ha pronunciato la seguente
                              Sentenza
nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 10, commi 9 e
10,  e dell'art. 11, commi 1 e 2, del decreto legislativo 6 settembre
2001,   n. 368   (Attuazione   della  direttiva  1999/70/CE  relativa
all'accordo   quadro   sul   lavoro   a  tempo  determinato  concluso
dall'UNICE,  dal  CEEP  e  dal  CES),  promosso  con ordinanza del 16
gennaio  2007  dal  Tribunale  di  Rossano  nel  procedimento  civile
vertente  tra  Umberto  Novellis  e  la  Olearia  Guinnicelli  s.r.l.
iscritta  al  n. 483  del  registro ordinanze 2007 e pubblicata nella
Gazzetta   Ufficiale   della  Repubblica  n. 26, 1ª  serie  speciale,
dell'anno 2007.
   Visti l'atto di costituzione di Umberto Novellis nonche' l'atto di
intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
   Udito  nell'udienza  pubblica  del  29  gennaio  2008  il  Giudice
relatore Luigi Mazzella;
   Uditi  gli avvocati Vittorio Angiolini e Amos Andreoni per Umberto
Novellis   e   l'avvocato  dello  Stato  Gabriella  D'Avanzo  per  il
Presidente del Consiglio dei ministri.
                          Ritenuto in fatto
   1. -  A  seguito  del  ricorso  proposto  da  Umberto Novellis nei
confronti della s.r.l. Olearia Guinnicelli, alle cui dipendenze aveva
prestato  lavoro  dal 1965 al 31 marzo 2002 con distinti contratti di
lavoro  a  tempo determinato - al fine di ottenere la riassunzione in
base all'art. 23, comma 2, della legge 28 febbraio 1987, n. 56 (Norme
sull'organizzazione del mercato del lavoro) - il Tribunale di Rossano
sollevava,   con   ordinanza   del   17  maggio  2004,  questione  di
legittimita'  costituzionale  dell'art. 10, commi 9 e 10, e dell'art.
11,  commi  1  e  2, del decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368
(Attuazione  della  direttiva  1999/70/CE relativa all'accordo quadro
sul  lavoro  a  tempo determinato concluso dall'UNICE, dal CEEP e dal
CES),  per violazione dell'art. 76 della Costituzione, nella parte in
cui  tali norme, abrogando la normativa previgente, non riconoscevano
piu'  il  diritto  di  precedenza  nell'assunzione  presso  la stessa
azienda  e  con  la  medesima  qualifica, a favore dei lavoratori che
avessero  prestato  attivita'  lavorativa  a carattere stagionale con
contratto a tempo determinato.
   Precisava  il  rimettente che l'art. 23 della legge n. 56 del 1987
era  stato  abrogato  dall'art.  11,  comma 1, del d. lgs. n. 368 del
2001, il cui art. 10, commi 9 e 10, riservava ai contratti collettivi
nazionali  di  lavoro  stipulati  dai sindacati comparativamente piu'
rappresentativi  l'individuazione del predetto diritto di precedenza;
con  la  conseguenza che, in difetto di tale previsione contrattuale,
il diritto vantato non era altrimenti operante.
   Quanto  alla  non manifesta infondatezza della questione, rilevava
il  Tribunale  di  Rossano  che  il  d.lgs.  n.368  del  2001, avendo
soppresso  il  diritto di precedenza nell'attuare la delega conferita
dalla  legge 29 dicembre 2000, n. 422 (Disposizione per l'adempimento
di  obblighi  derivanti  dall'appartenenza dell'Italia alle Comunita'
europee -  legge  comunitaria 2000), aveva violato la clausola di non
regresso  (clausola 8) - contenuta nell'accordo quadro trasfuso nella
direttiva  comunitaria  e,  quindi, inserita tra i principi direttivi
della  delega  (art.  2,  comma  1, lettera f, della legge n. 422 del
2000) -   secondo   cui  «L'applicazione  del  presente  accordo  non
costituisce  motivo  valido per ridurre il livello generale di tutela
offerto ai lavoratori nell'ambito coperto dall'accordo stesso».
