Sentenza
nel  giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 13, commi 1,
2  e  3,  22  e  27, comma 18, della legge della Regione Lombardia 11
dicembre  2006,  n. 24 (Norme per la prevenzione e la riduzione delle
emissioni  in  atmosfera  a  tutela  della  salute  e dell'ambiente),
promosso  con  ricorso  del  Presidente  del  Consiglio dei ministri,
notificato  il  12  febbraio  2007,  depositato  in cancelleria il 15
febbraio 2007 ed iscritto al n. 7 del registro ricorsi 2007.
Visto l'atto di costituzione della Regione Lombardia;
Udito nell'udienza pubblica dell'11 dicembre 2007 il giudice relatore
Alfonso Quaranta;
Uditi  l'avvocato  dello  Stato  Marco  Corsini per il Presidente del
Consiglio  dei  ministri  e  l'avvocato  Nicolo' Zanon per la Regione
Lombardia.
                          Ritenuto in fatto
1. - Il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso
dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  ha  promosso  questioni  di
legittimita'  costituzionale  -  in riferimento all'art. 117, secondo
comma,  lettere  g)  ed h), e terzo comma, della Costituzione - degli
artt.  13,  commi  1,  2  e  3,  22 e 27, comma 18, della legge della
Regione Lombardia 11 dicembre 2006, n. 24 (Norme per la prevenzione e
la  riduzione  delle  emissioni  in atmosfera a tutela della salute e
dell'ambiente).
1.1. - Il ricorrente, in via preliminare, illustra il contenuto delle
impugnate  disposizioni,  evidenziando che, in particolare, l'art. 13
della citata legge della Regione Lombardia prevede la possibilita' di
disporre  limitazioni alla circolazione di veicoli, finalizzate «alla
riduzione  dell'accumulo  degli  inquinanti  in atmosfera», e demanda
alla  Giunta  regionale  il compito di determinare le misure idonee a
tal  scopo  e  le  loro  modalita'  di  attuazione (commi 1 e 2), ivi
compresa  l'individuazione  (comma  3) degli assi stradali esclusi da
tali limitazioni.
Del  pari, l'art. 22 della medesima legge regionale stabilisce talune
«misure  prioritarie  di limitazione alla circolazione e all'utilizzo
dei  veicoli»,  e segnatamente di quelli non omologati ai sensi della
direttiva 91/441/CEE del Consiglio, del 26 giugno 1991 (Direttiva del
Consiglio   che  modifica  la  direttiva  70/220/CEE  concernente  il
ravvicinamento  delle  legislazioni  degli Stati membri relative alle
misure da adottare contro l'inquinamento atmosferico con le emissioni
dei veicoli a motore), ed altre successive.
Infine,  l'art.  27  della  stessa legge detta la disciplina relativa
alle   sanzioni   da  irrogare  nell'ipotesi  di  inosservanza  delle
prescrizioni   suddette   (comma   11),   individuando   «l'autorita'
competente,  ai  sensi degli articoli 17 e 18 della legge 24 novembre
1981,  n. 689  (Modifiche  al  sistema  penale)»,  nel  «responsabile
dell'ente  da  cui  dipende l'organo accertatore», nonche' stabilendo
che  i  proventi  della  riscossione delle sanzioni irrogate spettino
«all'ente accertatore» (comma 18).
1.2.  -  Assume  il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri che le
disposizioni  suddette  sono  «in  contrasto  con  la  normativa  che
disciplina la competenza dei vari soggetti pubblici in materia».
1.2.1.  -  Difatti,  ai  sensi dell'art. 6 del decreto legislativo 30
aprile  1992,  n. 285  (Nuovo  codice  della  strada), e' il Prefetto
l'organo  competente a «sospendere temporaneamente» - sia per «motivi
di  sicurezza pubblica o inerenti alla sicurezza della circolazione»,
che  «di tutela della salute» - «la circolazione di tutte o di alcune
categorie  di  utenti  sulle  strade  o su tratti di esse», fuori dei
centri abitati. All'interno di essi, invece, sono i Comuni - ai sensi
del successivo art. 7, comma 1, lettera b), del medesimo codice della
strada  -  a  poter  «limitare  la  circolazione di tutte o di alcune
categorie di veicoli per accertate e motivate esigenze di prevenzione
degli inquinamenti e di tutela del patrimonio artistico, ambientale e
naturale»,  cio' «conformemente alle direttive impartite dal Ministro
delle  infrastrutture  e  dei  trasporti,  sentiti, per le rispettive
competenze,  il  Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio
ed il Ministro per i beni culturali e ambientali».
