LA COMMISSIONE TRIBUTARIA PROVINCIALE Ha emesso la seguente ordinanza sul ricorso n. 1116/2007, depositato il 18 gennaio 2007, avverso acc. irr. Sanz. n. 306029911843 - Tasse Auto 2003, contro Regione Lazio, proposto dal ricorrente Carotenuto Mario, via del Boschetto n. 54 - 00049 Velletri (Roma). F a t t o e d i r i t t o Con ricorso notificato il 12 dicembre 2006, Mario Carotenuto residente in Velletri, via del Boschetto n. 54, C.F. CRTMRA49M24L245G, citava in giudizio la Regione Lazio per vedere annullato l'avviso di accertamento con il quale gli veniva contestato l'omesso versamento della tassa automobilistica per l'anno 2003 e relativa al veicolo tg. RM 30519V. Sollevava, preliminarmente, il ricorrente eccezione di legittimita' costituzionale del combinato disposto dagli artt. 2, 3 e 5 del d.P.R. 5 febbraio 1953, n. 39, dalla Tariffa A allegata al d.P.R., e dall'art. 1 del d.l. 27 dicembre 1997 che ha modificato il calcolo della tassa previsto dal citato d.P.R. in relazione agli artt. 3 e 53, in particolare con riferimento al secondo comma di quest'ultimo, 42, comma 3, nella parte in cui e' prevista la gradualita' in diminuzione, della tassa sugli autoveicoli nell'arco dei trenta anni. Non si costituiva in giudizio l'Ufficio benche' regolarmente citato. La Commissione ritenuto pregiudiziale pronunciarsi sulla richiesta di dichiarazione di incostituzionalita' premette. E' necessario, al fine di chiarire la doglianza, premettere un breve escursus delle normative che hanno regolato nel tempo e regolano tutt'ora il pagamento dell'imposta sugli autoveicoli e motoveicoli e i motivi che hanno giustificato la loro trasformazione nel tempo. Fino all'entrata in vigore del d.l. 30 dicembre 1982, n. 953 convertito il legge n. 53 del 28 febbraio 1983 l'imposta sugli autoveicoli era una tassa di circolazione. Il suo pagamento, infatti, aveva uno scopo ben preciso: quello di contribuire alle spese di mantenimento delle opere pubbliche viarie in ragione della grandezza e, di conseguenza del maggior consumo che i veicoli piu' grandi e piu' potenti causavano alla rete viaria pubblica. Quindi tale imposta aveva, secondo il legislatore, un preciso scopo risarcitorio. Tale inquadramento giuridico portava a due conseguenze importanti necessarie a giustificare la natura dell'imposta di circolazione. La prima conseguenza era che l'ammontare dell'imposta era calcolata in base ai Cavalli Fiscali che non corrispondono tecnicamente in modo assoluto agli attuali KW e, tantomeno, agli allora gia' esistenti Cavalli Vapore (o agli attuali KW parimenti esprimenti ambedue la potenza del motore) ma dall'insieme di parametri determinati dalla potenza del motore, dalla sua cilindrata e della grandezza fisica del veicolo (vedi tabella allegata alla legge n. 463/1955, necessari a determinare la capacita' di maggiore o minore usurabilita' delle vie pubbliche e, di conseguenza, calibrarne l'ammontare. La seconda conseguenza era costituita dalla circostanza che tale imposta doveva essere pagata solo in caso di utilizzo effettivo del mezzo. Infatti, se per motivi vari il proprietario non utilizzava il mezzo per un periodo di tempo era esentato dal pagare l'imposta per tale periodo. Infine non e' da trascurare anche il fatto che la ricevuta del pagamento doveva essere affissa sul parabrezza dell'auto e cio' a riprova che esso costituiva un elemento indispensabile, al pari della carta di circolazione o di proprieta', che doveva accompagnare il veicolo affinche' esso fosse autorizzato a marciare. Quindi, nella vigenza della normativa precedente all'entrata in vigore della legge n. 53/1983, non vi e' ombra di dubbio che la natura dell'imposta era quella di un'imposta risarcitoria con tutte le conseguenze collegate a tale sua natura e che si sono sopra riportate. Successivamente, con l'entrata in vigore della legge n. 53 del 28 febbraio 1983 la natura della stessa imposta cambia radicalmente. Probabilmente tale modifica e' stata causata da motivi di natura economico-finanziario del Paese e diretta ad ottenere un'entrata fissa e non eventuale. Ma per il caso in esame, non e' necessario indagare i motivi che hanno spinto il Legislatore a modificare la natura giuridica della tassa attualmente vigente ma e' necessario ed indispensabile individuare la sua intrinseca natura. L'art. 5, comma 28 della legge citata recita «a decorrere dal 1° gennaio 1983 i veicoli e gli autoscafi sono soggette alle tasse stabilite dalle tariffe annesse alla legge n. 463/1955 per effetto della loro iscrizione nei rispettivi registri pubblici». Il comma