   2. -  Costituendosi in giudizio, il ricorrente nel giudizio a quo,
dopo  aver  rilevato  che  le  prescrizioni  contenute  nella  citata
direttiva   comunitaria,   in  quanto  riprese  nella  legge  delega,
vincolavano   il   legislatore   delegato,  rilevava  che  il  tenore
perentorio   della  predetta  clausola  di  non  regresso  comportava
l'inderogabilita'  in  pejus  della  previgente normativa italiana da
parte  del  legislatore  successivo,  in  sede  di  attuazione  della
direttiva,  nella  parte  riguardante  il  trattamento afferente alla
generalita'  dei lavoratori interessati. Il che si era verificato nel
caso   concreto  poiche'  l'art.  10  del  d.lgs.  n. 368  del  2001,
applicabile   alla  generalita'  dei  lavori  stagionali,  era  norma
peggiorativa  rispetto  all'art.  23,  comma 2, della legge n. 56 del
1987,  non  piu'  applicabile ai medesimi lavoratori perche' abrogato
dall'art. 11, comma 1, del d.lgs. n. 368 del 2001.
   3. - Nell'intervenire in giudizio, il Presidente del Consiglio dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato, sosteneva l'infondatezza della questione.
   4. -  Con  ordinanza  n. 252  del 2006 questa Corte restituiva gli
atti  al rimettente al fine di consentirgli la soluzione del problema
interpretativo  alla  luce  della  sopravvenuta  sentenza 22 novembre
2005,  nella  causa  C-144/04,  Mangold,  con  la  quale  la Corte di
giustizia aveva precisato l'ambito e la portata della clausola di non
regresso.
   5. - Con ordinanza del 16 gennaio 2007, il Tribunale di Rossano ha
sollevato   nuovamente   la   medesima   questione   di  legittimita'
costituzionale,  sotto  due profili: da una parte osservando che, non
essendovi nella direttiva comunitaria alcuna traccia della necessita'
di vietare il diritto di precedenza nelle assunzioni, la soppressione
di  tale  diritto  e'  frutto di una scelta del legislatore delegato,
compiuta al di fuori della delega, con violazione dell'art. 77, primo
comma,   Cost.;   dall'altra   ravvisando  un  ulteriore  profilo  di
violazione  dell'art. 76 Cost., con riferimento alla violazione della
clausola  di non regresso contenuta nell'accordo quadro allegato alla
citata   direttiva  comunitaria,  in  ordine  alla  quale  l'indicata
sentenza  della Corte di giustizia rafforza i dubbi di illegittimita'
costituzionale manifestati nella precedente ordinanza di rimessione.
   6. -  Si e' costituito il ricorrente nel giudizio a quo osservando
che  il  diritto alla riassunzione involge il nucleo essenziale della
direttiva,  sicche'  la  rimozione  di  tale diritto realizza proprio
quella  reformatio  in  pejus  che  la  direttiva  vuole evitare. Ne'
ricorrono valide ragioni giustificative della regressione.
   7. - Nell'intervenire in giudizio, il Presidente del Consiglio dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato,  ha eccepito l'inammissibilita' della questione, non avendo il
rimettente  motivato  in  alcun  modo  in ordine alla rilevanza della
questione  alla luce della sopravvenuta giurisprudenza della Corte di
giustizia.
   Nel  merito -  osserva  l'Avvocatura  generale -  la  questione e'
infondata:  premesso  che  il  diritto  di precedenza nell'assunzione
presso  la  stessa  azienda  non  e'  stato  soppresso, ma continua a
sussistere,  sia pure con modalita' rimesse all'autonomia collettiva,
non  si  puo'  sostenere  che, in virtu' di una scelta arbitraria del
legislatore   delegato,  sia  stata  operata  in  forza  della  norma
censurata  una  riduzione complessiva del livello di tutela accordato
ai lavoratori.
   Secondo  la  difesa  erariale, tra i principi della delega fissati
dall'art.  2  della  legge  n. 422  del  2000, si colloca (lettera b)
l'intera disciplina del lavoro a termine.
