Ordinanza
nel  giudizio  per  conflitto  di attribuzione tra poteri dello Stato
sorto   a  seguito  della  proposta  di  revoca  del  Consigliere  di
amministrazione  della  RAI-Radiotelevisione  italiana  S.p.a., Prof.
Angelo  Maria  Petroni, presentata dal Ministro dell'economia e delle
finanze, anche d'intesa con il Presidente del Consiglio dei ministri,
in  data  11  maggio  2007,  e  di  tutti gli atti ad essa connessi e
conseguenti,  promosso con ricorso della Commissione parlamentare per
l'indirizzo  generale  e  la  vigilanza  dei servizi radiotelevisivi,
depositato  in cancelleria l'8 novembre 2007 ed iscritto al n. 16 del
registro   conflitti   tra   poteri   dello   Stato   2007,  fase  di
ammissibilita'.
   Udito  nella  Camera  di consiglio del 27 febbraio 2008 il giudice
relatore Gaetano Silvestri.
   Ritenuto  che la Commissione parlamentare per l'indirizzo generale
e  la  vigilanza  dei  servizi  radiotelevisivi,  in  persona del suo
Presidente   pro  tempore,  ha  promosso  ricorso  per  conflitto  di
attribuzione  tra poteri dello Stato contro il Ministro dell'economia
e  delle  finanze  ed  il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,
affinche'  la  Corte  costituzionale  dichiari  che  non  spettava al
Ministro  dell'economia  e  delle  finanze,  anche  d'intesa  con  il
Presidente   del   Consiglio   dei   ministri,  richiedere  e  votare
nell'Assemblea  degli  azionisti  della RAI-Radiotelevisione italiana
S.p.a.,  la revoca di un consigliere di amministrazione in assenza di
conforme  deliberazione  adottata  dalla Commissione parlamentare per
l'indirizzo  generale  e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi, e,
per  l'effetto, annulli la proposta di revoca presentata dal Ministro
dell'economia e delle finanze in data 11 maggio 2007 e tutti gli atti
ad essa connessi e conseguenti;
     che  la  ricorrente  Commissione parlamentare sottolinea come il
presente  conflitto  di  attribuzione tragga origine dalla violazione
delle attribuzioni ad essa costituzionalmente garantite, «dal momento
che  l'attivita' radiotelevisiva pubblica non puo' essere considerata
appannaggio  esclusivo  delle  scelte  della maggioranza politica, ma
deve   essere   svolta   in   modo  conforme  all'indirizzo  politico
costituzionale,  che  fa  della  libera circolazione delle idee e del
pluralismo culturale uno degli assi portanti dell'ordinamento»;
     che la difesa della Commissione ricorda, in proposito, come tali
funzioni  di  indirizzo e vigilanza siano state attribuite all'organo
parlamentare  «in  considerazione  dei  caratteri  di  imparzialita',
democraticita'  e  pluralismo  che  devono  informare  lo svolgimento
dell'attivita'  del servizio pubblico radiotelevisivo» ed al precipuo
scopo di evitare nella gestione del servizio «un'ingerenza diretta ed
esclusiva dell'Esecutivo»;
     che,  nel  caso  di  specie,  la  ricorrente  ritiene che le sue
attribuzioni   siano   state  lese  in  occasione  della  revoca  del
consigliere di amministrazione della RAI, Prof. Angelo Maria Petroni,
da  parte  della  relativa  Assemblea  degli azionisti, effettuata su
richiesta  del  Ministro  dell'economia  e  delle  finanze, nella sua
qualita'  di  azionista  di  maggioranza,  «in  mancanza della previa
necessaria    deliberazione   della   Commissione   parlamentare   di
vigilanza».  In  particolare, la difesa di quest'ultima deduce che il
Ministro  dell'economia  avrebbe  disatteso quanto previsto dall'art.