successivo recita «al pagamento delle tasse di cui al comma precedente sono tenuti coloro che, alla scadenza del .... omissis .... risultano essere proprietari dal pubblico registro automobilistico, per i veicoli in esso iscritti, e dai registri di immatricolazione per i rimanenti veicoli ed autoscafi. L'obbligo di corresponsione del tributo cessa con la cancellazione dei veicoli e degli autoscafi dai predetti registri .... omissis .... per i veicoli, gli autoscafi ed i motori fuoribordo l'obbligo di pagamento sussiste solo per i periodi di imposta nei quali vengono utilizzati». Dal contesto di tale norma appare del tutto evidente e senza ombra di dubbio alcuno che con la legge n. 53/1983 la natura dell'imposta muta e si trasforma in tassa sulla proprieta'. Ovvero significa che tale tassa trae la sua obbligatorieta' non piu' dall'uso che l'utente fa del veicolo, sia esso proprietario o meno, ma per il solo ed esclusivo fatto di esserne il proprietario. Cio' collega il pagamento di essa alla capacita', del bene autoveicolo, di creare un incremento economico nel patrimonio del soggetto che lo possiede. Non puo' sussistere alcun dubbio su tale interpretazione in quanto la stessa legge pretende che la tassa e' dovuta da chi risulta esserne il proprietario dai Pubblici registri indipendentemente dal soggetto utilizzatore e dal fatto che la relativa ricevuta non costituisce piu' un elemento indispensabile accessorio all'uso del mezzo, e che la riscossione coattiva da parte dello Stato e' rivolta al proprietario e non piu' all'utilizzatore. Che essa, pertanto, sia da considerare come prelievo coattivo al pari delle altre imposte non vi e' parimenti dubbio. Infatti la tassa sui veicoli ha tutte le caratteristiche dell'imposta e cioe': il suo prelievo coattivo e il fatto che entra a far parte del patrimonio. Sulla prima caratteristica nulla quaestio, sulla seconda nemmeno ove il concetto di patrimonio, ai fini fiscali, si intenda ricchezza a disposizione di un soggetto in un dato momento e, cioe', il complesso di beni a disposizione di un soggetto capace di produrre un beneficio economico. Non vi puo' essere dubbio alcuno che un veicolo, per la sua natura, costituisca, per la sua intrinseca possiede la capacita' di essere economicamente valutato, rientrando cosi' di diritto fra la categoria di beni facenti parte del patrimonio. Sul punto basta soffermarsi alla possibilita' di destinare un autoveicolo al servizio di noleggio da cui il proprietario trae un vantaggio economico diverso e maggiore del suo valore intrinseco o del valore di esso sul mercato. Pertanto anche sulla natura di tassa sulla proprieta' non possono esservi dubbi. Basti per tutto la circostanza che il Legislatore l'ha ricompressa fra la competenza delle Commissioni tributarie. Il 25 novembre 2000 veniva pubblicata la legge 21 novembre 2000, n. 342 che all'art. 63, comma 1 recita «Sono esentati dal pagamento delle tasse automobilistiche i veicoli ed i motoveicoli, esclusi quelli ad uso professionale, a decorrere dall'anno in cui si compie il trentesimo anno dalla loro costruzione. Salvo prova contraria i veicoli di cui al primo periodo si considerano costruiti nell'anno di prima immatricolazione... omissis ... ». Il comma 2 recita «l'esenzione di cui al comma 1 e' estesa agli autoveicoli di particolare interesse storico per i quali il termine e' ridotto a 20 anni». Per completezza del quadro giuridico si riporta anche il contenuto dell'art. 2 comma 1, n. 15) della legge 9 ottobre 1971, n. 825: «determinazione dei redditi ...di fabbricati sulla base di tariffe d'estimo disciplinate in maniera da essere aderenti ai redditi effettivi ...» e l'art. 34 comma 1 del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, che recita «il reddito medio ordinario, sul quale calcolare la tassa sul reddito, e' determinato mediante l'applicazione delle categorie d'estimo... » «... la modificazione delle categorie ha valore dall'anno successivo ... ». A cio' giova anche riportare il dettato dell'art. 53 della Costituzione che prevede «che tutti sono tenuti a concorrere alle spese in ragione della loro capacita' contributiva». Dalla lettura dell'impianto normativo appena esposto appare evidente che l'attuale tassa sugli autoveicoli, come gia' ampiamente dimostrato piu' sopra, ha natura di tassa sulla proprieta' e, di conseguenza, andando ad incidere sull'effettivo valore del bene che, nel complesso di tutti gli altri beni a disposizione di un soggetto, contribuisce con essi a determinare la capacita' contributiva di tale soggetto. Questa