IL GIUDICE DI PACE Letti gli atti del procedimento proposto da Miele Grazia, in data 10 maggio 2007 nei confronti di Maiello Concetta; Visto il parere del p.m., depositato il 23 maggio 2007; Visto la propria comunicazione al p.m., datata 5 giugno 2007; Visto l'art. 26, d.lgs. n. 274/2000; Riesaminati gli atti in Camera di consiglio, ha pronunziato la seguente ordinanza. I n f a t t o Miele Grazia, nata a Napoli il 17 gennaio 1953, residente in Casoria alla via Renato Carosone, traversa n. 6, sc. b, int. 2, proponeva ricorso immediato contro Maiello Concetta - residente al piano sottostante al suo - per offese al suo decoro e onore, tentativo di aggressione, chiedendone la punizione. Illustrava le circostanze di fatto in cui si erano verificate le suddette ipotesi di reato, indicando i mezzi istruttori, le norme di legge violate e formulando l'addebito. Il ricorso era previamente depositato alla Procura della Repubblica di Napoli in data 10 maggio 2007. Con atto 23 maggio 2007 il p.m. depositava il proprio parere, con il quale chiedeva dichiararsi il ricorso inammissibile perche' mancante della compiuta identificazione della indagata, difettando il luogo e la data di nascita della stessa, in violazione dell'art. 21, comma 2, lett. e), d.lgs. n. 274/2000; Il giudice, con la comunicazione sopra indicata, faceva osservare che la Corte costituzionale con ordinanza n. 83 del 2 marzo 2004, aveva dichiarato la manifesta inammissibilita' della questione relativa all'omissione dei dati identificativi delle persone contro cui era rivolto un precedente ricorso immediato, stante l'interpretazione datane dalla suprema Corte di cassazione medio tempore; Riportava gli arresti 24 aprile 2003, n. 19265 e 16 maggio 2003, n. 21714 della Corte di cassazione, con i quali il supremo Collegio aveva annullato la sentenza di altro g.d.p., che (in identica controversia), aveva dichiarato inammissibile il ricorso immediato per omessa indicazione, da parte del ricorrente, del luo-go e della data di nascita della persona citata in giudizio; aveva escluso la sussistenza a carico del ricorrente di un onere di preventiva identificazione di coloro nei cui confronti era rivolto il ricorso, purche' individuabili; che comunque la identificazione poteva essere effettuata nel corso del giudizio. Invitava pertanto il p.m. a voler formulare il capo di imputazione. Il procedimento ritornava al suo esame, assente la formulazione del capo di imputazione, per cui riteneva necessario riesaminare gli atti in Camera di consiglio. I n d i r i t t o 1. - Il d.lgs. n. 274/2000 ha previsto il ricorso immediato quale mezzo alternativo (art. 21, 22/4) e concorrente (art. 22/2 e 22/3) con la querela; autonomo da essa, tantovero che puo' essere proposto anche senza la previa querela (art.22/2 «Se (nell'eventualita' che) per il medesimo fatto... ha presentato querela...»; art. 22/3 «nel caso previsto dal comma 2, il g.d.p. dispone l'acquisizione della querela in originale»). E' anche un mezzo piu' agile, perche' non deve essere supportato da indagi-ni del p.m. (sebbene possano esserci quelle difensive della parte privata); piu' celere, stante i termini acceleratori previsti (tra l'altro, venti giorni dal-la notifica per l'udienza; entro novanta giorni deve fissarsi l'udienza; entro dieci giorni il p.m. deve pronunziare il parere); e trova il suo naturale sboc-co, al pari della querela, nel dibattimento. Inoltre, nell'economia dello schema di quella legge, la rilevanza del mez-zo appare anche dal fatto che il legislatore ha dedicato ben sette articoli e qualche altra disposizione disseminata, su 65 dell'intera legge disciplinan-te un micro sistema. Per tutto quanto sopra, il mezzo sembra quello preferito - rispetto alla querela - dal legislatore, che nella generale rivalutazione della p.o., semplifica la costituzione di parte civile, (come mostra l'art. 23); le riconosce il diritto di indicare il capo di imputazione («... l'addebito contenuto nel ricorso.» che il p.m. puo' confermare o modificare art. 25/2 ult. parte) e le norme