LA COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE
   Ha emesso la seguente ordinanza:
     sull'appello  n. 330/99,  depositato il 29 gennaio 1999, avverso
la   sentenza  n. 592/04/1997  emessa  dalla  Commissione  tributaria
provinciale di Siena proposto dall'ufficio: Agenzia Entrate - Ufficio
Montepulciano,  controparte Fontani Franco, via Trento n. 179 - Pieve
di  Sinalunga - 53048 Sinalunga (SI), difeso da Manganelli Mario, via
Pietro  Nenni  n. 8/5  c/o  U.N.M.S.  -  53100 Siena, atti impugnati:
silenzio rifiuto istanza rimb. IRPEF;
     sull'appello n. 2079/2001, depositato il 14 giugno 2001, avverso
la   sentenza  n. 127/17/2000  emessa  dalla  Commissione  tributaria
provinciale  di  Firenze  proposto  dall'ufficio:  Agenzia  Entrate -
Ufficio Firenze 1, controparte Reali Emanuele Francesco, piazza delle
Pallottole n. 1 - 50100 Firenze, difeso da Solazzo rag. Mario, via G.
Salvemini  n. 3/E - 50058 Signa (FI), atti impugnati silenzio rifiuto
istanza  rimb.  S.S.N.;  silenzio  rifiuto istanza rimb. S.S.N. 1995;
silenzio  rifiuto istanza rimb. S.S.N. 1996; silenzio rifiuto istanza
rimb.  n. Ist.28  febbraio 1998 S.S.N. 1992; silenzio rifiuto istanza
rimb.  n. Ist.28  febbraio 1998 S.S.N. 1994; silenzio rifiuto istanza
rimb.  n. Ist.28  febbraio 1998 S.S.N. 1995; silenzio rifiuto istanza
rimb.  n. Ist.28  febbraio 1998 S.S.N. 1996; silenzio rifiuto istanza
rimb.  n. Ist.28  febbraio 1998 S.S.N. 1994; silenzio rifiuto istanza
rimb.  n. Ist. 28 febbraio 1998 S.S.N. 1995; silenzio rifiuto istanza
rimb. n. Ist. 28 febbraio 1998 S.S.N. 1996.
   Questa  Sezione  31ª  della  Commissione  tributaria  regionale di
Firenze, con ordinanza 17 marzo 2000, iscritta al n. 639 del registro
ordinanze 2001 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
n. 35,  prima  serie  speciale dell'anno 2001, promuoveva giudizio di
legittimita'  costituzionale  dell'art.  38,  primo  e  secondo comma
d.P.R.  29  settembre  1973,  n. 602  (Disposizioni sulla riscossione
delle  imposte  sul  reddito)  in  relazione  agli artt. 3 e 24 della
Costituzione.
   La questione era insorta nel corso del giudizio d'appello proposto
dalla   D.R.E.   di   Siena  contro  la  sentenza  pronunziata  dalla
Commissione  tributaria  provinciale di Siena sul ricorso alla stessa
inoltrato  dal  contribuente  Fontani  Franco  e volto ad ottenere il
rimborso  di  somme  indebitamente  versate  a  titolo  di IRPEF, sia
mediante ritenuta diretta che per autotassazione.
   Il  primo  giudice  aveva accolto, la domanda della parte privata,
donde   l'impugnativa,   dinanzi   a  questa  commissione  tributaria
regionale, dell'Amministrazione finanziaria, la quale aveva richiesta
la  riforma  della  decisione della C.T.P. deducendo la decadenza del
contribuente  dal diritto al rimborso, attesoche' la relativa istanza
era  stata  inoltrata  dopo  la scadenza del termine di diciotto mesi
previsto  dall'art. 38, seconco comma d.P.R. n. 602/1973 cit. (C.T.R.
Firenze, R.G.A. 330/99).
In sostanza, per la remittente Commissione, il problema si poneva nei
termini seguenti:
     l'art. 38 d.P.R. n. 602/1973, sottoponeva il diritto al rimborso
degli importi corrisposti all'erario con versamento diretto, al breve
termine decadenziale di 18 mesi;
     il  versamento  per  ritenuta diretta, disciplinato dall'art. 37
stesso  d.P.R., era, viceversa, ai fini del rimborso, sottoposto alla
prescrizione ordinaria decennale di cui all'art. 2946 c.c.
Donde,   l'irragionevolezza  di  siffatta  regolamentazione,  con  la
conseguenza   che   o   il  rimborso  previsto  dall'art.  38  veniva
interpretato  nel  senso  che  anch'esso  e'  soggetto  al termine di
prescrizione  e  non  a  quello di decadenza, oppure doveva ritenersi
incostituzionale per violazione degli artt. 3 e 25 Cost.
Ne'  tale  dilemma era da considerarsi superato con l'ampliamento del
termine  decadenziale  da  18  a  48 mesi, come disposto dall'art. 1,
comma  5,  della  legge 13 maggio 1999, n. 133, poiche' permaneva pur
sempre una rilevante differenza, in danno dell'avente diritto, tra il
termine di 48 mesi e quello prescrizionale di 10 anni.
