LA CORTE DI APPELLO Visti gli atti del procedimento n. 31/06 R.G. Premesso che, con sentenza in data 14 aprile 2005, il Tribunale per i minorenni di Bari dichiaro' n.d.p. per perdono giudiziale nei confronti del minore Sauchelli Dan, imputato di minacce, ingiurie, lesioni, danneggiamento (capo B); che avverso tale sentenza il minore ha presentato tempestivo appello, onde ottenere un proscioglimento con formula piu' favorevole; che ai sensi dell'art. 593 c.p.p., come modificato dall'art. 1, legge 20 febbraio 2006, n. 46, l'imputato puo' appellare le sentenze di condanna ma non quelle di proscioglimento, tra le quali ultime rientra quella di concessione del perdono giudiziale, che non fa seguire l'irrogazione di una condanna al positivo accertamento di responsabilita'; Ritenuta pertanto la rilevanza, nella presente vicenda, della questione di costituzionalita' dell'art.1 citato, nonche' dell'art. 10 della stessa legge n. 46/2006, il quale dichiara inammissibili gli appelli proposti prima della sua entrata in vigore; Rilevato che con sentenza n. 26/2007 la Corte costituzionale, ribadendo la sua costante valutazione di legittimita' di ragionevoli limitazioni al potere di impugnazione delle parti, ha affermato che le limitazioni al potere del p.m. di appellare le sentenze di primo grado, nel confronto con lo speculare potere dell'imputato, debbono essere sorrette da una ragionevole giustificazione, in termini di adeguatezza e proporzionalita', si' da non svuotare di significato il principio di parita' delle parti; che, in relazione all'art. 593 c.p.p., come modificato dalla legge n. 46/2006, la limitazione del potere di appello dell'imputato alle sole sentenze di condanna si giustificava in quanto correlata alla quasi totale eliminazione del potere del p.m. di appellare le sentenze di proscioglimento; Considerato che tale giustificazione e' venuta meno dopo la citata sentenza costituzionale n. 26/2007, la quale ha dichiarato l'illegittimita' dell'art. 1 della legge n. 46/2006 nella parte in cui esclude che il pubblico ministero possa appellare contro le sentenze di proscioglimento, fatta eccezione per le ipotesi previste dall'art. 603 c.p.v. c.p.p., nonche' dell'art. 10 cpv. della stessa legge, nella parte in cui prevede che l'appello proposto dal p.m. contro una sentenza di proscioglimento prima della data della sua entrata in vigore sia dichiarato inammissibile; che, in particolare, la limitazione del potere di appello dell'imputato, operata dalla legge n. 46/2006, e' oggi correlata a un potere di impugnazione del p.m. rimasto intatto rispetto al sistema anteriore alla legge n. 46/2006, sicche' risultano all' evidenza violati i principi di uguaglianza delle parti, in generale e nell'ambito del processo penale, posti rispettivamente dagli artt. 3 e 111 cpv. Cost.; che tale limitazione del potere di appello dell'imputato, oltre che sfornita di qualunque giustificazione pratica o razionale al confronto con gli intatti poteri del pubblico ministero, si appalesa altresi' contrastante con il diritto di difesa, e quindi con l'art. 24 Cost., potendo l'imputato prosciolto con formula per lui non soddisfacente far valere le proprie ragioni in condizioni nettamente deteriori rispetto al p.m.; che una giustificazione di tale trattamento deteriore non potrebbe rinvenirsi nella natura dei reati rispetto ai quali non e' possibile l'appello in caso di proscioglimento, atteso che l'assenza di tale potere riguarda ogni tipo di reato, e neppure in una ipotetica soddisfazione «sostanziale» dell'interesse dell'imputato, atteso che il proscioglimento con formule diverse dall'insussistenza o dalla mancata commissione del fatto, oltre a comprovare una forma di coinvolgimento che l'imputato ha il diritto di contestare in modo pieno, ben puo' essere valutabile - pur non essendo vincolante - nell'eventuale giudizio civile per le restituzioni e il risarcimento: cio' che e' di tutta evidenza per il perdono giudiziale, contenente un accertamento di responsabilita' e iscrivibile sia pure per un tempo limitato, nel casellario giudiziale;