Ordinanza nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 12 della legge 3 ottobre 2001, n. 366 (Delega al Governo per la riforma del diritto societario), e degli articoli da 2 a 17 del decreto legislativo 17 gennaio 2003, n. 5 (Definizione dei procedimenti in materia di diritto societario e di intermediazione finanziaria, nonche' in materia bancaria e creditizia, in attuazione dell'art. 2 della legge 3 ottobre 2001, n. 366), promossi dal Tribunale di Napoli con ordinanze del 17 ottobre 2006, del 23 gennaio, del 1 e del 2 febbraio 2007, rispettivamente iscritte ai numeri da 501 a 504 del registro ordinanze 2007 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 27, 1ª serie speciale, dell'anno 2007. Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; Udito nella Camera di consiglio del 12 dicembre 2007 il giudice relatore Francesco Amirante. Ritenuto che, nel corso di quattro giudizi promossi da privati nei confronti di istituti di credito o mediatori finanziari, il Tribunale di Napoli, in composizione collegiale, con altrettante ordinanze di analogo contenuto, ha sollevato d'ufficio, in riferimento all'art. 76 della Costituzione, questione di legittimita' costituzionale dell'art. 12 della legge 3 ottobre 2001, n. 366 (Delega al Governo per la riforma del diritto societario), «nella parte in cui, in relazione al giudizio ordinario di primo grado in materia societaria, non indica i principi e criteri direttivi che avrebbero dovuto guidare le scelte del legislatore delegato» e, «per derivazione», degli articoli da 2 a 17 del decreto legislativo 17 gennaio 2003, n. 5 (Definizione dei procedimenti in materia di diritto societario e di intermediazione finanziaria, nonche' in materia bancaria e creditizia, in attuazione dell'art. 2 della legge 3 ottobre 2001, n. 366); che il Tribunale di Napoli ricorda, innanzitutto, che l'art. 76 Cost. stabilisce che la delega delle funzioni legislative al Governo non puo' avvenire se non con determinazione di principi e criteri direttivi, per un tempo limitato e con definizione dell'oggetto; che, dopo aver trascritto il testo dell'impugnato art. 12 ed averne estrapolato i principi e criteri direttivi, il remittente osserva come, con la disposizione censurata, il legislatore si sia limitato ad indicare le materie nelle quali il Governo poteva intervenire, l'obiettivo di rendere piu' rapida ed efficace la definizione dei procedimenti, il divieto di modificare la competenza per territorio e materia, la tendenziale collegialita' del procedimento, la possibilita' di valutare l'atteggiamento delle parti in sede di tentativo di conciliazione e di dettare regole atte a favorire la riduzione dei termini e la concentrazione del procedimento; che siffatta delega, pero', «non ha indicato, con sufficiente determinazione, i principi ed i criteri direttivi» ai quali il legislatore si sarebbe dovuto attenere, in quanto l'art. 12 in esame non ha fornito alcuna indicazione in ordine allo schema processuale da adottare, sicche' il legislatore e' stato lasciato libero di creare un nuovo modello processuale che esula completamente dallo schema del procedimento ordinario disciplinato dal codice di procedura civile; che il legislatore delegato, quindi, «in forza di una delega assolutamente carente sotto il profilo dell'indicazione di criteri direttivi, ha potuto creare una disciplina interamente nuova per il processo societario di cognizione», cosi' prefigurando ed anticipando, in pratica, il nuovo rito ordinario quale risulta dal testo della Commissione ministeriale per la riforma del processo civile; che proprio tali connotati della legge delega fanno si che essa sia in contrasto con il parametro costituzionale invocato il che impone - ad avviso del giudice a quo - di sollevare questione di legittimita' costituzionale dell'art. 12 della legge n. 366 del 2001 e, «per derivazione», degli articoli da 2 a 17 del d.lgs. n. 5 del 2003; che detta questione sarebbe rilevante perche' dall'esito della decisione di questa Corte dipende l'applicabilita' dell'intera disciplina impugnata alla controversia in corso; che in tutti i giudizi e' intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, con atti di contenuto identico, concludendo per la manifesta inammissibilita' delle questioni. Considerato che le ordinanze di rimessione sollevano questioni identiche, riguardanti la delega legislativa per la riforma dei procedimenti in materia di diritto societario, onde i relativi giudizi devono essere riuniti e decisi con unica pronuncia; che il Tribunale di Napoli, in composizione collegiale, ha sollevato, in riferimento all'art. 76 della Costituzione, questione di legittimita' costituzionale dell'art. 12 della legge 3 ottobre 2001, n. 366 (Delega al Governo per la riforma del diritto societario), nonche', per derivazione, degli articoli da 2 a 17 del decreto legislativo i 7 gennaio 2003, n. 5 (Definizione dei procedimenti in materia di diritto societario e di intermediazione finanziaria, nonche' in materia bancaria e creditizia, in attuazione dell'art. 12 della legge 3 ottobre 2001, n. 366); che, secondo il remittente, l'indicazione della piu' rapida ed efficace definizione dei procedimenti, quale finalita' da perseguire con la normativa da emettere in attuazione della delega, e l'indicazione della concentrazione del procedimento e della riduzione dei termini processuali quali principi e criteri direttivi, per la loro genericita', hanno reso «libero il legislatore delegato di creare un nuovo modello processuale che esula completamente dallo schema del procedimento ordinario disciplinato dal codice di procedura civile»; che la delega, pertanto, sarebbe carente dei requisiti di cui all'art. 76 Cost. e da cio' deriverebbe anche l'illegittimita' degli articoli da 2 a 17 del d.lgs. n. 5 del 2003; che la questione e' manifestamente inammissibile per le ragioni gia' indicate nell'ordinanza n. 404 del 2007 di questa Corte che ha esaminato identiche questioni sollevate dal medesimo remittente; che, infatti, anche nel presente giudizio il remittente denuncia la genericita' della delega, ma sembra soprattutto dolersi che essa abbia consentito al delegato di creare un nuovo tipo di procedimento anziche' modificare, per le materie in oggetto, lo schema del processo civile ordinario; che riflesso di tale perplessita' e' l'esclusione dalla richiesta di illegittimita' dell'art. 1, oltre che degli articoli successivi al 17 del d.lgs. n. 5 del 2003, esclusione che comporterebbe una dichiarazione di illegittimita' della delega solo nella parte in cui il Governo ha inteso darne attuazione con le disposizioni di cui agli articoli da 2 a 17 del decreto delegato; che, quindi, contrariamente a quanto espressamente enunciato dal Tribunale remittente, le suddette disposizioni della normativa delegata potrebbero essere illegittime per vizi propri e non per derivazione dall'illegittimita' della delega; che il remittente non precisa di quali disposizioni del decreto delegato debba fare applicazione, essendosi questa Corte gia' pronunciata su alcune di esse - successivamente alla remissione delle presenti questioni - con le sentenze n. 54, n. 321 e n. 340 del 2007; che le rilevate contraddittorieta' e carenze delle ordinanze di rimessione si risolvono in difetti della motivazione sulla rilevanza e sulla non manifesta infondatezza delle questioni. Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.