione va accolta nei termini
  in  cui  e'  proposta  dal  Tribunale  amministrativo regionale del
  Lazio,  cioe' in quanto concernente l'intero art. 7-quater del d.l.
  n. 7  del  2005,  i  cui  commi  terzo  e  quarto sono strettamente
  connessi  ai  primi  due; l'illegittimita' costituzionale di questi
  ultimi, rende, infatti, inefficaci i successivi.