IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE Ha pronunciato la ordinanza a' sensi e per gli effetti dell'art. 23 e ss. della legge 11 marzo 1953, n. 87, sul ricorso R.G. n. 1166/2006, proposto da Sartori Leonardo, Caenazzo Luciana, Rigobello Maria Pia, Chemello Liliana, Anglani Franca, Fregona Iva, Zancato Mirella, Ermani Mario e Zennaro Lucio, tutti rappresentati e difesi dall'avv. Paolo Francesco Brunello, con elezione di domicilio in Venezia presso la segreteria della sezione; Contro l'Universita' degli studi di Padova, in persona del suo rettore pro tempore, costituitosi in giudizio, rappresentato e difeso dall'Avvocatura distrettuale dello Stato, domiciliataria ex lege in Venezia, piazza San Marco n. 63; il Ministero dell'istruzione, dell'universita' e della ricerca, in persona del Ministro pro tempore, non costituitosi in giudizio, per l'accertamento del diritto dei ricorrenti medesimi al riconoscimento del servizio prestato presso l'Universita' in qualita' di tecnici laureati, ai fini della ricostruzione della carriera. Visto il ricorso con i relativi allegati, notificato l'8 maggio 2006 e depositato il 1° giugno 2006 presso la segreteria della sezione; Visto l'atto di costituzione in giudizio dell'Universita' degli studi di Padova; Viste le memorie prodotte dalle parti; Visti gli atti tutti di causa; Uditi nella pubblica udienza del 18 gennaio 2007, (relatore il consigliere Fulvio Rocco) l'avv. P. F. Brunello per i ricorrenti e l'avvocato dello Stato Daniela Salmini per l'Universita' degli studi di Padova; Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue. F a t t o e D i r i t t o 1.1. - I ricorrenti, dott. Leonardo Sartori, dott. Luciana Caenazzo, dott. Maria Pia Rigobello, dott. Liliana Chemello, dott. Franca Anglani, dott. Iva Fregona, dott. Mirella Zancato, dott. Mario Ermani e dott. Lucio Zennaro, espongono di essere dipendenti dell'Universita' degli studi di Padova inquadrati nel ruolo dei ricercatori universitari confermati. Piu' esattamente, il dott. Sartori e' stato inquadrato nel ruolo anzidetto con decreto rettorile n. 2188/01 dd. 1° ottobre 2001 e decorrenza giuridica 1° ottobre 2001; la dott. Caenazzo con decreto rettorile n. 1331/2002 dd. 1° luglio 2001 e decorrenza giuridica 1° luglio 2002; la dott. Rigobello con decreto rettorile n. 1525/2001 dd. 2 luglio 2001 e decorrenza giuridica 2 luglio 2001; la dott. Chemello con decreto rettorile n. 2236/01 dd. 1° ottobre 2001 e decorrenza giuridica 1° ottobre 2001; la dott. Anglani con decreto rettorile n. 2235/2001 dd. 1° ottobre 2001 e decorrenza giuridica 1° ottobre 2001; la dott. Fregona con decreto rettorile n. 2234/2001 dd. 1° ottobre 2001 e decorrenza giuridica 1° ottobre 2001; la dott. Zancato con decreto rettorile n. 3553/2001 dd. 1° dicembre 2001 e decorrenza giuridica 1° dicembre 2001; il dott. Ermani con decreto rettorile n. 2331/2001 dd. 1° ottobre 2001 e decorrenza giuridica 1° ottobre 2001; il dott. Zennaro con decreto rettorile n. 1333/2002 dd. 1° luglio 2002 e decorrenza giuridica 1° luglio 2002. I ricorrenti espongono di aver prestato servizio, prima di tale loro inquadramento, quali tecnici laureati presso la medesima Universita' degli studi di Padova e di essere stati quindi gia' inquadrati nei ruoli del personale tecnico universitario espletando - a seconda della qualifica professionale posseduta - mansioni di medico, biologo, farmacista, chimico o ricercatore. In particolare, il dott. Sartori, la dott. Chimello e il dott. Ermani espongono di aver ivi espletato le mansioni di medico con funzioni assistenziali e di ricerca, rispettivamente a decorrere dal 1° gennaio 1980, dal 1° settembre 1998 e dal 20 dicembre 1985; la dott. Caenazzo, la dott. Rigobello e la dott. Anglani le mansioni di biologo con funzioni di ricerca rispettivamente a decorrere dal 19 marzo 1991, dal 18 dicembre 1984 e dal 1° gennaio 1986; la dott. Fregona le mansioni