IL TRIBUNALE
     Sciolta  la  riserva  espressa  all'udienza 6 settembre 2006 (in
luogo  del  6  luglio  2006  erroneamente indicato nel verbale) nella
causa n. 1408/2006 r.g.l., rileva ed osserva.
     A  mezzo  del ricorso depositato il 14 luglio 2006 il Circolo di
Cultura Musicale e Arti Multimediali Sing-Sing, in persona del legale
rappresentante, debitore pignorato, ha proposto reclamo, ex art. 624,
comma  2, c.p.c., contro l'ordinanza 30 giugno 2006, del Tribunale di
Siena,  giudice  dell'esecuzione,  ex  art.  624, comma 1, c.p.c., su
opposizione  all'esecuzione  ex  art. 615, comma 2, c.p.c. intrapresa
dalla Emi Music Italy S.p.A. ed altri, creditori procedenti, opposti.
     In  forza  della  sentenza di condanna 2005/n. 265, 15 aprile-20
luglio 2005, del Tribunale di Siena, la Emi Music Italy spa ed altri,
notificato  il  precetto,  hanno  proceduto  a pignoramento mobiliare
(verbali  10 e 11 maggio 2006 in atti), che ha colpito l'integralita'
dei  beni  mobili  presenti  presso  la sede del debitore, Circolo di
Cultura Musicale e Arti Multimediali Sing-Sing.
     L'integralita'   del  pignoramento,  che  ha  avuto  ad  oggetto
certamente  beni  «indispensabili»  per lo svolgimento dell'attivita'
culturale  del  circolo,  quali  strumenti  ed  oggetti  (hardware  e
software   di  P.C.,  stampanti,  lettori  d.v.d.  e  c.d.,  schermi,
fotocopiatrici,  scanner,  arredi, DVD e CD, etc.) impedisce non solo
la  prosecuzione  di  una  attivita'  ritenuta  illecita  in  base al
contenuto  del dispositivo della menzionata sentenza del Tribunale di
Siena  (noleggio  e  concessione  in uso di prodotti fonografici), ma
anche  lo  svolgimento dell'attivita' piu' propriamente istituzionale
dell'associazione  culturale, che procede statutariamente ed e' stata
accertata  implicitamente nella medesima sentenza, come espressamente
in  altri  interventi  giurisprudenziali (Tribunale penale di Arezzo,
sent.  2003/n.  442;  Commissione Tributaria Regionale di Firenze, 11
aprile-17  ottobre  2005 e da ultimo Corte di appello di Firenze, che
provvedendo  su  istanza  del  debitore,  ex  art.  283  c.p.c.,  nel
rigettare  con ordinanza 17 gennaio 2006 istanza di sospensione della
esecutivita'  della  sentenza  2005/n. 265 del Tribunale di Siena, ha
rilevato, tra altro, che il debitore «potrebbe continuare l'attivita'
lecita  consona alla sua natura di associazione culturale», «cessando
esclusivamente   l'attivita'  di  noleggio  e  prestito  di  supporti
musicali».    V.    anche    l'ordinanza    reclamata   del   giudice
dell'esecuzione,  che  ha  sottolineato  l'esigenza di «salvaguardare
l'attivita'   in  embrione  del  circolo,  essendo  detti  apparecchi
strumenti essenziali del circolo»).
     L'opposizione  all'esecuzione  ex  art.  615,  comma  2, c.p.c.,
oggetto  del  presente  giudizio, espressamente investe (ricorso p. 4
ss.)  la pignorabilita' oggi relativa, in passato assoluta, di taluni
beni  («strumenti,  oggetti  e  libri  indispensabili per l'esercizio
della  professione,  dell'arte  o  del mestiere del debitore») e piu'
specificamente  l'interpretazione  del comma 3, dell'art. 515 c.p.c.,
inserito  a  decorrere  dal 1° marzo 2006, dall'art. 4, legge 2006/n.
52,  applicabile quindi alla fattispecie ratione temporis (v. art. 3,
per l'abrogazione del previgente art. 514, n. 3, c.p.c.).
     Il  debitore  opponente  auspica della norma una interpretazione
«estensiva».
     L'ipotesi    di   simile   interpretazione,   costituzionalmente
orientata  tra  piu'  possibili  ad  opera  del tribunale, non appare
consentita  in  base  ai canoni ex artt. 12, 14 disp. prel. c.c. e al
diritto  vivente, in forza del quale le disposizioni che stabiliscono
l'impignorabilita'   di   determinati   tipi   di   beni,  in  quanto
introduttive   di   una  limitazione  del  principio  della  generale
responsabilita'  patrimoniale del debitore ex art. 2740 c.c., sono di
stretta interpretazione (v. ad. es. Cass. 1998/n. 8966).
     Affermando il Circolo opponente il proprio diritto ad esistere e
a proseguire in ambito di liceita' la propria attivita' associativa e
culturale,  l'applicazione  ed  interpretazione della norma contenuta
nell'art. 515, comma 3, c.p.c. e' rilevante ai fini decisori.
     La  norma  prevede  che  «gli  strumenti,  gli oggetti e i libri
indispensabili  per  l'esercizio  della  professione, dell'arte o del
mestiere  del  debitore»,  «possono essere pignorati nei limiti di un
quinto,  quando  il  presumibile  valore di realizzo degli altri beni
rinvenuti  dall'ufficiale  giudiziario  o  indicati  dal debitore non
appare  sufficiente  per  la soddisfazione del credito» (circostanza,
quest'ultima, pacificamente verificata nel caso concreto in relazione
all'ingente  ammontare del debito risarcitorio), inoltre «il predetto
limite non si applica per i debitori costituiti in forma societaria e
in  ogni  caso se nelle attivita' del debitore risulta una prevalenza
del   capitale   investito   sul   lavoro»   (circostanza   ulteriore
pacificamente  verificata  nel caso concreto in relazione alla natura
giuridica del soggetto debitore).
     L'impossibilita'  sul  piano ermeneutico di estendere la portata
della  impignorabilita'  relativa  in  discorso, nella sussistenza di
tutti  gli altri requisiti della norma impone di ritenere (d'ufficio)
non   manifestamente   infondata   la   questione   di   legittimita'
costituzionale  della  norma,  nella  parte  in  cui non prevede pari
tutela  (art.  3 Cost.) oltre il mondo del lavoro e dell'economia, in
particolare a salvaguardia della esistenza stessa di associazioni (ex
art. 18 ss., 36 ss. c.c.), formazioni sociali ove si svolgono diritti
fondamentali  della  personalita'  (art. 2 Cost.) e trova espressione
realizzatrice il diritto di associazione (art. 18 Cost.).
     L'art.  515,  comma  3,  c.p.c.,  in  tema  di  impignorabilita'
relativa   degli  «strumenti,  oggetti  e  libri  indispensabili  per
l'esercizio   della   professione,   dell'arte  o  del  mestiere  del
debitore»,  si  presta  con  ragionevole  fondatezza  ad  una lettura
orientata  alla  tutela  di diritti di pari rango costituzionale che,
per le ragioni esposte, non appare consentita al giudice ordinario in
via interpretativa.