IL TRIBUNALE Nella causa iscritta al n. 5711/2005 RG - avente ad oggetto lo scioglimento del matrimonio dei coniugi B.N. e A.I. - promossa da B.N. (con l'avv. Andrea Conti), attore; Contro A.I. (con gli avv. Matilde Cascio e Ilaria Tarchi), convenuta e nei confronti di B.A. (con l'avv. Gianfranco Nesi), terza interveniente, avente ad oggetto lo scioglimento del matrimonio dei coniugi B.N. e A.I., con le conseguenti determinazioni inerenti l'affidamento della figlia minore E., il mantenimento della stessa e della figlia maggiorenne A., non autonoma dal punto di vista economico, l'assegnazione della casa coniugale in comproprieta' tra le parti; Letti gli atti e i documenti di causa; visto i1 contenuto dell'ordinanza presidenziale in data 20 settembre 2005 - anteriore quindi all'entrata in vigore della legge n. 54/2006 - ove si stabilisce tra l'altro l'affidamento della figlia minore E. (quindicenne) alla madre e l'assegnazione a questa della casa coniugale, nella sua veste di genitore affidatario di figlio minore; Vista l'istanza ex art.708 c.p.c. di parte attrice, formulata a verbale di udienza dell'11 aprile 2006, di revoca dell'assegnazione della casa familiare alla convenuta, in ragione della convivenza more uxorio in detta casa con il sig. C. di D., a seguito della entrata in vigore della nuova disposizione di cui all'art. 155-quater c.c. secondo cui «Il diritto al godimento della casa familiare viene meno nel caso che l'assegnatario non abiti o cessi di abitare stabilmente nella casa familiare o conviva more uxorio e contragga nuovo matrimonio»; Lette le deduzioni e difese delle parti in ordine a detta istanza, contenute nelle rispettive memorie ex art. 183 ultimo comma c.p.c. (nelle quali vengono formulate nuove coerenti conclusioni); Viste le dichiarazioni rese dalle figlie delle parti A. ed E., in sede di audizione personale all'udienza del 13 marzo 2007, dalle quali si desume che la casa familiare costituisce per le stesse - e in particolare per la figlia minorenne, per quanto qui rileva - l'habitat di riferimento sin dalla piu' tenera eta', nel quale hanno sempre vissuto ininterrottamente con la madre, anche a seguito della separazione dal coniuge nell'anno 2000; O s s e r v a L'attore chiede al giudice istruttore che, a modifica dell'ordinanza presidenziale pronunciata in data 20 settembre 2006, avendo la convenuta intrapreso da diversi anni una convivenza more uxorio nella casa familiare di proprieta' comune dei coniugi, in applicazione del disposto dell'art 155-quater c.c. venga disposta la revoca dell'assegnazione ad A.I. della casa familiare. La convenuta, in ordine alla specifica istanza, propone una interpretazione costituzionalmente orientata della norma in questione, alla luce dell'incipit dell'articolo «il godimento della casa familiare e' attribuito tenendo prioritariamente conto dell'interesse dei figli», e in ipotesi chiede sollevarsi questione di legittimita' costituzionale della norma, in quanto contrastante con gli artt. 31, 30 e 10 della Costituzione. Non si ritiene praticabile la via dell'interpretazione costituzionalmente orientata della norma, a fronte della chiarezza ed inequivocita' della formulazione letterale che non sembra lasciare spazio a valutazioni del giudice in ordine all'interesse dei figli. Si reputano invece sussistenti i presupposti per sollevare questione di costituzionalita' dell'art. 155-quater c.c., applicabile ai procedimenti di scioglimento di matrimonio in forza del disposto dell'art. 4, comma 2, legge n. 54/2006, essendo la questione rilevante e non manifestamente infondata (come peraltro gia' ritenuto da questo stesso Tribunale in vicenda analoga, con ordinanza collegiale in data 13 dicembre 2006 pronunciata nell'ambito di un procedimento ex art.9, legge n. 898/1970, non ancora pubblicata nella Gazzetta Ufficiale, che qui si richiama; la questione risulta altresi' sollevata, in vicenda pure analoga, dal Tribunale di Busto Arsizio, con ordinanza in data 25 ottobre 2006, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 15 del 11 aprile 2007). In fatto si segnala, per quanto rileva, che la casa familiare sita in S. via S.M. n. ..., di proprieta' comune dei coniugi al 50%, e' assegnata alla signora A.I.., quale madre affidataria della figlia minore E., in virtu' dell'ordinanza presidenziale pronunciata nel presente giudizio di divorzio in data 20 settembre 2006, in continuita' peraltro con quanto previsto sin dalla separazione dei coniugi nel 2000, secondo le condizioni dalla separazione consensuale omologata dal Tribunale di Firenze (allora anche la figlia A. era minorenne). Si segnala inoltre, quale circostanza incontestata, che da diversi anni, successivamente alla separazione, la signora A., ha intrapreso una convivenza more uxorio nella casa