tassa sulla proprieta' viene pagata sul solo presupposto del possesso del veicolo. Essa, ai soli fini del suo ammontare, non viene piu' calcolata rapportando la fittiziamente ai vecchi cavalli fiscali che, come gia' accennato erano il risultato della convergenza della grandezza fisica del veicolo e della sua potenza, ma viene calcolata rapportando l'ammontare di circa 25 euro a KW e, cioe', in base alla sola potenza del propulsore che rappresenta un mero ed obiettivo parametro di calcolo non essendovene altri a disposizione. Appare necessario a tal punto per dare un senso all'art. 63 della legge n. 342/2000 al fine di fornire la necessaria ed indispensabile corretta interpretazione logica dei motivi che hanno indotto il Legislatore a ritenere che dopo il trentesimo anno di vita di un veicolo, o dopo il ventesimo se risulta di particolare interesse storico, che esso non e' piu' soggetto al pagamento della tassa. Infatti e' previsto solo il versamento di Euro 25 in caso d'uso dello stesso a titolo simbolico. Pertanto, dopo il trentesimo anno di vita del veicolo questa tassa, la cui obbligotarieta' e' legata al solo fatto storico di far parte della sfera di proprieta' di un soggetto, perde la qualificazione di tassa, indipendentemente dal risultare ancora iscritto nei Pubblici registri ed esonera dall'obbligo del suo versamento il proprietario. Questa analisi non puo' che portare ad una sola interpretazione logico-giuridica e cioe' che il Legislatore ha ritenuto che, trattandosi di un bene il cui valore, come quello immobiliare o altro, nel tempo viene scemando da quando e' massimo fino a quando esso diventa nullo, ai fini della tassa, esso diventa senza piu' interesse anche per il Fisco perche' ritenuto, evidentemente, inidoneo a creare ulteriore ricchezza. Orbene se tale deve essere l'interpretazione logica e giuridica del motivo che ha indotto il Legislatore ad apportare la modifica legislativa di cui alla legge n. 342/2000 ne discende il seguente obbligato diretto corollario. Il Legislatore ritenendo che, il valore di un bene, come un veicolo, la cui natura di mezzo meccanico soggetto ad un naturale deterioramento, dopo un certo lasso di tempo, si riduce ad un livello al di sotto del quale non risulta essere di alcun interesse neanche per il Fisco, riconosce anche che, in tale lasso di tempo, tale valore scema gradualmente. Non osta a tale interpretazione la circostanza che la tassa venga calcolata indifferentemente sul numero di KW in quanto non solo tale parametro e' del tutto indicativo e, cioe', ritenuto il piu' oggettivo cui fare riferimento ma soprattutto perche' non risulta, a contrario, una sua rivisitazione nel tempo. Tanto premesso appare evidente che esiste un vuoto nominativo di collegamento fra le norme citate. In particolare fra quanto disposto dagli artt. 2, 3 e 5 del d.P.R. 5 febbraio 1953, n. 39, dalla Tariffa A allegata al d.P.R., e dall'art. 1 del d.l. 27 dicembre 1997 che ha modificato il calcolo della tassa previsto dal citato d.P.R. Pertanto le citate norme appaiono viziate di incostituzionalita' nella parte in cui non prevedono un meccanismo necessario ed indispensabile atto a determinare la progressivita' in diminuzione dell'imposta affinche' quest'ultima possa rispondere ai principi sanciti dal Legislatore nella legge 21 novembre 2000, n. 342, art. 63, comma 1. La mancata previsione di un tale meccanismo appare essere in contrasto con gli artt. 53, 42 e 3 della Costituzione. Premesso che la capacita' contributiva prevista dalla Costituzione all'art. 53 deve essere riferita al sistema tributario nel suo complesso e non al singolo tributo dal momento che tale principio, inteso come crescita dell'aliquota correlata con l'ammontare del reddito, non puo' che aver riguardo al rapporto diretto fra imposizione e reddito personale complessivo del contribuente (Corte costituzionale sentenza n. 263/1994) appare evidente che 1'imposta in discussione, in mancanza della graduazione piu' sopra indicata, va ad incidere negativamente proprio su tale rapporto. Infatti provato come piu' sopra che un veicolo fa parte del patrimonio di un soggetto e che tale patrimonio e' il fondamento per il prelievo fiscale coattivo, e' agevole trarre la conclusione che, ogni modifica, in aumento o in diminuzione del valore di ogni singolo bene facente parte di tale patrimonio, andando ad incidere sulla capacita' contributiva complessiva del soggetto, ove non fosse prevista la necessaria correzione del relativo tributo, andrebbe ad incidere negativamente ed illegittimamente sulla capacita' contributiva