   Sostiene, infine, l'Avvocatura generale che le due norme censurate
non  comportano  alcun peggioramento della tutela complessiva offerta
ai  soggetti  ivi  individuati:  da  una  parte,  la devoluzione alla
contrattazione  collettiva  dell'individuazione  dei  casi  in cui e'
esercitabile  un  diritto di precedenza nell'assunzione si iscrive in
un  trend  normativo costante nell'evoluzione del diritto del lavoro;
dall'altra,  l'introduzione  del  termine  di  un  anno dalla data di
cessazione  del  rapporto  entro  cui  il  diritto  di  precedenza si
estingue,  non  aggiunge  nulla  di nuovo alla disciplina previgente,
poiche'  tale  termine annuale doveva ritenersi seppur implicitamente
gia'  operante.  La  prestazione  del  lavoro  nel settore oleario ha
infatti in se' stesso natura stagionale, di tal che, se il lavoratore
non viene riassunto o non esercita il diritto alla riassunzione entro
un anno dall'ultimo rapporto, cio' significa che il lavoratore non ha
interesse  a proseguire quel lavoro, oppure che l'attivita' aziendale
si e' oggettivamente ridotta o del tutto esaurita.
   In  prossimita'  dell'udienza il ricorrente ha depositato memoria,
ribadendo le proprie difese.
                       Considerato in diritto
   Il Tribunale di Rossano dubita - in riferimento agli articoli 76 e
77,    primo   comma,   della   Costituzione -   della   legittimita'
costituzionale  dell'art. 10, commi 9 e 10, e dell'art. 11, commi 1 e
2, del decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368 (Attuazione della
direttiva  1999/70/CE  relativa all'accordo quadro sul lavoro a tempo
determinato  concluso dall'UNICE, dal CEEP e dal CES), nella parte in
cui  subordinano  il diritto di precedenza nella assunzione presso la
stessa  azienda  con  la  medesima qualifica dei lavoratori assunti a
termine  per lo svolgimento di attivita' stagionali, a due condizioni
prima  inesistenti:  la  previsione  di  tale  diritto da parte della
contrattazione collettiva nazionale applicabile, e il mancato decorso
di un anno dalla cessazione del precedente rapporto.
   In  particolare,  l'art.  10 cosi' dispone ai commi 9 e 10: «9. E'
affidata  ai  contratti  collettivi nazionali di lavoro stipulati dai
sindacati comparativamente piu' rappresentativi, la individuazione di
un  diritto di precedenza nella assunzione presso la stessa azienda e
con la medesima qualifica, esclusivamente a favore dei lavoratori che
abbiano   prestato   attivita'  lavorativa,  con  contratto  a  tempo
determinato  per  le ipotesi gia' previste dall'articolo 23, comma 2,
della  legge 28 febbraio 1987, n. 56. I lavoratori assunti in base al
suddetto  diritto  di precedenza non concorrono a determinare la base
di  computo  per  il  calcolo  della  percentuale  di  riserva di cui
all'articolo  25, comma 1, della legge 23 luglio 1991, n. 223. 10. In
ogni  caso  il  diritto di precedenza si estingue entro un anno dalla
data  di  cessazione  del  rapporto  di  lavoro ed il lavoratore puo'
esercitarlo  a  condizione  che  manifesti  in  tal  senso la propria
volonta'  al datore di lavoro entro tre mesi dalla data di cessazione
del rapporto stesso».
   L'art.  11, a sua volta, dispone ai commi 1 e 2: «1. Dalla data in
entrata  in  vigore del presente decreto legislativo sono abrogate la
legge  18 aprile 1962, n. 230, e successive modificazioni, l'articolo
8-bis  della legge 25 marzo 1983, n. 79, l'articolo 23 della legge 28
febbraio  1987, n. 56 nonche' tutte le disposizioni di legge che sono
comunque  incompatibili  e  non  sono  espressamente  richiamate  nel
presente  decreto legislativo. 2. In relazione agli effetti derivanti
dalla  abrogazione  delle disposizioni di cui al comma 1, le clausole
dei  contratti  collettivi  nazionali  di  lavoro  stipulate ai sensi
dell'articolo  23  della  citata  legge n. 56 del 1987 e vigenti alla
data   di   entrata  in  vigore  del  presente  decreto  legislativo,
manterranno,  in  via  transitoria  e  salve  diverse intese, la loro
efficacia  fino  alla  data  di  scadenza  dei  contratti  collettivi
nazionali di lavoro».
