Ordinanza
nei  giudizi  di  legittimita'  costituzionale dell'articolo 1, comma
547,  della  legge  23  dicembre  2005,  n. 266  (Disposizioni per la
formazione  del  bilancio  annuale  e pluriennale dello Stato - legge
finanziaria  2006),  promossi  con ordinanza del 30 novembre 2006 dal
Tribunale  di  Lanciano,  con  ordinanza  del  22  gennaio  2007  dal
Tribunale di Lecce, sezione distaccata di Nardo', e con ordinanza del
16 marzo 2007 dal Tribunale di Lucca, rispettivamente iscritte ai nn.
414,  455  e  596  del  registro  ordinanze  2007  e pubblicate nella
Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica  nn.  23,  25  e  35, 1ª serie
speciale, dell'anno 2007;
   Visti  gli  atti  di  intervento  del Presidente del Consiglio dei
ministri;
   Udito  nella  Camera  di  consiglio del 30 gennaio 2008 il giudice
relatore Giuseppe Tesauro;
   Ritenuto  che  il  Tribunale  di  Lanciano,  con  ordinanza del 30
novembre   2006,  ha  sollevato,  in  riferimento  all'art.  3  della
Costituzione,  questione  di legittimita' costituzionale dell'art. 1,
comma  547, della legge 23 dicembre 2005, n. 266 (Disposizioni per la
formazione  del  bilancio  annuale  e pluriennale dello Stato - legge
finanziaria  2006),  il  quale  prevede che, per le violazioni di cui
all'art.  110,  nono  comma, del regio decreto 18 giugno 1931, n. 773
(Approvazione  del  testo  unico  delle leggi di pubblica sicurezza),
commesse  in  data  antecedente  all'entrata  in  vigore della citata
legge, si applicano le disposizioni vigenti al tempo delle violazioni
stesse;
     che il rimettente, investito di un procedimento penale, premette
che  l'art.  1,  comma 543, della legge n. 266 del 2005 ha sostituito
l'art.  110, nono comma, del r.d. n. 773 del 1931, configurando quali
illeciti  amministrativi,  e  non  piu'  quali  reati, «le violazioni
previste   in  materia  di  installazione  in  esercizi  pubblici  di
apparecchi  automatici  da  gioco  non  conformi alle disposizioni di
legge»;
     che, in deroga al «principio di retroattivita' della lex mitior»
enunciato  dall'art.  2 del codice penale, l'art. 1, comma 547, della
legge  n. 266  del  2005  stabilisce  che  per le violazioni poste in
essere  anteriormente  alla  data  di  entrata in vigore della stessa
legge continua ad applicarsi la disciplina previgente;
     che,  ad  avviso del giudice a quo, tale disposizione si pone in
contrasto   con   l'art.  3  della  Costituzione,  poiche'  determina
un'ingiustificata disparita' di trattamento tra soggetti responsabili
di  violazioni  identiche, in danno di coloro che, avendo commesso il
fatto  in epoca anteriore al 1° gennaio 2006, rimangono soggetti alla
sanzione penale;
     che,  invero,  la  deroga ai principi generali sulla successione
delle  leggi penali nel tempo non sarebbe sorretta da una sufficiente
ragione giustificativa;
     che  la questione di costituzionalita' cosi' prospettata sarebbe
rilevante,  «atteso  che  agli  [...] imputati, cui si attribuisce un
fatto  commesso  prima  del  1°  gennaio 2006, e' contestata anche la
violazione dell'art. 110 T.U.L.P.S.»;
     che  e'  intervenuto  il  Presidente del Consiglio dei ministri,
rappresentato   e   difeso   dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,
chiedendo   di  dichiarare  la  questione  inammissibile  per  omessa
descrizione  della  fattispecie oggetto del giudizio principale o, in
subordine,  di restituire gli atti per un nuovo esame della rilevanza
alla  luce  dello ius superveniens, dato dall'art. 1, comma 86, della
legge  27  dicembre  2006, n. 296 (Disposizioni per la formazione del
bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2007),
che ha sostituito l'art. 110, nono comma, del r.d. n. 773 del 1931;
     che  anche  il  Tribunale  di  Lucca, con ordinanza del 16 marzo
2007,  pronunciata nell'ambito di un procedimento penale per il reato
di  cui all'art. 110, nono comma, del r.d. 773 del 1931, ha sollevato
questione  di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  1, comma 547,
della  legge  n. 266  del  2005,  in  riferimento  all'art.  3  della
Costituzione;
     che  il  rimettente,  dopo aver rilevato che il citato art. 110,
nono  comma,  e'  stato  nuovamente sostituito dall'art. 1, comma 86,
della  legge n. 296 del 2006, «senza variazioni essenziali», si duole
che  la  deroga al principio di non ultrattivita' della legge penale,
introdotta  dalla  norma  censurata,  non  sia  ragionevole,  siccome
contrastante  con l'intento, manifestato con la legge n. 266 del 2005
e  confermato  con  la legge n. 296 del 2006, di «abbandonare la sede
penale e relegare le fattispecie di cui all'art. 110 T.U.L.P.S. ad un
ambito eminentemente amministrativo»;
     che  e'  intervenuto  il  Presidente del Consiglio dei ministri,
rappresentato   e   difeso   dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,
chiedendo di dichiarare la questione infondata;
     che,  infine,  il  Tribunale  di  Lecce,  sezione  distaccata di