del soggetto. Con la medesima sentenza la Corte costituzionale sancisce un altro principio che e' quello della connessione fra il valore di un bene e la sua idoneita' ad avere una capacita' a produrre ricchezza, pur nel rispetto del principio della progressivita' delle imposte. Tale principio appare violato nel caso in esame in quanto e' proprio tale connessione fra il valore del bene e la sua idoneita' a produrre ricchezza che viene meno ove non si prevedesse una dovuta correzione dell'imposta. A cio' contrasta l'attuale impianto normativo che, al contrario, lascia immutata l'imposta sul bene nonostante la sua idoneita' a produrre ricchezza vada nel tempo diminuendo. In altra giurisprudenza del Giudice delle leggi e' affermato un ulteriore principio secondo il quale e' legittima la combinazione di piu' criteri al fine di identificare un'imposta purche' almeno uno sia agganciato al valore venale di esso e che, pertanto, risulti compatibile con la garanzia dell'art. 42, terzo comma della Costituzione (sentenze nn. 216/1990 e 1165/1988). Va, infine, rammentato che il bene autovettura viene preso in considerazione dal Legislatore come parametro induttivo sul quale rideterminare il reddito delle persone fisiche. Cio' vale a confermare la tesi ipotizzata piu' sopra in base alla quale appare ancora piu' evidente che il suo diverso valore, nel corso degli anni, viene gia' di fatto preso in considerazione dagli stessi uffici impositivi' e diversamente considerato ai fini della determinazione del valore reddituale del contribuente. Orbene nel caso in esame appare evidente che anche tale principio risulterebbe violato dal Legislatore ove non si proceda a modificare l'attuale sistema di prelievo della tassa automobilistica senza prevederne la sua graduazione nel tempo. Tale principio e' stato sancito con maggiore rilevanza nella sentenza n. 5/1980 nella quale si enuncia il principio in base al quale fra i criteri mediati, per il calcolo di un'imposta, e' indefettibile la presenza di quello che faccia riferimento al valore del bene in relazione alle sue caratteristiche essenziali. Ritenuta pertanto, ravvisarsi l'incostituzionalita' delle normative citate in relazione agli artt. 53 e 42 della Costituzione, le stesse motivazioni conducono a ritenere tale incostituzionalita' anche in relazione all'art. 3 della Costituzione nei limiti della disparita' di trattamento, a parita' di condizioni, in cui verrebbero a trovarsi quei soggetti che posseggono nel loro patrimonio beni diversi dagli autoveicoli (immobili, cespiti ecc. ...) a cui e' data, in certi casi, la possibilita' di pagare le relative imposte proporzionali alla consistenza economica di essi, essendo tale proporzionalita' prevista dal Legislatore (ad esempio la revisionabilita' delle renditi catastali), mentre i soggetti che posseggono un bene, quale i veicoli, che parimenti agli altri contribuiscono a costituire il patrimonio, bene soggetto ad una diminuzione economica riverberatesi sul patrimonio nel suo complesso, sono obbligati a versare un'imposta costante. In considerazione che tale completamento normativo puo' essere demandato solo al Giudice delle leggi non rientrando nelle competenze del Giudice dei tributi sostituirsi al Legislatore per individuare la formula piu' idonea alla graduazione dell'imposta si solleva la questione della illegittimita' costituzionale del combinato disposto dagli artt. 2, 3 e 5 del d.P.R. n. 5 febbraio 1953 n. 39, dalla Tariffa A allegata al d.P.R., e dall'art. 1 del d.l. 27 dicembre 1997 che ha modificato il calcolo della tassa previsto dal citato d.P.R. in relazione agli artt. 3 e 53, in particolare con riferimento al secondo comma di quest'ultimo, 42, comma 3, nella parte in cui e' prevista la gradualita', in diminuzione, della tassa sugli autoveicoli nell'arco dei trenta anni. Infine si sottolinea come gia' codesta Commissione, sezione terza, con ordinanza di aprile 2006 ha ritenuto la non manifesta infondatezza del rilievo costituzionale come e' stato proposto ed ha proceduto ad inviare gli atti alla Corte costituzionale. Nel merito si osserva che l'autovettura e' stata rottamata nel mese di ottobre 2003 per cui la tassa deve essere ridotta di pari percentuale. Ritenuto, infine, che la risoluzione della proposta questione di legittimita' costituzionale appare necessaria ed indispensabile affinche' possa darsi corso al giudizio in quanto se accolta il ricorso va accolto mentre in caso contrario va respinto se ne dichiara la manifesta necessita' ed urgenza rispetto a quanto dedotto in ricorso.