IL GIUDICE DI PACE Ha pronunciato la seguente ordinanza nella causa civile iscritta al n. 528/2005 R.G., promossa da S.R. Termotecnica S.n.c., con sede in Cascina (Pisa), via Friuli n. 3/5, in persona del suo legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso come da mandato in atti, dall'avv. Daniela Bilotti, ed elettivamente domiciliato presso il loro studio in via Santa Maria n. 9, Pisa, ricorrente; Contro Comune di Crespina, in persona del sindaco pro tempore, resistente. Oggetto: Opposizione a sanzione amministrativa ex art. 22, legge n. 689/1981 e succ. modif. 1) Con ordinanza del 22 novembre 2005 questo giudice ha sollevato questione di legittimita' costituzionale del combinato disposto dell'art 126-bis, comma 2, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), introdotto dall'art. 7 del decreto legislativo 15 gennaio 2002, n. 9 (Disposizioni integrative e correttive del nuovo codice della strada, a norma dell'art. 1, comma 1, della legge 22 marzo 2001, n. 85), nel testo risultante all'esito della modifica apportata dall'art. 7, comma 3, lettera b), del decreto-legge 27 giugno 2003, n. 151 (Modifiche ed integrazioni al codice della strada), convertito con modificazioni nella legge 1° agosto 2003, n. 214, e dell'art. 180, comma 8, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), nella parte in detti articoli prevedono quale fattispecie di violazione amministrativa l'omissione da parte del proprietario del veicolo della comunicazione dei dati del conducente non immediatamente identificato al momento della violazione commessa ed accertata, per violazione degli artt. 3 e 24 della Costituzione per le ragioni che di seguito si richiamano: «Un primo profilo di costituzionalita' che si rimette al vaglio della Corte concerne la violazione dell'art. 3 Cost., sotto il profilo del difetto di ragionevolezza. La Corte costituzionale ha da tempo riconosciuto la propria competenza a sindacare la «ragionevolezza» di disposizioni normative che ledono il principio di uguaglianza, anche quando la legge, senza un ragionevole motivo, preveda un trattamento diverso ai cittadini che si trovano in una situazione uguale (cfr . ad es. Corte cost. 29 dicembre 1972, n. 200), posto che un trattamento differenziato puo' trovare legittima applicazione solo ove vi sia l'indefettibile presenza di ragionevoli motivi oggettivamente rilevabili a giustificazione di tale trattamento differenziato. Nel caso specifico il difetto di ragionevolezza risulta rilevabile in considerazione del fatto che la norma di cui all'art. 126-bis, comma 2, c.d.s., che stabilisce l'obbligo per il proprietario di comunicare i dati del conducente, si configura in sostanza come un obbligo di denuncia di violazioni di tipo amministrativo posto a carico della generalita' dei cittadini, laddove invece un obbligo di denuncia di tutti i reati, e quindi di fatti quantomeno in astratto configurabili come illeciti di natura piu' grave rispetto agli illeciti di tipo amministrativo, risulta previsto esclusivamente per i pubblici ufficiali e gli incaricati di pubblico servizio, mentre a sua volta il cittadino, che non rivesta la qualifica di pubblico ufficiale o incaricato-di pubblico servizio, commette un reato solo in caso di omissione di denuncia di un delitto contro la personalita' dello stato per il quale la legge stabilisce la pena dell'ergastolo; solo in tale ipotesi la legge sanziona l'omessa denuncia di reato, mentre non incorre in alcun illecito il cittadino, che non rivesta la qualifica di pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio, che ometta la denuncia di reati tra quali, volendo indicare alcune fattispecie particolarmente gravi, l'omicidio volontario, lo stupro, la partecipazione ad associazioni di tipo mafioso, lo spaccio di sostanze stupefacenti. Se dunque l'omessa denuncia di tali reati, anche gravissimi, non comporta conseguenze per il comune cittadino, risulta irragionevole sul piano del principio di uguaglianza la previsione di sanzioni per l'omessa denuncia di fatti costituenti semplici illeciti amministrativi. Qualora la norma contestata venga interpretata non tanto come un obbligo di denuncia (essendo l'autorita' gia' a