Il  Collegio  remittente,  pertanto,  dichiarava  non  manifestamente
infondata  la  questione  di  legittimita' costituzionale del ridetto
art.  38,  d.P.R.  n. 602/1973,  in relazione agli artt. 3 e 24 della
Costituzione e mandava alla segreteria per gli incombenti di legge.
La   ecc.ma   Corte   costituzionale,  con  ordinanza  n. 68  del  28
febbraio/19 marzo 2002, rilevava che:
     dopo  la  pronunzia  della  ordinanza  n. 262  (emessa  in altro
giudizio  di  legittimita'  costituzionale  su  identica  questione e
riunito  al  presente)  il testo dell'art. 38 d.P.R. n. 602/1973, era
stato  modificato due volte: prima, dall'art. 1, comma 5, della legge
13  maggio 1999, n. 133 la quale, ai fini del rimborso dei versamenti
diretti,  aveva  elevato  il  termine  decadenziale  a  48  mesi;  e,
successivamente, dall'art. 34, comma 6, della legge 23 dicembre 2000,
n. 388,   che   aveva   fissato  negli  stessi  48  mesi  il  termine
decadenziale per i rimborsi delle somme assoggettate a ritenuta;
     dopo   la   pronunzia   della   menzionata  ordinanza  n. 262  e
dell'ordinanza  n. 639  (concernente la fattispecie di cui trattasi),
anche  il testo dell'art. 37, d.P.R. n. 602/1973 era stato modificato
dall'art. 34, comma 5, della cit. legge n. 388/2000, i1 quale dispone
che,  per  i  rimborsi  dei  versamenti  effettuati mediante ritenuta
diretta,  al termine di prescrizione ex art. 2946 c.c., e' sostituito
quello decadenziale di 48 mesi.
Ed  ha  concluso  che  compete  ora  alla  remittente  valutare se le
predette  modificazioni  legislative siano applicabili nel giudizio a
quo,   e,   in   caso  positivo,  se  le  questioni  di  legittimita'
costituzionale   possano   considerarsi   ancora   rilevanti   e  non
manifestamente  infondate.  Cio'  posto,  in  aderenza  alla  propria
giurisprudenza  (ordinanza n. 284/2001 e n. 102/1999) ha, ordinato la
restituzione degli atti al giudice a quo.
Durante  la  pendenza  del giudizio dinanzi a codesta ecc.ma Corte, e
definito  come  sopra,  si,  e'  proposta,  a  questo  Collegio altra
questione,  imperniata  sulla  medesima disposizione di legge oggetto
del menzionato procedimento.
Se ne riferiscono i fatti.
Reali   Emanuele   Francesco   ricorse  alla  Commissione  tributaria
provinciale  di  Firenze  contro  il  diniego  al  rimborso, da parte
dell'Ufficio IIDD di Firenze 1°, del contributo al Servizio Sanitario
Nazionale  versato negli anni l992 - 94 - 95 e 96, per complessive L.
14.462.000, quale medico ambulatoriale della ex USL.
Espose  di  avere proposto l'istanza di rimborso 28 febbraio 1998 sia
all'ufficio  IIDD,  sia alla Direzione regionale delle Entrate per la
Toscana,  a  seguito  della  risoluzione  ministeriale n. 193, del 27
agosto  1997,  con la quale il Ministero delle finanze chiariva che i
redditi   dei  medici  specialistici  ambulatoriali  dovevano  essere
indicati  nel  quadro  «C»  della denunzia annuale dei redditi (quali
redditi  da lavoro dipendente) ed erano percio' esenti dal contributo
SSN.    L'Ufficio    IIDD,   in   risposta   all'istanza,   comunico'
l'inammissibilita'  del  rimborso  per gli anni '92 - 94 - 95 essendo
tardiva  la  richiesta  ai  sensi  del  secondo comma, art. 38 d.P.R.
n. 602/1973  e,  quanto al 1996, la disponibilita' all'esame, in sede
di  liquidazione  della dichiarazione afferente a quell'anno, ex art.
36-bis,   d.P.R.   n. 600/1973.  Il  ricorrente  rilevo'  come,  sino
all'interpretazione  fornita  dal  Ministero delle finanze, l'obbligo
del   contributo   fosse   pacifico,  sicche'  i  versamenti  da  lui
effettuati,  non  erano stati frutto d'errore: indiscutibile, quindi,
il  proprio  diritto al rimborso, per il quale richiese all'adita CTP
pronunzia di condanna dell'Amministrazione finanziaria.
L'Ufficio, costituendosi nel giudizio, nego' la propria competenza al
rimborso,  in quanto riservata esclusivamente alla D.R.E., affermando
altresi' l'improponibilita' del ricorso, per carenza di provvedimento
impugnabile,  od,  in alternativa, l'inammissibilita' per mancanza di
legittimazione passiva di esso Ufficio.
Il  primo  giudice  rilevo'  che  il d.m. 11 giugno 1993, n. 217, che
detta  le  disposizioni relative al S.S.N., stabilisce - all'art. 5 -
che  sia  la p.a. a provvedere, ex art. 36-bis d.P.R. n. 600/1973, al
ricupero  di  quanto  dovuto  e  non versato ed al rimborso di quanto
corrisposto in eccedenza dal contribuente.