violate (art. 21/2, lett. f); di vederlo sfociare nel giudizio (art. 26), ove ricorrano i requisiti tassativamente indicati negli artt. 24 e 25 s.l. 2. - La legge affida al p.m. l'iniziativa dell'azione penale (art. 50 e ss, c.p.p.) e l'obbligo di esercitarla (art. 112 Cost.), per cui allo stesso in via esclusiva incombe il dovere di pronunziarsi esprimendo parere, ex art. 25, d.lgs. ri-chiamato. Detto parere puo' essere positivo («... altrimenti formula ...») oppure nega-tivo (inammissibilita' e/o infondatezza), nei casi tassativi indicati dal mede-simo art. 25/2. A sua volta il giudice puo' emettere solo i provvedimenti di segno negativo (inammissibilita', manifesta infondatezza, incompetenza), cosi' come indi-cati nell'art. 26, commi 2, 3 e 4, anche quando il p.m. non abbia emesso pa-rere, mentre nel caso positivo (che ritenga cioe' il ricorso «accoglibile» ai fini del decreto di convocazione), non potra' emettere il decreto di convo-cazione delle parti innanzi a se', ove non vi sia la formulazione del capo di imputazione da parte del p.m. In sostanza il destino del ricorso «accoglibile» risiede nelle mani del p.m., per quanto suddetto. E cosi', ove per una errata intepretazione del p.m., questi non emetta parere favorevole, al giudice - che non puo' proporre il capo di imputazione e/o accogliere l'addebito proposto dal ricorrente, pena la negazione della sua terziarieta' e imparzialita' - si aprira' una unica strada percorribile: rigettare la richiesta di fissazione dell'udienza, rimettendo gli atti al p.m. perche', ove vi siano i presupposti (quindi anche la querela), proceda nella maniera or-dinaria. Ma non sempre il ricorrente propone querela, oltre al ricorso. E' appunto il caso che ci occupa. In tal caso, il procedimento ordinario non potra' mai aver corso, per man-canza di querela, con il conseguente grave ed irreparabile vulnus della p.o., che sara' pregiudicata in modo irreversibile. E puo' anche succedere che la parte si vedra' preclusa la possibilita' di proporla, per decorrenza dei termini, non dovendo essere notificata e/o comunicata l'ordinanza del giudice di inammissibilita'. In una situazione di tal genere, ripugna al giudice - in quanto terzo e im-parziale rispetto sia alla parte pubblica che a quella privata - disporre di-versamente dalla sua convinzione (di accoglibilita' della richiesta di convo-cazione delle parti), suffragata peraltro dagli insegnamenti della Corte su-prema piu' sopra richiamati. In sostanza il giudice - nei casi positivi - dovrebbe essere prone al parere del p.m., non discostarsene, pur se quel pa-rere sembra errato, non convincente, distratto, irrazionale, vulnerando il principio di terziarieta' e imparzialita'. E cosi' il mezzo risulta completamente inutile, svuotato di ogni significato la mancanza del parere e/o il parere negativo blocca sia l'istanza di parte - che non puo' raggiungere il suo epilogo - sia la diversa contraria opinione del giudice. La norma appare altresi' irragionevole. Mentre il giudice puo' decidere nei casi di competenza, indipendentemente dal parere del p.m., non puo' farlo nei casi in cui gli appare fondata la richiesta di convocazione e manca il parere in tal senso. E anche irragionevole, laddove si ponga a confronto con l'art. 17 s.l. Infatti si consideri che, ai sensi dell'art. 17, il giudice puo' andare di contra-rio avviso del p.m., e alla richiesta di questi di archiviazione, disporre l'imputazione coatta. Al contrario, per l'art. 26, non puo' disporre la con-vocazione delle parti innanzi a se'. Il confronto tra le due norme - art. 17 e art. 26 - pur nella diversita' di si-tuazioni, mostra come nella prima si e' lasciato indipendente il giudice, nel-la seconda egli rimane succube della parte pubblica. Pertanto l'art. 26 appare contrastante con gli art. 3, in quanto le due parti non risultano avere eguali diritti, nella prevalenza del p.m.; art. 24, in quan-to la difesa della p.o. e' pregiudicata nei suoi diritti; l'art. 111 Costituzione, per l'attentato alla imparzialita' e terziarieta' del giudice.