IL TRIBUNALE DI SORVEGLIANZA Ha pronunciato la seguente ordinanza nel procedimento chiamato all'udienza del 20 novembre 2007 nei confronti di Spina Fabio, nato a Roma il 3 marzo 1963, detenuto in Roma presso C.C. Regina Coeli, avente ad oggetto: affidamento in prova al servizio sociale e detenzione domiciliare; Titolo in espiazione: sentenza Corte appello Roma 25 gennaio 2005; scadenza pena 2 maggio 2009; Sentite le parti in Camera di consiglio ed a scioglimento della riserva di cui al verbale d'udienza; Ritenuto in fatto e diritto 1. - Fabio Spina, ristretto presso la casa circondariale di Regina Coeli in Roma, ha chiesto, tramite il suo difensore, con istanza in data 20 luglio 2007, l'affidamento in prova al servizio sociale, ai sensi dell'art. 47 della legge di ordinamento penitenziario 26 luglio 1975, n. 354, o, in subordine, la detenzione domiciliare, ai sensi dell'art. 47-ter della stessa legge. Spina espia la pena di tre anni di reclusione, inflitta con la sentenza in epigrafe, per il reato previsto e punito dagli artt. 609-bis e 609-ter n. 1 c.p., per avere, con violenza, costretto una minore infraquattordicenne, figlia di amici di famiglia, a compiere e subire atti sessuali, e cio' con condotte ripetute protratte fino al febbraio 2002. L'esecuzione della pena ha avuto inizio il 2 maggio 2006 ed il suo termine, in virtu' della liberazione anticipata gia' concessa, e' fissato allo stato al 1° febbraio 2009. 2. - Analoghe domande, proposte dallo Spina in fasi anteriori della sua carcerazione, vennero disattese da questo Tribunale. Da ultimo, con ordinanza 13 dicembre 2006, il collegio rilevava che - a fronte della gravita' del crimine - era mancata una convincente revisione critica ed inoltre la personalita' del condannato era connotata da immaturita' caratteriale, e lo reputava immeritevole dell'affidamento in prova al servizio sociale. La detenzione domiciliare era invece ritenuta preclusa, tra l'altro per il limite di pena allora ultrabiennale. Trascorso un tempo congruo di osservazione ulteriore, Spina torna alla valutazione del collegio, ai fini dell'ottenimento dei medesimi benefici penitenziari. L'osservazione penitenziaria registra talune significative novita', giacche', nel corso del 2007, ai colloqui con gli operatori del trattamento Spina ha via via maturato un cambiamento di atteggiamento nei confronti del reato, rivissuto con maggiore partecipazione emotiva, ed e' passato dalla negazione dell'atto deviante al riconoscimento delle sue responsabilita', ad un'empatia nei confronti della vittima e ad una piu' sana progettualita'. Cio' purtuttavia nella cornice di un quadro di personalita' sostanzialmente inalterato, e bisognoso di ulteriori approfondimenti psicologici, anche diretti a saggiare la veridicita' del suo nuovo sentire e l'assenza di finalita' strumentali. Reputa il tribunale che i risultati dell'osservazione della personalita' non siano tuttora di pregnanza tale, da giustificare la concessione dell'affidamento in prova al servizio sociale. L'evoluzione di personalita' e' in atto, e tuttavia occorre seguirne con attenzione gli sviluppi ed attendere il consolidamento dei primi risultati attinti, perche' possa formularsi ragionevole prognosi che la misura alternativa piu' ampia consegua la funzione rieducativa assegnata dalla legge, contestualmente scongiurando il rischio di recidiva. Per altro verso, non e' neppure possibile concedere allo Spina la detenzione domiciliare. Indipendentemente dalla sua ammissibilita', quest'ultima misura alternativa, prevalentemente contenitiva, non e' significativamente in grado di assecondare, nel caso concreto, il processo di risocializzazione del condannato, che necessita di ulteriore lavoro psicologico e terapeutico e di prescrizioni mirate al reinserimento sociale. I progressi compiuti nel corso del trattamento appaiono viceversa al collegio pienamente coerenti con l'ammissione al regime di semiliberta'. Premesso fin d'ora che non emergono dagli atti (alla luce anche dell'informativa resa dal competente questore) indizi di collegamento alcuno col crimine organizzato, terroristico o eversivo, Spina dispone di un'opportunita' lavorativa (il posto gia' ricoperto fino all'arresto nell'A.M.A., l'azienda municipalizzata del Comune di Roma, mai venuto meno), che integrerebbe una valida attivita' di reinserimento nel contesto dell'ancora indispensabile opera rieducativa delle figure istituzionali preposte, coniugando in modo equilibrato risocializzazione e trattamento ulteriore. La mancata espressa richiesta del condannato in favore di tale misura non e' di ostacolo, perche' - anche senza voler considerare che i due benefici (affidamento in prova e semiliberta) sono in rapporto di continenza e che la richiesta del piu' ampio abbraccia in se' il meno ampio - il tribunale puo' senz'altro provvedere d'ufficio, a norma dell'art. 678, comma 1 c.p.p., in base a giurisprudenza pacifica. 