49,  comma  8,  del decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177 (Testo
unico  della  radiotelevisione),  secondo  cui «Il rappresentante del
Ministero  dell'economia  e  delle  finanze,  nelle  assemblee  della
societa'  concessionaria  convocate per l'assunzione di deliberazioni
di  revoca  o  che  comportino la revoca o la promozione di azione di
responsabilita'  nei  confronti degli amministratori, esprime il voto
in  conformita' alla deliberazione della Commissione parlamentare per
l'indirizzo  generale  e  la  vigilanza  dei  servizi radiotelevisivi
comunicata al Ministero medesimo»;
     che  la  difesa  della ricorrente ricostruisce la sequenza degli
eventi  che  hanno  preceduto  la  revoca  del  consigliere  Petroni,
sottolineando  come  il  Presidente della Commissione parlamentare di
vigilanza  abbia  richiamato,  piu'  volte, l'attenzione del Ministro
dell'economia  e  delle finanze «sull'esigenza istituzionale di porre
in  essere ogni iniziativa utile al piu' corretto esercizio del ruolo
attribuito alla Commissione», con particolare riguardo all'ipotesi di
revoca di un componente del consiglio di amministrazione;
     che il Ministro dell'economia ha replicato alle osservazioni del
Presidente  della  Commissione,  rilevando  come  il  suddetto organo
parlamentare  sia  chiamato  a  partecipare  al  solo procedimento di
nomina  dei  membri  del  consiglio  di amministrazione e non anche a
quello  di  revoca  o  di  responsabilita', precisando che il comma 8
dell'art. 49 del d.lgs. n. 177 del 2005, in virtu' di quanto previsto
dal  comma  10  del  medesimo articolo, non puo' trovare applicazione
fino  al  novantesimo  giorno  successivo alla data di chiusura della
prima offerta pubblica di vendita della RAI;
     che,  secondo la difesa della Commissione, la tesi sostenuta dal
Ministro  sarebbe  il frutto di un'interpretazione formalistica delle
disposizioni  di  cui  all'art.  49  del  d.lgs.  n. 177 del 2005, in
contrasto  con  la  ratio  dell'intera  disciplina  recata dal d.lgs.
n. 177;
     che,  dalla  ricostruzione degli eventi relativi alla revoca del
consigliere    Petroni,    ed   in   particolare   dal   «complessivo
comportamento»  tenuto  dal  Ministro  dell'economia,  la  ricorrente
deduce   una   grave   lesione  delle  competenze  costituzionalmente
garantite  della  Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e
la vigilanza dei servizi radiotelevisivi;
     che  la  ricorrente  individua  il  parametro costituzionale del
conflitto   nel   principio  del  pluralismo  informativo  deducibile
dall'art. 21 della Costituzione;
     che  siffatto  principio,  secondo  la  difesa della Commissione
parlamentare,  «tradotto  nell'ambito  dell'attivita' radiotelevisiva
pubblica,  comporta  che essa non puo' essere considerata appannaggio
esclusivo  delle  scelte  di maggioranza (sia pure sotto il controllo
parlamentare)  ma  richiede  un adeguato contemperamento di tutti gli
interessi in gioco alla luce dell'indirizzo politico costituzionale»;
     che,  in  proposito,  la ricorrente ricorda come «l'affermazione
della   centralita'   del   Parlamento   nel   governo   del  sistema
radiotelevisivo  pubblico»  sia presente nella legislazione a partire
dalla  legge  14  aprile  1975,  n. 103  (Nuove  norme  in materia di
diffusione  radiofonica e televisiva), oltre che nella giurisprudenza
della  Corte costituzionale, la quale con la sentenza n. 225 del 1974
«ha  definitivamente  aperto  la strada verso la parlamentarizzazione
del   sistema   radiotelevisivo  pubblico,  spostando  il  centro  di