Ne  consegue,  quindi,  che  alle  Regioni  -  conclude  sul punto il
ricorrente  -  spetta, nella persona dei rispettivi Presidenti, «solo
il  potere  di  ordinanza  per le strade regionali» (art. 6, comma 5,
lettera  b,  del  codice  della strada), avendo l'art. 98 del decreto
legislativo 31 marzo 1998, n. 112 (Conferimento di funzioni e compiti
amministrativi  dello  Stato  alle  regioni  ed  agli enti locali, in
attuazione  del  capo  I  della legge 15 marzo 1997, n. 59) mantenuto
allo  Stato  la  «funzione  di  regolamentazione  della  circolazione
veicolare,  ai  sensi  dell'articolo 6 del decreto legislativo n. 285
del  1992,  per  motivi  di  sicurezza  pubblica,  di sicurezza della
circolazione,  di  tutela  della  salute  e per esigenze di carattere
militare».
Cio'  premesso,  per il ricorrente risulterebbe evidente il contrasto
tra le norme impugnate e l'art. 117, secondo comma, lettera h), della
Costituzione,   giacche'   esse   verrebbero   «ad   incidere   sulle
attribuzioni  statali  in tema di sicurezza e circolazione stradale»,
attribuzioni  riservate  in via esclusiva allo Stato, «trattandosi di
materia  ricompresa  nell'‘‘ordine  pubblico  e  sicurezza''». Ed
invero,  come  chiarito  dalla  Corte  costituzionale con la sentenza
n. 428 del 2004, «l'esigenza, connessa alla strutturale pericolosita'
dei  veicoli  a  motore,  di  assicurare  l'incolumita' personale dei
soggetti  coinvolti nella loro circolazione (conducenti, trasportati,
pedoni)  certamente  pone problemi di sicurezza, e cosi' rimanda alla
lettera  h)  del  secondo  comma  dell'art. 117, che attribuisce alla
competenza  statale  esclusiva  la  materia  ‘‘ordine  pubblico e
sicurezza, ad esclusione della polizia amministrativa locale''».
1.2.2. - Le disposizioni censurate, inoltre, violerebbero - sempre ad
avviso  del  ricorrente  -  anche il terzo comma dell'art. 117 Cost.,
giacche'  risultano  chiaramente  emanate a tutela della salute, come
emerge  dall'art.  1  della  medesima  legge reg. n. 24 del 2006 (che
individua  quale  obiettivo della legge stessa il miglioramento della
qualita'   dell'aria   «ai  fini  della  protezione  della  salute  e
dell'ambiente»),  ponendosi,  pero', come principi fondamentali della
materia.  In tal modo, dunque, la Regione Lombardia - con riferimento
ad  un ambito materiale oggetto di potesta' legislativa concorrente -
avrebbe ecceduto i limiti della propria competenza.
1.2.3.   -   Infine,   l'art.  27  della  legge  regionale  in  esame
contrasterebbe,  secondo il ricorrente, anche con l'art. 117, secondo
comma, lettera g), Cost.
Infatti,  in  particolare  il  comma  18,  nel  dettare la disciplina
relativa   alle   sanzioni   conseguenti   alla   inosservanza  delle
prescrizioni  previste  dalla stessa legge regionale (o contenute nei
provvedimenti  amministrativi  dalla  medesima contemplati) in ordine
alla  limitazione  della  circolazione  ed  all'utilizzo dei veicoli,
individua  «nel  responsabile dell'organo di polizia dipendente dallo
Stato»,  il  quale  abbia  effettuato l'accertamento delle infrazioni
suddette, «il soggetto competente a ricevere il rapporto, ad emettere
l'ordinanza-ingiunzione e a decidere sull'eventuale ricorso», secondo
la  disciplina  prevista  dagli  artt. 17 e 18 della legge n. 689 del
1981.  In  tal  modo, pero', si impongono obblighi a carico di organi
dello Stato, in violazione della sua potesta' esclusiva in materia di
«ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti
pubblici  nazionali»  (e'  richiamata,  sul  punto, la sentenza della
Corte costituzionale n. 134 del 2004).