conoscenza del fatto, del quale e' pero' sconosciuto l'autore) quanto come un obbligo di rendere testimonianza, emerge poi un secondo profilo d incostituzionalita' in relazione all'art. 24, secondo comma, Cost. oltre che ancora in relazione all'art. 3. Se e' vero infatti che vi e' l'obbligo per il cittadino chiamato dall'autorita' giudiziaria a rendere testimonianza su fatti dei quali sia a conoscenza, e' anche vero che nessuno puo' essere chiamato non solo a testimoniare contro se stesso, ma neppure a rendere dichiarazioni dalle quali potrebbe scaturire un procedimento sanzionatorio a suo carico, e cio' in relazione al principio fondamentale nemo tenetur se detegere, riconosciuto in giurisprudenza anche in ambito extrapenale (cfr. Cass. civ., sez. III, 18 giugno 2004, n. 11412: "in tema di procedimento disciplinare a carico del notaio, in applicazione del principio fondamentale nemo tenetur se detegere, il notaio non puo' essere costretto a rendere dichiarazioni in seguito alle quali possa essere successivamente esposto ci un procedimento sanzionatorio"). La norma contestata viene invece a configurare un vero e proprio obbligo di testimoniare contro se stessi in tutte le ipotesi in cui il proprietario del veicolo sia stato anche l'effettivo conducente dello stesso al momento del rilievo dell'infrazione, con conseguente violazione dell'art. 24, secondo comma, Cost.; cio' in quanto vi e' una evidente incompatibilita' tra l'obbligo di denuncia o di testimonianza, configurato dalla norma contestata, e la situazione di un soggetto (il proprietario del veicolo) che puo' essere portatore di un interesse che puo' contrastare con il dovere di rispondere secondo verita'; interesse riconosciuto e garantito dall'ordinamento in base al principio nemo tenetur se detegere principio che deve ritenersi operante non soltanto nell'ambito del procedimento penale, ma anche nel sistema sanzionatorio amministrativo, i cui principi generali, stabiliti negli artt. 1-12, legge 24 novembre 1981, n. 689, in linea generale ricalcano i principi del diritto penale. E' vero che la Corte costituzionale nella sentenza n. 27/2005 che ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'art. 126-bis, comma 2, del codice della strada, nella parte in cui dispone che: "nel caso di mancata identificazione di questi, la segnalazione deve essere effettuata a carico dei proprietario del veicolo, salvo il caso che lo stesso non comunichi, entro trenta giorni dalla richiesta, all'organo di polizia che procede, i dati personali e della patente del conducente al momento della commessa violazione", anziche': "nel caso di mancata identificazione di questi, il proprietario del veicolo, entro trenta giorni dalla richiesta, deve fornire, all'organo di polizia che procede, i dati personali e della patente del conducente al momento della commessa violazione", ha precisato che "nel caso in cui il proprietario ometta di comunicare i dati personali e della patente del conducente, trova applicazione la sanzione pecuniaria di cui all'art. 180, comma 8, del codice della strada". Tuttavia la Corte ha precisato anche che "in tal modo viene fugato il dubbio - che pure e' stato avanzato da taluni dei remittenti - in ordine ad una ingiustificata disparita' di trattamento realizzata tra i proprietari di veicoli, discriminati a seconda della loro natura di persone giuridiche o fisiche, ovvero, quanto a queste ultime, in base alla circostanza meramente accidentale che le stesse siano munite o meno di patente". La Corte si e' quindi limitata ad esaminato la questione di costituzionalita' della decurtazione a carico del proprietario persona fisica dei punti dalla patente, quale sanzione accessoria ad altra violazione, mentre nel caso di specie viene sottoposto alla Corte il giudizio sulla legittimita' costituzionale della omessa comunicazione quale autonoma fattispecie di violazione». 