di biologo con funzioni di professore incaricato e di docenza dal 23 novembre 1977; la dott. Zancato le mansioni di farmacista con funzioni di ricerca dal 1° marzo 1995; il dott. Zennaro le mansioni di chimico con funzioni di ricerca dal 16 aprile 1991. Dopo aver ottenuto il nuovo inquadramento nel ruolo dei ricercatori, tutti i ricorrenti hanno individualmente chiesto all'Amministrazione universitaria la ricostruzione della propria carriera a' sensi dell'art. 103 del d.P.R. 1° luglio 1980, n. 382, e cio' al fine di ricomprendervi anche il servizio precedentemente prestato quale tecnico laureato. L'Universita', peraltro, con note dd. 6 agosto 2002 dirette ai singoli interessati e firmate dal Capo servizio concorsi e camere dell'Area accademica, ha respinto le istanze da essi rispettivamente avanzate con la seguente motivazione: «i servizi di cui Lei chiede il riconoscimento non sono previsti ai fini della ricostruzione della carriera quale ricercatore universitario confermato». 1.2. - Cio' posto, con il ricorso in epigrafe i predetti dott. Leonardo Sartori, dott. Luciana Caenazzo, dott. Maria Pia Rigobello, dott. Liliana Chemello, dott. Franca Anglani, dott. Iva Fregona, dott. Mirella Zancato, dott. Mario Ermani e dott. Lucio Zennaro chiedono l'accertamento del proprio diritto al riconoscimento del servizio prestato presso l'Universita', in qualita' di tecnici laureati, ai fini della ricostruzione della carriera. I ricorrenti deducono al riguardo l'errata interpretazione ed applicazione dell'art. 103, terzo comma, del d.P.R. n. 382 del 1980 anche in relazione a quanto disposto dall'art. 12, lett. i), della legge 21 febbraio 1980, n. 28. In subordine, i medesimi ricorrenti chiedono sia sollevato incidente di incostituzionalita' del combinato disposto del medesimo art. 103 del d.P.R. n. 382 del 1980, in relazione all'art. 7 della medesima legge n. 28 del 1980, per violazione degli artt. 3 e 97 Cost., limitatamente alla parte in cui non consentirebbe il riconoscimento, ai fini della ricostruzione ovvero dello sviluppo della carriera dei ricercatori confermati a' sensi dell'art. 1, comma 10, della legge 14 gennaio 1999, n. 4, del servizio prestato per un periodo minimo di 3 anni dai medesimi come medici, biologi, farmacisti e chimici nella vigenza del precedente loro inquadramento quali tecnici laureati presso l'Universita'. 2. - Si e' costituita in giudizio l'Universita' degli studi di Padova, eccependo in via preliminare l'inammissibilita' e l'irricevibilita' del ricorso in quanto asseritamente proposto quale azione di accertamento di un diritto avverso un provvedimento di inquadramento che avrebbe dovuto essere - per contro - inderogabilmente impugnato quale atto autoritativo entro i termini contemplati al riguardo dall'art. 1, primo comma, della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, come modificato dall'art. 1 della legge 21 luglio 2000, n. 205. In subordine, la medesima difesa replica puntualmente alle censure avversarie e si oppone, comunque, all'eccezione di incostituzionalita' sollevata dalla controparte reputando evidente, nella specie, la diversita' dei rapporti riconosciuti - o meno - ai fini della ricostruzione di carriera e risultando, pertanto, del tutto coerente e razionale la scelta discrezionale operata al riguardo dal legislatore. 3. - Non si e', viceversa, costituito in giudizio il pur evocato Ministero dell'istruzione, universita' e ricerca. 4. - Alla pubblica udienza del 18 gennaio 2007 la causa e' stata trattenuta per la decisione. 