2.  -  Si e' costituita in giudizio la Regione Lombardia, eccependo -
con   «riserva   di   successive   allegazioni  e  argomentazioni»  -
l'inammissibilita'  del  ricorso  e,  comunque,  l'infondatezza delle
questioni promosse.
3. - Con successiva memoria, depositata in cancelleria il 4 settembre
2007,  la  Regione  Lombardia ha esposto ulteriori ragioni a sostegno
delle richieste in precedenza formulate.
3.1. - In primo luogo, la difesa della Regione - dopo aver illustrato
«il contesto, non solo normativo, in cui la legge regionale di cui e'
causa  e' stata approvata», evidenziando come essa persegua «lo scopo
di    determinare    una   riduzione   delle   emissioni   inquinanti
nell'aria-ambiente» - ha eccepito «l'inammissibilita' del ricorso del
Governo», sotto quattro profili.
Deduce,  in  primo luogo, la «contraddittorieta' delle prospettazioni
in  esso  contenute»,  atteso che l'iniziativa assunta dal Presidente
del  Consiglio  dei  ministri  tende  a  censurare alcune delle norme
impugnate  (in  particolare  gli artt. 13, commi 1, 2 e 3, e 22 della
legge),  deducendone  il contrasto sia con l'art. 117, secondo comma,
lettera  h),  Cost.  (giacche'  tali  disposizioni  «recherebbero  la
disciplina  di  una materia ricompresa nella definizione ‘‘ordine
pubblico  e  sicurezza'', riservata al legislatore statale»), sia con
l'art.  117, terzo comma, Cost. (giacche' esse «emanate ‘‘anche''
a   tutela  della  salute»,  si  atteggerebbero,  pero',  a  principi
fondamentali di tale materia). Orbene, dal momento che le due censure
-  rileva  la  resistente  -  «non sono presentate in alternativa tra
loro,  ovvero  in  rapporto  di  subordinazione»,  essendo  piuttosto
«compresenti  nella prospettazione dell'Avvocatura dello Stato», cio'
inficerebbe di inammissibilita' l'intero ricorso, giacche' questo, da
un  lato,  afferma  che  la legge regionale «non avrebbe alcun potere
d'intervento,   poiche'   giuridicamente  incompetente»,  dall'altro,
«riconosce implicitamente» che la Regione sarebbe potuta intervenire,
«anche  se  solo  con  norme  di  dettaglio».  Del resto, una recente
decisione  della  Corte  costituzionale  (sentenza  n. 391  del 2006)
avrebbe  giudicato  inammissibile un ricorso statale nel quale ad una
censura  che «riguarda l'an dell'esercizio della potesta' legislativa
statale»  ne era stata affiancata un'altra avente ad oggetto pure «il
quomodo di tale esercizio».
La  Regione  Lombardia eccepisce l'inammissibilita' del ricorso anche
sotto un secondo profilo.
Viene   contestata   l'affermazione  del  ricorrente  secondo  cui  i
censurati  artt. 13 e 22 della legge regionale impugnata - delineando
un  sistema  di limitazione del traffico veicolare che contravviene a
quello  previsto  nel  codice della strada - violerebbero l'art. 117,
secondo   comma,  lettera  h),  Cost.,  andando  «ad  incidere  sulle
attribuzioni  statali  in tema di sicurezza e circolazione stradale»,
materia che si reputa «ricompresa nell'ordine pubblico e sicurezza».
Orbene,  venendo  in  rilievo  - nel caso in esame - la materia della
tutela  della salute, il parametro costituzionale evocato nel ricorso
sarebbe,  secondo  la  Regione  resistente, «inconferente rispetto al
contenuto  delle  norme  impugnate»,  donde  l'inammissibilita' della
censura  (sono citate le sentenze della Corte costituzionale nn. 398,
365 e 246 del 2006, e la sentenza n. 285 del 2005).