   Va  preliminarmente respinta l'eccezione di inammissibilita' della
questione  sollevata  dall'Avvocatura  generale  dello  Stato per non
avere  il  rimettente  motivato  sulla  rilevanza della questione, in
quanto   l'invocata   giurisprudenza   della   Corte   di  giustizia,
pronunziatasi in ordine alla portata della cosiddetta clausola di non
regresso,  se  fosse  applicabile alla fattispecie in esame, potrebbe
realmente  incidere sulla legittimita' delle norme censurate sotto il
profilo delle loro contrarieta' ai principi enunciati dalla direttiva
sopra indicata
   Nel merito, la questione e' fondata.
   Il  rimettente  attribuisce  alle  norme censurate l'effetto di un
peggioramento  del  trattamento  riservato al ricorrente del giudizio
principale  dalla  disciplina  precedente e ritiene che cio' comporti
una  violazione  della  clausola  di  non  regresso  contenuta  nella
direttiva,  richiamata  dalla  delega (art. 76 Cost.). Inoltre, a suo
giudizio,  non  essendovi nella direttiva traccia della necessita' di
vietare  il  diritto  alle  riassunzioni,  la  diversa disciplina del
diritto  di  precedenza  e'  frutto  di  una  scelta  del legislatore
delegato  in  assenza totale di delega, con corrispondente violazione
dell'art. 77, primo comma, della Costituzione.
   La   Corte  ritiene  che  l'abrogazione -  ad  opera  delle  norme
censurate -  dell'art.  23,  comma  2, della legge n. 56 del 1987 non
rientri  ne'  nell'area  di operativita' della direttiva comunitaria,
definita  dalla  Corte di giustizia con la sentenza 22 novembre 2005,
nella  causa  C-144/04  Mangold,  ne'  nel  perimetro  tracciato  dal
legislatore delegante.
   Con  riferimento  al  primo ambito, detta sentenza ha sottolineato
(punti  da  40  a 43) che la clausola 5 della direttiva 1999/70/CE e'
circoscritta alla «prevenzione degli abusi derivanti dall'utilizzo di
una  successione  di  contratti  o  di  rapporti  di  lavoro  a tempo
determinato».  Tale  clausola  pertanto non opera laddove, come nella
specie,  vi sia una successione di contratti a termine alla quale non
si riferisce alcuna delle misure previste dalla direttiva medesima al
fine  di  prevenire quegli abusi (giustificazione del rinnovo; durata
massima totale dei contratti; numero massimo di contratti).
   In  altri  termini,  la  disciplina dettata dalle norme censurate,
concernente i lavori stagionali, non mira tanto a prevenire l'abusiva
reiterazione  di  piu'  contratti  di lavoro a tempo determinato, per
favorire  la  stabilizzazione  del rapporto, ma e' volta unicamente a
tutelare  i  lavoratori stagionali, regolando l'esercizio del diritto
di  precedenza nella riassunzione presso la medesima azienda e con la
medesima qualifica. La disciplina censurata si colloca, quindi, al di
fuori della direttiva comunitaria.
   Essa resta anche al di fuori della delega conferita dalla legge 29
dicembre  2000,  n. 422  (Disposizioni  per l'adempimento di obblighi
derivanti  dall'appartenenza  dell'Italia  alle  Comunita'  europee -
legge comunitaria 2000), complessivamente considerata.
   L'art.  1, comma 1, di tale legge ha delegato, infatti, il Governo
ad  emanare  «i  decreti  legislativi recanti le norme occorrenti per
dare  attuazione  alle  direttive  comprese negli elenchi di cui agli
allegati  A  e  B.»  e,  per  quanto concerne la direttiva 1999/70/CE
relativa  al  caso  in  esame  non ha dettato - a differenza di altre
ipotesi -  specifici  criteri o principi capaci di ampliare lo spazio
di intervento del legislatore delegato.
   Sulla  base  di  quanto  precede  va  dichiarata  l'illegittimita'
costituzionale,  per  violazione  dell'art.  77,  primo comma, Cost.,
dell'art. 10, commi 9 e 10, nonche' dell'art. 11, comma 1, del d.lgs.
n. 368  del 2001, nella parte in cui abroga l'art. 23, comma 2, della
legge  28  febbraio  1987,  n. 56,  in  quanto  emanati in assenza di
delega.
   Conseguentemente,  il  comma  2 dell'art. 11 del d.lgs. n. 368 del
2001,  il quale contiene una disposizione meramente transitoria, come
tale  funzionalmente  collegata  al  precedente  comma,  e' anch'esso
costituzionalmente illegittimo.