5. - Tutto cio' premesso, il Collegio preliminarmente rileva che nel presente procedimento si verte in materia di accertamento di un diritto patrimoniale dei ricorrenti che consegue al provvedimento che ha disposto il loro inquadramento nella qualifica di ricercatore universitario confermato. Ai sensi dell'art. 103, comma 4, prima parte, del d.P.R. n. 382 del 1980 - ossia in relazione alla vigente disciplina «a regime» del relativo istituto - la domanda di riconoscimento di tale diritto puo' essere avanzata all'Universita' di appartenenza, «entro un anno dalla conferma in ruolo»: termine, questo, che sembrerebbe sia stato rispettato dai ricorrenti medesimi e la cui eventuale violazione non e' stata comunque eccepita dall'Amministrazione convenuta. Consegue da cio', quindi, che il presente giudizio rientra nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, a' sensi del combinato disposto dell'art. 7, secondo comma, della legge n. 1034 del 1971 e successive modifiche e degli artt. 3, comma 2, e 63, comma 4, del d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165, nel cui ambito le posizioni di diritto soggettivo sono fatte giudizialmente valere entro gli ordinari termini di prescrizione del diritto medesimo. Pertanto, le eccezioni di inammissibilita' e di irricevibilita' sollevate dalla difesa erariale non assumono fondamento. 6.1. - Il Collegio reputa - peraltro - che nell'attuale formulazione delle disposizioni che disciplinano l'istituto di cui trattasi, la domanda dei ricorrenti non possa essere accolta. 6.2. - Va premesso che, per quanto qui segnatamente interessa, l'art. 103 del d.P.R. n. 382 del 1980 dispone nel senso che «ai professori di ruolo all'atto della nomina a ordinario, e' riconosciuto per due terzi, ai fini della carriera, il servizio prestato in qualita' di professori l'universitari associati e professori incaricati, per la meta' il servizio effettivamente prestato in qualita' di ricercatori universitari o di enti pubblici di ricerca, di assistente, di ruolo o incaricato, di assistente ordinario, di tecnico laureato, di astronomo e ricercatore degli osservatori astronomici, astrofisici e vesuviano, di curatore degli orti botanici e di conservatore dei musei e per un terzo il servizio prestato in una delle figure previste dall'art. 7, legge 21 febbraio 1980, n. 28, nonche' in qualita' di assistente volontario (primo comma); «ai professori associati, all'atto della conferma in ruolo o della nomina in ruolo ai sensi del precedente art. 50, e' riconosciuto per due terzi ai fini della carriera, il servizio effettivamente prestato in qualita' di professore incaricato, di ricercatore universitario o di enti pubblici di ricerca, di assistente di ruolo o incaricato, di assistente straordinario, di tecnico laureato, di astronomo e ricercatore degli osservatori astronomici, astrofisici e vesuviano, di curatore degli orti botanici e di conservatore di musei e per la meta' agli stessi fini il servizio prestato in una delle figure previste dal citato art. 7, legge 21 febbraio 1980, n. 28, nonche' per un terzo in qualita' di assistente volontario» (secondo comma); «ai ricercatori universitari all'atto della loro immissione nella fascia dei ricercatori confermati, e' riconosciuta per intero ai fini del trattamento di quiescenza e previdenza e per i due terzi ai fini della carriera l'attivita' effettivamente prestata nelle universita' in una delle figure previste dall'art. 7, legge 21 febbraio 1980, n. 28, nonche', a domanda, il periodo corrispondente alla frequenza dei corsi di dottorato di ricerca ai soli fini del trattamento di quiescenza e previdenza con onere a carico del richiedente» (terzo comma, come da ultimo modificato per effetto dell'art. 23 della legge 23 dicembre 1999, n. 488). Va opportunamente soggiunto, a completamento della ricognizione delle disposizioni normative rilevanti ai fini del decidere, che la Corte costituzionale, con sentenza 7 luglio 1995, n. 305, ha - tra l'altro - dichiarato l'illegittimita' costituzionale del primo comma teste' riportato nella parte in cui, ai fini della ricostruzione di carriera dei professori di ruolo, rende valutabili i servizi prestati nella scuola secondaria, assimilandoli al servizio prestato in una delle figure di cui all'art. 7 della legge n. 