Talche'  era  da  considerarsi  illegittimo il rifiuto dell'ufficio a
rifondere somme indebitamente riscosse e la cui non debenza era stata
riconosciuta da provvedimento ministeriale.
Accolse  dunque  il  ricorso  e  dispose il rimborso, in favore della
parte privata, della somma di L. 14.466.462. Compenso' le spese.
Nell'appello proposto a questa, Commissione tributaria regionale (RGA
2079/01),  la  p.a., oltre ad altri e diversi motivi, ha censurata la
sentenza   impugnata  sotto  il  profilo  della  violazione  e  falsa
applicazione    dell'art.    38,    d.P.R.   n. 602/1973,   deducendo
l'inammissibilita'   del  ricorso  per  tardiva  presentazione  della
domanda  di  rimborso:  essendo  stata  tale  domanda inoltrata il 28
febbraio  1998,  e  -  percio'  oltre  i 18 mesi previsti dal secondo
comma,  art.  38  cit.,  il  contribuente e' decaduta da ogni pretesa
restitutoria  per  i  versamenti  effettuati  antecedentemente  al 28
febbraio 1997, ossia in epoca anteriore ai 18 mesi dalla proposizione
dell'istanza di rimborso.
Trattandosi,  come  precisato,  di controversia vertente sullo stesso
art.  38, d.P.R. n. 602/1973, gia' venuto in questione nella vertenza
Fontani  e  sottoposta  all'esame  di  codesta  ecc.ma  Corte, questo
Collegio,  con  ordinanza  7 giugno 2002, ha disposto la riunione del
presente  procedimento  (n.  2079/2001  RGA) a quello n. 330/1999 RGA
inerente, appunto, alla posizione Fontani, ed espone ora le deduzioni
valutative di cui alla ordinanza n. 68/2002 della Corte ecc.ma.
Deduzioni, che si estendono anche alla vertenza Reali, per le ragioni
innanzi spiegate.
Premesso  questo, osserva il Collegio rimettente che le modificazioni
apportate   rispettivamente   dalla  legge  13  maggio  1999,  n. 133
(Disposizioni   in   materia  di  perequazione,  razionalizzazione  e
federalismo  fiscale),  art. 1, comma 5, al testo dell'art. 38, primo
comma.  Il  d.P.R. n. 602/1973 e dalla legge 23 dicembre 2000, n. 388
(Disposizioni  per  la  formazione  del bilancio annuale plurriennale
dello Stato) con l'art. 34, sesto comma, al comma secondo del ridetto
art.   38,   d.P.R.   n. 602/1973,   non  appaiono  applicabili  alle
fattispecie  di cui ai due giudizi di che trattasi, se non, in minima
parte, per quanto attiene alla posizione del contribuente Reali.
Invero,  devesi  considerare che, rientrando entrambi i casi in esame
nella  disciplina  normativa  antecedente  alle  menzionate modifiche
legislative,  si  e' gia' verificata la decadenza comminata dal testo
originario  dell'art.  38,  per  il  decorso del termine dei diciotto
mesi:  e cio' integralmente, per quel che attiene al Fontani, mentre,
in  ordine  al  Reali, da tale decadenza potrebbe, al piu', ritenersi
escluso,   ai  fini  del  rimborso,  il  solo  versamento  effettuato
nell'armo 1996 (ma non quelli inerenti agli anni 92-94 e 95).
In  altre  parole  -  e con la limitatissima eccezione afferente alla
posizione Reali - ci troviamo dinanzi a rapporti giuridici esauriti.
E   poiche'   la   nuova   normativa  non  contiene  alcuna  espressa
dichiarazione   di   retroattivita',  ne'  essa  ha  disposto  veruna
rimessione  in  termini,  ne  risultano  chiare  l'inapplicabilita' e
l'inefficacia  rispetto  ai  versamenti,  per i quali all'epoca delle
menzionate  leggi  modificatrici, si era gia' verificata la decadenza
prevista dalla norma previdente.
Pertanto, salva sempre l'eccezione del versamento 1996 effettuato dal
Reali,  le due fattispecie in oggetto sono sottratte al beneficio del
maggior termine statuito dalla legge 13 maggio 1999, n. 193.
Concludendo,  la  ecc.ma  Corte  ha  ritenuto  di eliminare la palese
incostituzionalita'  insita  nella  discordanza tra gli artt. 37 e 38
del d.P.R. n.602/1973, per quanto afferente ai termini prescrizionale
e  decadenziale  rispettivamente  da tali norme previsti, disponendo,
per entrambi, la medesima natura decadenziale, e l'identica durata di
48 mesi.
Ma,  a  rispettoso  avviso di questo Collegio, e per i motivi esposti
sopra,  le  predette  modifiche  legislative  non  sono  applicabili,
specificatamente, nei giudizi di cui trattasi, ed, in linea generale,
rimangono  altresi' irrisolti in sfavore del contribuente, e tutt'ora
viziati d'incostituzionalita', i casi concreti della natura di quelli
in oggetto.