familiare, con tale sig. C. Di D. La richiesta di revoca della assegnazione della casa familiare e' avanzata in forza del disposto dell'art. 155-quater c.c. (introdotto con legge n. 54/2006 in vigore dal 16 marzo 2006) che cosi' recita «il diritto di godimento della casa familiare viene meno nel caso che l'assegnatario non abiti o cessi di abitare stabilmente nella casa familiare o conviva more uxorio o contragga nuovo matrimonio..». a) Sulla rilevanza della questione di costituzionalita'. La questione di costituzionalita' del disposto dell'art 155-quater c.c., in combinato disposto coll'art. 4, comma 2, legge n. 54/2006, e' pertanto rilevante nel caso di specie, posto che l'istanza rivolta al giudice istruttore e' volta alla revoca della assegnazione della casa familiare disposta con l'ordinanza presidenziale in data 20 settembre 2006 a causa della convivenza more uxorio instaurata dalla A. in detta casa. Non appare infatti possibile una interpretazione adeguatrice della formula di legge: laddove si dispone che «il diritto al godimento della casa familiare viene meno..» non residua per il giudice spazio interpretativo per adeguare la norma alla situazione di fatto oggetto del giudizio, come viceversa possibile per altre situazioni sempre regolate dalla nuova legge (ad es. per il mutamento dell'affidamento dei figli nel caso di cambio di residenza, al giudice e' demandato un potere discrezionale di rivalutazione degli accordi in tema di prole minore; nel caso di prole maggiorenne il giudice puo', e non deve, disporre che il contributo venga versato direttamente al figlio maggiorenne e cosi' via), cosicche' a fronte di una convivenza more uxorio in presenza di figli minorenni o maggiorenni ma non economicamente indipendenti nati dal precedente matrimonio, deve necessariamente procedersi alla revoca della assegnazione della casa familiare, senza che alcuna rilevanza possa assumere l'interesse dei figli a permanere nella casa, unitamente al genitore affidatario o domiciliatario. Nel caso di specie e' poi evidente l'interesse della figlia minore E. a rimanere a vivere in detta abitazione insieme alla madre, considerato che la stessa costituisce senz'altro l'habitat di riferimento della ragazza e che non si prospetta la possibilita' di un affidamento al padre o comunque di una domiciliazione presso lo stesso, per il caso di affidamento condiviso, con conseguente assegnazione a questi della casa coniugale, alla luce degli elementi a disposizione e in particolare delle risultanze dell'audizione della figlia minore E. b) Sulla non manifesta infondatezza della questione. Parametri costituzionali di riferimento. Nel vigore della normativa antecedente la riforma, la assegnazione della casa familiare era direttamente ancorata alla valutazione dei bisogni dei figli minori di cui si mirava, col provvedimento in questione, a salvaguardare una esigenza di stabilita' compromessa dalla crisi familiare intercorsa tra i genitori. Anche la valutazione introdotta all'art. 6, legge div. come modificato dall'art. 11, legge n. 74/1987 ( ... « in ogni caso ai fini dell'assegnazione il giudice dovra' valutare le condizioni economiche dei coniugi e le ragioni della decisione e favorire il coniuge piu' debole...» in ordine alla situazione economica del coniuge piu' debole e' stata interpretata dalla giurisprudenza della S.C., come sempre necessariamente ricollegata alla presenza di figli della coppia i cui bisogni dovevano ritenersi prevalenti sulla tutela del diritto di proprieta' del genitore proprietario della abitazione (in comunione legale o in proprieta' esclusiva: v. da ultimo la seguente massima: «In materia di separazione o divorzio, l'assegnazione della casa familiare, pur avendo riflessi anche economici, particolarmente valorizzati dall'art. 6, sesto comma, della legge 1° dicembre 1970, n. 898 (come sostituito dall'art. 11 della legge 6 marzo 1987, n. 74), e' finalizzata all'esclusiva tutela della prole e dell'interesse di questa a permanere nell'ambiente domestico in cui e' cresciuta, e non puo' quindi essere disposta, come se fosse una componente degli assegni rispettivamente previsti dall'art. 156 cod. civ. e dall'art. 5 della legge n. 898 del 1970, per sopperire alle esigenze economiche del coniuge piu' debole, alle quali sono destinati unicamente i predetti assegni. Pertanto, anche nell'ipotesi in cui l'immobile sia di proprieta' comune dei coniugi, la concessione del beneficio in questione resta subordinata all'imprescindibile presupposto dell'affidamento dei figli minori o della convivenza con figli maggiorenni ma economicamente non autosufficienti: diversamente, infatti, dovrebbe porsi in discussione la legittimita' costituzionale del provvedimento, il quale, non risultando modificabile a seguito del