Un  terzo  profilo  di  inammissibilita' del ricorso e' dedotto dalla
resistente   in  relazione  alla  censura  formulata  in  riferimento
dell'art. 117, terzo comma, Cost.
Nell'evocare  tale  diverso parametro, sul presupposto che la materia
interessata  dall'intervento  legislativo  in  esame sia quella della
tutela  della  salute,  il  Presidente del Consiglio dei ministri non
avrebbe  esplicitato  le  ragioni della doglianza, non essendo chiaro
«se  il ricorrente si limiti a censurare in maniera astratta il fatto
che  la Regione abbia approvato norme che possono essere identificate
come  ‘‘principi  fondamentali''  della  materia,  oppure  se  la
normativa  regionale  si  ponga  concretamente in contrasto con uno o
piu' principi fondamentali della normativa statale».
In  entrambi  i  casi,  tuttavia,  la  censura  in  esame - in quanto
«meramente assertiva» - si paleserebbe inammissibile.
Infine, un quarto profilo di inammissibilita' sarebbe ipotizzabile in
ordine  alla  sola  censura che investe gli artt. 22 e 27 della legge
regionale  n. 24  del  2006,  atteso  che  nella  prospettazione  del
ricorrente  tali norme parteciperebbero dei vizi di cui al precedente
art. 13, commi 1, 2 e 3.
Non  essendo  stata,  dunque,  formulata  alcuna specifica censura in
relazione  a  tali  norme,  ed essendo «il contenuto di queste ultime
disomogeneo  rispetto  a quello dell'art. 13» (donde l'impossibilita'
di  estendere le argomentazioni sulle quali si fonda la doglianza che
investe    tale    disposizione),    si   dovrebbe   concludere   per
l'inammissibilita' anche di tale censura (e' citata la sentenza della
Corte costituzionale n. 64 del 2007).
3.2.  -  Nel  merito,  tuttavia,  la  Regione  deduce che le promosse
questioni di legittimita' costituzionale non sarebbero fondate.
3.2.1.  -  Prima  di  illustrare  le  ragioni che deporrebbero per il
rigetto del ricorso, la resistente pone in evidenza come la normativa
regionale  in contestazione «sia stata adottata nel pieno rispetto e,
anzi,  nella  necessaria  attuazione» di «scelte compiute dall'Unione
europea»  per  contrastare  «le rilevanti conseguenze negative che il
fenomeno   dell'inquinamento   atmosferico   ha   sulla   salute  dei
cittadini».
Cio'  premesso,  la  resistente - nel ribadire che l'ambito materiale
interessato dalla legge in esame e' quello della «tutela della salute
dei  cittadini, in collegamento alla tutela dell'ambiente in cui essi
vivono»  -  rileva che, gia' sotto il vigore della vecchia disciplina
contenuta  nel  titolo  V della parte seconda della Costituzione, «la
Corte  costituzionale ha piu' volte riconosciuto la possibilita', per
le Regioni, di prevedere limitazioni alla circolazione laddove questi
provvedimenti  siano  collegati  ad  ambiti di competenza legislativa
regionale» (e' richiamata, segnatamente, la sentenza n. 51 del 1991).
Ma  quel  che  piu'  rileva  - secondo la resistente - e' che dopo la
riforma  del  titolo  V  la giurisprudenza costituzionale non solo ha
riconosciuto  la  legittimita' di disposizioni regionali «le quali, a
qualsiasi  livello,  limitino  l'inquinamento atmosferico o riducano,
disciplinando  la  circolazione  stradale,  le  vibrazioni,  tutelino
l'ambiente  e  insieme,  se  esistenti,  gli  immobili  o i complessi
immobiliari  di  valore  culturale» (sentenza n. 232 del 2005), ma ha
espressamente   affermato   che   alla  «riduzione  delle  emissioni»
inquinanti  possono  concorrere  «misure  e politiche che sicuramente
rientrano  anche  nel  campo  proprio  delle  competenze  regionali»,
comprendenti anche «la predisposizione dei piani urbani del traffico»
(sentenza n. 246 del 2006).