determinazione  delle  scelte  generali  in  tale  settore  a  favore
dell'organo rappresentativo della collettivita' nazionale»;
     che  dall'esame  di alcune pronunzie della Corte costituzionale,
ed  in particolare della sentenza n. 194 del 1987, la ricorrente trae
la  conclusione secondo cui il Parlamento, «e per esso la Commissione
parlamentare  per  l'indirizzo  generale  e  la vigilanza dei servizi
radiotelevisivi»,  costituisce  «la sede istituzionale naturale nella
quale  il  principio  pluralista, che deve informare l'intero settore
radiotelevisivo  pubblico,  trova  la piu' efficace garanzia, sia con
riguardo  all'accesso  delle  formazioni  sociali  all'uso  dei mezzi
radiotelevisivi,  sia  con  riguardo a meccanismi che garantiscano la
presenza di una pluralita' di fonti di informazione»;
     che,  per  queste  ragioni, secondo la difesa della Commissione,
«la  parlamentarizzazione  del servizio radiotelevisivo [...] implica
la  doverosa  vigilanza da parte dell'organo parlamentare su tutte le
vicende  relative  alla  RAI  da  cui potrebbero derivare conseguenze
negative  per  la  libera manifestazione del pensiero e per la libera
informazione»;
     che,  in  merito  alla  propria  legittimazione al conflitto, la
ricorrente  sottolinea  come le commissioni parlamentari, titolari di
specifiche   attribuzioni   autonomamente  esercitate,  siano  organi
legittimati  al  conflitto, «in quanto organi-potere che, pur facendo
parte   del  piu'  vasto  complesso  organizzatorio  del  Parlamento,
occupano  tuttavia  una  posizione  peculiare  e distinta nel sistema
costituzionale  e sono in grado di dichiarare la volonta' dell'organo
di cui sono promanazione»;
     che,  in proposito, sono richiamate la sentenza n. 49 del 1998 e
le   ordinanze  n. 137  del  2000  e  n. 171  del  1997  della  Corte
costituzionale,  con  le  quali  e'  stata riconosciuta la competenza
della    Commissione   parlamentare   di   vigilanza   a   dichiarare
definitivamente  la  volonta'  della Camera dei deputati e del Senato
della Repubblica nella materia attinente all'informazione;
     che,  in definitiva, la ricorrente ritiene che «proprio i poteri
di   indirizzo,   di  controllo,  di  vigilanza  e  altre  competenze
direttamente   connesse  al  valore  costituzionale  del  pluralismo»
giustifichino  «il  compiuto  riconoscimento  delle  attribuzioni  di
rilevanza   costituzionale»   della   Commissione   parlamentare   di
vigilanza;
     che,   quanto   alla   legittimazione   passiva   del   Ministro
dell'economia  e  delle  finanze  e  del Presidente del Consiglio dei
ministri,  la ricorrente evidenzia come la Corte costituzionale abbia
interpretato  l'art.  37  della  legge 11 marzo 1953, n. 87, «in modo
rigoroso  ma  non  tassativo»,  ritenendo,  per  un verso, che quello
esecutivo  non costituisca un potere diffuso, e, per altro verso, che
siano  possibili  alcune  deroghe  nel senso del riconoscimento della
legittimazione passiva al singolo ministro;
     che,  in  particolare,  secondo la difesa della Commissione, «il
requisito  indispensabile  per  la legittimazione sembra [...] essere
quello   dell'esercizio   indipendente   di  attribuzioni  di  natura
costituzionale»;
     che  la ricorrente deduce l'esistenza di «valide argomentazioni»
a  sostegno  della legittimazione ad essere parte di un conflitto tra
poteri  dello Stato anche del Ministro dell'economia e delle finanze,
sul  rilievo  che  questi,  «quale azionista di maggioranza della RAI
S.p.a.,  ricopre una funzione rappresentativa del Governo ma comunque
