IL GIUDICE DI PACE

    Ha pronunciato la seguente ordinanza.
    Letti  gli  atti  del  procedimento  penale n. 670/05 a carico di
Stefania Orengo nata in Milano il 13 settembre 1984;
    Atteso  che  la  predetta  e'  chiamata  a rispondere con atto di
citazione  emesso  il  29 novembre 2005 del reato di cui all'art. 582
del codice penale;
    Letta  la  richiesta del difensore dell'imputata, con la quale si
prospetta  l'intervenuta prescrizione ai sensi dell'art. 157, comma 5
del codice penale;
    Ritenuto,  che,  a  tale  riguardo  va  richiamato  il  contenuto
dell'ordinanza  n. 29786  del  2006 della Corte Suprema di Cassazione
del  seguente tenore: «Ebbene, a proposito delle sanzioni applicabili
dal giudice di pace - o dal giudice comunque chiamato a giudicare dei
reati  di  competenza del giudice di pace, il d.lgs. n. 274 del 2000,
art.  52,  stabilisce  una  sorta  di summa divisio tra i reati per i
quali  e'  prevista  la  sola  pena della multa o dell'ammenda, per i
quali continuano ad applicarsi le pene pecunarie vigenti, e tutti gli
altri  reati  per i quali il comma 2 dello stesso articolo stabilisce
che,  in  luogo  delle  pene  detentive, si applichi - con meccanismi
differenziati   a   seconda   delle   varie   ipotesi  ivi  prese  in
considerazione  - o la pena pecuniaria della specie corrispondente, o
la  pena della permanenza domiciliare o quella del lavoro di pubblica
utilita' (ove per il reato sia prevista la pena detentiva alternativa
a  quella  pecuniaria,  le  sanzioni "paradetentive" sono applicabili
soltanto  se  la pena detentiva e' superiore nel massimo a sei mesi).
In  sostanza,  per  le  ipotesi  meno gravi, per le quali la sanzione
applicabile  e'  solo  la pena pecuniaria, il termine di prescrizione
e', a norma del novellato art. 157 del codice penale, quello previsto
dal  primo  comma (sei anni se si tratta di delitto e quattro anni se
si  tratta  di  contravvenzione); nei casi di maggior gravita', quali
quelli  per  i  quali  sono  applicabili  le  pene  della  permanenza
domiciliare   o   del   lavoro  di  pubblica  utilita',  il  termine,
inspiegabente, si riduce a tre anni.
    La   previsione  che  qui  si  censura  appare  dunque  priva  di
razionalita'  intrinseca  e  tale  da  vulnerare,  ad  un  tempo,  il
principio di ragionevolezza ed il canone della uguaglianza presidiati
dall'art. 3 Cost.».
    Rilevato  che  il  denunciato  profilo  di incostituzionalita' e'
rilevante e non manifestamente infondato.