3.2.2.  -  Ne',  d'altra parte, l'illegittimita' costituzionale delle
norme  regionali  in  esame  - assume ancora la resistente - potrebbe
essere  giustificata  in  ragione  del  fatto  che  le stesse violino
principi  fondamentali  della materia tutela della salute, ovvero (in
alternativa)  che  si  pongano  esse  stesse  come  espressione di un
principio fondamentale.
In   relazione,  infatti,  al  primo  di  tali  profili,  la  Regione
sottolinea come sia stato proprio il legislatore statale, addirittura
anteriormente  alla  riforma  del  titolo  V  della  Costituzione,  a
riconoscere  alle  Regioni  -  con l'art. 7 del decreto legislativo 4
agosto  1999,  n. 351 (Attuazione della direttiva 96/62/CE in materia
di  valutazione e di gestione della qualita' dell'aria ambiente) - la
potesta'  di  intervenire,  a  tutela  della  salubrita'  ambientale,
attraverso  «piani d'azione contenenti le misure da attuare nel breve
periodo,  affinche'  sia ridotto il rischio di superamento dei valori
limite   e  delle  soglie  di  allarme»,  misure  che  includono,  se
necessario,  anche  la  «sospensione delle attivita', ivi compreso il
traffico  veicolare,  che  contribuiscono  al  superamento dei valori
limite e delle soglie di allarme». Analogamente, l'art. 5 del decreto
legislativo  21  maggio  2004,  n. 183  (Attuazione  della  direttiva
2002/3/CE  relativa  all'ozono  nell'aria)  stabilisce  che Regioni e
Province   autonome   predispongano,   in  relazione  alle  zone  che
presentino  il rischio del superamento delle soglie di allarme, piani
d'azione  recanti «le misure specifiche da adottare a breve termine»,
incluse quelle «di riduzione o di sospensione di talune attivita' che
contribuiscono  alle  emissioni  che determinano il superamento della
soglia di allarme», ed «in particolare del traffico di autoveicoli».
In  ordine,  invece, al secondo di tali profili, ovvero alla supposta
natura  di  principi  fondamentali  (e non di norme di dettaglio) che
connoterebbe  i  censurati  artt.  13  e 22 della legge impugnata, la
resistente si limita a rilevare che, secondo la Corte costituzionale,
i  principi  fondamentali  «sono  i  nuclei  essenziali del contenuto
normativo»  delle  disposizioni che li esprimono (sentenza n. 280 del
2004), di talche' «il rapporto tra norma ‘‘di principio'' e norma
‘‘di  dettaglio''»  deve  essere inteso nel senso che l'una «puo'
prescrivere  criteri  (...) ed obiettivi», all'altra invece spettando
l'individuazione   degli   «strumenti   concreti  da  utilizzare  per
raggiungere   quegli   obiettivi»   (sentenza  n. 181  del  2006;  e'
richiamata anche la sentenza n. 390 del 2004).
Una correlazione siffatta - conclude sul punto la resistente - sembra
sussistere  proprio  tra  i richiamati decreti legislativi n. 351 del
1999  e  n. 183  del  2004 e la censurata normativa regionale, atteso
che,  se  le norme statali «pongono, allo scopo di tutelare al meglio
la  salute  dei  cittadini,  l'obiettivo  di  ridurre le emissioni di
sostanze   inquinanti   nell'aria»,  gli  impugnati  artt.  13  e  22
«provvedono  concretamente a realizzare tale obiettivo, prevedendo la
possibilita'  di  sospendere la circolazione sul territorio regionale
dei veicoli maggiormente inquinanti».
3.3.  -  Infine,  la  resistente  svolge  ulteriori considerazioni in
merito  alla  duplice  censura che investe l'art. 27, o meglio i suoi
commi 11 e 18, della medesima legge regionale.