raggiungimento della maggiore eta' e dell'indipendenza economica da parte dei figli, si tradurrebbe in una sostanziale espropriazione del diritto di proprieta', tendenzialmente per tutta la vita del coniuge assegnatario, in danno del contitolare»: Cass. civ., sez. I, 26 gennaio 2006, n. 1545). Tale finalita' permane nella nuova disciplina: l'art. 155-quater, comma sesto c.c. dispone che «il godimento della casa familiare e' attribuito tenendo prioritariamente conto dell'interesse dei figli. Dell'assegnazione il giudice tiene conto nella regolazione dei rapporti economici tra i genitori considerato l'eventuale titolo di proprieta'...». In linea generale quindi la assegnazione della casa familiare spetta al genitore presso il quale il figlio e' prevalentemente domiciliato e l'arricchimento economico derivante dal provvedimento viene valutato incidendo sull'an ed il quantum del contributo al mantenimento del coniuge cui e' attribuito il diritto di godimento dell'immobile. L'interesse che si persegue e' quindi l'interesse del figlio al mantenimento dell'originario habitat familiare, onde non subire, oltre la scissione del rapporto pareritale anche l'allontanamento dal c.d. «nido» («L'assegnazione, in sede di divorzio, della casa familiare, ex art. 6, sesto comma, legge 1° dicembre 1970, n. 898, nel testo introdotto dall'art. 11, legge 6 marzo 1987, n. 74, all'ex coniuge con cui convivono i figli maggiorenni, non ancora economicamente indipendenti, comporta il conferimento all'assegnatario di un diritto personale di abitazione; tale norma, che ha natura eccezionale e si fonda sulla necessita' di conservare l'habitat domestico, inteso come il centro degli affetti, degli interessi e delle consuetudini in cui si esprime ed articola la vita della famiglia, manifestamente non si pone in contrasto con gli art. 3 e 24 cost., attesa la posizione differenziata dei coniugi per effetto della convivenza dei figli con uno di loro e la possibilita' che la legge apponga limiti alla proprieta'.privata allo scopo di assicurarne la funzione sociale.»: Cass. civ., sez. I, 11 dicembre 1992, n. l3126). Tale interesse cede tuttavia nella configurazione di legge, al diritto di proprieta', qualora il genitore assegnatario conviva more uxorio o celebri nuove nozze. Tale disposto crea quindi una assoluta disparita' di trattamento irragionevole, tra figli di genitori separati/ divorziati a seconda che il proprio genitore intraprenda o meno una stabile convivenza con un nuovo partner, in un ordinamento nel quale la legittimita' del divorzio (e di conseguenza la legittimita' di un secondo matrimonio) risale agli anni settanta. In tal senso si crea un contrasto coll'art. 3, secondo comma Cost. ovverosia col principio di uguaglianza sostanziale che impone che sia data identica tutela a situazioni identiche: nel caso di specie il figlio di genitore separato o divorziato ha sempre il medesimo interesse al mantenimento della propria abitazione familiare a prescindere dalle vicende successive e dalle scelte di vita del genitore col quale convive. D'altra parte la limitazione al diritto di proprieta' dell'altro genitore e' pienamente attuata anche nell'attuale assetto normativo, laddove e' tutt'ora prevista la assegnazione della casa familiare al genitore domiciliatario (non convivente o non nuovamente sposato) in attuazione della funzione sociale della proprieta' privata (sancita dall'art. 42, secondo comma Cost.). Appare pertanto irragionevole privilegiare il diritto di proprieta' del genitore non domiciliatario di prole solo nel caso di nuovo matrimonio o nuova convivenza del genitore domiciliatario (senza tenere in conto della portata pratica di tale disposizione che imporra' subprocedimenti all'interno dei procedimenti di separazione o divorzio, che si vogliono rapidi per intuibili esigenze di certezza dei rapporti familiari). Gli abusi che sicuramente sono rinvenibili nella pratica, relativi al mantenimento della assegnazione laddove in concreto non ve ne sia la necessita' per le piu' varie ragioni che possono presentarsi nella pratica, potrebbero trovare adeguata soluzione nella previsione di un potere discrezionale del giudice della separazione o del divorzio, nel disporre la revoca della assegnazione, e non nella imposizione come ora previsto di una automatica revoca conseguente alla oggettivita' di una convivenza. Deve pertanto sollevarsi questione di costituzionalita' dell'art. 155-quater c.c. in combinato disposto coll'art. 4, legge n. 54/2006 nella parte in cui impone al giudice la revoca della assegnazione della casa familiare al genitore affidatario o domicilatario di prole minorenne o maggiorenne ma non economicamente indipendente nel caso in cui conviva more uxorio, per contrasto col disposto dell'art. 3, secondo comma Cost.