autonoma rispetto allo stesso organo inteso nella sua interezza»;
     che, qualora non dovesse essere accolta siffatta tesi estensiva,
la  ricorrente  ritiene  sussistente  la  legittimazione  passiva del
Presidente  del  Consiglio  dei  ministri, «in proprio e quale organo
legittimato  ad esprimere la volonta' dell'intero organo Governo», in
virtu' dell'art. 95, primo comma, Cost.;
     che, al riguardo, la difesa della Commissione sottolinea come il
Presidente  del Consiglio, in data 11 maggio 2007, abbia informato il
Consiglio  dei  ministri della lettera di pari data, pervenutagli dal
Ministro  dell'economia,  con  la  quale  si  proponeva la revoca del
consigliere  Petroni,  ed  abbia dichiarato, in una ulteriore missiva
dello   stesso   11  maggio  2007  indirizzata  al  Presidente  della
Commissione di vigilanza, di convenire «pienamente con la valutazione
del Ministro dell'economia e delle finanze»;
     che,   da   quanto   sopra  riportato,  la  ricorrente  trae  la
conclusione   che  «il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  ha
pienamente  condiviso  l'operato  del  Ministro e ha cosi' dato pieno
avallo governativo all'illegittimo comportamento qui contestato»;
     che,   infine,  la  difesa  della  Commissione  parlamentare  si
sofferma  sull'oggetto del conflitto tra poteri, ricordando come esso
possa  consistere,  non  solo  «nella  rivendicazione, da parte di un
organo,   di   un   potere   da  altro  usurpato»,  ma  anche  «nella
contestazione,  non  della  titolarita'  di  un potere altrui, quanto
della  concreta  modalita'  di esercizio dello stesso quando siffatta
modalita'  impedisce, di fatto, all'altro organo il pieno svolgimento
di competenze costituzionalmente assegnate»;
     che, nel presente conflitto, secondo la ricorrente, «e' di tutta
evidenza»  che  il  Ministro dell'economia abbia agito «come se fosse
l'unico soggetto titolare di poteri nella determinazione della revoca
di  un  consigliere di amministrazione della RAI S.p.a., ignorando le
attribuzioni  di  natura  costituzionale  spettanti  alla  ricorrente
Commissione di vigilanza»;
     che  il  comportamento del Ministro sarebbe «ancor piu' grave, e
quindi  lesivo  delle attribuzioni della Commissione di vigilanza, in
quanto  ha eluso in maniera evidente il rispetto di quel principio di
leale  collaborazione»  che  la Corte costituzionale ha espressamente
prescritto  anche  nei  rapporti  tra  organi  dello  Stato quando le
reciproche competenze vengono ad intrecciarsi tra loro;
     che  la  difesa  della Commissione conclude rilevando come tutto
cio'  «significhi  esautorare  il Parlamento rispetto ad una funzione
che  il  sistema  costituzionale  gli  ha limpidamente riconosciuto»,
cosi'  che  l'operato  del Ministro dell'economia rispecchierebbe «la
nitida volonta' di riassegnare il ruolo centrale nella gestione della
Concessionaria del servizio pubblico all'organo esecutivo, e cioe' ad
un  organo  che  per  sua  natura, non puo' che essere di parte», con
conseguente    violazione    delle    competenze   costituzionalmente
riconosciute alla Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e
la vigilanza dei servizi radiotelevisivi;
     che,  in  data 21 febbraio 2008, la Commissione parlamentare per
l'indirizzo  generale  e  la vigilanza dei servizi radiotelevisivi ha
depositato   una  memoria  integrativa,  con  la  quale  insiste  per
l'ammissibilita'  del  conflitto  di  attribuzione  e richiama alcuni
nuovi eventi intervenuti dopo la proposizione del presente ricorso;