Quanto,  in  particolare,  alla  prima  di  tali doglianze (avente ad
oggetto  il  comma  11 dell'art. 27), la resistente evidenzia come la
giurisprudenza  costituzionale  abbia ripetutamente affermato che «la
competenza  ad  irrogare  sanzioni  amministrative non e' in grado di
configurarsi  in  via  autonoma  come  materia in se', ma accede alle
materie  sostanziali  che  disciplinano  gli  atti  e i comportamenti
sanzionabili»  (sentenze  n. 240  del  2007  e  n. 63  del  2006). Ne
consegue,  pertanto, che non appartenendo, «in via pregiudiziale allo
Stato   e/o   alle   Regioni»,  il  potere  di  prescrivere  sanzioni
amministrative,  questo  accedendo  invece «alla specifica competenza
legislativa  ritenuta,  secondo Costituzione, piu' adatta alla tutela
di  determinati  diritti  o  interessi»,  la circostanza che le norme
impugnate   vadano  «ricondotte  alla  competenza  legislativa  della
Regione  in materia di tutela della salute» renderebbe non fondata la
prospettata censura.
3.4.  - In ordine, invece, all'altra doglianza (quella che investe il
comma 18 dell'art. 27), la resistente rileva, preliminarmente, la non
pertinenza  del  riferimento  -  contenuto nel ricorso statale - alla
sentenza  della  Corte  costituzionale n. 134 del 2004, giacche' essa
riguarderebbe  «un caso completamente diverso», relativo ad una norma
regionale che prevedeva, quali componenti di un organo della Regione,
«i Prefetti e i Procuratori generali dislocati in diversi tribunali»
Nella   giurisprudenza   costituzionale,  per  contro,  sarebbe  dato
rinvenire    «alcune    decisioni    in    cui    viene   considerata
costituzionalmente  legittima  la  previsione  che organi dello Stato
possano  dare  applicazione  a  leggi  della  Regione, qualora queste
disciplinano  oggetti  di loro competenza». E' citata, in particolare
la   sentenza  n. 467  del  2005,  secondo  cui,  posta  «la  propria
competenza   legislativa  in  una  determinata  materia,  la  Regione
disciplina la stessa con norme cogenti per tutti i soggetti, pubblici
e  privati,  che  operano  sul  territorio  regionale», ivi compresi,
dunque, gli stessi organi statali.
4.  - La Regione Lombardia, con un'ulteriore memoria depositata il 28
novembre  2007,  ha  ribadito  le  proprie  difese, sottolineando, in
particolare,  come  una «autorevolissima» conferma «della correttezza
ed  opportunita»  della  disciplina  in  contestazione verrebbe dalla
risoluzione  n. 7-00197  approvata, tra l'altro all'unanimita', il 13
giugno   2007  dalla  VIII  Commissione  della  Camera  dei  deputati
(Ambiente, territorio e lavori pubblici).
Con tale atto la Commissione, nel premettere di volere «rappresentare
il  proprio  interesse  per una legislazione regionale, come la legge
n. 24 del 2006 della Regione Lombardia, che affronta in modo organico
la  problematica  dell'inquinamento  dell'aria  e  che  si  pone come
modello  innovatore  e piu' avanzato rispetto alle normative adottate
dalle  altre  regioni,  nonche' piu' rigoroso rispetto alla normativa
nazionale»,  ha  impegnato  l'Esecutivo  «a porre in essere tutti gli
sforzi  necessari  per  arrivare  ad  una proficua composizione della
vertenza  fra  Regione  Lombardia e Governo sulla base di un giudizio
che  riconosce  nella  legge  regionale  n. 24 del 2006 un contributo
positivo  per  la  lotta  all'inquinamento e per la riduzione dei gas
serra».
                       Considerato in diritto
1.  -  Con  il  ricorso  in  epigrafe il Presidente del Consiglio dei
ministri  ha  promosso  questioni di legittimita' costituzionale - in
riferimento  all'art.  117,  secondo comma, lettere g) ed h), e terzo
comma, della Costituzione - degli artt. 13, commi 1, 2 e 3; 22; e 27,
comma  18,  della  legge  della  Regione  Lombardia 11 dicembre 2006,
n. 24,  (Norme  per  la prevenzione e la riduzione delle emissioni in
atmosfera a tutela della salute e dell'ambiente).