28 del 1980, nonche' l'illegittimita' costituzionale del secondo e terzo comma, nella parte in cui, ai fini della ricostruzione di carriera, rispettivamente, dei professori associati e dei ricercatori confermati, rende valutabili i servizi prestati nella scuola secondaria assimilandoli al servizio prestato in una delle predette figure di cui all'art. 7 della legge n. 28 del 1980. Per quanto concerne le «figure previste dall'art. 7, legge 21 febbraio 1980, n. 28» cui le disposizioni dianzi riportate rinviano agli effetti dell'individuazione dei pregressi periodi di servizio che danno titolo alla ricostruzione di carriera, va evidenziato che esse sono individuate nel contesto della disciplina che, a suo tempo, era stata predisposta e applicata ai fini del primo accesso al ruolo dei ricercatori universitari e che, per l'appunto, corrisponde al predetto art. 7, il cui comma 6 segnatamente contempla: «a) titolari di assegni biennali di formazione scientifica e didattica di cui all'art. 6 del d.l. 10 ottobre 1973, n. 580, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 30 novembre 1973, n. 766; b) titolari di borse di studio conferite per l'anno accademico 1973-74, ai sensi delle leggi 31 ottobre 1966, n. 942 e 24 febbraio 1967, n. 62; c) borsisti laureati vincitori di concorsi pubblici banditi dal Consiglio nazionale delle ricerche e da altri enti pubblici di ricerca di cui alla tabella VI, allegata alla legge 20 marzo 1975, n. 70 e successive modifiche, nonche' dall'Accademia nazionale dei Lincei e dalla Domus Galileiana di Pisa; d) perfezionandi della Scuola normale e della Scuola superiore di studi universitari e di perfezionamento di Pisa, compresi i non titolari di assegni di formazione scientifica e didattica; e) titolari di borse o assegni, di formazione o addestramento scientifico e didattico o comunque denominati, purche' finalizzati agli scopi predetti, istituiti sui fondi destinati dai consigli di amministrazione sui bilanci universitari, anche se provenienti da donazioni o da contratti o da convenzioni con enti o con privati, ed assegnati con decreto rettorale a seguito di pubblico concorso; f) assistenti incaricati o supplenti e professori incaricati supplenti; g) lettori assunti con pubblico concorso o a seguito di delibera nominativa del consiglio di amministrazione dell'universita', che abbiano svolto tale attivita' per almeno due anni; h) medici interni universitari, assunti con pubblico concorso o a seguito di delibera nominativa del consiglio di amministrazione dell'universita' per motivate esigenze delle cliniche e degli istituti di cura universitari.». Va pure evidenziato che, ai fini del predetto primo accesso ai ruoli dei ricercatori universitari ma anche con indiretta incidenza agli effetti dell'esercizio del diritto alla ricostruzione di carriera qui in discussione, la Corte costituzionale, con sentenza 19 febbraio 1985, n. 46, ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale della disposizione di cui all'anzidetta lettera f), nella parte in cui non prevede l'inclusione - agli effetti dell'ammissione al giudizio di idoneita' per l'inquadramento nel ruolo dei ricercatori universitari confermati - anche dei medici interni universitari assunti con delibera nominativa del consiglio di facolta' per motivate esigenze delle cliniche o degli istituti di cura universitari. Sempre la Corte costituzionale, con sentenza 7 luglio 1987, n. 284, ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale della surriportata lettera g), nella parte in cui richiede ai lettori ivi indicati un'anzianita' di servizio di due anni maturata alla data dell'11 marzo 1980; e, ancora, la stessa Corte costituzionale, con sentenza 14 febbraio 1989, n. 39, ha ulteriormente dichiarato l'illegittimita' costituzionale della medesima lettera g), nella parte in cui non prevede l'ammissione dei lettori incaricati a' sensi dell'art. 24 della legge 24 febbraio 1967, n. 62, ai giudizi di idoneita' per l'accesso al ruolo dei ricercatori universitari, quali ricercatori confermati. 