2) La Corte costituzionale, con ordinanza n. 23 del 2 febbraio 2007, ha dato atto che successivamente all'emissione dell'ordinanza di rimessione, «il comma 164 dell'art. 2 del decreto-legge 3 ottobre 2006, n. 262 (Disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria), inserito dalla relativa legge di conversione 24 novembre 2006, n. 286, ha modificato il testo dell'art. 126-bis, comma 2, del codice della strada», e cioe' la norma censurata da questo giudice, e che «in forza di tale ius superveniens, le conseguenze della mancata comunicazione dei "dati personali e della patente del conducente al momento della commessa violazione" risultano oggetto di una nuova disciplina, atteso che in base al novellato testo dell'art. 126-bis, comma 2, del codice della strada "il proprietario del veicolo, ovvero altro obbligato in solido ai sensi dell'art. 196, sia esso persona fisica o giuridica, che omette, senza giustificato motivo, di fornirli e' soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 250 a euro 1000"». Sulla base di tali presupposti la Corte costituzionale ha disposto la restituzione degli atti al giudice rimettente per una nuova valutazione della rilevanza della questione di legittimita' costituzionale sollevata. 3) Cio' Premesso, questo giudice di pace ritiene di dover confermare la piena rilevanza della questione di legittimita' costituzionale sollevata, per i motivi di seguito rilevati: innanzitutto, l'art. 126-bis, comma 2, del codice della strada, nel testo modificato dal comma 164 dell'art. 2 del decreto-legge 3 ottobre 2006, n. 262, (Disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria), inserito dalla relativa legge di conversione 24 novembre 2006, n. 286, non e' automaticamente applicabile al caso di specie, atteso che in materia di illeciti amministrativi, l'adozione del principio di legalita', di irretroattivita' e di divieto di applicazione analogica, risultante dall'art. 1 della legge n. 689/1981, comporta l'assoggettamento della condotta considerata alla legge del tempo del suo verificarsi, con conseguente inapplicabilita' della disciplina posteriore eventualmente piu' favorevole (cfr., fra le altre, Cass. civ., sez. lavoro, 19 giugno 2004, n. 11459, Cass. civ., sez. lavoro, 26 novembre 2002, n.. 16699, Cass. civ., sez. lavoro, 4 maggio 2002, n.. 6405, Cass. civ., sez. I, 21 giugno 1999, n. 6232, Cass. civ., sez. I, 12 maggio 1999, n. 4704, Cass. civ., sez. I, 12 settembre 1998, n. 9091, Cass. civ., sez. I, 14 novembre 1992, n. 12240). Alla violazione contestata alla parte ricorrente continua pertanto ad applicarsi la norma del combinato disposto dell'art. 126-bis, comma 2, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, introdotto dall'art. 7 del decreto legislativo 15 gennaio 2002, n 9 (Disposizioni integrative e correttive del nuovo codice della strada, a norma dell'art. 1, comma 1, della legge 22 marzo 2001, n. 85), nel testo risultante all'esito della modifica apportata dall'art. 7, comma 3, lettera b), del decreto-legge 27 giugno 2003, n. 151 (Modifiche ed integrazioni al codice della strada), convertito con modificazioni nella legge 1° agosto 2003, n. 214, e dell'art. 180, comma 8, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285; oltre a cio', deve essere rilevato che, anche laddove si ritenesse applicabile al caso di specie la nuova normativa introdotta dal comma 164 dell'art. 2 del decreto-legge 3 ottobre 2006, n. 262 (Disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria), inserito dalla relativa legge di conversione 24 novembre 2006, n. 286, l'unico effetto concreto sarebbe la previsione di una sanzione pecuniaria inferiore a quella precedentemente prevista, e cioe' da euro 250,00 ad euro 1.000,00, anziche' da euro 357,00 ad euro 1.433,00. Nel caso di specie oggetto dei rilievi di incostituzionalita' non e' l'importo della sanzione eventualmente dovuta ma bensi' la previsione dell'obbligo per il proprietario del veicolo od altro obbligato in solido, sia esso persona fisica che giuridica, di comunicare il nominativo del conducente, il cui mancato adempimento comporta una sanzione pecuniaria. Sotto tale profilo il nuovo dettato normativo nulla ha introdotto di nuovo e di diverso rispetto alla precedente disciplina; cio' che viene richiesto alla Corte e' pertanto di pronunciarsi sulla legittimita' costituzionale della omessa comunicazione quale autonoma fattispecie di violazione, a prescindere dall'entita' della sanzione.