Ordinanza
nel  giudizio  di  legittimita' costituzionale dell'art. 10, comma 4,
della legge 20 febbraio 2006, n. 46 (Modifiche al codice di procedura
penale,   in   materia   di   inappellabilita'   delle   sentenze  di
proscioglimento),  promosso  con  ordinanza  del 22 maggio 2006 dalla
Corte  d'appello di Palermo nel procedimento penale a carico di C.G.,
iscritta  al  n. 507  del  registro ordinanze 2006 e pubblicata nella
Gazzetta   Ufficiale  della  Repubblica  n. 47,  1ª  serie  speciale,
dell'anno 2006.
Udito  nella  Camera  di  consiglio  del  12 dicembre 2007 il giudice
relatore Giovanni Maria Flick.
Ritenuto  che,  con  l'ordinanza  in  epigrafe, la Corte d'appello di
Palermo  ha  sollevato, in riferimento all'art. 3 della Costituzione,
questione di legittimita' costituzionale dell'art. 10, comma 4, della
legge  20  febbraio  2006,  n. 46  (Modifiche  al codice di procedura
penale,   in   materia   di   inappellabilita'   delle   sentenze  di
proscioglimento),   «nella   parte   in  cui  prevede,  nel  caso  di
annullamento  di  una  sentenza di condanna di una Corte di assise di
appello o di una Corte di appello che abbia riformato una sentenza di
assoluzione   (su   punti  diversi  dalla  pena  o  dalla  misura  di
sicurezza),  l'inammissibilita' dell'appello proposto dal p.m., anche
quando  sia  gia' stata ammessa dalla Corte una prova da considerarsi
decisiva ai sensi dell'art. 603» del codice di proceduta penale;
     che  la Corte rimettente premette in fatto che, con sentenza del
Tribunale  di  Palermo,  gli  imputati sono stati assolti, in esito a
giudizio  abbreviato,  dal  reato  di cui all'art. 416-bis del codice
penale, perche' il fatto non sussiste; che, a seguito di impugnazione
del  Procuratore della Repubblica di Palermo, gli imputati sono stati
successivamente  condannati  dalla  Corte  d'appello di Palermo; che,
infine,  la  Corte di cassazione ha annullato la sentenza di condanna
di secondo grado con rinvio alla Corte d'appello rimettente;
     che  nell'ordinanza si precisa altresi' che la Corte rimettente,
investita  del  nuovo giudizio, ha disposto «la rinnovazione parziale
dell'istruzione   sollecitata  dal  p.g.,  disponendo,  tra  l'altro,
l'esame  dei  collaboratori  di giustizia» -- e cio' «sul rilievo che
l'esame dei predetti soggetti si rivelava assolutamente necessario ai
fini  della  decisione,  ai  sensi dell'art. 603, comma 3, cod. proc.
pen.,  applicabile  anche al giudizio abbreviato» -- e che l'esame di
alcuni collaboratori ha avuto solo parzialmente luogo;
     che,  quanto  alla  rilevanza  della  questione,  la  rimettente
sottolinea  che,  nelle  more  del  giudizio, e' entrata in vigore la
legge 20 febbraio 2006, n. 46, il cui art. 1 ha sostituito l'art. 593
cod.  proc.  pen.,  sottraendo  al  pubblico  ministero  il potere di
appellare le sentenze di proscioglimento;
     che l'art. 10 della medesima legge ha, inoltre, stabilito che la
nuova  disciplina  si  applica  ai procedimenti in corso alla data di
entrata  in  vigore  della  legge,  prevedendo  poi,  al comma 2, che
l'appello   proposto   contro   una   sentenza   di   proscioglimento
dall'imputato o dal pubblico ministero prima della data di entrata in
vigore  della  legge viene dichiarato inammissibile con ordinanza non
impugnabile  e,  al comma 4, che tale ultima disposizione «si applica
anche al caso in cui sia stata annullata, su punti diversi dalla pena
e dalla misura di sicurezza, una sentenza di condanna di una Corte di
assise  di  appello o di una Corte di appello che abbia riformato una
sentenza di assoluzione»;
     che, dunque, la questione di costituzionalita' sarebbe rilevante
nel  giudizio  a  quo,  «considerato che l'applicazione di tale legge
comporta sicuramente una diversa disciplina del presente processo»;
     che, nell'illustrare le ragioni della non manifesta infondatezza
della   questione,   il  rimettente  mostra  di  non  dubitare  della
legittimita'  costituzionale dei nuovi limiti introdotti al potere di
impugnazione   del   pubblico   ministero  dalla  novella  del  2006,
precisando  anzi che «l'appello non costituisce mezzo di impugnazione
costituzionalmente   garantito»   e   che   la  differente  posizione
sostanziale  dell'accusa  e  della difesa puo' legittimare un diverso
atteggiarsi  del regime delle impugnazioni, fermo restando il diritto