6.3. - Venendo ora alla tesi attraverso la quale i ricorrenti intenderebbero ottenere il beneficio del riconoscimento agli effetti della ricostruzione di carriera del pregresso servizio da essi reso nella qualifica di tecnico laureato - riconoscimento che, come si e' visto innanzi, non risulta di per se' testualmente contemplato dal combinato disposto dell'art. 103, terzo comma, del d.P.R. n. 382 del 1980 come da ultimo modificato per effetto dell'art. 23 della legge n. 488 del 1999 e dell'art. 7 della legge n. 28 del 1980 - il Collegio evidenzia che la tesi stessa, in buona sostanza, si riduce nel ritenere che l'omessa previsione della qualifica di tecnico laureato nell'art. 103, terzo comma, cit. si spiegherebbe con la sua sostanziale inutilita': e cio' in quanto la qualifica di funzionari tecnici laureati apparterrebbe al medesimo livello retributivo dell'impiego statale universitario, sicche' il passaggio dall'una all'altra carriera implicherebbe la conservazione dell'anzianita' gia' acquisita, con la conseguenza che il riconoscimento del servizio come tecnico laureato dovrebbe considerarsi regola comune a tutte e tre le posizioni di docenza universitaria, essendo in sostanza uniforme la disciplina basilare della funzione docente. Sempre in tal senso, deporrebbe a favore di tale tesi ermeneutica la constatazione che non vi sarebbe alcuna ragione giuridica giustificatrice dell'attribuzione di un beneficio solo all'una posizione di lavoro e non all'altra. Il Collegio, per parte propria, non sottace che tale ragionamento ha in passato trovato l'adesione della giurisprudenza (cfr., ad es., Tribunale amministrativo regionale Lazio, sez. III, 11 maggio 2001 n. 422) nonche' della IIª Sezione del Consiglio di Stato nel proprio parere n. 220 dd. 11 marzo 1998, ma ritiene insormontabile - anche sulla scorta del piu' recente orientamento giurisprudenziale espresso dalla Sezione VI del Consiglio di Stato con la propria decisione n. 845 dd. 17 febbraio 2003 - il dato letterale per cui l'art.103, terzo comma cit., nel richiamare l'art. 7 della legge 28 del 1977, non ha previsto espressamente, tra i servizi riconosciuti utili ai fini della carriera, quello svolto nella qualifica di tecnico laureato precedentemente ricoperta. Deve osservarsi, infatti, che l'art. 103 in esame, dopo aver disposto nei primi due commi, che ai professori di ruolo e' riconosciuto, ai fini della carriera, il servizio prestato tra l'altro in qualita' di tecnico laureato, per meta' all'atto della nomina ad ordinario e per due terzi all'atto della nomina nella fascia degli associati, nel successivo terzo comma del suo testo attualmente in vigore si limita a prevedere, a favore dei ricercatori universitari allorquando accedono alla fascia dei ricercatori confermati, il riconoscimento per intero ai fini previdenziali, e per i due terzi ai fini di carriera dell'attivita' «effettivamente prestata nelle Universita' in una delle figure di cui all'art. 7 della legge 21 febbraio 1980, n. 28», tra le quali, tuttavia, non viene contemplata espressamente la figura del funzionario tecnico laureato. Il chiaro tenore della norma cosi' ricavata dall'immediato dato letterale della disposizione in esame induce il Collegio a non condividere sul punto l'interpretazione che perviene al riconoscimento del servizio pregresso di cui trattasi sostanzialmente forzando l'effettivo significato dell'art. 103 cit. ed effettuando, quindi, un'operazione ermeneutica che, in definitiva, si palesa in contrasto con la disciplina effettivamente risultante dal senso letterale delle disposizioni in esame. Va, quindi, ribadito che l'art. 103 cit. prevede con chiarezza, per i ricercatori universitari confermati, la possibilita' del riconoscimento dei soli servizi prestati precedentemente