1.1.  -  Il  ricorrente,  in  via preliminare, dopo aver precisato il
contenuto  delle impugnate disposizioni, ha posto in evidenza come il
suindicato  art.  13  preveda la possibilita' di disporre limitazioni
alla circolazione di veicoli, finalizzate ad assicurare «la riduzione
dell'accumulo  degli inquinanti in atmosfera», demandando alla Giunta
regionale  il  compito di determinare le misure idonee a tale scopo e
le  loro  modalita'  di  attuazione  (commi  1  e  2),  ivi  compresa
l'individuazione (comma 3) degli assi stradali esclusi dalle previste
limitazioni.
Del  pari,  l'art.  22 stabilisce una serie di «misure prioritarie di
limitazione   alla   circolazione  e  all'utilizzo  dei  veicoli»,  e
segnatamente  di  quelli  non  omologati  ai  sensi  della  direttiva
91/441/CEE  del Consiglio del 26 giugno 1991 (Direttiva del Consiglio
che  modifica  la  direttiva 70/220/CEE concernente il ravvicinamento
delle  legislazioni  degli  Stati  membri  relative  alle  misure  da
adottare  contro  l'inquinamento  atmosferico  con  le  emissioni dei
veicoli a motore).
Infine,  l'art.  27  detta  la  disciplina  relativa alle sanzioni da
irrogare  nell'ipotesi  di  inosservanza  delle prescrizioni suddette
(comma  11),  individuando,  al comma 18, «l'autorita' competente, ai
sensi  degli  articoli  17  e 18 della legge 24 novembre 1981, n. 689
(Modifiche  al  sistema  penale)», nel «responsabile dell'ente da cui
dipende  l'organo  accertatore»,  nonche'  stabilendo  che i proventi
della   riscossione   delle   sanzioni  irrogate  spettino  «all'ente
accertatore».
1.2.  -  Il ricorrente deduce l'illegittimita' costituzionale di tali
disposizioni sulla base del rilievo che gli artt. 13, commi 1, 2 e 3,
e  22  verrebbero  «ad incidere sulle attribuzioni statali in tema di
sicurezza  e  circolazione stradale», riservate in via esclusiva allo
Stato,  essendo  il settore della circolazione dei veicoli ricompreso
nella  materia  «ordine  pubblico  e  sicurezza» di cui all'art. 117,
secondo  comma,  lettera  h),  Cost.  In  ogni  caso,  poi,  le norme
suddette,  risultando  chiaramente  emanate  a  tutela  della salute,
violerebbero  «anche»  il  terzo comma dell'art. 117 Cost., ponendosi
«come  principi  fondamentali  in  una  materia  oggetto  di potesta'
legislativa concorrente».
Una  diversa  questione  investe,  invece, l'art. 27, comma 18, della
legge in esame, che violerebbe l'art. 117, secondo comma, lettera g),
Cost.,  giacche'  individua  in modo non consentito «nel responsabile
dell'organo  di  polizia  dipendente  dallo  Stato»,  il  quale abbia
effettuato l'accertamento delle infrazioni contemplate dalla medesima
legge  regionale,  «il soggetto competente a ricevere il rapporto, ad
emettere l'ordinanza-ingiunzione e a decidere sull'eventuale ricorso»
esperito, in via amministrativa, dal trasgressore.
2. - Deve essere esaminata prioritariamente la questione involgente i
commi  1,  2,  3  dell'art.  13 e l'art. 22 della legge impugnata, in
relazione   ai   quali   la   difesa   regionale   ha   eccepito   la
inammissibilita' delle censure proposte.
3. - La questione e' inammissibile.
3.1.  -  Il  ricorrente,  dopo aver ipotizzato che le norme impugnate
violino  il  parametro  costituzionale  di  cui all'art. 117, secondo
comma,  lettera  h), Cost., ha dedotto che le medesime «si pongono in
contrasto  anche con il terzo comma del medesimo art. 117», giacche',
«essendo  innegabile»  che  le  stesse sono state emanate altresi' «a
tutela  della  salute», si atteggerebbero «a principi fondamentali in
materia».