3. - A tale soluzione si oppone, tuttavia, la legislazione vigente. Spina e' in espiazione di pena per il delitto di violenza sessuale (art. 609-bis c.p.), rientrante - in virtu' dell'interpolazione ex art. 1, comma 1, lett. a), legge 23 dicembre 2002, n. 279 - nel catalogo di cui all'art. 4-bis, primo comma, quarta proposizione, della legge n. 354/1975 (cosiddetta «seconda fascia» dell'art. 4-bis), e il trattamento penitenziario risulta conseguentemente aggravato. E' vero che la novella ex legge n. 279/2002 e' successiva alla data del fatto/reato odierno, ma la giurisprudenza della suprema Corte di cassazione, e di questo tribunale, sono costanti nel ritenere che la materia dei benefici penitenziari sia estranea alle previsioni dell'art. 2, quarto (gia' terzo) comma, c.p. e che si debba qui applicare la legge del tempo in cui si procede. La Corte costituzionale ha avallato tale interpretazione, apportando - con svariate decisioni, interpretative o d'illegittimita' costituzionale - l'unico temperamento, costituito dal divieto di regressione incolpevole, per effetto di normativa sopravvenuta, del trattamento penitenziario in atto: ma si tratta di evenienza che non ricorre nella specie, giacche' Spina, all'atto dell'entrata in vigore della legge restrittiva, non era neppure ancora in esecuzione di pena. La legge n. 279/2002 reca, del resto, una norma transitoria (l'art. 4, comma 1), che riserva ai reati successivamente commessi l'applicazione delle sole previsioni aggravatrici conseguenti all'ampliamento del catalogo dei reati di «prima fascia»: resta cosi' confermato il regime del tempus regit actum per i reati inclusi ex novo nella «seconda fascia». Per effetto dell'aggravamento in parte qua ex art. 4-bis legge n. 354/1975, l'affidamento in prova al servizio sociale e' concedibile, entro il limite ordinario di pena infratriennale, previo accertamento, da effettuarsi tramite il questore, dell'insussistenza di elementi di collegamento con la criminalita' organizzata, terroristica ed eversiva. L'aggravamento non riguarda il requisito di pena, ma l'introduzione di un presupposto sostanziale specifico e del correlato onere istruttorio. Poiche' quel collegamento nella specie non sussiste, Spina potrebbe essere ammesso all'affidamento in prova al servizio sociale, misura che pero' non merita. Il medesimo aggravamento opera in maniera diversa in ordine alla semiliberta', qui incidendo, anche, sul requisito di pena. La semiliberta' puo' essere normalmente disposta (per i condannati a pene detentive temporanee): in ogni tempo se la pena detentiva e' inferiore a sei mesi (art. 50, primo comma, legge n. 354/1975); altrimenti dopo l'espiazione di meta' della pena (art. 50, secondo comma, prima proposizione, legge 354 cit., testo introdotto dal decreto-legge n. 152/1991 conv. con mod. in legge n. 203/1991) o anche prima purche' la pena residua non ecceda i tre anni (e si sia pertanto nei termini per l'affidamento in prova: secondo comma, ultima proposizione, come sopra novellato). Il condannato ex art. 4-bis legge n. 354/1975 a pena ultrasemestrale - ipotesi che qui viene in rilievo - vede innalzarsi, da meta' a due terzi, la quota/parte di pena espiata necessaria per l'accesso al beneficio, e cio' in ogni caso, ossia quand'anche il residuo pena infratriennale consentirebbe anche a lui, di accedere all'affidamento. E' questa appunto la situazione dello Spina. Poiche' egli ha effettivamente espiato ad oggi un anno, sei mesi e diciotto giorni di reclusione, e ha espiato a titolo di liberazione anticipata (art. 54, ultimo comma, legge n. 354/1975) ulteriori novanta giorni (totale: un anno, nove mesi e diciotto giorni), non e' raggiunta la quota/parte dei due terzi (due anni). Spina non puo' dunque ottenere la semiliberta', cui secondo il tribunale avrebbe altrimenti titolo. 