alla conferma in ruolo e tassativamente indicati nell'art. 7 della legge n. 28 del 21 febbraio 1980, tra i quali non e' - per l'appunto - incluso quello riferito all'attivita' pregressa svolta come funzionario tecnico, e che pertanto non e' possibile, mediante un'interpretazione a contenuto eminentemente integrativo che incide sull'effettiva estensione della norma, affermare che - in buona sostanza - l'Amministrazione universitaria sarebbe incorsa in un equivoco nell'applicazione del disposto di cui ai primi tre commi dell'art. 103 cit. e che dall'omessa previsione specifica sopra menzionata non sarebbe corretto inferire il divieto ex lege di riconoscimento di siffatto tipo di servizio. L'interpretazione dell'art. 103 cit. proposta dai ricorrenti non e' quindi condivisa dal Collegio in quanto chiaramente viola il principio fondamentale di cui all'art. 12 disp. prel. c.c., in forza del quale le disposizioni normative devono essere prioritariamente interpretate dal punto di vista letterale, non potendo attribuirsi al testo altro senso se non quello fatto palese dal significato delle parole, secondo la connessione di esse, ed essendo ammissibile un'interpretazione non letterale soltanto quale criterio sussidiario in presenza di dubbio contenuto: assunto, quest'ultimo, che peraltro non puo' tradursi nel travisamento di disposizioni normative di inequivocabile significato, come quelle in esame. In definitiva, anche per il caso di specie va dunque ribadita la necessaria prevalenza dell'interpretazione letterale sugli altri criteri ermeneutici, il cui impiego assume pertanto carattere sussidiario in dipendenza della loro funzione ausiliaria e secondaria; e, cio', nella doverosa considerazione che la sequenza con cui i diversi criteri interpretativi sono disciplinati dall'anzidetto art. 12 disp. prel. c.c. reca una gerarchia di valori propri dell'intero ordinamento non alterabili ad arbitrio dell' interprete. Ne' puo' essere condiviso l'anzidetto ed invero breviloquente parere del Consiglio di Stato, sezione II, n. 220 dell'11 marzo 1998 laddove afferma che l'elenco delle categorie enunciate nel cit. art. 7 avrebbe «carattere esemplificativo e, comunque, non tassativo», posto che una diversa interpretazione verrebbe a determinare una disparita' di trattamento tra categorie di dipendenti, nonche' in considerazione della circostanza che il parere medesimo non affronta nel merito la problematica all'esame, ma si sofferma sui soli effetti che scaturirebbero genericamente dalla interpretazione considerata. 7.1. - Il Collegio, per contro, non condivide l'assunto della difesa erariale secondo la quale l'art. 103, terzo comma, del d.P.R. n. 382 del 1980 risulterebbe, nella sua attuale formulazione, immune da censure di costituzionalita' in quanto il differente trattamento contestato dai ricorrenti - ossia la non valutabilita' per i ricercatori confermati del servizio pregresso reso nella qualifica di tecnico laureato rispetto alla valutabilita' dello stesso in favore dei professori ordinari e associati - troverebbe intrinseca ed esaustiva giustificazione nella diversita' delle disposizioni di lavoro degli interessati e che ogni scelta al riguardo competerebbe soltanto alla discrezionale e prudente valutazione di merito del legislatore in relazione alle differenti posizioni giuridiche del personale contemplato nelle norme di cui trattasi. 