IL TRIBUNALE

    Sulla  questione  di  legittimita' costituzionale dell' art. 157,
comma  5  c.p.,  come  sostituito dall'art. 6 della legge n. 251/2005
nella parte in cui non prevede che il termine di prescrizione di anni
tre si applichi, oltre che ai reati puniti con pena diversa da quella
detentiva  e  da  quella pecuniaria, anche a tutti gli altri reati di
competenza del giudice di pace, in relazione agli artt. 3 della Carta
costituzionale sollecitata dalla difesa.

                            O s s e r v a

    L'art. 157,  comma  5 c.p. vigente statuisce che allorche' per il
reato  la  legge  stabilisca  pene  diverse  da quella detentiva e da
quella  pecuniaria si applichi il termine prescrizionale di anni tre;
termine  che,  nel  caso in cui sia intervenuto atto interruttivo del
corso  della  prescrizione,  puo'  essere aumentato fino ad un quarto
ovvero fino a tre anni e nove mesi.
    Unica  legge che stabilisce pene diverse da quella detentiva e da
quella pecuniaria e' il d.lgs. n. 274/2000, art. 52, comma 1, recante
disposizioni in materia di reati di competenza del giudice di pace.
    Il  citato art. 52 prevede, per i reati appunto di competenza del
giudice  di  pace,  le  sanzioni  «paradententive»  della  permanenza
domiciliare e del lavoro di pubblica utilita'.
    Il giudice di pace o il giudice comunque chiamato ad applicare le
sanzioni  previste  per  i  reati  di competenza del giudice di pace,
applica,  ai  sensi  dell'art. 52 citato decreto legislativo, le pene
pecuniarie  vigenti per i reati puniti con la sola pena della multa o
dell'ammenda,  mentre per i reati puniti alternativamente con la pena
detentiva o con la pena pecuniaria, applica la pena pecuniaria oppure
la  pena  della  permanenza  domiciliare  o  del  lavoro  di pubblica
utilita'.
    Tali  ultime  sanzioni paradententive sono applicabili solo se la
pena detentiva e' superiore nel massimo a 6 mesi (Nel caso in esame i
reati  contestati  sono la minaccia semplice e l'ingiuria e, pertanto
non possono essere applicate le sanzioni paradetentive).
    Il  sistema delineato dall'art. 157 c.p. prevede che i reati oggi
di  competenza  del  giudice  di  pace  sono  soggetti  a  termine di
prescrizione  diversi,  a  seconda  che siano puniti con la sola pena
pecuniaria,  nel qual caso il termine e' di anni 6 per i delitti e di
anni  4  per  le contravvenzioni, ovvero con la pena della permanenza
domiciliare  o  lavoro di pubblica utilita', nel qual caso il termine
e' comunque di tre anni.
    Tale   regime   prescrizionale,   non   suscettibile   di   altra
interpretazione,   e'   piu'  favorevole  in  ordine  ai  reati  piu'
severamente puniti mentre e' piu' severo per i reati meno gravi.
    Colui che commette direttamente, o dopo aver minacciato, il reato
di lesioni beneficera' di un termine prescrizionale di 3 anni.
    Colui  che  invece  minaccia  solo  di ledere l'altrui integrita'
fisica,  senza  mettere  in  atto  i  suoi propositi criminosi, sara'
soggetto ad un regime prescrizionale di 6 anni.
    E'  costituzionalmente  ammissibile  una simile palese disparita'
evidente di trattamento?
    Sul  punto  si  e'  piu'  volte  espressa la Corte costituzionale
affermando  costantemente  questo  principio:  «l'applicazione  delle
disposizioni  penali piu' favorevoli al reo puo' subire limitazioni e
deroghe,  purche' non manchi una qualche razionale giustificazione da
parte del legislatore ordinario» (Corte cost. n. 74 del 1980).
    Qualsiasi   sforzo  interpretativa  porta  a  concludere  che  la
«razionale giustificazione» pretesa dalla Corte costituzionale di una
disparita'  di  trattamento operata dal legislatore, non sussiste nel
caso in esame.
    Sicuramente  il  disvalore sociale e penale del reato di minaccia
(ad  esempio)  non  e'  maggiore  rispetto  al disvalore del reato di
lesioni.
    L'art. 157,  comma  5  c.p.  detta  un  regime prescrizionale che
appare del tutto irrazionale e quindi generatore di un'ingiustificata
disparita' di trattamento.
    Per   tali   motivi,   avuto   riguardo  all'art. 3  della  Carta
costituzionale,  la  questione  sollevata  appare  non manifestamente
infondata.
    Tale  questione  oltre  ad essere non manifestamente infondata e'
altresi' rilevante per il procedimento in corso.
    Infatti  se  si applicasse il termine di tre anni a tutti i reati
di competenza del giudice di pace, i reati oggi in giudizio, minaccia
ed ingiuria, sarebbero estinti per intervenuta prescrizione.