     che,  in particolare, la ricorrente fa riferimento alla sentenza
del Tribunale amministrativo regionale Lazio, sez. III-ter
,  16  novembre  2007,  n. 11271,  con  la  quale  e'  stata ritenuta
illegittima,  e quindi annullata, la «sequenza di atti» culminata con
la  revoca del consigliere Petroni, ed all'ordinanza del Consiglio di
Stato,  sez.  IV,  4  dicembre  2007,  n. 6284, con la quale e' stata
respinta  l'istanza  cautelare  di  sospensione  degli  effetti della
richiamata  sentenza  del Tribunale amministrativo regionale Lazio ed
e' stata fissata l'udienza per la discussione del merito all'11 marzo
2008;
     che  la  ricorrente  sottolinea  come,  a  seguito  delle citate
pronunzie, non sia venuto meno l'interesse della Commissione ad agire
per  conflitto di attribuzione dinanzi alla Corte costituzionale; ne'
siffatto  interesse  verrebbe  meno  nel  caso  in cui il giudizio di
appello dovesse confermare l'illegittimita' degli atti impugnati;
     che,  al  riguardo, la difesa della Commissione precisa come nel
giudizio  per conflitto di attribuzione venga in rilievo «non tanto e
non  solo  l'illegittimita'  degli  atti posti in essere dal Ministro
dell'economia e delle finanze (con l'avallo del Governo nella persona
del Presidente del Consiglio dei ministri) finalizzati alla revoca di
un   membro  del  Consiglio  di  amministrazione  della  RAI,  quanto
l'usurpazione delle competenze proprie della Commissione parlamentare
di  vigilanza  che  il  comportamento  posto  in  essere dal Ministro
dell'economia e delle finanze ha determinato»;
     che, pertanto, secondo la difesa della Commissione, residuerebbe
comunque  l'interesse  della  ricorrente ad ottenere quella decisione
sulla  spettanza  delle attribuzioni in contestazione che rappresenta
l'oggetto  principale  del  giudizio  per  conflitto tra poteri dello
Stato;
     che   la   stessa  difesa  precisa  come  parimenti  ininfluente
sull'odierno conflitto di attribuzione sia lo scioglimento anticipato
delle  Camere, disposto con il d.P.R. 6 febbraio 2008, n. 19, poiche'
lo  stesso  non determina alcuna interruzione nello svolgimento delle
funzioni  della  Commissione parlamentare di vigilanza, da intendersi
comunque prorogata nell'attuale composizione fino alla prima riunione
delle   nuove   Camere,  ed  anzi  alcune  delle  attribuzioni  della
Commissione  (e  precisamente, quelle concernenti la disciplina delle
campagne  elettorali)  «trovano  il loro presupposto logico-giuridico
proprio nell'avvenuto scioglimento delle Assemblee legislative»;
     che  irrilevante  risulterebbe  altresi'  la  circostanza che il
mandato del Consiglio di amministrazione della RAI si concludera' nel
maggio  2008,  posto  che,  secondo  la  ricorrente,  lo scioglimento
anticipato  delle  Camere  e  la  conseguente  fissazione della prima
riunione  delle  stesse  per  la  data  del  29  aprile  2008 rendono
verosimile  l'ipotesi  che  il  Consiglio  di  amministrazione  venga
prorogato oltre la scadenza del mandato;
     che, per queste ragioni, il termine del mandato triennale - come
pure  la  fine anticipata della legislatura - non puo' determinare, a
detta  della  difesa  della  Commissione,  «alcuna  cessazione  della
materia oggetto del presente conflitto»;
     che,  in  data  25  febbraio 2008, la difesa della ricorrente ha
depositato   copia   della  delibera  con  la  quale  la  Commissione
parlamentare  di  vigilanza  ha  deciso  la proposizione del presente
conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato.
   Considerato  che,  in  questa fase del giudizio, a norma dell'art.