4. - Dubita il collegio che tale assetto normativo sia conforme a ragionevolezza, e quindi compatibile sotto tale profilo con l'art. 3 della Costituzione. E' pacifico che il legislatore abbia ampia discrezionalita' nel conformare gli istituti di diritto penitenziario, e in particolare nel regolare scopo, regime applicativo e presupposti delle singole misure alternative, orientate ad attuare la finalita' rieducativa della pena. Queste ultime hanno, in linea generale, una funzione loro peculiare, che non consente improprie assimilazioni e giustifica ampie diversita' di disciplina, verso le quali non e' lecito muovere sospetti d'incostituzionalita'. La discrezionalita' legislativa incontra tuttavia il limite della non manifesta contraddittorieta' sistematica della scelta adottata. Nel sistema, affidamento in prova al servizio sociale e semiliberta - che fanno parte dell'ordinamento penitenziario fin dalla sua origine (1975) - sono ispirati, nell'ottica della rieducazione, al sistema progressivo, che si impernia sulla graduale attenuazione della detenzione in ragione del comportamento del detenuto ed in funzione preparatoria al suo ritorno in piena liberta'. Strumenti del medesimo disegno di trattamento individualizzato, esse si inseriscono nella comune prospettiva della risocializzazione: la semiliberta' attuandola parzialmente, in rapporto alla parzialita' dei risultati raggiunti nel trattamento e come occasione di verifica della loro solidita'; l'affidamento, consacrandola a pieno titolo, nel caso in cui - fin dall'inizio, o attraverso la sperimentazione della misura gradata - si sia raggiunta la pienezza di quei risultati. E' evidente che le due misure rappresentino tappe evolutive dello stesso percorso di risocializzazione. La lettera della legge lo conferma. L'art. 50, primo comma, legge n. 354/1975 evoca l'ammissione del condannato a pena detentiva breve alla semiliberta', «se il condannato non e' affidato in prova al servizio sociale»; il successivo secondo comma, nel regolare i tempi di accesso alla semiliberta' per la pena detentiva piu' lunga, si riferisce ai casi in cui «mancano i presupposti per l'affidamento in prova al servizio sociale». La legge, insomma, iscrive le due misure in un chiaro rapporto di continenza. In tutta coerenza con tale impostazione, la semiliberta', misura piu' restrittiva e che richiede un grado di rieducazione meno elevato, ha ordinariamente requisiti di accesso non piu' gravosi rispetto all'affidamento in prova al servizio sociale, misura piu' ampia e che postula un grado di rieducazione maggiore. L'accesso alla semiliberta', consentito normalmente dopo l'espiazione di meta' pena, e' sempre ammesso in presenza di pene residue infratriennali, che consentirebbero l'ottenimento del beneficio dell'affidamento. La normativa restrittiva, risalente alla legislazione novellistica del 1991, ha sul punto introdotto un effetto distorsivo, giacche - mantenendo la possibilita' per il condannato ex art. 4-bis, legge n. 354/1975 di accedere all'affidamento secondo gli ordinari limiti di pena - preclude paradossalmente al medesimo di ottenere, in casi in cui l'affidamento e' ammissibile e tuttavia non e' maturata la quota/parte dei due terzi di pena, il beneficio piu' contenuto. Tale distorsione pare al collegio confliggere con il parametro della razionalita' intrinseca della scelta legislativa, implicato dall'art. 3 della Costituzione. Di qui la declaratoria di non manifesta infondatezza della relativa questione di legittimita' costituzionale. 5. - Va aggiunto che la via dell'interpretazione adeguatrice, costituzionalmente orientata, del dato legislativo denunciato non sembra percorribile. Il testo della disposizione non consente opzioni ermeneutiche che possano superare il dubbio di costituzionalita', giacche' il precetto che impone sempre, per la semiliberta', il limite dei due terzi per il condannato ex art. 4-bis, legge n. 354/1975 e' netto e ineludibile. 6. - La questione e' rilevante nel presente procedimento, giacche' dal suo esito favorevole dipende l'ammissione di Spina al regime di semiliberta' (precluso in caso di reiezione dell'incidente di costituzionalita). 7. - Il giudizio in corso deve essere per l'effetto sospeso, e gli atti vanno rimessi per la decisione alla Corte costituzionale, previ gli adempimenti di cui all'art. 23, ult. comma, legge n. 87/1953.