Orbene,  la circostanza che le due censure non siano state dedotte in
rapporto  di  subordinazione,  in  particolare della seconda rispetto
alla   prima,  e,  soprattutto,  che  esse  siano  state  prospettate
congiuntamente   (come   chiaramente   si   deduce   dall'uso   della
congiunzione  coordinativa  «anche»),  senza  alcun  riferimento, ne'
espresso   ne'   implicito,   alla   interferenza   delle   norme  in
contestazione  su distinti ambiti materiali, rende contraddittoria e,
nella  sostanza,  poco  comprensibile l'impugnazione degli artt. 13 e
22.
Merita,   pertanto,   accoglimento   la  pregiudiziale  eccezione  di
inammissibilita'  sollevata  dalla  resistente,  la  quale lamenta la
contraddittorieta'    delle    prospettazioni    dedotte,    giacche'
nell'impugnazione  statale  si  afferma  che  la Regione «non avrebbe
alcun  potere  d'intervento, poiche' giuridicamente incompetente», ma
nel   contempo  le  si  «riconosce  implicitamente»  la  potesta'  di
intervenire, «anche se solo con norme di dettaglio».
D'altronde, questa Corte - sebbene con riferimento ad una fattispecie
parzialmente  diversa  da  quella  qui  in  esame  - ha, in generale,
ravvisato «profili di contraddittorieta» nella doglianza prospettata,
da  un  lato,  evocando  una  materia  «contemplata nel secondo comma
dell'art.   117   della   Costituzione»  e,  dall'altro,  richiamando
«implicitamente  il  contenuto del terzo comma dello stesso art. 117»
(sentenza n. 401 del 2007, punto 6.4. del Considerato in diritto).
4.  -  Carattere  autonomo  - giacche' promossa in base ad un diverso
ordine  di argomentazioni ed attraverso l'evocazione di un differente
parametro,  quello  di  cui  all'art. 117, secondo comma, lettera g),
Cost.  - presenta la questione che investe l'art. 27, comma 18, della
stessa legge regionale n. 24 del 2006.
4.1. - La questione non e' fondata, nei sensi di seguito precisati.
4.2.  -  Questa  Corte ha ripetutamente affermato che «le Regioni non
possono  porre  a  carico  di  organi  e  amministrazioni dello Stato
compiti  e  attribuzioni  ulteriori rispetto a quelli individuati con
legge  statale»  (cosi',  da  ultimo, sentenza n. 322 del 2006; nello
stesso  senso gia' la sentenza n. 134 del 2004), atteso che «forme di
collaborazione   e   di   coordinamento  che  coinvolgano  compiti  e
attribuzioni  di  organi  dello Stato non possono essere disciplinate
unilateralmente    e   autoritativamente   dalle   Regioni,   nemmeno
nell'esercizio  della loro potesta' legislativa» (sentenza n. 429 del
2004).  Cio' nondimeno, nel caso di specie, e' possibile pervenire ad
un'interpretazione conforme a Costituzione del comma 18 dell'art. 27,
idonea   a  consentire  il  superamento  del  prospettato  dubbio  di
costituzionalita'.
Ed  infatti,  proprio  il  riferimento  all'art.  17  della  legge 24
novembre  1981, n. 689 (Modifiche al sistema penale), contenuto nella
censurata disposizione regionale, deve essere inteso nel senso che il
«responsabile dell'ente da cui dipende l'organo accertatore» sia solo
l'autorita' preposta a presentare il rapporto relativo all'infrazione
«all'ufficio  regionale  competente»  (come  prescrive, del resto, il
terzo  comma  del  predetto  art.  17),  ferma  restando  in  capo  a
quest'ultimo   la   responsabilita'   di   provvedere   «ad  emettere
l'ordinanza-ingiunzione   e   a   decidere   sull'eventuale  ricorso»
dell'interessato.
Sulla  base di tale interpretazione, deve essere escluso che la norma
impugnata rechi un vulnus a prerogative di organi dello Stato, atteso
che  «l'acquisizione, l'elaborazione e lo scambio di informazioni non
determinano,    di    regola,   alcuna   lesione   di   attribuzioni,
rispettivamente  statali  o  regionali, ma rappresentano, in realta',
strumenti  con  i  quali  si  esplica, ad un livello minimo, la leale
cooperazione tra Stato e Regioni» (sentenza n. 42 del 2006).