37,  terzo e quarto comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, la Corte
costituzionale e' chiamata a deliberare, senza contraddittorio, circa
l'esistenza  o meno della «materia di un conflitto la cui risoluzione
spetti  alla  sua competenza», restando impregiudicata ogni ulteriore
decisione, anche in punto di ammissibilita';
     che,   per   quanto   riguarda   i  requisiti  soggettivi,  deve
riconoscersi alla Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e
la  vigilanza  dei  servizi  radiotelevisivi  la  qualifica di organo
competente  a  dichiarare  in via definitiva la volonta' della Camera
dei  deputati e del Senato della Repubblica (sentenze n. 502 del 2000
e  n. 49  del  1998  ed  ordinanze n. 195 del 2003, n. 137 del 2000 e
n. 171 del 1997);
     che,   ancora   sotto   il   profilo   soggettivo,  il  Ministro
dell'economia  e  delle finanze non e' organo competente a dichiarare
definitivamente   la   volonta'   del   potere   esecutivo,   poiche'
quest'ultimo   «non  e'  un  potere  diffuso,  ma  si  risolve  [...]
nell'intero  Governo,  in  nome  dell'unita'  di indirizzo politico e
amministrativo   proclamata   dall'art.   95,   primo  comma,  Cost.»
(ordinanza  n. 123  del  1979),  con  la  conseguenza  che «i singoli
ministri  non  sono  legittimati  ad  essere parte di un conflitto di
attribuzione  tra  poteri  dello Stato, mentre tale legittimazione e'
stata  riconosciuta nelle ipotesi [...] delle competenze direttamente
ed  esclusivamente  conferite al Ministro della giustizia dagli artt.
107,  secondo  comma,  e  110  della Costituzione [...] e del voto di
sfiducia  individuale  espresso  dal  Parlamento  nei confronti di un
ministro»  e che, pertanto, «al di fuori di queste fattispecie, e' il
Governo  a  prendere  parte -  in  funzione  dell'unita' di indirizzo
politico  e  amministrativo  proclamata  dal primo comma dell'art. 95
Cost. -  ai  conflitti  tra poteri dello Stato» (ordinanza n. 221 del
2004);
     che  invece  il  Presidente del Consiglio dei ministri e' organo
competente  a  dichiarare  in  via definitiva la volonta' dell'intero
Governo,  in  quanto,  ai  sensi  dell'art.  95,  primo  comma, della
Costituzione,  «dirige  la  politica  generale  del  Governo  e ne e'
responsabile.    Mantiene   l'unita'   di   indirizzo   politico   ed
amministrativo, promovendo e coordinando l'attivita' dei ministri»;
     che,  pertanto,  organi  legittimati  a  stare  in  giudizio nel
presente  conflitto  di attribuzione sono la Commissione parlamentare
per  l'indirizzo  generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi
ed il Presidente del Consiglio dei ministri;
     che, quanto al requisito oggettivo del conflitto, la Commissione
di   cui   sopra   e'   investita   di  attribuzioni  che  discendono
dall'esigenza  di garantire il principio, fondato sull'art. 21 Cost.,
del  pluralismo dell'informazione, in base al quale la presenza di un
organo  parlamentare di indirizzo e vigilanza serve ad evitare che il
servizio  pubblico  radiotelevisivo venga gestito dal Governo in modo
«esclusivo o preponderante» (sentenza n. 225 del 1974);
     che  le  asserite  lesioni,  prodotte da atti governativi, delle
attribuzioni della Commissione parlamentare inciderebbero, secondo la
prospettazione  della  ricorrente,  sulla  funzione  di  garanzia  di
quest'ultima,   costituzionalmente   fondata   e  riconosciuta  dalla
giurisprudenza di questa Corte;
     che,  in  conclusione,  in questa fase delibativa, il ricorso va
dichiarato   ammissibile   nei  soli  confronti  del  Presidente  del
Consiglio   dei   ministri,   salva  e  impregiudicata  la  pronuncia
definitiva anche sul punto relativo alla ammissibilita';
     che  il  ricorso  deve  essere  conseguentemente  notificato  al
Presidente  del  Consiglio dei ministri, ma non anche al Ministro per
l'economia e delle finanze per i motivi prima enunciati.