Nardo',  con ordinanza del 22 gennaio 2007, ha sollevato questione di
legittimita'  costituzionale  dell'art.  1,  comma  547,  della legge
n. 266  del 2005, in riferimento agli artt. 3, 10, primo comma, e 25,
secondo comma, della Costituzione;
     che il giudice a quo, investito di un procedimento penale per il
reato  di  cui  all'art.  110, commi settimo, lettera a), e nono, del
r.d.  n. 773  del  1931,  commesso prima dell'entrata in vigore della
legge  n. 266  del  2005,  prospetta  l'introduzione,  ad opera della
censurata   norma,  di  una  «singolare  deroga  [...]  al  principio
d'irretroattivita'  della legge penale meno favorevole», in contrasto
con gli artt. 3 e 25, secondo comma, della Costituzione;
     che,    invero,   ascrivendo   la   fattispecie   criminosa   in
contestazione  alla  piu'  ampia  categoria  dei reati finanziari, il
rimettente  ritiene  che  l'«intervento settoriale», con cui e' stata
disposta,  nel  limitato ambito degli apparecchi da gioco, una deroga
ai  principi  comuni  in tema di successione di leggi penali, non sia
giustificabile  «neppure  alla  luce dell'art. 53 Cost.», dopo che il
legislatore,  con  l'abrogazione  dell'art.  20 della legge 7 gennaio
1929,  n. 4 (Norme generali per la repressione delle violazioni delle
leggi  finanziarie)  ex  art. 24 del d. lgs. 30 dicembre 1999, n. 507
(Depenalizzazione   dei   reati   minori   e   riforma   del  sistema
sanzionatorio,  ai  sensi dell'articolo 1 della legge 25 giugno 1999,
n. 205),   ha  dimostrato  il  suo  «deciso  contrario  orientamento»
all'ultrattivita' delle norme penali finanziarie;
     che,  inoltre,  il rimettente deduce la violazione dell'art. 10,
primo  comma,  della Costituzione, in quanto la disciplina di diritto
intertemporale  posta  dall'art. 1, comma 547, della legge n. 266 del
2005  non  sarebbe  fondata  «su  alcun valore o interesse di analogo
rilievo   a   quello   tutelato   dal   principio   generale,   anche
dell'ordinamento internazionale e comunitario, della lex mitior»;
     che  nel giudizio e' intervenuto il Presidente del Consiglio dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato,  chiedendo  di  dichiarare la questione inammissibile, per non
avere  il  rimettente  considerato,  nel  formulare il giudizio sulla
rilevanza,  che  l'art.  110, nono comma, del r.d. n. 773 del 1931 e'
stato sostituito dall'art. 1, comma 86, della legge n. 296 del 2006.
   Considerato  che il Tribunale di Lanciano ed il Tribunale di Lucca
dubitano,   in  riferimento  all'art.  3  della  Costituzione,  della
legittimita'  costituzionale  dell'art.  1, comma 547, della legge 23
dicembre  2005,  n. 266  (Disposizioni per la formazione del bilancio
annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2006), in forza
del  quale,  per  le  violazioni di cui all'art. 110, nono comma, del
regio  decreto  18  giugno 1931, n. 773 (Approvazione del testo unico
delle  leggi  di  pubblica  sicurezza),  commesse in data antecedente
all'entrata   in   vigore   della   citata  legge,  si  applicano  le
disposizioni vigenti al tempo delle violazioni stesse;
     che  anche  il Tribunale di Lecce, sezione distaccata di Nardo',
ha  sollevato  questione di costituzionalita' dell'art. 1, comma 547,
della  legge  n. 266  del 2005, evocando quali parametri del giudizio
gli   artt.   3,   10,  primo  comma,  e  25,  secondo  comma,  della
Costituzione;
     che,  avendo  i  rimettenti  censurato la medesima disciplina di
diritto  intertemporale,  sotto  profili  in  parte coincidenti, deve
essere disposta la riunione dei relativi giudizi;
     che  il  Tribunale  di  Lanciano  ed il Tribunale di Lucca hanno
omesso  di  descrivere  le fattispecie concrete oggetto dei giudizi a
quibus
,  essendosi limitati a riferire che agli imputati vengono contestate
talune  tra le molteplici violazioni di cui all'art. 110, nono comma,
del  r.d.  n. 773  del  1931,  nel  testo  vigente anteriormente alla
novella  di  cui  all'art. 1, comma 543, della legge n. 266 del 2005,
senza  neppure  fornire  puntuali indicazioni in ordine alla data dei
commessi  reati,  precludendo,  in  tal  modo,  ogni  possibilita' di
controllo sulla rilevanza delle questioni;
     che  il  Tribunale  di  Lecce, sezione distaccata di Nardo', nel
formulare   il   giudizio   sulla  rilevanza,  non  ha  compiutamente
ricostruito   il   quadro   normativo   di  riferimento,  non  avendo
argomentato,  sia  pure  per  escluderne  l'incidenza, in merito alla
nuova  sostituzione  dell'art.  110,  nono comma, del r.d. n. 773 del
1931  ad  opera  dell'art. 1, comma 86, della legge 27 dicembre 2006,
n. 296  (Disposizioni  per  la  formazione  del  bilancio  annuale  e
pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2007);
     che,  pertanto,  tutte  le questioni di costituzionalita' devono
essere  dichiarate  inammissibili  per  difetto  di motivazione sulla
rilevanza.
   Visti  gli  artt.  26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti
alla Corte costituzionale.