del  pubblico ministero di proporre ricorso per cassazione avverso la
sentenza «ritenuta ingiusta o erronea»;
     che  l'appello  del  pubblico  ministero  avverso le sentenze di
proscioglimento   resta   peraltro   consentito,  per  effetto  delle
modifiche  recate dall'art. 1 della legge n. 46 del 2006 all'art. 593
cod.  proc. pen., nel caso disciplinato dall'art. 603, comma 2, dello
stesso codice, quando, cioe', sopravvengano o si scoprano nuove prove
dopo  il  giudizio  di primo grado, e sempre che tali prove risultino
decisive;
     che  sarebbe  proprio  questa previsione, a giudizio della Corte
rimettente,  a  conferire  «ragionevolezza»  e  «coerenza»  al  nuovo
sistema delle impugnazioni nel processo penale;
     che,  tuttavia,  la  deroga alla inappellabilita' delle sentenze
nelle  ipotesi  di cui all'art. 603, comma 2, sopra richiamato non e'
stata prevista in riferimento alla disciplina transitoria;
     che  e'  proprio  di  tale  mancata  estensione  che si duole il
giudice  a quo, sottolineando che, nel caso di specie, tale omissione
«porterebbe  inevitabilmente  alla  declaratoria  di inammissibilita'
dell'appello  proposto  dal  pubblico ministero», nonostante sia gia'
stata non solo ammessa una prova valutata come indispensabile ai fini
della decisione, «ma parzialmente espletata una nuova prova»;
     che  la  mancata  previsione, in sede di disciplina transitoria,
del  potere  di appello del pubblico ministero avverso le sentenze di
proscioglimento -- riconosciuto a regime dall'art. 593, comma 2, cod.
proc.  pen.  nei  casi di prova nuova decisiva -- violerebbe l'art. 3
Cost.  per  il diverso trattamento irragionevolmente riservato a casi
analoghi:  a  giudizio del rimettente, infatti, non vi sarebbe alcuna
ragione  di  diversificare  la  disciplina a regime rispetto a quella
transitoria,  escludendo  che  possa  valere  anche  in  relazione  a
quest'ultima   una   analoga   deroga   al   generale   principio  di
inappellabilita' delle sentenze di proscioglimento.
Considerato  che la Corte d'appello di Palermo dubita, in riferimento
all'art.  3  della  Costituzione,  della  legittimita' costituzionale
dell'art. 10, comma 4, della legge 20 febbraio 2006, n. 46 (Modifiche
al  codice  di procedura penale, in materia di inappellabilita' delle
sentenze   di  proscioglimento),  nella  parte  in  cui  prevede  che
l'appello  proposto  dal  pubblico  ministero  prima  dell'entrata in
vigore  della  legge  sia dichiarato inammissibile, «anche quando sia
gia'  stata ammessa dalla Corte una prova da considerarsi decisiva ai
sensi dell'art. 603» del codice di procedura penale;
     che  il  comma  4  censurato fa espresso richiamo al comma 2 del
medesimo  articolo,  stabilendo  che  tale disposizione - secondo cui
l'appello proposto dall'imputato o dal pubblico ministero prima della
data  di entrata in vigore della legge viene dichiarato inammissibile
con ordinanza non impugnabile - «si applica anche nel caso in cui sia
annullata,  su  punti diversi dalla pena o dalla misura di sicurezza,
una  sentenza  di  condanna  di una corte d'assise d'appello o di una
corte d'appello che abbia riformato una sentenza di assoluzione»;
     che,  successivamente  all'ordinanza  di  rimessione,  il citato
comma  2  dell'art.  10  della legge n. 46 del 2006 e' stato ritenuto
costituzionalmente  illegittimo  da  questa Corte, nella parte in cui
prevede  che  e'  dichiarato  inammissibile  l'appello  proposto  dal
pubblico   ministero,  prima  dell'entrata  in  vigore  della  legge,
avverso,    rispettivamente,    una    sentenza   dibattimentale   di
proscioglimento  (sentenza  n. 26  del  2007,  che ha contestualmente
dichiarato  l'incostituzionalita'  dell'art.  1 della legge n. 46 del
2006,  sostitutivo  dell'art. 593 cod. proc. pen.) e, per quanto piu'
direttamente   rileva   nel   giudizio   a   quo,   una  sentenza  di
proscioglimento  emessa  a  seguito  di giudizio abbreviato (sentenza
n. 320  del  2007, che ha contestualmente dichiarato l'illegittimita'
costituzionale  dell'art.  2  della  citata  legge  n. 46  del  2006,
modificativo dell'art. 443, comma 1, cod. proc. pen.);
     che, alla stregua delle richiamate pronunce di questa Corte, gli
atti  devono  essere pertanto restituiti al giudice rimettente per un
nuovo esame della rilevanza della questione.