7.2. - A tale proposito il Collegio reputa che, pur dovendo il «sistema» complessivamente posto dai tre commi dell'art. 103 cit. nel loro attuale testo configurare diverse «misure» della ricostruzione di carriera in funzione delle correlativamente diversificate posizioni occupate nella funzione docente, ovvero nella posizione di coloro che ad essa concorrono contribuendo «allo sviluppo della ricerca scientifica universitaria» e assolvendo «a compiti didattici integrativi dei corsi di insegnamento ufficiali, ivi comprese le esercitazioni, la collaborazione con gli studenti nelle ricerche attinenti alle tesi di laurea e la partecipazione alla sperimentazione di nuove modalita' di insegnamento e alle connesse attivita' tutoriali» (cfr. art. 7, primo comma, legge n. 28 del 1980 cit.), devono essere comunque rispettati criteri di individuazione coerentemente unitari dei servizi pregressi che danno titolo alla ricostruzione della carriera, stante la sostanziale appartenenza delle figure professionali del docente ordinario, del docente associato e del ricercatore confermato ad un unico sviluppo della carriera medesima pur nell'ambito di diversificati sistemi di accesso concorsuale alle rispettive qualifiche. Nel medesimo contesto ordinamentale qui disaminato, la stessa Corte costituzionale del resto ha gia' avuto modo di affermare nella predetta sua sentenza n. 305 del 1995 - ossia in epoca antecedente all'entrata in vigore della legge n. 4 del 1999 che ha riaperto i termini per il transito dei tecnici laureati con funzioni di ricerca universitaria nei ruoli dei ricercatori confermati - che «il riconoscimento dei servizi prestati postula sempre un collegamento tra la posizione precedente e la nuova, nel senso dell'analogia delle funzioni, ovvero del fatto che lo svolgimento dei servizi riconosciuti ha consentito, o concorso a consentire l'accesso alla nuova qualifica», e ha gia' avuto modo di ribadire che, a tale specifico riguardo, l'art. 12 della legge n. 28 del 1980, recante - tra l'altro - la delega legislativa su cui si fonda la susseguente adozione della disciplina complessivamente contenuta nell'art. 103 cit., «demanda al legislatore delegato l'emanazione di norme volte a consentire il riconoscimento (anche ai fini della carriera) dei periodi di servizio effettivamente prestato nelle universita' ai sensi delle leggi vigenti»; e, se cosi' e', proprio questo riferimento alle «leggi vigenti» operato dal legislatore delegante non puo' essere tradotto dal legislatore delegato in termini irragionevolmente discriminatori o comunque preclusivi, al momento dell'inquadramento nella nuova posizione funzionale, della valorizzazione anche economica della professionalita' precedentemente acquisita nella carriera di originaria appartenenza. Sotto il profilo storico, a tale riguardo va evidenziato che, prima dell'entrata in vigore della predetta legge n. 4 del 1999, la mancata previsione della valutazione nella posizione del ricercatore confermato del servizio prestato quale tecnico laureato aveva un senso in quanto non risultava all'epoca consentito il transito tra tali due figure, con la conseguente necessita' per il tecnico laureato di accedere alla funzione docente soltanto mediante la sua partecipazione ai concorsi per professore associato: qualifica, quest'ultima, per la quale era stato pertanto coerentemente contemplato il riconoscimento del pregresso servizio reso - per l'appunto - nella posizione di tecnico laureato. Dopo l'entrata in vigore della stessa legge n. 4 del 1999 l'assetto ordinamentale e dunque mutato: ma l'ordinamento medesimo non si e' adeguato, e la norma invocata dai ricorrenti, se prima invero sarebbe risultata superflua, ad oggi si configurerebbe come del tutto logica e coerente al «sistema», tanto che la sua mancanza determina una discriminazione per gli interessati riconducibile, ad avviso del Collegio, alla violazione di precisi precetti costituzionali. A tale riguardo, il Collegio reputa in primo luogo violato il combinato disposto degli artt. 97 e 3 Cost., in quanto la disparita' di trattamento rispetto a situazioni di identica professionalita' maturata nella pregressa carriera pur con altrettanto identico profitto tratto nei confronti dell'attivita' docente susseguentemente svolta - sia pure, quest'ultima, diversificata nel suo intrinseco «valore» tra docenza professorale e attivita' strumentale propria del ricercatore universitario - viene ingiustificatamente mantenuta nell'esercizio di un'azione amministrativa pur tenuta ad uniformarsi ai principi generali di «imparzialita» e di «buon andamento» e, quindi, a non incidere negativamente su situazioni obiettivamente eguali nei loro presupposti di fondo. Ad avviso del Collegio risulta peraltro violato pure l'art. 76 Cost. laddove si voglia comunque obliterare il predetto profilo storico-sistematico della sopravvenienza della legge n. 4 del 1999 e si intenda, quindi, conferire ab initio al riferimento alle «leggi vigenti» contenuto nella disposizione della legge delegata una valenza dinamicamente finalizzata ad impedire situazioni di disparita' e, quindi, a riconoscere la naturale rispondenza del pregresso servizio svolto quale tecnico laureato con funzioni di ricerca al progressivo sviluppo della funzione docente della medesima universita', a partire pertanto in primis dalla posizione di base occupata dal ricercatore confermato e non soltanto nei confronti delle piu' elevate posizioni del professore associato e del professore ordinario. Il Collegio reputa violato nella specie anche l'art. 36, primo comma, Cost., in quanto il mancato riconoscimento dell'anzianita' pregressa nella nuova posizione funzionale viola pure il principio generale della proporzionalita' alla quantita' e alla qualita' del lavoro prestato, viceversa puntualmente rispettato per le categorie dei professori ordinari e associati. Da ultimo, anche la stessa peculiarita' dell'autonomia universitaria e della correlativa liberta' della funzione docente in essa complessivamente svolta e presupposta dall'art. 33 Cost. viene inficiata dalla permanenza del sopradescritto «sistema» discriminatorio, atteso che anche il gia' citato art. 3, comma 2, del d.lgs. n. 165 del 2001, laddove dispone nel senso che «il rapporto di impiego dei professori e dei ricercatori universitari resta disciplinato dalle disposizioni rispettivamente vigenti, in attesa della specifica disciplina che la regoli in modo organico ed in conformita' ai principi della autonomia universitaria di cui all'art. 33 della Costituzione ed agli art. 6 e seguenti della legge 9 maggio 1989, n. 168, e successive modificazioni ed integrazioni, tenuto conto dei principi di cui all'art. 2, comma 1, della legge 23 ottobre 1992, n. 421», prefigura comunque un assetto di carriera sostanzialmente unitario per le categorie di personale pubblico in esso enunciate, non diversificabile nei suoi presupposti di fondo se non per coerenti e giustificate scelte del legislatore: scelte che, nel caso di specie, non e' dato di rinvenire. 8. - In relazione a tutto cio', e' pertanto sollevata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 103, terzo comma, del d.P.R. 11 luglio 1980, n. 382, cosi' come da ultimo modificato per effetto dell'art. 23 della legge 23 dicembre 1999, n. 488, nella parte in cui non consente ai ricercatori universitari, all'atto della loro immissione nella fascia dei ricercatori confermati, il riconoscimento per intero ai fini del trattamento di quiescenza e previdenza e per i due terzi ai fini della carriera dell'attivita' effettivamente prestata nelle universita', per contrasto con i principi desumibili dal combinato disposto degli artt. 97 e 3 della Costituzione, nonche' dagli artt. 76, 36 e 33 della Costituzione medesima. La questione teste' sollevata risulta rilevante in quanto il beneficio chiesto dai ricorrenti risulta precluso dall'attuale formulazione della disposizione che si invia all'esame del Giudice delle leggi; ne' la questione stessa appare manifestamente infondata in relazione alle considerazioni sin qui illustrate. Si dispone, conseguentemente, la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale con conseguente sospensione del presente giudizio a' sensi dell'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87, al fine della pronuncia sul presente incidente processuale.